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Communication Breakdown
17 gen 2017
17 gen 2017
La difesa di Cleveland è tornata a non capire nulla su come fermare Golden State.
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Foto di Ezra Shaw/Getty
(copertina) Foto di Ezra Shaw/Getty
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L’ennesimo capitolo della rivalità tra Cavaliers e Warriors non è stato di certo uno dei più divertenti, o quantomeno dei più combattuti. Esattamente un anno fa, in occasione del Martin Luther King Day, Golden State vinceva a Cleveland con 34 punti di distacco aggiungendo fiducia alla cavalcata verso le storiche 73 vittorie in regular season; ieri Golden State si è ripetuta, causando la sconfitta con maggior distacco in stagione regolare della carriera di LeBron James.

Tra queste due sconfitte è successo di tutto: i Cavs hanno cambiato allenatore, aggiunto Channing Frye e Kyle Korver alle rotazioni, conquistato un leggendario titolo e vinto quattro partite consecutive contro gli Warriors tra le Finals dello scorso giugno e la partita di Natale.

Ieri però non c’è stata semplicemente partita, con i Dubs che hanno preso letteralmente a pallonate gli avversari, facendo tutto molto meglio: li hanno dominati nelle percentuali dal campo (50.5% a 35.2%) e da 3 punti (44.1% a 26.5%), hanno dominato la battaglia a rimbalzo (58 a 35) e giocato con un attacco da 37 assist su 46 canestri segnati con 15 perse, tenendo il bulimico attacco dei Cavs a soli 11 assist con 15 perse. Durant e soci hanno di fatto chiuso la partita in soli due quarti, quando i Cavs sono andati a riposo subendo 78 punti in 24 minuti: un’enormità.

Non è semplicissimo trarre spunti da questo genere di partite: Love ha giocato per una manciata di minuti a causa di problemi alla schiena, la squadra deve ancora trovare gli equilibri con Iman Shumpert titolare e capire come integrare al meglio Korver, ma lo stesso si potrebbe dire della partita di Natale, in cui i Warriors non erano al completo e la rimonta di 14 punti nell’ultimo periodo si concludeva con una controverso fischio arbitrale mancato su Durant. Nel mondo della NBA una sconfitta di 35 punti è semplicemente una sconfitta: l’incontro di un anno fa, per non parlare delle Finals dell’anno scorso, è stato l’esempio migliore di come una vittoria con ampio margine possa venire completamente ribaltata quattro mesi o anche due giorni dopo.

Tuttavia, nonostante l’abissale differenza nel risultato finale, è opportuno analizzare quali tendenze potremmo rivedere nei playoff e quali invece sono destinate a morire.

Avere Kevin Durant

Le stagioni fuori dalla grazia del signore di Russell Westbrook e James Harden stanno riuscendo a far passare in secondo piano la stagione di KD, il quale ha deciso che i problemi di ambientamento sono una delle cose che non lo riguardano.

Dopo aver trascinato i suoi nella partita di Natale, Durant ha preso nuovamente in mano le redini tecniche della partita diventando il giocatore più incisivo in questa rivalità. I Cavs non hanno grosse risposte a KD al momento: in difesa Lue ha deciso di risparmiare LeBron dal marcarlo per dirottarlo su Green in una mossa ormai classica; di contro Durant ha fatto ciò che voleva contro Love, Thompson, Jefferson e in generale di chiunque fosse incaricato di contenerlo. Facendo così però Lue è caduto nella trappola preparatagli da Kerr: Golden State ha sempre isolato LeBron lontano dal campo tenendo il giocatore che veniva marcato in un’isola sperduta e giocando 4 vs 4 in attacco - lo stesso trattamento che gli avversari degli Spurs usano contro Kawhi Leonard.

In una delle rarissime occasioni in cui Lue ha dovuto sfruttare LeBron in difesa su KD, Golden State ha saputo facilmente farne a meno; se solo avesse potuto Kerr avrebbe posizionato Durant direttamente nel secondo anello. Sperare di nascondere Frye e Love in un pick and roll senza contare sull’unico difensore in aiuto credibile è una condanna a morte.

Mentre le attenzioni dei Cavs erano tutte su come evitare che Curry si accendesse, Durant si è potuto permettere una piacevole serata in attacco, senza che mai gli venisse portato un raddoppio e senza mai dover andare a fare sportellate in post. Il dominio di Durant però si è sentito soprattutto in difesa: Golden State si è permessa il lusso di avere sempre in campo due “LeBron stopper” contemporaneamente, facendo cambiare Durant/Green/Iggy e occasionalmente Klay su ogni blocco. LeBron ha dovuto affrontare continuamente difensori freschi e atletici che gli hanno reso la serata lavorativa particolarmente stressante. KD è la chiave di tutto ciò, riuscendo a marcare letteralmente ogni giocatore a roster dei Cavs, piccolo o lungo che fosse. Per ogni attacco di Cleveland, Golden State sembrava avere sempre la risposta giusta - e la maggior parte delle volte la risposta era sempre il 35.

Qui KD umilia Love stoppandolo senza nemmeno saltare; in seguito si dirige in attacco con l’andatura di chi entra in ufficio dopo un lungo ponte. Nell’azione seguente ruberà palla a Irving dal palleggio.

Tristan Thompson, dove sei?

Nei capitoli fin qui visti nell’eterna lotta tra Dubs e Cavs, Tristan Thompson è stato sempre il secondo giocatore più importante per il popolo del lago. Ieri perfino TT è sembrato un corpo estraneo alla contesa. Ad inizio ottobre avevo scritto che per battere Golden State occorresse obbligatoriamente vincere la lotta a rimbalzo e nelle palle perse: il dato più scioccante della partita di ieri notte è invece un +23 dei guerrieri della baia nel controllo delle plance. A Natale i Cavs avevano trovato vita facile dati i problemi di falli di Green e Pachulia (Zaza era pure al rientro da un infortunio), ma generalmente Thompson riusciva sempre a guadagnare tonnellate di rimbalzi offensivi e regalare occasioni extra alla sua squadra.

La differenza con l’anno passato però è che partendo largo poteva sorprendere Bogut in velocità; quest’anno, invece, quando Tristano parte largo deve battere in velocità Kevin Durant o Draymond Green, cosa che risulta essere estremamente più difficile. Il metro arbitrale di ieri permetteva poi contatti e spinte sotto canestro, e Pachulia in questo modo risulta essere un problema nel tagliafuori. TT si è trovato quindi costretto a battere in velocità giocatori più esplosivi e spostare giocatori più grossi di lui, di fatto estromettendolo dalla sua area di competenza e rendendo inutilizzabile la sua inesauribile energia.

A peggiorare le cose sono stati i possessi in cui ha dovuto marcare Durant: oltre a non contenerlo praticamente mai, TT è stato costretto a partire in posizione svantaggiata per i rimbalzi difensivi.

Al contrario, quando Tristano parte in posizione di vantaggio è in grado sia di tagliare fuori Pachulia che di anticipare Green nella stessa azione.

Steve Kerr, trovando terreno fertile, ha spinto i suoi a rimbalzo offensivo come mai aveva fatto prima, raccogliendone 11 coi soli giocatori del frontcourt. Lue non può permettersi in alcun modo che questo evento si ripeta, perché concedere più tiri a Golden State corrisponde praticamente a una resa incondizionata.

Ministero della difesa

Il Game Tracker del League Pass rende evidente quanto a senso unico sia stata la partita.

Le passate quattro vittorie dei Cavaliers erano riuscite a farci dimenticare un dettaglio fondamentale: se l’attacco degli Warriors gira come sa, Cleveland non ha abbastanza uomini validi da tenere in campo per arginarlo, perfino con il quintetto migliore. Nel momento di disperazione Lue ha provato a mettere il quintetto con Love e Frye sperando di allargare il campo, ottenendo solo il risultato di farsi massacrare in difesa. Se non entra qualche sassolino negli ingranaggi di Golden State - che siano degli acciacchi fisici, problemi di falli, o appisolamenti generali, a cui non sono assolutamente immuni - gli Warriors partono pesantemente favoriti contro tutti, compresi gli unici che li hanno battuti ai playoff negli ultimi due anni.

Il dirty little secret di questa rivalità è che i Cavs sono per la maggior parte del tempo incapaci di leggere i tagli e “seguire i passi di danza” dell’attacco di Golden State. Una cosa che non è mai realmente cambiata nei primi quarti delle partite in cui si sono affrontati (oltre al -14 di Natale, i Cavs erano andati sotto in doppia cifra anche nel primo tempo della stessa gara-7), riuscendo a mettere una pezza solo nei minuti finali, quando Golden State - per stanchezza o per il “peso” di ogni pallone - si muove molto di meno, rendendo loro la vita più semplice. Kerr ha impostato la partita riducendo al minimo le sbavature in attacco: Golden State non si è quasi mai vista andare in post per evitare entry pass rischiosi, i passaggi più funambolici di Curry sono stati eliminati del tutto e in generale hanno evitato continuamente di giocare nelle linee di passaggio più rischiose.

Il problema difensivo di Cleveland però sembra essere tornato quello delle prime quattro partite delle Finals, ovvero principalmente comunicativo.

Dividiamo ciò che succede in campo in due istanze separate. Sul lato debole Korver-Shumpert-Love non si chiamano neppure un blocco dei due ciechi che gli Warriors portano. Shump e Korver restano attaccati a Curry, Love è nella terra di nessuno: in questo modo Zaza può ricevere a centro area e soprattutto Klay è indisturbato dietro l’arco. Sul lato forte invece LeBron cambia sul blocco di Green mentre Thompson inizialmente segue il roll di Draymond, lasciando KD libero di quel tanto che gli basta per elevarsi e tirare senza disturbo.

La mancanza di comunicazione si è fatta poi sentire ogni volta che i Dubs partivano in contropiede e, vista la serata particolarmente ispirata in difesa, questo succedeva molto spesso. Troppe volte Klay si trovava solo a occupare le linee laterali in attesa dello scarico e il raddoppio ossessivo su Curry liberava KD e Green a centro area.

Le Steph Rules non hanno funzionato

In un articolo apparso ieri su SB Nation, Mike Prada sottolineava come i Cavs abbiano reso difficile la vita di Curry applicando delle cosiddette ‘Steph Rules’, facendo un parallelismo con le celeberrime Jordan rules che i Pistons avevano preparato per marcare MJ quasi 30 anni fa.

Le Steph Rules possono essere sintetizzate nel non perdere mai contatto visivo con Curry, adibendo di fatto un giocatore a restargli incollato qualunque cosa avvenisse in attacco. In questo modo Curry non ha possibilità di tirare all’improvviso sorprendendo gli avversari, che sarebbe poi la qualità che gli ha fatto vincere due MVP di fila. Per farla però altrettanto breve, le Steph Rules ieri non hanno funzionato minimamente: Curry ha passato gran parte della partita a servire i compagni che si liberavano mentre la difesa dei Cavs collassava su di lui, concludendo la serata con 11 assist per sole 3 palle perse (10 a 0 nel primo tempo).

Nell’azione Love segue Curry anche da battuto, LeBron e TT collassano entrambi su Steph (sottolineando di nuovo i problemi di comunicazione), le rotazioni dei Cavs saltano, con Shumpert che si ritrova a marcare nessuno e KD, che era stato allontanato sull’isola per la marcatura di LeBron, con chilometri di spazio per tirare.

L’ennesimo problema di comunicazione crocifigge i Cavs: Irving non perde mai il contatto visivo con Curry che porta un blocco per Klay sotto canestro; dopo il blocco però sia Shumpert che Irving seguono Klay, concedendo a Curry un tiro estremamente semplice.

Le Steph Rules non hanno portato grossi dividendi, ma non è detto che siano un principio sbagliato. I Cavs sono comunque stati continuativamente la miglior squadra ad arginare l’MVP in carica e quando la difesa si muove in maniera coordinata è veramente difficile per Steph trovare dei tiri semplici. Tuttavia la facilità con cui Curry è riuscito ad aprire il vaso di Pandora semplicemente eliminando i fronzoli in attacco e preferendo servire continuativamente i compagni liberi deve essere un campanello d’allarme per Mike Longobardi e gli altri assistenti dei Cavs che si occupano della fase difensiva.

Korver potrebbe essere la svolta

L’integrazione di Korver negli schemi dei campioni in carica è appena agli inizi, ma già da ora i Cavs hanno provato toccare con mano tutti i benefici che un giocatore del genere può portare in attacco. Lue deve sicuramente individuare i quintetti in cui Korver risulta più efficace, ma sebbene non sia più “Threezus”, l’ex Hawks può essere una chiave tattica non di poco conto per il prosieguo della rivalità.

Al di là dell’errore al tiro, una situazione del genere è oro per i Cavs. Curry battezza Shumpert aspettandolo dietro l’arco, Shump allora porta un blocco a Thompson e Korver è fulmineo a posizionarsi in punta dove viene puntualmente servito da LeBron. Generare questo tipo di tiro con una tale facilità è una delle notizie più piacevoli per Cleveland.

Un altro fattore da non sottovalutare è la capacità di Korver di tirare dal palleggio. Nell’occasione Green e Klay non fanno nulla di profondamente sbagliato nel posizionamento difensivo, ma Korver è un giocatore a cui non si possono lasciare tempi e spazi che normalmente si lasciano agli altri Cavaliers, nessuno escluso.

Quando l’inserimento di Korver sarà completato - Cleveland era all’ultima partita di una trasferta da sei gare in 12 giorni in cui si sono allenati solo una volta - i Cavs avranno un’arma capace di ribaltare nuovamente gli equilibri, garantendo continuamente una minaccia sul lato debole che finora i Cavs non riuscivano a portare nella scacchiera. Nessuno dei Big Three dei Cavs è infatti formidabile nel muoversi lontano dalla palla, ed evitare che Kerr possa far riposare a turno uno dei suoi sul lato debole è di fondamentale importanza in una serie di partite ravvicinate come potrebbero essere le Finals.

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