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Alfredo Giacobbe
Con la testa al terzo posto
19 gen 2015
19 gen 2015
In questa puntata di Fondamentali analizziamo Lazio - Napoli. La squadra di Pioli non è riuscita a sopperire alle troppe assenze, quella di Benitez è pronta per l'assalto alla Roma?
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Alfredo Giacobbe
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Lazio e Napoli sono in competizione tra loro per affermarsi come terza forza del campionato ma nella giornata precedente hanno entrambe fallito il passaggio allo stadio successivo del loro sviluppo. Nella doppia sfida tra la prima e la terza, e tra la seconda e la quarta in classifica, la Lazio ha subito il ritorno della Roma dopo un ottimo primo tempo mentre il Napoli è stato superato in casa da una Juventus solida ma non travolgente.
Quindi nella partita di ieri c’era in palio qualcosa di più dei consueti tre punti. E questo aspetto può avere inciso nella testa dei ventidue scesi sul prato dell’Olimpico.

 

Nel calcio moderno l’aspetto mentale sta diventando sempre più decisivo, e questo fatto è per certi versi sorprendente, merita una piccola digressione. Quella che è sempre stata una caratteristica degli sport individuali, la testa, a parità di altre condizioni sta diventando un fattore preponderante in uno sport di squadra (lo scrittore David Foster Wallace scriveva: “Una volta raggiunto un certo plateau di abilità e forma fisica, il tennis agonistico è in gran parte mentale”). Potrebbe essere questa una delle migliori chiavi di lettura di Lazio-Napoli, soprattutto per quanto riguarda il primo tempo, quando il pallino del gioco è passato più volte da una squadra all’altra, al di là delle differenze tecniche, tattiche o atletiche.

 


Pioli è stato costretto ad operare molti cambi rispetto alla formazione schierata nel derby. Le assenze determinanti di Lulic, Mauri e Felipe Anderson hanno portato all’inserimento di Keita nel tridente offensivo e alla presenza contemporanea di Ledesma e Biglia (schierato nel ruolo innaturale di mezz’ala destra).
Fin dalle prime battute era chiaro il timore di Benitez per i due interni di centrocampo avversari, ritenuti la più grande minaccia, in partenza erano gli esterni offensivi del suo 4-2-3-1 (Callejón e Mertens) a stringere in mezzo al campo e a marcare Parolo e Biglia.

 


Callejón segue Parolo fin dentro la metà campo laziale, Mertens resta in marcatura su Biglia. Sullo sfondo si vede Basta che torna in difesa per bilanciare la discesa di Cavanda (fuori quadro) sul lato forte.


 

Una mossa analoga, quella della marcatura a uomo degli esterni offensivi sugli interni di centrocampo, era stata usata contro la Juventus la scorsa settimana. Benitez in questo modo vuole riparare all'inferiorità numerica dei due mediani napoletani contro i tre centrocampisti centrali avversari. L’intera struttura difensiva della formazione del Napoli è apparsa subito stretta e compatta, a protezione del centro del campo.

 

Come spesso accade, una mossa difensiva è anche una mossa offensiva, perché i giocatori del Napoli, una volta riconquistata palla, cercavano subito di servire i loro compagni più tecnici, Callejón e Mertens per l’appunto, che già all’interno del campo erano pronti ad aggredire lo spazio alle spalle di Parolo e Biglia.

 


Il Napoli riconquista palla, Biglia è lontano da Mertens e Parolo è preso tra due fuochi; il difensore napoletano giocherà su Callejón che girando subito la palla su Mertens innescherà il contropiede.


 

Benitez ha dovuto però assumersi un rischio, quello di lasciare i propri terzini uno contro uno con gli esterni d’attacco della Lazio. Un azzardo non da poco, se si considera la velocità e la fantasia di Keita, dalla parte di Maggio, e la duttilità e la forza fisica di Candreva, dalla parte dell’esordiente Strinic. Il croato ex-Dnipro se l’è cavata bene contro il nazionale italiano, che lo ha saltato in una sola occasione in tutta la partita, per di più nella metà campo laziale (in tutta la partita Candreva ha completato 3 dribbling su 7). Qualche problema in più lo ha creato Keita, ma solo quando ha avuto il supporto di Cavanda.

 

Inizialmente i terzini della Lazio sono rimasti piuttosto guardinghi, forse per timore delle ripartenze dei propri avversari, con il passare dei minuti sia Basta che Cavanda hanno avuto maggiore spazio, da un lato perché la superiorità laziale nel possesso palla è diventata palese, dall’altro per la tendenza naturale di Ledesma a scendere a fare gioco tra i centrali difensivi, con questi ultimi che si allargavano lateralmente (spingendo i terzini, appunto, in avanti).
In fase di non possesso entrambe le squadre sono state piuttosto conservative, anche la Lazio lasciava i difensori avversari liberi di girare il pallone verso le fasce, per poi pressare i terzini: una tattica inefficace se guardiamo alla media dei palloni recuperati: i biancocelesti recuperano palla lontano dalla porta avversaria, praticamente alla stessa distanza a cui è riuscito a recuperarla il Napoli (35 metri di media dei laziali, 36 dei partenopei) che dava l’impressione di essere la squadra più chiusa tra le due.

 

SICS ci dice, attraverso il suo Indice di Pericolosità, che nei primi dodici minuti di gioco la Lazio ha creato costantemente dei pericoli, mentre il Napoli è stato piuttosto inoffensivo, ma proprio nel miglior momento dei biancocelesti di Pioli è arrivato il gol partita degli avversari. Higuaín, che in precedenza aveva tentato più volte di tagliare in diagonale alle spalle di Cana e che in tutte le occasioni era stato coperto dall’altro centrale, Radu, detta a Mertens il passaggio in verticale.
L’argentino fa un movimento alla Callejón, tra terzino sinistro e centrale sinistro avversario, che scopre una debolezza di Radu: il capitano laziale viene sorpreso ancora una volta alle spalle come già fece due volte Totti sette giorni prima. Quello di Higuaín è un pezzo di bravura: l’ex Real Madrid ha la freddezza di guardare in mezzo, per capire se uno dei compagni ha seguito la sua azione; poi ha l’intelligenza di fintare il rientro sul piede sinistro per crearsi la luce verso la porta sul piede destro; infine riesce ad alzare la palla calciando forte e preciso, piegando le mani a Berisha.

 


Ancora su palla recuperata, Mertens arriva sul pallone prima di Biglia in mezzo al campo; sulla verticalizzazione Radu è inizialmente distante dall'avversario (copre male Cavanda) e ha dei problemi a girarsi e correre verso la propria porta. Fondamentale anche il movimento senza palla di De Guzmán che toglie un uomo e libera la visuale di Mertens.


 


Dal gol in poi e per diversi minuti, il momentum della partita è passato radicalmente dalla parte del Napoli, che ha avuto anche l’occasione di raddoppiare su una Lazio tramortita, abituata a dominare i primi tempi e mai a recuperare uno svantaggio. SICS conferma nei numeri le sensazioni avute: la Lazio diventa completamente inoffensiva fino al trentesimo minuto, mentre il Napoli accresce la sua pericolosità. I biancocelesti giocano la maggior parte dei loro passaggi chiave e dei loro cross prima del quindicesimo e dopo il trentesimo, conteggiando solo due eventi nell’intervallo di mezzo.
In questa fase della partita Mertens è stato il migliore tra i suoi: è riuscito ad offrire una linea di passaggio sicura per i compagni in uscita dalla difesa e ha ribaltato l’azione con verticalizzazioni precise per Higuaín e De Guzmán. Il belga uscirà dal campo con 4 passaggi chiave, 2 assist e 3 palloni recuperati.

 

Quando il pallino è poi tornato dalla parte laziale, il pareggio è mancato solo per poco: prima con la traversa colpita di testa da Parolo (da calcio piazzato), poi con l’incredibile occasione sprecata da Cavanda, lasciato colpevolmente libero da Callejón. Pioli a quel punto ha chiesto ai suoi terzini di diventare ancora più aggressivi: la Lazio ha portato 7 uomini costantemente sopra la linea della palla e si è fatta più pericolosa.
La strategia iniziale di Benitez non funzionava più: con Callejón e Mertens che scalavano sui terzini laziali i due centrali di centrocampo, Gargano e David Lopez, dovevano guardarsi contemporaneamente alle spalle da Candreva e Keita che si accentravano, che davanti da Parolo e Biglia ormai liberi da marcatura.
De Guzmán e Higuaín si sono spesi in un consistente lavoro difensivo, abbassandosi al di sotto della linea della palla, riuscendo a rendere più densa la zona centrale della propria trequarti.

La sostituzione praticata da Pioli all’intervallo (Klose al posto di Ledesma) ha reso la partita più lineare dal punto di vista mentale: la Lazio si giocava il tutto e per tutto con una formazione iper-offensiva, un 4-4-2 con due esterni d’attacco; il Napoli rinunciava completamente alla gestione del pallone per concentrarsi sull’aspetto difensivo, aspettando la chance giusta per chiudere la partita in contropiede.
La circolazione di palla della Lazio, però, è diventata subito più complicata. Per due motivi: primo, con due mediani a fare gioco c’erano meno linee di passaggio disponibili (meno uomini sopra la linea della palla) rispetto alla configurazione del primo tempo con due mezzali più Ledesma; secondo, con due arieti come Klose e Djordjevic contemporaneamente in campo la tentazione del lancio lungo era piuttosto forte. La Lazio quindi si è spezzata in due, con Biglia e Parolo incapaci di collegare tra loro i reparti e Pioli che ha cercato di rimediare al problema inserendo Cataldi al posto di Parolo.

 

Il Napoli, da parte sua, ha provato ad approfittare della mancanza di organizzazione degli avversari (il suo Indice di Pericolosità, a cavallo dell’intervallo, è raddoppiato). Gli azzurri di Benitez hanno avuto due occasioni per il raddoppio nei primi 8 minuti, con Higuaín servito in verticale da Callejón prima, ancora da Mertens poi. Klose, che avrebbe dovuto ricevere palloni davanti alla difesa, nello spazio creato dalla ricerca della profondità da parte di Djordjevic, è finito nella morsa di David Lopez e Gargano. In particolare quest’ultimo è arretrato sul tedesco, formando per brevi frangenti una sorta di 4-1-4-1 con l’arretramento contemporaneo di De Guzmán o Hamsik (nel frattempo subentrato a Mertens).
La Lazio si è resa pericolosa solo quando è riuscita a girare palla sulle fasce, dove Keita e Cavanda a sinistra hanno avuto un’intesa migliore di quella di Candreva e Basta sul lato opposto. Keita si è liberato al cross 9 volte, ha ricevuto 5 palloni chiave tra le linee e ha subito 3 falli, risultando il migliore tra i suoi. Ha anche perso più palloni di tutti (14), dimostrando comunque la sua volontà di proporsi e di stare al centro del gioco. Il Napoli si è compattato, col passare dei minuti si è chiuso dietro ed ha concesso a una Lazio frustrata solo il tiro dalla distanza.

 


In estrema sintesi si può dire che la Lazio non ha saputo sopperire alle numerose assenze, specie a quelle di Felipe Anderson e Mauri. Seppur risolutivo nelle ultime partite con cinque reti e cinque assist, il brasiliano è mancato meno dell’italiano da un punto di vista strettamente tattico. Mauri, sia che venga schierato come esterno d’attacco, sia come interno di centrocampo, ha capacità uniche nel collegamento tra i reparti e nel farsi trovare tra le linee avversarie con i tempi giusti.
Pioli ha il merito della coerenza, sta costruendo una Lazio che gioca all’attacco al di là degli interpreti. I concetti di base sono gli stessi espressi fin dalla prima giornata di campionato, nella partita poi persa a San Siro contro il Milan.

 

Il Napoli deve recuperare Callejón, che ha segnato un solo gol nelle ultime tredici partite ed è in evidente affanno: gli azzurri hanno attaccato preferibilmente sul lato opposto a quello presidiato dall’esterno spagnolo, nonostante a sinistra si siano alternati tre giocatori nel corso della partita. L’inserimento di Gabbiadini nei meccanismi tattici e nelle rotazioni di Benitez dovrà essere il più rapido possibile.
La rimonta sulla Roma in evidente crisi di gioco potrà essere possibile solo se i partenopei non perderanno altri punti per strada: l’altalenanza nell’intensità, e di conseguenza nei risultati, è stato il vero tallone d’Achille del Napoli dell’ultimo biennio.

 
 



 
 

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