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Patrizio Bati
Confessioni di un Bùfago
10 giu 2024
10 giu 2024
Ritratto di una figura centrale ma nascosta nella vita dei calciatori.
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Patrizio Bati
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Non sono un procuratore, non sono un avvocato, non sono una guardia del corpo, non sono un autista. Sono - in qualche modo - tutte queste cose insieme. A volte, anche molto altro. Dentro l’espressione “molto altro” c’è il senso del mio lavoro e la chiave d’accesso al mondo dei calciatori.

Per entrare nella loro testa, nel loro cuore, nel loro conto in banca dovete necessariamente conoscere me: la figura che, con lui, vive più a stretto contatto. Spostare l’inquadratura di un paio di metri: dalla faccia del giocatore a quella dell’uomo che lo accompagna ovunque.

Bùfago potrebbe essere il termine adatto a definirmi. Il Bùfago dal becco rosso (Buphagus Erythrorhynchus) è un uccello che stabilisce un rapporto simbiotico-parassitario con il suo quadrupede ospitante. Per esempio un bufalo, un rinoceronte o un ippopotamo.

Domenica notte, Jackie O’, storico locale vicino a via Veneto: la cubana in minigonna con cui sto parlando da qualche minuto mi sfiora l’avambraccio con la punta delle dita. Le probabilità che la mattina dopo, aprendo gli occhi, io rincontri quel sorriso sul cuscino accanto al mio sono sempre più alte.

Mentre la ragazza si allontana per andare al bagno, io mi sorprendo a chiedermi se sia davvero preda del mio fascino o se invece mi consideri solo un possibile cliente. Uno sconosciuto mi si avvicina rapido e poi, sorridendo, mi indica un tavolo dall’altra parte della pista. «Ciao! Al mio amico piacerebbe molto conoscere la tua amica. Dai, venite a sedervi con noi. C’è una Magnum di Dom Pèrignon che aspetta solo di essere bevuta!». Un ragazzo muscoloso, maglietta aderente bianca, Rolex Daytona 18k al polso, solleva (anche lui sorridendo) un calice in segno di saluto. E se “la mia amica” fosse mia moglie, la mia fidanzata o una ragazza che voglio portarmi a letto io? A quanto pare, nessuno si pone il problema.

Mentre, innervosito, cerco le parole per mandarlo a quel paese, mi rendo conto che maglietta bianca è un giocatore della Lazio. Prima che la cubana torni decido di assecondare quell’insolita richiesta, rimettendo la mia carta in cima al mazzo per permettere che un altro giocatore se la prenda.

Seduto al tavolo coi miei nuovi amici invito con un gesto la mia forse conquista, a sua insaputa già diventata ex. Prendo sul serio il mio ruolo di facilitatore di conoscenze riempiendo bicchieri di champagne e facendo le presentazioni. Con il calciatore che ho appena conosciuto la cubana passerà una notte o forse due. Io, i successivi sette anni. È così che è iniziata la mia carriera da Bùfago, da quel tavolo del Jackie O’.

Spesso catapultato da una nazione a un’altra, alla velocità di una stretta di mano e di una firma, un campione si ritrova in una città che non conosce, con ingenti quantità di soldi e tempo libero. Avere accanto una fidanzata o una moglie riduce le probabilità che, nella sua vita, possa insinuarsi un Bùfago. La solitudine è la condizione ideale perché io possa svolgere indisturbato il mio lavoro.

Con i procuratori sportivi la convivenza è possibile sebbene alcuni rappresentanti della categoria tendano, nella smania di compiacere gli assistiti, ad occuparsi non solo di questioni contrattuali, ma anche di altre che esulano dalle loro competenze. Muoversi in anticipo e con lungimiranza è il miglior modo per evitare attriti.

Conoscendo la passione per i formaggi forti e stagionati di un irascibile agente con il quale ho condiviso un attaccante della Roma, ho deciso di farmelo amico regalandogli una forma da 2 chili di Casu Marzu, il pecorino sardo con i vermi (difficilmente reperibile in seguito alla controversa decisione dell’Unione Europea di dichiararlo illegale), di cui io sono sempre ben fornito grazie a un collega Bùfago originario del Sulcis.

“Spregiudicato tessitore di relazioni”. Così mi definiscono, caricando l’aggettivo di una inutile connotazione negativa. “Spregiudicato” per me è invece un complimento: massima ambizione nella scelta di un obiettivo, massima determinazione nel cercare di raggiungerlo.

Organizzatore di feste ed eventi, commesso in negozi di abbigliamento, PR in discoteca: in genere non ho un lavoro fisso ma solo occupazioni occasionali che mi lasciano una considerevole quantità di tempo libero (fondamentale nei periodi di transizione tra una preda e l’altra). Una volta acquisito il nuovo cliente, lui diventa il mio pianeta e io il suo satellite.

L’incontro tra me e il calciatore è, quasi sempre, il risultato di una meticolosa pianificazione. Ancora prima che i trasferimenti vengano ufficializzati il Bùfago attiva i suoi contatti al fine di redigere un elenco dei luoghi giusti in cui “casualmente” incontrare la sua preda. Cellulare sempre acceso, sono pronto - su segnalazione dei miei informatori - a vestirmi in fretta e raggiungere il territorio di caccia.

Nel 1997, avvertito alle tre di notte da un amico buttafuori della presenza infrasettimanale al Jackie O’ di un nuovo acquisto della Roma, mi precipito in motorino per cercare di incontrarlo. Introdotto da amici comuni riesco quasi subito a sedermi al tavolo con lui. Frutta, champagne, sorrisini, minigonne e scollature, proprio quando il campione comincia ad ascoltare con attenzione i miei consigli su ristoranti VIP e negozi di tendenza - abbassando per un attimo lo sguardo - mi rendo conto con orrore che, dall’orlo del mio impeccabile completo Armani grigio fresco lana, spuntano il giallo e verde del pigiama a quadri con cui stavo dormendo.

Infilata con nonchalance la mano dentro i pantaloni cerco, disperatamente, di arpionare la stoffa colorata e di tirarla verso l’inguine per ridurne la lunghezza. Anche in quegli istanti di profondo imbarazzo, un sorriso radioso e rassicurante non smette di brillare sul mio viso. I calciatori devono avere - da subito - la sensazione di trovarsi di fronte una persona (oltre che affidabile) simpatica e di buona compagnia. Delegare a me (prototipo di uomo dotato di tali peculiari caratteristiche) scelte, anche molto importanti, diventerà per loro una piacevole abitudine.

Non è solo nelle discoteche che si gioca la partita tra gli aspiranti Bùfaghi per conquistare la fiducia dei calciatori più famosi. Già dall’ora di cena la sfida è aperta e Roma diventa una scacchiera su cui, mossa dopo mossa, costruire i presupposti del proprio scacco matto.

Con Jimmy, proprietario di un noto ristorante di pesce della capitale, ho un accordo ormai quasi decennale: quando in sala ci sono calciatori o altre persone con cui per me sarebbe utile entrare in relazione, accanto al tavolo dove sono seduti, me ne allestisce un altro. Lo chiamiamo “il tavolino errante”: un cameriere provvede a collocarlo e ad apparecchiarlo in fretta, allo scopo di assicurarmi una postazione privilegiata da cui interagire facilmente con le mie future prede.

In quel ristorante - nel corso degli anni - ho conosciuto diversi calciatori, in poche ore diventati miei clienti. Relazioni che per me hanno comportato periodi di intenso lavoro e considerevoli guadagni.

Stabilito con successo il primo contatto, il Bùfago investe poi le sue energie nella costruzione e nel consolidamento del rapporto con il suo futuro quadrupede ospitante. Quello di noi Bùfaghi è un sottobosco caratterizzato non da competenze specialistiche ma da un generico fiuto per gli affari e da una spiccata attitudine al “problem solving” (anche in ambiti paralegali o illegali).

È il Bùfago, dal suo telefono, a contattare - per conto del suo calciatore - escort e amanti occasionali. Nella mia lunga e onorata carriera mi sono occupato anche di qualche allenatore. Un famoso Mister mi ha addirittura incaricato di selezionare e portare nella sua suite cinque escort, due delle quali sono poi state ingaggiate per la notte, le altre congedate con un generoso gettone di presenza.

È il Bùfago a scegliere per i suoi assistiti negozi, ristoranti e discoteche. Focalizzati sul calcio, non hanno tempo per pensare al resto e sono grati a chi li solleva da queste incombenze. I giocatori spendono i loro soldi, io sono ben felice che li spendano (e i commercianti, a loro volta, addirittura entusiasti di riconoscermi un meritato 10%).

Al tatuatore che, grazie a me, ha avuto accesso all’intera schiena di un mio celebre assistito, ho chiesto di convertire la mia percentuale nel minaccioso drago che ora mi decora l’avambraccio. È il Bùfago a subire le pressioni di ragazze, negozianti, ristoratori e gestori di discoteche… desiderosi di annoverare personaggi famosi tra i propri clienti o, addirittura, amici. In quanto diretta emanazione del mio assistito, acquisisco di riflesso il potere ed il fascino che tutti riconoscono ai calciatori.

È il Bùfago a sacrificare i propri punti patente, in caso di eccesso di velocità (o, dovesse malauguratamente accadere, di incidenti causati da tasso alcolemico alterato). Una volta sono stato costretto - avendogli già devoluto tutti i miei - ad attribuire la responsabilità di non aver rispettato il rosso di cinque semafori di fila (Roma, 4 di mattina, via Cristoforo Colombo, Porsche Carrera, 180 chilometri orari) a mio padre ottantenne.

Altro requisito indispensabile nel curriculum del Bùfago è il suo legame con ambienti ultras, garanzia - per il calciatore - di immunità, almeno parziale, da contestazioni e totale da atti vandalici, minacce ed aggressioni. Una sola volta un mio calciatore è stato infastidito, all’uscita di un locale in cui avevamo trascorso la serata. In virtù dell’amicizia con storici capicurva, da subito quell’affronto mi era sembrato strano. In effetti, ho poi scoperto che a pianificarlo era stato un Bùfago concorrente, intenzionato a screditarmi agli occhi del mio assistito per convincerlo a passare sotto la sua tutela.

Se un tempo tra i doveri di un perfetto Bùfago c’era quello di rifornire di sostanze stupefacenti il suo “bipede dalle cosce muscolose”… oggi questa incombenza gli viene quasi sempre risparmiata: col rafforzamento delle norme anti-doping, i giocatori dediti a tale passatempo sono in forte decrescita.

Il mio attuale assistito (a cui sono legato da rapporto strettamente monogamico, dal momento che ogni calciatore pretende dal suo Bùfago completa ed assoluta dedizione), pur essendo costretto, dalle rigidissime regole della squadra, a non fumare… con la scusa che il sigaro non si respira (e quindi non incide sulle prestazioni fisiche) un paio di volte alla settimana si concede un costoso Aladino King Maduro. Affinché siano sempre perfettamente freschi e umidi, me li faccio arrivare in aereo una volta al mese insieme a qualche cassa di Rum Extra 20 anni Anniversario Santiago.

In generale, il consumo di euforizzanti sintetici è stato sostituito da tavoli di poker e scommesse clandestine. Un ragazzo abituato ad esibirsi di fronte a milioni di persone, in che altro modo può sperimentare picchi d’adrenalina così estremi se non provando il brivido di vincere (o polverizzare) in pochi istanti migliaia di euro?

Un famoso allenatore pretendeva che - la sera prima della partita e durante i ritiri - i suoi calciatori lasciassero le porte accostate, in modo da poter controllare in qualsiasi momento che non fossero impegnati a giocarsi a carte somme troppo importanti.

Scommettere è un’altra di quelle numerose attività per le quali il campione si avvale dell’intermediazione del prezioso Bùfago, che - in virtù di un solido rapporto di fiducia con il banco e a maggior tutela propria e del calciatore - in genere effettua le puntate al telefono.

Anch’io, all’occorrenza, ho i miei numeri da contattare. Bisogna però agire sempre con cautela. Nel caso di puntate troppo alte, al momento del saldo potrebbero infatti verificarsi dei problemi: consistenti trasferimenti di denaro, se pure intermediati dal Bùfago, raramente sfuggono alle forze dell’ordine. Qualche anno fa abbiamo rischiato problemi seri per ingenti bonifici effettuati da un mio calciatore e giustificati come prestiti a un amico (le cui floride condizioni economiche li rendevano, però, del tutto immotivati). Prassi è, quindi, aspettare - anche per settimane - che vincite e perdite si compensino fino ad ottenere un saldo di entità tale da non attirare l’attenzione degli organi competenti.

Nel corso dei secoli ogni animale si è adeguato ai cambiamenti dell’ecosistema, sviluppando o perdendo alcune caratteristiche e funzioni proprie della sua specie.

Nel Parco Nazionale di Gorgongosa, in Mozambico, una mutazione genetica causava da sempre la nascita senza zanne dello 0,3% degli elefanti. Negli ultimi 20 anni, per evitare il genocidio perpetrato dai cacciatori d’avorio, si è verificato un importante adattamento ambientale: oggi, a nascere senza zanne, è il 50% degli esemplari.

Allo stesso modo anche il Bùfago è cambiato, passando col tempo dal ruolo di procacciatore di escort e sostanze stupefacenti a quello di intermediario di scommesse. E presto cambierà di nuovo. Adeguandosi ogni volta ai mutamenti dell’ecosistema in cui agisce, preservando la sua specie dal rischio di estinzione.

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