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21 set 2015
21 set 2015
Acquisti sbagliati e disastri finanziari: i casi di calciomercato più tormentati dell'ultima stagione.
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16 min
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Fra le cose più curiose del calciomercato ci sono i movimenti, a prima vista poco sensati, di alcuni giocatori, in particolare di quelli che vengono comprati con investimenti importanti da parte di una squadra per poi essere rispediti al mittente (o ceduti ad altre squadre ancora) dopo appena una stagione se non dopo appena sei mesi. Dietro a una scelta di questo tipo c’è un evidente fallimento del progetto tecnico che aveva portato all’acquisto, ma cosa possiamo dire dell’aspetto economico? Quanto ci perde la società che ha compiuto “l’acquisto sbagliato”? Chi ci guadagna? Cosa cambia se il giocatore in questione viene ceduto in prestito o a titolo definitivo? Proviamo a capirci qualcosa affrontando nove casi reali delle ultime sessioni di mercato, divisi in tre sezioni.

Pari e patta

Partiamo da due casi di questo mercato che hanno avuto un epilogo tutto sommato indolore per le squadre protagoniste: Shaqiri e Filipe Luís.

Xherdan Shaqiri, dal Bayern all’Inter / dall’Inter allo Stoke

Shaqiri del Bayern Monaco è stato acquistato in prestito con obbligo di riscatto a 16 milioni di euro dall’Inter nello scorso mercato invernale. Un investimento importante, seppur ritardato di sei mesi per i cronici problemi di bilancio nerazzurri, su un giocatore che avrebbe dovuto rappresentare uno dei cardini della rinascita dell’Inter nei prossimi anni. La realtà però è risultata ben lontana dallo scenario ideale e Mancini ha comunicato alla società alla fine della scorsa stagione che del giovane svizzero poteva fare tranquillamente a meno. Essere costretti a riscattare un giocatore a cifre elevate pur non volendolo più in rosa è una delle cose peggiori che può capitare nel calciomercato, ancor di più per una società che ha un budget non elevato per la campagna acquisti.

Le soluzioni per l’Inter erano due: cedere il giocatore in prestito per risparmiare almeno sull’ingaggio, ma mantenendo sulla propria testa la spada di Damocle del costo del cartellino e del relativo ammortamento di 4 milioni all’anno, oppure venderlo almeno alla stessa cifra con la quale era stato riscattato per evitare una minusvalenza. Fortunatamente per l’Inter si è avverata la seconda ipotesi, poiché gli inglesi dello Stoke City hanno messo sul piatto 16,9 milioni di euro per aggiudicarsi il giocatore, permettendo addirittura ai nerazzurri di segnare a bilancio una plusvalenza di 900 mila euro. Alla fine della fiera l’intera operazione Shaqiri è costata all’Inter appena 2,1 milioni di euro (3 milioni per lo stipendio lordo pagato nei sette mesi in cui ha fatto parte della rosa, parzialmente compensati dall’incasso della plusvalenza): niente male per come si era messa a giugno.

Filipe Luís, dall’Atlético al Chelsea e ritorno

Caso molto simile quello del terzino sinistro brasiliano Filipe Luís, colonna dell’Atlético Madrid campione di Spagna e vicecampione d’Europa nel 2013/14, passato poi nell’estate del 2014 al Chelsea per ben 24 milioni di euro. In Inghilterra, però, il trentenne di Jaraguá do Sul ha faticato non poco, venendo molto spesso lasciato in panchina da Mourinho, che gli ha preferito in numerose occasioni Azpilicueta. A fine stagione l’Atlético Madrid ha deciso di approfittare della situazione per provare a riprendersi il laterale. Se ben ricordate inizialmente le due società hanno trattato il “riacquisto” sulla base di un prestito oneroso con diritto di riscatto, ma successivamente gli spagnoli hanno trovato nelle loro casse (grazie alla solita girandola di cessioni) i fondi necessari per mettere sul piatto l’offerta minima che il Chelsea poteva accettare senza fare minusvalenza: 16 milioni di euro. Infatti in Inghilterra il giocatore aveva firmato un contratto triennale, quindi 8 dei 24 milioni erano stati scalati dall’ammortamento residuo a bilancio al termine della stagione. In questo caso a livello di bilancio nessuno dei due team ci ha rimesso. Chi ci ha guadagnato invece è il giocatore, che ha visto più che raddoppiare lo stipendio passando dalla corte di Simeone a quella di Mourinho e si è visto confermare quasi integralmente l’ingaggio anche dopo il ritorno in Spagna, compensando la piccola riduzione propostagli dall’Atlético Madrid con un contratto quadriennale nonostante abbia già compiuto 30 anni.

Affari in perdita

Non sempre però è possibile uscire economicamente indenni da queste situazioni. Prendiamo due casi molto diversi come quantità di soldi in gioco, ma molto esplicativi: Romulo e Torres.

Romulo, dal Verona alla Juve e ritorno

Dopo un’ottima annata nel Verona che gli ha quasi permesso di partecipare ai Mondiali in Brasile, Romulo è stato acquistato in prestito dalla Juventus con diritto di riscatto a 6 milioni. Diritto e non obbligo, perché fin dall’estate si erano palesati alcuni problemi fisici che avevano costretto il giocatore a rinunciare al sogno mondiale, suggerendo ai bianconeri di vincolare l’eventuale riscatto al numero di presenze collezionate nel corso della stagione. La prudenza dei dirigenti juventini è stata più che giustificata, visto che il giocatore è passato da un infortunio all’altro per tutto l’arco dell’annata, scendendo in campo solo in cinque occasioni per un totale di 279 minuti.

Quando Romulo era tra i migliori centrocampisti del campionato.

Ovviamente la Juventus non lo ha riscattato e Romulo è tornato nella rosa del Verona. Il ritorno in questo caso non è stato indolore: passando alla Juventus Romulo ha più che raddoppiato il suo stipendio, passando da 0,5 a 1,1 milioni netti a stagione, un ingaggio che ovviamente è rimasto inalterato anche dopo il suo ritorno al Verona, ma che è davvero troppo elevato per gli standard degli scaligeri (basti pensare che a parte Toni, che guadagna 1,15 milioni, tutti gli altri hanno stipendi inferiori al milione) e totalmente ingiustificato per un terzino di una squadra di medio-bassa classifica. Infatti i gialloblù hanno fatto di tutto per venderlo nel corso della campagna acquisti estiva, ma non sono riusciti a trovare chi si facesse carico dell’ingaggio. Così Romulo è rimasto in squadra e pare oltretutto non essere ancora uscito completamente dal vortice degli infortuni, situazione che lo rende ancora meno appetibile per altre squadre. Un bel problema per il Verona, anche perché il giocatore ha ancora due anni di contratto e se non riuscirà a tornare sui livelli di due anni fa potrebbe rimanere in gialloblù fino alla scadenza, appesantendo il monte ingaggi scaligero anche nella prossima stagione.

Fernando Torres, dal Chelsea al Milan / dal Milan all’Atlético

Se l’affare Romulo ha creato problemi economici alla società proprietaria del cartellino a causa del potenziale limitato del Verona, un caso ancora più clamoroso è quello relativo a Fernando Torres. A rimetterci, e non poco, è stato il Chelsea, che lo ha acquistato dal Liverpool nel gennaio del 2011 per 58,5 milioni, ma che lo ha visto rendere in misura soddisfacente solo nella stagione 2012/13 con 23 gol in 64 partite e un ottimo score soprattutto nelle coppe. Nell’estate del 2014, con due anni ancora di contratto da onorare (e 21,3 milioni di ammortamento residuo), il Chelsea decide di darlo in prestito biennale al Milan per alleggerirsi almeno dello stipendio.

Cedere un giocatore in prestito fino alla fine del suo contratto è una mossa abbastanza rara, perché comporta l’impossibilità di ricavarne qualcosa dalla: una volta tornato dal prestito, entra a far parte del gruppo degli svincolati. Quando una società decide una mossa del genere vuol dire che ha perso ogni speranza di vendere il giocatore e si accontenta di risparmiare sull’ingaggio. Nel mercato di gennaio 2015 accade però un nuovo colpo di scena: Torres non si ambienta nemmeno al Milan e i rossoneri decidono di cederlo all’Atlético Madrid in uno scambio di prestiti con Cerci. Per concludere l’affare, però, Galliani deve prima riscattare Torres dal Chelsea e lo fa pagando alla società inglese 3 milioni di euro (o almeno questo dicono le fonti più affidabili).

Mesi di certo non indimenticabili.

Alla fine ci rimettono un po’ tutti: in primis il Chelsea, che mette a bilancio 2014/15 una minusvalenza di 13 milioni, ma anche il Milan, che deve tirar fuori dal portafoglio 3 milioni per ottenere il cartellino di un giocatore che aveva già preso in prestito gratuito. La scelta degli inglesi, piuttosto strana, può essere spiegata solo ipotizzando che i dirigenti abbiano valutato più conveniente appesantire il bilancio 2014/15 che portarsi dietro gli 8 milioni di ammortamento residuo di Torres sul 2015/16. Ad approfittarne è solo l’Atlético Madrid, che si ritrova in squadra una sua ex stella in prestito biennale gratuito con lo stipendio pagato in parte dal Milan e contestualmente si libera del flop Cerci, caso che approfondiremo fra poco, spedendolo in cambio a Milanello.

Cinque casi in cerca di soluzione

Dopo aver analizzato quattro casi per i quali è già stato possibile emettere una “sentenza” di tipo economico, andiamo a vederne cinque che sono ancora “a metà dell’opera”: giocatori che hanno fallito in una squadra e sono tornati alla base (o sono passati in una terza squadra) solamente in prestito, rimanendo quindi di proprietà della società che ha sbagliato l’acquisto, la quale avrà il compito nelle prossime sessioni di mercato di trovare la soluzione giusta per non rimetterci troppo. Si tratta di Cerci, Cuadrado, Falcao, Balotelli e Doumbia.

Le pene di Cerci

Partiamo proprio dall’ex giocatore del Torino. Dopo la miglior stagione della sua carriera, Cerci viene venduto dai granata all’Atlético Madrid per 15 milioni di euro. Una cifra che per molti sembra eccessiva, tanto che il Milan e l’Inter—che pure avevano manifestato interesse per il giocatore—non rilanciano e lo lasciano accasare a Madrid. L’esperienza nei “Colchoneros” è disastrosa: una sola partita da titolare in Coppa del Re, qualche spezzone di partita e la sentenza finale di Simeone, che non lo ritiene importante per la rosa della squadra. Come fare per evitare una “sanguinosa” minusvalenza a bilancio? Come in alcuni casi precedenti, l’Atlético Madrid decide di prestarlo a una delle squadre che era interessata al giocatore in estate, ovvero il Milan, in cambio come detto del prestito di Fernando Torres.

Economicamente qui l’affare lo fanno i rossoneri, che senza pagare un euro per il cartellino possono contare da gennaio 2015 a giugno 2016 su un giocatore che sarebbero stati disposti a pagare diversi milioni di euro nell’estate del 2014. Se da una parte non si può ignorare che le prestazioni di Cerci al Milan stiano ricalcando quelle all’Atlético, rendendo il suo acquisto per il momento molto poco redditizio a livello tecnico, dall’altra almeno i rossoneri non si sono ritrovati a bilancio un ammortamento in più fra i costi fissi annuali. L’Atlético Madrid invece è nel limbo di coloro che hanno sbagliato un acquisto, ma hanno ancora la speranza di non rimetterci più di tanto e magari di piazzare una plusvalenza prima della scadenza del suo contratto, che permetta di limitare i danni dopo essere riusciti a evitare di pagargli lo stipendio per almeno un anno e mezzo (sui quattro previsti dal contratto). Per evitare una minusvalenza, la prossima estate gli spagnoli dovranno vendere Cerci a 7,5 milioni di euro, mentre ne basteranno 3,75 se la cessione verrà conclusa nell’estate del 2017. Fattibile? Dipenderà soprattutto da Cerci, ovviamente.

Le pene di Cuadrado

Ancora più incredibile il caso Cuadrado. Giocatore ricercato da mezza Europa quando vestiva la maglia della Fiorentina, pagato ben 32 milioni dal Chelsea nel mercato di gennaio e tornato in Italia con un prestito alla Juventus già in estate perché completamente fuori dal piano tattico di Mourinho, bollato come uno dei flop dell’anno in Premier League. Come se non bastasse, appena tornato in Italia il ragazzo sembra essersi subito ritrovato, facendo buone cose quando è stato chiamato in causa da Massimiliano Allegri.

Cuadrado all'Etihad Stadium.

Dal punto di vista economico affare di grandissima importanza per la Fiorentina, che aveva bisogno di una cessione di questo tipo per non ripetere l’elevato passivo di bilancio del 2014. Operazione dal rischio praticamente nullo per la Juventus, che si ritrova in rosa un giocatore che ha già dimostrato di essere di primo livello per il campionato italiano a una cifra irrisoria per il prestito (1,5 milioni) e senza avere alcun obbligo di riscatto. Situazione “ansiogena” invece per il Chelsea, con i dirigenti della squadra inglese costretti a sperare in una rinascita del colombiano che potrebbe portare i bianconeri a decidere di fare un’offerta per acquistarne l’intero cartellino a fine stagione.

Anche qui i numeri parlano chiaro: il Chelsea lo ha prestato questa estate perché non c’era nessuna squadra disposta a spendere i 28,5 milioni che sarebbero stati necessari per evitare ai Blues una minusvalenza. Fra nove mesi ne basteranno poco più di 20, per la precisione 20,7 per non fare minusvalenza ed è attorno a quella cifra che la società londinese proverà a venderlo. Fatta questa annotazione, diventa immediatamente chiaro come mai nei giorni scorsi si sia parlato di un “gentlemen’s agreement” verbale fra dirigenti di Juventus e Chelsea che prevede la possibilità per i bianconeri di riscattare il giocatore per una cifra pari a circa 22 milioni di euro. Questo caso è una dimostrazione evidente di come spesso i prezzi dei calciatori esulino dal loro valore reale, ma siano strettamente legati alle necessità economiche delle due società coinvolte, quella compratrice e quella venditrice.

Le pene di Falcao

Sempre rimanendo in casa Chelsea, vero e proprio protagonista di questi “strani affari”—anche a causa di una difficile gestione del calciomercato da parte di Mourinho—vale la pena citare anche il caso Falcao. Comprato dal Monaco per 60 milioni nell’estate del 2013, l’attaccante colombiano—al quale è stato garantito un folle stipendio di 14 milioni di euro netti l’anno, sfruttando la favorevole tassazione fiscale del Principato—si è ritrovato coinvolto nei problemi dei monegaschi con il Fair Play Finanziario una volta che il team è riuscito a qualificarsi per le coppe europee. Problemi accentuati poi dalle difficoltà economiche del presidente, il magnate russo Rybolovlev, a seguito del suo divorzio dalla moglie.

Il Monaco è stato costretto a vendere molti giocatori di spicco nell’estate del 2014, fra i quali, nelle intenzioni della dirigenza, proprio il centravanti della Colombia. Purtroppo però Falcao è arrivato a quella sessione di mercato reduce da un gravissimo infortunio al legamento crociato del ginocchio sinistro subito a fine gennaio 2014. Data la situazione, nessun club si è spinto a offrire i 48 milioni che, dato il suo contratto quinquennale con ammortamento residuo su altri quattro anni, sarebbero serviti al Monaco per evitare una minusvalenza. A puntare su di lui si è comunque presentato il Manchester United, che ha accettato la richiesta del Monaco di un prestito oneroso di 7,5 milioni accollandosi anche la quasi totalità dello stipendio (che per la tassazione inglese, nettamente superiore alla monegasca, ha comportato un esborso di più di 20 milioni lordi per il solo ingaggio del giocatore).

Un prestito a una cifra così elevata è servito al Monaco per limitare i danni a bilancio dell’ammortamento annuale di 12 milioni. Alla fine della stagione 2014/15 lo United ha deciso di rispedire al Monaco il giocatore, non ancora tornato sui suoi livelli pre-infortunio, ammettendo il fallimento della scelta, costata fra stipendio e prestito quasi 30 milioni di euro per un solo anno (circa un milione a presenza o, se preferite, 7,5 milioni a gol, visto che ne ha segnati solo quattro). Dal canto suo il Monaco si è ritrovato con lo stesso problema dell’anno precedente, perché nessuna squadra al mondo si è fatta avanti proponendo ai monegaschi l’acquisto del giocatore per i 36 milioni di euro divenuti necessari a evitare una minusvalenza (ammortamento di 12 milioni l’anno per i tre anni restanti).

Il primo gol di Falcao nel Chelsea.

Dopo un’annata negativa che lascia molti dubbi sul ritorno ad alti livelli del colombiano, il Monaco ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e “accontentarsi” di un nuovo prestito, questa volta totalmente gratuito, al Chelsea, che fra l’altro si è impegnato a pagare un terzo dell’ingaggio del calciatore. Nonostante Falcao sia venuto incontro ad alcune richieste del Monaco, riducendosi lo stipendio totale pur di andare nella squadra di Mourinho, ciò non toglie che il Monaco si ritrova anche quest’anno a bilancio i 12 milioni del suo ammortamento annuale, più diversi altri milioni di ingaggio da elargire a un giocatore che ha giocato con i monegaschi solo sei mesi. A meno di un suo ritorno ad altissimi livelli nel corso di quest’anno, lo scenario molto negativo per la squadra del Principato rischia di ripetersi anche la prossima estate, quando basterebbero 24 milioni per acquistarlo ma, con uno stipendio così elevato da pagare al giocatore, difficilmente qualcuno sarà disposto a spenderli.

Le pene di Balotelli

In questa carrellata non si può dimenticare Balotelli: ceduto dal Milan al Liverpool per 20 milioni la scorsa estate e dopo un’annata da dimenticare tornato al punto di partenza in prestito. Affarone per il Milan, che lo scorso anno ha intascato una plusvalenza da quasi 7 milioni e ora si ritrova di nuovo il giocatore in rosa in prestito gratuito, molto meno per i Reds, che per limitare i danni hanno dovuto accettare questa opzione (13,4 i milioni che sarebbero serviti per rilevare l’intero cartellino senza generare una minusvalenza nel bilancio del Liverpool, dato il triennale fatto firmare al giocatore un anno fa). Nella prossima estate, con un’offerta superiore ai 6,7 milioni, probabilmente sarà possibile acquistare l’intero cartellino di Super Mario, anche perché, pur a fronte di un’eventuale grande stagione, difficilmente il Liverpool sarà disposto a puntare nuovamente sul giocatore. I Reds saranno ben disposti a valutare tutte le offerte che dovessero arrivare, in primis quella del Milan, che non dovrebbe avere particolari problemi a mettere sul piatto una cifra simile se il calciatore dovesse dare segnali positivi nel corso dell’intera annata.

Le pene di Doumbia

Uno dei casi più clamorosi degli ultimi mesi è stato però quello di Seydou Doumbia. Prima passato dal CSKA Mosca alla Roma a gennaio e ora di nuovo in prestito al CSKA fino al 31 dicembre. Il giocatore, fortemente voluto da Sabatini, è stato acquistato per 14,4 milioni dalla Roma, ma non ha soddisfatto le aspettative di società e tifosi, perciò è stato immediatamente messo sul mercato in estate. Praticamente impossibile venderlo, visti gli scarsi risultati recenti e i 12,8 milioni da incassare per evitare una minusvalenza, la soluzione trovata dalla Roma è stata quella di rispedirlo a Mosca (dove peraltro ha ripreso a segnare con regolarità) con la formula del prestito e un accordo per uno sconto di 2 milioni sul costo del cartellino originario che i giallorossi si erano impegnati a pagare a rate.

In questo modo, se il giocatore continuerà a dimostrarsi utile per la causa del CSKA, la Roma spera che i russi presentino un’offerta di circa 10 milioni che potrebbe evitare una minusvalenza. Se così non sarà si continuerà a provare a prestarlo di nuovo al CSKA Mosca o a qualche altra squadra facendo scendere così l’ammortamento residuo semestre dopo semestre fino ad arrivare a un valore che renda possibile la cessione senza minusvalenza (l’ivoriano ha firmato un contratto con la Roma fino al 30 giugno 2019).

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