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Come si arbitra una partita NBA
04 dic 2018
04 dic 2018
Un viaggio all’interno del mondo degli arbitri NBA e delle novità regolamentari con l’ex fischietto Monty McCutchen.
(articolo)
13 min
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Ci siamo lasciati alle spalle le prime sei settimane di regular season della NBA 2018-19, una stagione che sin qui è, in proiezione, quella dal numero di possessi più alto degli ultimi dieci anni. La ragione dell’esplosione del Pace non risiede soltanto in quella che può essere considerata come una Golden Era della Lega, per talento tecnico e preparazione in panchina degli allenatori, ma una delle ragioni per quanto visto in queste prime 20 partite sta anche nel Freedom of Movement.

Una delle principali novità previste per questa stagione da NBA Official, la divisione arbitrale della Lega, riguarda proprio la libertà di movimento concessa ai giocatori in campo. «I nostri Points of Education» afferma Monty McCutchen, vice presidente NBA per lo sviluppo e l’allenamento arbitrale, «non sono nuove regole, ma hanno l’obiettivo di porre maggiore enfasi e attenzione alle norme già esistenti, per far sì che il gioco del basket sia sempre il migliore possibile».

«Il basket, infatti» sostiene McCutchen, nel corso di una Conference Call per i media internazionali a cui l’Ultimo Uomo ha partecipato in esclusiva per l’Italia, «è uno sport meraviglioso proprio per i suoi movimenti, e l’interconnessione di questi sia con il gioco individuale che con quello di squadra. Proprio per esaltare questa connessione, il gioco di squadra deve essere libero di svilupparsi: così ci siamo assicurati che i giocatori siano più liberi di muoversi, consentendo difese efficaci se legali».

Le novità della stagione 2018-19

Le norme relative al Freedom of Movement sono quelle su cui McCutchen si sofferma più a lungo, per fare passare al meglio il messaggio della Lega e della sua componente arbitrale. Le novità su questo importante aspetto del gioco, infatti, sono una diretta conseguenza di come il gioco stesso sia cambiato profondamente negli ultimi anni.

«Quando sono entrato nella Lega [nella stagione 1993-94, ndr] non potevi sopravvivere, come arbitro, senza imparare a gestire giocatori come Hakeem Olajuwon, Charles Barkley, Karl Malone o Buck Williams che ogni sera battagliavano senza sosta sotto canestro. Con gli anni il gioco si è spostato ben al di là della linea del tiro libero, e anche noi ci siamo dovuti adeguare meccanicamente, per essere pronti a cogliere anche tiri sempre più rapidi all’interno di un’azione»

«Penso che l’unica maniera per difendere efficacemente un attacco veloce» sostiene McCutchen «sia quella di cambiare continuamente accoppiamenti difensivi. Questo, ovviamente, porta a mismatch continui, e come conseguenza a un gioco anche più fisico per riequilibrare la differenza di stazza tra attaccante e difensore».

In questo video ufficiale dell’NBA si vedono diverse casistiche, con esempi relativi alle ultime stagioni, che spiegano nel dettaglio le novità relative al Freedom of Movement.

«Le novità riguardo alla libertà di movimento sono ovviamente migliorabili. Anche dopo i cambi di questa stagione, i cambi difensivi sono ancora possibili, ma se una delle maniere per battere un cambio “proposto” da un attaccante - ad esempio con un pick and roll - è quello di passare sopra un blocco, questo comunque toglie dal gioco tutti quei trucchetti “sporchi” come trattenute o afferrate. Il gioco è in continua evoluzione, e questi aspetti potrebbero essere sicuramente rivisti, ma non con un cambio di regole: piuttosto, con un loro rafforzamento».

McCutchen ci tiene poi a precisare come queste precise novità non vadano viste come un “rafforzamento” della posizione dell’attaccante rispetto a quella del difensore: «Nessuno di noi dirà che non puoi difendere, ma che devi difendere legalmente. A volte viene definita come “buona” difesa, e qui lo dico tra virgolette, quella in cui un difensore spintona un giocatore in post a tre metri dal canestro».

Con l’aiuto di due ex giocatori come Steve Smith e Shareef Abdur-Rahim, in questo video McCutchen entra maggiormente nel dettaglio in quelle che sono le diverse casistiche concesse o proibite all’interno del Freedom of Movement.

«La buona difesa è la difesa legale, e una difesa legale richiede uno sforzo maggiore, ad esempio nell’utilizzare con maggiore abilità i piedi invece di limitarsi ad afferrare l’attaccante. Nella Lega abbiamo ottime squadre difensive, e negli anni gli attacchi sono cresciuti non per il maggior numero di tiri liberi tentati (e quindi di falli fischiati), ma di possessi continuamente in aumento nelle ultime stagioni».

«Crediamo fortemente che queste novità abbiano avuto un’influenza positiva sul gioco di oggi, perché spingono i giocatori a giocare “ricordandosi” del gioco stesso. Ovviamente continueremo a permettere ai difensori di difendere il canestro con aggressività, ma senza che questa sfoci in durezza: lì si avrebbe un problema».

Un’altra novità importante nel modus operandi degli arbitri NBA è la parte denominata “Respect for the Game”, l’effettivo codice di comportamento all’interno di una partita. La Lega ha infatti esteso la definizione di atto ostile: adesso per gli arbitri sarà possibile rivedere all’instant replay esempi di atti sopra le righe anche di un giocatore verso un allenatore, un arbitro o uno spettatore, e non solo tra giocatori come in passato.

Qui McCutchen spiega nel dettaglio le tipologie di reazioni permesse e non permesse, sanzionabili con un fallo tecnico.

«Spesso gli atti di ostilità sono un esempio della parte più emotiva del nostro gioco. Quando non li sanzioniamo correttamente incappiamo in problemi maggiori e rischiamo di perdere il controllo della partita: questa è la ragione principale dietro all’estensione della definizione».

L’altra regola effettivamente cambiata, nella nuova NBA, è quella relativa al reset del cronometro dell’azione dopo un rimbalzo in attacco. Adeguandosi alle modifiche FIBA, anche l’NBA ha introdotto che dopo un rimbalzo offensivo il cronometro venga resettato a 14 secondi e non più a 24.

«Speriamo possa aggiungere più possessi a una partita» afferma McCutchen. «Ma soprattutto pensiamo che porterà più possessi e pathos negli ultimi due minuti di una gara, per aggiungere quel drama per cui l’NBA è così universalmente riconosciuta».

Altro punto importante delle normative per la stagione in corso sono le infrazioni di passi: «Per noi è una sfida continua, perché possiamo sempre migliorare quando si arriva a parlare di passi».

Come cambia una regola arbitrale NBA?

Passate in rassegna le principali novità tecniche e regolamentari, entra in scena la possibilità di parlare effettivamente di come queste novità arrivano ad essere implementate: una modifica regolamentare NBA deve essere approvata dal Board of Governors, ma come si arriva a quel punto?

Ogni input al Board arriva da parte del Competition Committee, un organo composto da una selezione ridotta di proprietari, general manager, allenatori e rappresentanti dell’associazione giocatori. Fino a qualche anno fa, invece, il comitato era composto unicamente dai 30 GM della NBA. Oltre alle figure citate in precedenza, fanno parte del comitato anche alcuni rappresentanti della classe arbitrale, che non hanno però diritto di voto: la loro presenza è necessaria e richiesta per dare un punto di vista arbitrale.

«Il comitato si incontra almeno un paio di volte all’anno di persona, e spesso via telefono» spiega McCutchen. «L’incarico dura tre anni, quindi lo sguardo alle modifiche da considerare e valutare è più di ampio respiro: l’obiettivo è sempre quello di guardare allo stato del gioco e risolvere eventuali problemi o situazioni migliorabili».

«Ogni discussione che viene generata all’interno del comitato viene poi condivisa con l’intero mondo NBA per mezzo di sondaggi e punti chiave, per raccogliere la maggiore quantità possibile di pareri e opinioni. Se emerge un consenso relativo a un tema nel corso di un intero anno, questo tema viene raccomandato al comitato o per la creazione di un Point of Education, quindi un rinforzamento di una regola esistente, o una vera e propria modifica, con la ratifica e approvazione finale che poi spetta al Board of Governors».

«È un processo molto laborioso» aggiunge McCutchen, «e spesso richiede anche più di un anno. Ma così si opera in base al consenso dell’intera Lega in tutte le sue componenti: quando questo si raccoglie attorno a un cambiamento, allora agiamo in questa direzione».

McCutchen sottolinea poi come, nonostante l’assenza di un diritto di voto per la componente arbitrale, il parere del suo dipartimento viene seriamente preso in considerazione: «Il comitato mette da parte qualsiasi tipo di bias che potrebbe emergere, e pensa al meglio della Lega nel suo complesso. Penso che per noi il non votare ci consenta anche di implementare al meglio, con maggiore distacco, le novità deliberate dal comitato: alla fine gli arbitri hanno questo compito, e penso sia un muro giusto quando si entra nel merito del nostro lavoro. Ci regala una maggiore obiettività».

Foto Getty Images

Il rapporto tra arbitri e giocatori e allenatori

Degli arbitri NBA nell’immaginario collettivo entra, spesso, il rapporto con allenatori e giocatori. Iconiche sono state, nel corso degli anni, le schermaglie tra un arbitro come Joey Crawford con allenatori e giocatori di mezza Lega, mentre personaggi come Dick Bavetta sono diventati anche una sorta di icona pop fuori dai 48 minuti di una normale partita.

Ma quale è il rapporto odierno tra le tre componenti che si incrociano continuamente, in oltre 1.200 partite di stagione regolare senza contare i playoff, e sono le protagoniste sui parquet? «Di recente è sicuramente migliorato» sottolinea McCutchen. «Negli ultimi mesi era mancata, da parte nostra, la capacità di comunicare nel migliore dei modi la lettura e la prospettiva di un fischio in particolare».

«Abbiamo un programma, il Coaching Text-Back Program, in cui gli allenatori possono commentare, il giorno dopo, la condotta degli arbitri, e stiamo riscontrando da parte loro un feedback molto più positivo. L’obiettivo è sempre quello di una comunicazione il più possibile aperta: significa essere capaci di comunicare al meglio il regolamento, ma anche di ascoltare al meglio, senza però lasciare che il decoro della partita possa deteriorarsi».

«Attraverso una comunicazione migliore» continua McCutchen, «ma allo stesso tempo trattando tutti con rispetto e coerenza di giudizio, troviamo anche il giusto bilanciamento tra la competitività e l’emotività di giocatori e allenatori: della NBA amo molto il fatto che sia una Lega dove tutti sono coinvolti, ed è per questo che per me è fondamentale la necessità di una buona comunicazione, e di giustizia e determinazione nell’applicare le regole».

«È anche l’unico modo» aggiunge, «in cui posso garantire a un giovane che viene dall’estero lo stesso rispetto e uniformità di giudizio che viene data a giocatori più blasonati, spesso idolatrati dai giocatori di cui sopra. Ed è per questo che nei Points of Education abbiamo messo una particolare enfasi sul "Game Decorum"».

Trasparenza, influenze, aperture, rischi

Quando McCutchen pone una determinata enfasi sull’importanza della comunicazione, lo fa anche perché può rivendicare il fatto che la NBA, nella galassia delle leghe mondiali, si pone come una delle più trasparenti nel comunicare le sue decisioni arbitrali, anche ammettendo i propri errori.

Caposaldo di questa policy è il Last 2 Minute Report, che nelle ultime stagioni ha comunicato eventuali errori arbitrali negli ultimi due minuti di una partita in equilibrio. «È un esempio eccellente di trasparenza» sottolinea McCutchen, «e mostra come il nostro staff sia eccellente negli ultimi due minuti delle partite, anche se i titoli si concentrano più sui fischi sbagliati: a volte dobbiamo ricordarci anche di quanto siamo bravi».

«Il mio punto di vista è che il lavoro arbitrale debba essere eccellente e aspirare all’eccellenza. E anche per questo sono a mio agio con l’ammettere gli errori che facciamo, consapevoli che siano in netta minoranza. Quando uno può rivendicare e difendere efficacemente il suo lavoro, ne può parlare al meglio: non dobbiamo scappare dai nostri errori».

L’NBA non è solo un esempio di Lega trasparente nelle sue decisioni e capace allo stesso tempo di essere più aperta e lungimirante. Un esempio è anche l’inclusione al di là di barriere di genere: come esistono oggi casi come Nancy Lieberman e Becky Hammon, donne negli staff tecnici, o la recente addizione di Sue Bird nella dirigenza dei Denver Nuggets. Allo stesso tempo vi sono stati, nella storia, alcuni esempi di donne facenti parte della squadra arbitrale NBA di cui tre sono oggi arbitri a tempo pieno (e due, Ashley Moyer-Gleich e Nathalie Sago, hanno fatto il loro debutto in questa stagione, affiancandosi a Lauren Holtkamp arrivata alla quinta stagione in NBA).

«Uno dei miei obiettivi è andare contro quelle che sono anche i pensieri tradizionali, ad esempio che uno sport maschile possa essere allenato soltanto da uomini se giocato da uomini. Ma se non è così, perché deve essere arbitrato solo da uomini?» si chiede McCutchen. «Il mio obiettivo è quello di trovare le migliori persone e i migliori professionisti in grado di arbitrare secondo le regole e rendere migliore il gioco. Non mi importa da quale paese provengano o di che genere siano: devono essere capaci di dimostrare capacità, polso, carattere, integrità e l’attitudine giusta per il lavoro notte dopo notte».

«Per me l’uguaglianza è dare opportunità per far sì che il merito, quando emerge, possa essere riconosciuto immediatamente, e non far pensare che uno ottiene un ruolo per il rispetto di una determinata quota. In questo ci aiutano anche i programmi che mettiamo in atto in G-League e WNBA, improntati sul concetto di diversità, per raggiungere il meglio e far sì che il mio staff arbitrale possa essere sempre il migliore possibile. La G-League, poi, è molto importante per noi anche per “testare” cambi e nuove interpretazioni».

L’apertura inseguita da McCutchen non è da ricercarsi solo sul fronte internazionale o di genere, ma anche su quello delle tecnologie: «Usiamo continuamente la tecnologia» afferma, «anche nel confronto continuo con la FIBA e i suoi tornei. Abbiamo una app dove è possibile caricare e visualizzare in maniera semplice e diretta clip video di alcuni fischi o decisioni "da studio", da discutere non solo con i supervisors ma anche tra gli stessi arbitri, in chat di gruppo».

«Penso che l’arbitraggio arrivi al suo livello più alto quando un arbitro è capace non solo di imparare dai suoi errori, ma anche da quelli degli altri. Un buon arbitro può ripensare a una giocata e basarsi su quella per decidere su una particolare situazione del momento, in un nanosecondo». «Siamo aperti anche al mondo della realtà virtuale, magari non tanto come strumento da utilizzare direttamente per il nostro lavoro» continua McCutchen, «ma come tool educativo per illustrare il nostro lavoro a un pubblico più ampio».

Il lavoro arbitrale comporta anche dei rischi, e uno può essere identificato col mondo del betting, a cui la NBA si sta aprendo negli ultimi mesi e che per la classe arbitrale rappresenta un punto dolente della sua storia, impersonificata nella persona di Tim Donaghy, condannato a 15 mesi di carcere nel 2008 per la sua partecipazione allo scandalo scommesse del 2007.

«Con le scommesse si entra in un mondo nuovo e difficile» afferma McCutchen. «Un riflesso immediato sul mio lavoro sta nel fatto che quando vado a valutare il possibile ingresso di un nuovo arbitro nello staff a essere sotto esame non sono solo le capacità tecniche, ma anche le qualità umane».

«Pur non essendo molto preoccupato, perché nutro grande fiducia nel mio staff, è indubbio che le scommesse rappresenteranno un fattore esterno di pressione: ad esempio potrebbero essere valutati vari dettagli di qualsiasi partita, anche quelle meno equilibrate. La sfida degli arbitri sarà quella di arbitrare al meglio, ligi al regolamento, dal primo all’ultimo possesso, a prescindere da quale sia il punteggio, per rispettare al meglio il gioco. La mia sfida è quella di minimizzare questi rischi attraverso l’allenamento e la formazione».

McCutchen è infine determinato nel riconoscere un aspetto importante del suo lavoro, che funge anche da molla motivazionale: «Gli arbitri e il loro lavoro sono sempre un passo indietro allo sviluppo del gioco. Stabilita una regola, giocatori e allenatori cercano spesso il modo di aggirarla per ricavare un vantaggio tecnico o tattico. Il nostro lavoro, e il mio in particolare, deve essere sempre quello di far sì che le regole sui libri, e le loro interpretazioni, siano sempre al passo con i tempi».

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