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Come si gioca a centrocampo in Italia
02 mar 2016
02 mar 2016
I cinque migliori reparti di centrocampo della Serie A.
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In Premier League e in Bundesliga abbiamo assistito a un progressivo appiattimento verso il 4-2-3-1, nella Liga non si usa praticamente più la difesa a tre e, più in generale, difficilmente altri campionati europei possono vantare la varietà di tattiche adottate nel panorama italiano. Questa abbondanza di soluzioni è riscontrabile anche nei diversi modi in cui si organizzano reparti di centrocampo e per questo ho scelto di analizzare cinque caratteristiche originali di cinque squadre differenti. Perché nel calcio si possono perseguire gli stessi obiettivi anche partendo da presupposti diversissimi.

5. Il Milan, ovvero il Leicester italiano

Nelle ultime 12 uscite Sinisa Mihajlovic ha trovato un assetto consistente in entrambe le fasi intorno al classico 4-4-2. Il centrocampo “flat four” è di per sé una peculiarità caratteristica dei rossoneri: sulle 500 formazioni schierate fin qui in campionato, questo modulo è stato utilizzato in 41 occasioni; come raffronto basti pensare che il 4-3-3 si è visto in 166 partite, rendendo quest’ultimo lo schema più utilizzato nella massima serie.

Il 4-4-2 è lo stesso schema utilizzato dal Leicester di Claudio Ranieri, che guida a sorpresa la classifica del campionato inglese. E alcune caratteristiche dei quattro che compongono la mediana dei Foxes sono simili a quelle degli uomini scelti da Mihajlovic.

Entrambi gli allenatori hanno scelto di schierare le ali a piede invertito: così come fanno Albrighton e Mahrez, anche Bonaventura e Honda hanno la possibilità di entrare nel campo da sinistra e da destra sul loro piede preferito. In particolare l’italiano ha saputo trarre il massimo da questa opportunità tattica: è il centrocampista che ha effettuato più tiri verso la porta (3.7 ogni 90 minuti, più di Paul Pogba che ne ha 3.5), tenendo comunque una precisione formidabile (1.3 tiri finiscono nello specchio, solo Ilicic con 1.4 fa meglio).

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Bonaventura non è solo bravo in fase di finalizzazione, ma è anche capace di leggere i tagli in profondità di due attaccanti veloci come Bacca e Niang, servendo 2.4 passaggi chiave ogni 90 minuti. Un’incollatura separa Bonaventura dai migliori specialisti del campionato: Saponara (2.9), Pjanic (2.6 key passes). Tornando al parallelo col Leicester: Mahrez tira 2.8 volte verso la porta, con poco meno della metà delle conclusioni che finiscono nello specchio; Albrighton gioca 2.1 passaggi chiave e tra i centrocampisti della Premier League che hanno più di metà delle presenze il solo Mesut Ozil crea più opportunità per i compagni.

Anche nelle due coppie centrali di Milan e Leicester si possono scovare delle similitudini: la loro vocazione è più quella di proteggere la difesa, piuttosto che di creare occasioni per il proprio attacco. Riccardo Montolivo non ha le caratteristiche tecniche e fisiche di Juraj Kucka, che supera il compagno per numero di tackle realizzati a partita (3.3 dello slovacco contro 2.1 dell’italiano, con l’atalantino de Roon leader di questa classifica con 3.9 contrasti). Però Montolivo supplisce con l’esperienza e il senso tattico: è il miglior centrocampista del campionato per numero di palloni intercettati, 4.3 ogni 90 minuti contro i 2.8 del compagno di reparto. Numeri comparabili per i due Foxes, N’Golo Kanté e Daniel Drinkwater, che hanno 4.6 e 3 tackle a testa e 4.7 e 1.8 intercetti realizzati ogni 90 minuti e che permettono loro di primeggiare in Inghilterra.

4. L’Empoli e l’elogio del trequartista

L’allenatore del Borussia Dortmund Thomas Tuchel odia il gioco sulle fasce. Al punto da aver creato, già ai tempi del Mainz, un particolare esercizio in allenamento su un campo romboidale. Come in un drill di Tuchel, il gioco dell’Empoli sembra stringersi al centro verso il suo punto focale, rappresentato da Riccardo Saponara. L’ex Milan, da quando è arrivato all’Empoli, ha dato ai toscani la concretezza che mancava in zona gol: con Saponara in campo l’Empoli ha una media 1.33 gol a partita, senza di lui la media si attesta a quota 0.85.

I suoi movimenti sono essenziali ma precisi al secondo: la sua azione tipo è quella che lo vede giocare spalle alla porta, offrire la sponda per il palleggio all’indietro verso il suo regista e lanciarsi poi nello spazio creato dal movimento della punta, che nel frattempo è scappato in profondità. Se escludiamo tutte le situazioni di gioco che scaturiscono dai calci piazzati, Saponara è il centrocampista, dopo Pogba, che cerca di più la rete su azione: 2.6 tiri ogni 90 minuti per l’italiano, escludendo quindi le conclusioni da calcio piazzato, comunque vicino alla media di 2.9 tiri del francese. Al contrario di Pogba, che alle volte “strappa” la conclusione, anteponendo la fiducia nel suo talento ad uno sviluppo di gioco preordinato, le conclusioni di Saponara danno sempre l’impressione di essere lo sbocco più logico per la manovra della sua squadra.

Saponara non è un puro finalizzatore, sa anche essere un giocatore associativo: come ho accennato prima, è il miglior centrocampista del campionato per numero di passaggi chiave, cioè un passaggio che mette un compagno in condizione di tirare, 2.9 ogni 90 minuti. Ed è ancora il migliore se consideriamo i soli passaggi chiave verticali, ovvero quel tipo di passaggio filtrante che statisticamente ha una probabilità maggiore di essere trasformato in gol. Il centrocampo dell’Empoli è una vera shooting machine, che rende i toscani la sesta squadra in Serie A per numero di tiri (13.8 a partita), un soffio dietro a Milan, Fiorentina e Roma (che tirano rispettivamente 14.3, 14.3 e 14.9 volte a partita), e non lontana da Juventus (16) e Napoli (16.9).

Mihajlovic, Allegri e Mancini hanno abbandonato il rombo di centrocampo dall’anno scorso. Invece Marco Giampaolo ha fatto sua la lezione di Sarri. La capacità dei toscani di fare gioco per mezzo di un undici piccolo ma tecnico è eccezionale. Le tre reti e le tre assistenze per i gol in Empoli-Carpi sono un compendio della bravura tecnica e dell’intelligenza tattica del quartetto di centrocampo assemblato da Giampaolo.

3. La Fiorentina fa quadrato

La Fiorentina ha il miglior dato sul possesso palla medio (59.2%) e la miglior precisione nell’esecuzione dei passaggi (l’85.9% dei quali riusciti) di tutta la Serie A. Statistiche migliorate rispetto all’ultima squadra allenata da Vincenzo Montella, il cui sistema sembrava già esasperare certi aspetti del calcio posizionale. Paulo Sousa è riuscito ad andare oltre, la più grande differenza tra la sua squadra e quella dello scorso anno è la zona di campo in cui si concretizza il possesso: l’ultima Fiorentina di Montella giocava il pallone per il 31% del tempo nella trequarti offensiva, nessuno presidiava questa zona di campo meglio di loro in Serie A lo scorso anno; questa Fiorentina consolida il possesso prevalentemente al centro del campo di gioco, grazie all'impiego di quattro centrocampisti abili nel palleggio nel cuore del gioco viola.

La responsabilità della prima costruzione è affidata ai tre difensori centrali e ai due mediani: Badelj, Vecino e Astori sono i più coinvolti, con una media molto alta di 75.9, 74.5 e 73 passaggi riusciti per 90 minuti: in tutta la Serie A solo Hamsik e Jorginho giocano più palloni. I due centrocampisti devono facilitare la trasmissione del pallone verso la trequarti: centralmente, quando questi canali sono liberi, per rendere immediatamente pericolosi i trequartisti o la punta; lateralmente, per superare una linea di pressing e salire successivamente a supporto degli esterni.

Il quadrilatero centrale consolida il possesso per mezzo delle rotazioni dei quattro uomini ai suoi vertici. Le difese avversarie sono sempre divise dalla scelta di proteggere il centro, rischiando di esporre i lati, o viceversa. Per esempio, Mancini al Franchi ha prima pensato di controllare i due mediani con i due interni di centrocampo e di andare a pressare i tre centrali viola con le proprie tre punte. Una certa pigrizia degli attaccanti ha facilitato l’uscita del pallone soprattutto a sinistra, con Bernardeschi libero di ricevere e di mettere in difficoltà la difesa nerazzurra, con Medel portato fuori posizione dal movimento di Ilicic.

Eravamo abituati a vedere la Fiorentina di Sousa schierarsi ad inizio azione col 3-2-4-1, grazie alla salita profonda degli esterni (Alonso o Pasqual a sinistra, Bernardeschi o Blaszczykowski a destra) che andavano a posizionarsi ai lati dei trequartisti Ilicic e Borja Valero. Nelle ultime due partite, se da un lato i meccanismi ed il modulo non sono cambiati, Sousa ha scelto di utilizzare interpreti differenti. Valero è stato arretrato nella linea dei mediani, per recuperare le geometrie nella zona bassa dell’infortunato Badelj; Bernardeschi ha lasciato il suo posto in fascia a Tello, recentemente acquistato dal Porto, per spostarsi centralmente al fianco di Ilicic. Probabilmente Sousa sta cercando di ovviare a una certa staticità di cui soffriva la manovra della sua squadra una volta raggiunta la trequarti avversaria: la doti tecniche di Bernardeschi migliorano la creatività dei “viola” in una zona dove iniziavano a diventare prevedibili.

2. Il Napoli e l’importanza del playmaker

Quest’anno tutti si aspettavano la riconferma del miglior centrocampista della scorsa stagione, Mirko Valdifiori, sotto la guida del suo mentore. Invece Maurizio Sarri ha pescato il jolly Jorginho nel roster messo a sua disposizione dal Napoli. Il regista italo-brasiliano è il fulcro della manovra partenopea, i difensori centrali lo utilizzano come un muro per disorganizzare il primo pressing avversario e spingere il pallone sul lato dove uno dei terzini si alza in proiezione offensiva. Jorginho è dotato di un’eccezionale visione periferica: sa quando restituire il pallone all’indietro per eludere la marcatura e quando può girarsi per continuare a tessere la tela del gioco in avanti.

Nell’Empoli il giro palla basso era utilizzato per stanare la squadra avversaria dalla propria metà campo e Valdifiori aveva il compito di lanciare il dardo infuocato alle spalle della difesa avversaria. La sua giocata “marchio di fabbrica” era il lancio di prima mentre si muoveva incontro al terzino che si preparava allo scarico del pallone in orizzontale. Jorginho è diverso tipo di playmaker, che basa il suo gioco sul ritmo. Ogni volta che passa la palla si muove per cercare zone di campo in cui poter ricevere e ritrasmettere efficacemente il pallone. Uno, massimo due tocchi per ogni trasmissione rendono l’azione del Napoli incessante e complicata da coprire. Nelle 21 partite di campionato fin qui disputate, Jorginho ha giocato un’impressionante media di 107.3 passaggi ogni 90 minuti, con una precisione del 91%. L’unico centrocampista in tutta la Serie A in grado di avvicinarsi alle sue medie è il compagno di squadra Marek Hamsik.

Jorginho non è solo un mostro di regolarità, ha anche il senso del tempo e dello spazio, oltre al tocco di palla, per riuscire a lanciare un uomo nei canali della difesa avversaria mettendo i giri giusti nel pallone. Jorginho è il direttore di un’orchestra armonica formata da solisti: lui, Hamsik e Allan occupano i primi posti di tutte le classifiche di rendimento. Le loro rotazioni, con l’appoggio di uno tra Insigne e Callejon, a seconda del lato su cui si attacca, permettono la circolazione veloce e sicura del pallone attraverso le linee avversarie. I tre centrocampisti azzurri sono i puntelli sui quali si regge l’intera struttura di squadra.

1. La Juventus e l’esaltazione della complementarità

Se il centrocampo del Napoli entusiasma per la coralità della sua azione, la forza del centrocampo della Juventus risiede nelle sue individualità e nelle diverse caratteristiche che queste riescono a mettere in campo. Sembrano ormai dimenticate le difficoltà di inizio stagione di Paul Pogba, provocate da un lato da una scadente condizione fisica, dall’altro dalla pressione per le maggiori aspettative che si riponevano in lui. L’assenza di Vidal e Pirlo sembrano comunque aver provocato un’accelerazione del processo di crescita del centrocampista francese, che è oggi, insieme a Dybala, l’ispiratore della manovra offensiva bianconera soprattutto nell’ultimo terzo di campo. La posizione in campo di Pogba, soprattutto nelle fasi di possesso palla, converge spesso verso quella del trequartista, piuttosto che dell’interno di centrocampo. Una tendenza che potrebbe essere indicativa di una possibile evoluzione del gioco del centrocampista francese.

Per ora, l’idea generale che ne emerge è che Pogba è (anche, ancora o per fortuna, scegliete voi) un anarchico dal punto di vista tattico. Al contrario del suo omologo sul lato destro, Sami Khedira, che è un centrocampista dall’acume tattico molto affinato, con il quale riesce a compensare i movimenti del compagno. Nella metà campo avversaria, Khedira riesce a muoversi alternativamente in orizzontale o in verticale: per portare via un uomo dalla zona dove poi verrà giocato il pallone per un compagno; o per liberarsi del marcatore e ricevere in prima persona. Le capacità di lettura del gioco e di inserimento senza palla lo portano naturalmente nel vivo dell’azione: nei suoi primi 1000 minuti di Serie A Khedira ha già messo a segno 3 gol e 3 assist.

L’abitudine di Khedira ad attaccare gli avversari correndo in avanti rafforza l’attitudine al recupero alto del pallone della sua squadra. Khedira non sembra altrettanto a suo agio quando deve coprire il campo correndo all’indietro. Per sua fortuna ha al suo fianco Claudio Marchisio, un giocatore capace di controllare lo spazio come pochi in Italia. In fase di non possesso, Marchisio si piazza sulla retta immaginaria che passa dal portatore di palla avversario e da uno dei due compagni di reparto, in modo da intervenire in seconda battuta qualora Pogba e Khedira venissero saltati verso il centro del campo. Marchisio è un giocatore attento allo sviluppo del gioco della propria squadra, oltre ad esserne uno degli artefici: è in grado di calciare con entrambi i piedi per aprire il gioco sulle fasce o per cambiare gioco da una fascia all’altra; inoltre la sua concentrazione nel corso dei novanta minuti è sempre alta e gli permette di posizionarsi in modo da coprire le sortite dei compagni e disinnescare i pericoli in ripartenza.

Se la Juventus sta funzionando del punto di vista difensivo lo deve anche a Claudio Marchisio: con lui in campo, la Juventus ha raccolto 46 punti sui 54 disponibili con soli 0.33 gol a partita incassati.

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