Le avventure del Real Madrid sono talmente interessanti e intense che per ogni settimana bisognerebbe scrivere un racconto breve.
Il problema è che gli eventi si susseguono in modo enigmatico: se lo psicoanalista Jung fosse vivo, che grande miniera per i suoi studi troverebbe nel Real Madrid. Altro che il “Libro dei Mutamenti”, qui al posto dei 64 esagrammi avrebbe 25 giocatori e tutte le combinazioni di modulo che rappresentano degli archetipi di calcio.
Nel continuo fluire dei due poli yin e yang, il Real Madrid passa dall’importanza del talento individuale alla solidità degli schemi, dalla volontà di controllo dello spazio a quello del pallone, in un magma indistinto che per noi poveri occidentali sembra caos: e invece è il Tao della Casa Blanca.
La vittoria contro la Roma nell’andata degli ottavi di finale di Champions League sembrava aver dato un certo slancio alla squadra di Zidane, alla quarta vittoria consecutiva. Quello che è successo dopo, invece, rischia di aver rovinato la stagione di Florentino Perez: in queste settimane il Real Madrid ha dato addio alla Liga, prima con uno scialbo pareggio a Malaga, poi con la sconfitta al Bernabeu nel derby contro l’Atletico del Cholo.
Il Barcellona di Luis Enrique è ormai primo con 12 punti di vantaggio; il Real è terzo, a quattro punti dagli uomini di Simeone. Al Bernabeu è tornato il coro di dimissioni per il Presidente, che aveva esonerato Benitez a causa della insana passione per gli equilibri tattici e di conseguenza per giocatori come Casemiro e Lucas Vázquez.
Ronaldo sbaglia un rigore decisivo contro il Malaga, a dimostrazione della sua cittadinanza terrestre.
Paradossalmente, per evitare il naufragio completo contro l’ultima in classifica, il Levante di Pepito Rossi, Zidane ha deciso di andare sul sicuro (spinto anche dai molti infortuni): dentro Casemiro a far coppia con Kroos davanti alla difesa, Lucas Vázquez ala destra e il canterano Borja Mayoral a creare spazi da punta centrale. L’eterno ritorno del doble pivote, in versione Zizou, più glamour, ma sempre per lo stesso motivo: trovare l’equilibrio tra le fasi di gioco.
Contro il Celta Vigo la struttura è rimasta la stessa, con Kovacic al posto di Kroos, e il risultato è stato decisamente confortante: 7-1, numeri che inquietano i tifosi della Roma.
Bloccato
Zizou ha già capito che in pochi mesi è difficile sistemare una squadra e forse è impossibile nel caso del Real Madrid. I problemi delle prime partite rimangono intatti e proprio la sfida contro Simeone li ha messi ben in mostra: una mancanza generale di compattezza e di fluidità, con la coperta sempre troppo corta. Per proteggere la difesa ed evitare le transizioni dell’Atletico, i 4 della linea difensiva sembravano molto più bloccati: ma poi nella linea di centrocampo, per assicurare l’inizio azione, si abbassavano tutti, anche Isco, scollegando così completamente i tre davanti.
Cristiano Ronaldo e le polemiche dichiarazioni dopo il derby: inizialmente sembra voler accennare a un problema fisico e agli infortuni, e fa i nomi dei compagni con cui vorrebbe sempre giocare; ma poi cita quelli che hanno giocato e, nel goffo tentativo di ritrattare, riesce a dire Kovacevic al posto di Kovacic.
L’inizio azione continua ad essere uno dei grandi misteri irrisolti di questa squadra: troppo macchinoso, con i difensori centrali vicini e le difficoltà di Varane, finisce per determinare scompensi su tutta la manovra. E infatti il francese è stato sostituito da Pepe nel match contro il Celta.
Con l’inserimento di Casemiro la qualità del possesso si riduce: è un giocatore da scarico facile, da passaggio orizzontale. Ma anche uno scudo umano davanti alla difesa: neppure contro il Levante gli uomini di Zidane hanno brillato, ma sono sembrati più vivi, più determinati, semplicemente più umili.
Il Real continua ad avere grandi problemi fisici: gli infortuni si accavallano quasi quotidianamente (in 3 settimane: Marcelo, Modric, Benzema, Kroos) e contro il Levante in molti hanno finito con i crampi. Dopo la sconfitta nel derby, Zidane ha detto che la squadra aveva mancato di intensità e cattiveria, bisognava correre di più: e in qualche modo è vero e falso allo stesso tempo. Perché è vero che non si vincono le partite senza vincere i contrasti (una frase che proprio Spalletti pronunciò prima delle dimissioni da allenatore della Roma nel 2009) ma è altrettanto vero che al Real sembra mancare tutto il resto: e non è con i km percorsi che si vincono le partite.
Zidane è sembrato sia arrendevole (“la Liga ormai è finita per noi”) che arrabbiato (“il prossimo anno ci saranno cambi”, quasi a voler minacciare i giocatori) e al di là dell’aspetto tattico ancora non è emerso che tipo di allenatore sia Zizou dal punto di vista umano, nella relazione con i suoi giocatori. Nel frattempo lo spogliatoio, inizialmente pacificato, è tornato a bollire: le dichiarazioni di Ronaldo dopo il derby evidenziano un uomo solo; ma anche l’arrabbiatura di Sergio Ramos in allenamento per un torello troppo blando sembra eccessiva. Solo la tranquillità zen di Carlo Ancelotti poteva dominare uno spogliatoio del genere.
Nonostante tutto il rumore di fondo, la Casa Blanca ha demolito il Celta Vigo di Berizzo, una squadra tatticamente all’avanguardia ma molto spregiudicata: i galiziani sono riusciti a reggere un tempo, mettendo in risalto i soliti problemi di Zizou.
Nel secondo tempo però Cristiano Ronaldo si è trasformato nel battitore di una squadra di baseball che piazza un home run dietro l’altro: quattro gol e una traversa in 26 minuti. A fine primo tempo aveva ricevuto anche i fischi per una serie di errori e per un atteggiamento che sembrava sciatto: appena segnato il primo gol, CR7 si è portato il dito all’orecchio.
Ecco il primo home run: detta il passaggio tra le linee, il centrale avversario prima esce poi ci ripensa, e CR7 batte forte. E uno.
Lo avevano accusato di non segnare più su punizione nella Liga (0 gol su 19 tentativi) e lui si è sbloccato così. E due.
Sono passati dieci minuti dal primo gol, il Celta non fa in tempo a riposizionarsi che viene preso a pallonate da Ronaldo. Qui l’home run è evitato grazie al “guantone” del portiere, aiutato dalla traversa. In ogni caso, il portoghese segnerà ancora 4 minuti dopo (e poi ancora 15 minuti dopo: poker servito).
Contro la Roma molto probabilmente torneranno tutti gli infortunati (tranne Benzema): oltre a Marcelo e Modric, il più importante è Gareth Bale. Nessuno può garantire le soluzioni del gallese al momento: la capacità di offrire sia ampiezza che profondità, di creare superiorità o di farsi trovare tra le linee. Infatti, in 25 minuti contro il Celta ha segnato subito un gol, facendo capire di essere pronto.
Questa squadra può ormai essere solo un insieme di grandi individualità e per questo non può sopportare ulteriori infortuni: servono tutti allo stesso momento per provare a vincere, Zidane lo sa bene e ormai usa il campionato per fare turnover. Basti pensare che il diciottenne Borja Mayoral, titolare nelle ultime due partite, non è stato neppure convocato per la partita contro la Roma.
Al Real di quest’anno è rimasta solo la cabala ed è triste per una corazzata di campioni: le ultime quattro Champions League dei Blancos sono arrivate alla fine di stagioni non entusiasmanti nella Liga (un secondo posto, due terzi posti e addirittura un quinto), forse anche a dimostrazione di quanto l’obiettivo europeo possa essere totalizzante a Madrid.
Florentino ha vinto una solo degli ultimi 8 campionati, in quella che è la seconda peggior serie nell’intera storia del Real Madrid: l’ultima volta era il 1953, i Blancos non vincevano da 17 anni e arrivò Di Stefano a cambiare tutto. Ma il calcio è cambiato rispetto a 63 anni fa, e proprio questa è la lezione definitiva della decade del Barça (dopo che già altre magnifiche squadre avevano mostrato la via): i grandi campioni hanno bisogno di un sistema di gioco in cui risaltare e non di supplire alle carenze del sistema.
Il Real Madrid nel frattempo è diventato un club con un grande progetto commerciale e con il fatturato più alto al mondo. Ma il calcio è uno spettacolo che si gioca in campo e che prevede una competizione: in quell’ambito di progetti non se vedono e Zidane sembra quasi avere il compito di incarnarne uno, in una sorta di rivoluzione personale. In questo finale di stagione Florentino si gioca moltissimo, perché la squadra di cui è presidente non è ancora una società di entertainment, ma il Real Madrid CF: un Club de Fútbol, appunto, ed è al calcio che questa squadra deve tornare, per trovare finalmente il giusto abbraccio tra spettacolo ed equilibrio, tra tecnica ed impegno.