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Ripensare il Calendario ATP è possibile: una piccola proposta
05 ago 2025
Tutti si lamentano delle troppe partite, ma come si potrebbe ristrutturare la programmazione?
(articolo)
14 min
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Quante volte ce lo sentiamo ripetere: il calendario del tennis va pensato in maniera diversa, per favorire non solo lo spettacolo ma anche la salute stessa dei tennisti, che ormai arrivano a dover sacrificare una parte intera di stagione - in modo volontario o involontario.

Le contraddizioni esistono. Magari certi tennisti si lamentano del calendario per poi giocare esibizioni remunerative. Potete trovare ipocrita questo comportamento, ma non deve comunque distogliere dal fatto che le loro rimostranze restano vere. Ne è un esempio il Masters 1000 di Toronto in programma in questi giorni: 4 dei primi 6 del mondo sono assenti. Non è un caso che queste assenze congiunte siano arrivate alla prima edizione del torneo con il nuovo format, con presenti 96 tennisti.

Le assenze sono una conseguenza logica del calendario. L’anno scorso avevano pesato i Giochi Olimpici; quest'anno, invece, Wimbledon, passato da tre a due settimane di distanza. Era complicato partecipare per chi è arrivato fino in fondo nello Slam inglese, considerando soprattutto la prospettiva di un altro Masters 1000 pesante come Cincinnati all'orizzonte - e ovviamente lo US Open a fine mese. Un discorso a parte meriterebbe il calendario WTA, se possibile con dinamiche ancora meno logiche, pur con meno tornei, che non solo svantaggiano i 250 ma congestionano in maniera incredibile i 500.

Torniamo però al punto. Perché da anni si parla dei problemi del calendario tennistico e non si interviene? Quali sono i problemi principali da affrontare? Esiste davvero un modo per immaginarlo diversamente?

Il calendario del tennis maschile non solo è congestionato, non solo è squilibrato da un punto di vista geografico, ma è anche costruito in modo da influenzare il metagame del tennis stesso. Ora mi spiego.

Nel 2024 il 57,6% dei tornei a livello ATP si è svolto su cemento, il 32% su terra e il 10,4% su erba. Vi sembreranno proporzioni squilibrate, ma in realtà i tornei sul cemento sono in leggero “calo”; escludendo il 2020 nel 2022 il cemento ha raggiunto il picco della percentuale occupata nei tornei dell’ATP Tour con il 60,1%.

È chiaro che con una presenza così massiccia di tornei sul cemento i tennisti non possano che dedicare la loro formazione e la loro preparazione alla superficie dove si assegnano più punti. L’impressione, specialmente negli ultimi Slam su terra ed erba, è che con il dissolversi degli specialisti molti tennisti provino a giocare come sempre, sperando magari in una settimana “di fuoco” del proprio gioco. Non cercano molto di adattarsi, e da qui nascono i risultati strani, o comunque insperati, che abbiamo visto arrivare nelle seconde settimane di Roland Garros e Wimbledon.

I CRITERI DELLA NOSTRA PROPOSTA
I criteri per la formulazione di questa “modesta proposta” di calendario per l’ATP sono stati questi, sia regolamentari che soprattutto di norma. Innanzitutto si è provato a rispettare il più possibile le date di svolgimento 2025 per i tornei dello Slam, e in generale di sistemare i tornei in modo adeguato al meteo di quei periodi in relazione alle necessità della superficie.

Come regola generale si è tenuto il tacito “accordo” di mantenere un torneo 250 nella settimana precedente a uno Slam, spesso una bye week per i giocatori più forti ma una fonte di punti per quelli peggio piazzati. Allo stesso modo si è garantito che i Masters 1000 non risultino mai nella settimana prima di un torneo dello Slam, o nelle due settimane dopo, proprio per evitare casi come quello di Toronto di quest’anno, funestato dai ritiri a causa della troppa vicinanza con Wimbledon.

Ho deciso di mantenere dei tornei che hanno appena firmato contratti di rinnovo nel circuito, come il Masters 1000 di Parigi, anche se questo comportava dei problemi nella formulazione del calendario stesso. In tutti i casi si è cercato di mantenere una graduale progressione nelle superfici e una compartimentazione tale da rendere più omogeneo il calendario. In questa versione l'erba e la terra hanno reclamato un po’ di spazio dal cemento, che resta comunque il più presente.

Abbiamo provato a essere realisti: l’ATP non farebbe mai un calendario in cui la Coppa Davis è la settimana prima delle ATP Finals, e al contempo difficilmente tornerebbe indietro dal numero di 1000 in stagione, così come dalla formula dei 1000 a due settimane. Allora abbiamo provato a razionalizzare il più possibile. In un mondo ideale nemmeno la Laver Cup stessa troverebbe spazio in un calendario, essendo un'esibizione che non dà punti, ma facendo parte del calendario ATP ufficiale era impossibile non pensarla all’interno dello stesso. Allo stesso modo in futuro è molto probabile, come minimo, un Masters 1000 arabo su cemento, ma è un'ipotesi non confermata e quindi non considerata.

Le stagioni ribaltate australiane non permettono modifiche radicali del calendario di inizio stagione, che resta sostanzialmente lo stesso anche in questa versione rivisitata. Non torna Pune, buono per una distribuzione geografica migliore del tennis come sport ma troppo poco frequentato per tornare nel calendario. Per lo stesso motivo ho deciso di tenere l’ATP 250 di Hong Kong, appena entrato nel calendario e che per quanto non vicino allo swing australiano a livello geografico l’anno scorso ha avuto un discreto campo di partecipazione per un torneo del genere e con questa collocazione. In un mondo ideale salterebbe anche la United Cup, ma in fin dei conti è un torneo che non dispiace ai tennisti e che fornisce una buona preparazione (oltre che punti ATP) senza troppi stakes in ballo. Senza contare che è una creazione della ATP stessa.

Fornire un’alternativa è importante, così come il riposo. Per questo motivo ho iniziato a rimescolare il calendario con la stagione dell’indoor europeo. Avevo considerato inizialmente anche di spostare lo swing asiatico di fine stagione in questa parte, ma risultava troppo complesso per questioni meteorologiche e logistiche. Come già detto, non ho inserito il possibile Masters 1000 in Arabia, troppa incertezza per ora e avrebbe congestionato ancora di più il calendario, ma ho mantenuto i due 500 arabi che sono molto amati dai tennisti, specialmente d’alta fascia.

Gli spareggi di Coppa Davis dopo l’Australian Open sono un buon cuscinetto di riposo per chi non vuole parteciparvi, e al contempo lasciano spazio a tanti tennisti di nazionalità minori di poter partecipare senza spendere troppe energie, specialmente se non vanno lunghi durante l’Australian Open. L’assenza di tornei americani come l’ATP500 di Dallas, completamente cassato, e di Buenos Aires si spiega per una razionalizzazione del calendario e introduce la modifica forse più grande al calendario ATP stesso: il rapporto con la gira sudamericana su terra.

L’allargamento della gira sudamericana risolve, almeno in parte, due grossi problemi del calendario ATP. Il primo, la partecipazione a tornei tanto frequentati dal pubblico sudamericano affamato di tennis, ma che faticano ad attrarre giocatori forti per la compresenza di tornei sul cemento. In seconda battuta, l’assurdità di giocare su due superfici e in tre continenti diversi nella stessa settimana, sostanzialmente mandando al macello la terra battuta quando l’evento principe di questa parte di stagione è il Sunshine Double, o meglio era.

In questa proposta il torneo di Miami viene dirottato, come 1000, sulla terra sudamericana, togliendo un po’ di settimane al cemento e aggiungendo un 1000 a una parte di mondo che se lo meriterebbe (e che non ne ha). Non è irrealistico, il torneo di Miami è in crisi, ha perso molto appeal con lo spostamento da Key Biscayne ed è stato messo in vendita da IMG. Si è addirittura parlato di un interessamento arabo che sposterebbe il Masters 1000 di Miami in Medio Oriente.

Indian Wells resta, e a 96 giocatori, è arretrato di una settimana, così che dopo le due settimane di torneo inizi la stagione su terra battuta. Si parte con l’ATP 250 di Houston e di Cordoba e il torneo di Buenos Aires, che viene promosso a 500 al posto di Rio, che a sua volta prende il posto di Miami nel calendario come Masters 1000 (ma a 56 giocatori). Tra Buenos Aires e Rio de Janeiro ho preferito “trasformare” il secondo in 1000, complice la struttura più ampia e il campo centrale più capiente e più adatto a ospitare un 1000.

I compromessi con il meteo iniziano nella stagione europea su terra battuta, sostanzialmente invariata ma con dei piccoli cambiamenti sperimentali. Con l’anticipo di Houston a inizio stagione su terra, il suo slot viene occupato dall’ATP 250 di Estoril, che nel calendario ufficiale tornerà nel 2026 ma in luglio.

Il clima mite (con una temperatura media sui 15-16°) dovrebbe permettere lo svolgimento del torneo già a marzo, e d’altronde sia Monaco che Bucarest sono regolarmente in calendario ATP con medie di 12° nei periodi di gioco. L’alternativa era Umago, torneo molto carino e che si svolge durante l’estate su terra battuta (non prevista in questa proposta di calendario). Le condizioni meteo sarebbero favorevoli a un anticipo, ma il fatto che il torneo sia dentro un resort turistico rende probabilmente poco fattibile un'anticipazione, a livello economico, del torneo ad aprile.

Restano i 1000 di Roma, Montecarlo e Madrid, nonostante l’incertezza che regna su quest’ultimo, ma è difficile spostarne la data e la sede. Si invertono invece Amburgo e Monaco, con il secondo che torna 250 e viene spostato più in avanti per evitare le temperature terribili dell’attuale collocazione in calendario (che hanno portato più volte a neve durante il torneo), oltre che al pessimo campo di partecipazione come 500, dovuto alla competizione con Barcellona. È anche un modo anche per restituire importanza ad Amburgo, che, oltre ad essere più calda di Monaco in quel periodo, ha sofferto tanto la vicinanza immediata col Roland Garros.

L’erba è la superficie che merita un ripensamento maggiore. Nel 2024 era al 10,4% ma con la sparizione di Newport nel 2025 i tornei su erba sono stati ridotti ad appena quattro settimane. È anche l’unica superficie su cui non viene disputato un Masters 1000.

Il modo in cui si costruisce un campo in erba impatta sicuramente. Si tratta della superficie più costosa e deperibile, e rende complesso lo svolgersi di un torneo di due settimane senza costi ingenti. Alla fine lo vediamo ogni anno a Wimbledon come già dopo metà della prima settimana l’erba si trasformi in terba. Uno dei fattori per cui i giardinieri di Wimbledon decisero nel 2001 di cambiare la composizione dell’erba sacra dei campi dei Championships. È quindi complesso ipotizzare un numero pari di tornei su erba a quelle delle altre due superfici, ma si può modificare il calendario in modo da accogliere più tornei su erba, e così facendo “costringere”, mettendo in palio più punti, un numero maggiore di tennisti a doversi pensare di più in campo su questa superficie. Innanzitutto si crea, finalmente, un Masters 1000 su erba, e per fattori di realismo non può che essere il torneo di Halle a passare da 500 a 1000, chiaramente a 56 giocatori per non saturare troppo i campi.

Il Queen’s è un torneo più storico ma è lo stesso discorso fatto per Rio e Buenos Aires: il campo e la struttura di Halle sono più grandi ed è realistico accoglierci un Masters 1000.

A prendere il posto in calendario di Halle ci pensa l’upgrade di Stoccarda, sponsorizzata Boss, a 500, mentre nuovi e vecchi tornei tornano in calendario. Il Challenger di Nottingham torna un torneo ATP 250 per la prima volta dal 2016 e nasce l’ATP 250 di Monza, già ipotizzato pre-COVID, sull’erba naturale dell’autodromo di Monza e mai nato per “colpa” di Maiorca, che riuscì a vincere l’assegnazione per quello slot in calendario.

Non me ne voglia l’All England Lawn and Tennis Club, ma per dare un po’ più di respiro alla stagione su erba è stato necessario spostare di una settimana in avanti Wimbledon. In realtà una cosa già successa, dato che nel 2017 lo Slam londinese iniziò il 3 luglio mentre la sua prima edizione nel 1877 addirittura il 9 luglio.

Un'altra modifica radicale del nostro calendario è l’anticipazione del secondo turno di Coppa Davis (che da quest’anno sostituirà i gironi con un turno con fattore campo) al 20 luglio, permettendo una partecipazione più ampia dopo Wimbledon e al contempo mantenendo in programma l’ATP 250 di Newport (che ritorna) e di Mallorca per chi non volesse partecipare e aumentando lo share dei tornei su erba. Si potrebbe obiettare che non è una collocazione ideale dopo uno Slam, e sono d’accordo, ma la collocazione originale di questo turno di Davis è dopo lo US Open, che quindi non solo ha gli stessi problemi ma in più implica una trasferta scomoda dagli Stati Uniti mentre la stragrande maggioranza delle nazionali in quel turno sono europee.

A fare le spese nel calendario ATP è la US Open Series, accorciata a tre tornei prima dello US Open e con il Canada Open che sparisce proprio per dare il suo slot di 1000 ad Halle. Una modifica credo necessaria: con l’attuale collocazione Montréal/Toronto è “mangiata” dalla vicinanza con Wimbledon e in generale per una distribuzione migliore di tornei e superfici non vedo la necessità di avere due 1000 su cemento, per di più così vicini, prima dello US Open. La Laver Cup merita un discorso a parte. È un torneo che, a mio avviso, non dovrebbe trovare spazio a livello ufficiale nel calendario ATP, ma così è, e resta comunque una buona fonte di ricavi per i top player che ci vanno. I soldi, come dire, sono soldi, e allora non sarebbe quindi realistico tagliarlo.

Resta invariato lo swing su cemento outdoor asiatico, tipico di settembre-ottobre. Come detto prima, l’ideale a livello geografico sarebbe stato metterlo subito dopo l’Australian Open, ma le temperature del periodo rendono impossibile il tennis professionistico a livello outdoor, e anche sul piano economico rappresenta un importante backer del circuito ATP stesso.

Pochi cambiamenti ma sostanziali per l’indoor europeo, e soprattutto per le Davis Cup Finals. Non è realistico che la ATP conceda che la Coppa Davis si disputi nella settimana prima del suo torneo principale, le Finals, e quindi ho deciso di metterla dopo Shanghai ma con inizio al martedì, per permettere anche ai finalisti di poter partecipare. In questo modo i tennisti ci arrivano leggermente meno stanchi e soprattutto con un pezzo di calendario che permette di partecipare anche ai top player che sarebbero meno motivati a partecipare alla Davis nella settimana successiva alle ATP Finals, oltre ad accorciare il calendario stesso.

Per chi non partecipa, come nel turno precedente, restano in programma gli ATP 250 di Almaty e Stoccolma, l’ultimo asiatico e il primo europeo. In un mondo ancora più ideale si cambierebbe il format stesso, modificato qualche anno fa dalla Kosmos di Gerard Piqué. Come detto, però, abbiamo provato a restare realisti e a non avanzare ambizioni esagerate. È per lo stesso motivo che teniamo Parigi: è forse il 1000 peggiore del calendario, ma ha appena firmato un prolungamento di contratto, cambiando pure la sede da Bercy a Là Defense, sempre a Parigi. Così le ATP Finals di Torino possono iniziare il 2 novembre, con la stagione che di fatto termina il 9 novembre per i top player e già il 2 per tutti gli altri.

Con il “nuovo” calendario l’offseason guadagna due settimane, e mi rendo conto non sia nemmeno lontanamente l’ideale che tutti vorremmo. Come per il calcio, però, concentrare ancora di più il calendario farebbe guadagnare di meno ai tennisti, un compromesso che non verrebbe accettato. E comprimere il calendario in nome dei tornei grossi non farebbe che rendere ancora più difficile la vita dei tennisti non-top, anche solo quelli che vorticano dalla cinquantesima posizione in giù della classifica ATP.

Di fatto un super-circuito elitario e che non farebbe altro che fare il male del tennis a scapito di pochi pesci grossi in grado di mangiarsi tutta la fetta. Due settimane in meno e una distribuzione migliore dei tornei, con più periodi di “pausa”, almeno per scelta, durante la stagione. Mi sembra un compromesso decente, pur mantenendo la già precaria economicità del circuito stesso. Una maggiore omogeneizzazione dei periodi aiuta anche dal punto di vista degli infortuni e del peso sul fisico dei tennisti.

Uno studio dell’ITF del 2022 ha dimostrato come la superficie che genera la maggior parte degli infortuni, specialmente nella parte bassa della schiena, è il cemento, soprattutto negli uomini (mentre per le donne è la terra battuta). Ridurre il cemento è quindi positivo anche per il fisico, come il fatto di avere periodi di calendario più omogenei da un punto di vista della superficie. Credere che la ATP ripensi così profondamente il calendario è complesso, soprattutto per una ragione: i fattori economici sono più importanti di quelli sportivi. Il tennis però avrebbe bisogno di un ripensamento profondo: è uno sport sempre più popolare e anche molto tradizionalista. Tenere insieme queste due caratteristiche non è semplice, se non si è in grado di ripensare sé stessi in modo agile e talvolta mettendo in secondo piano l'aspetto economico - almeno nell'immediato. La ATP talvolta sembra comportarsi come se il suo potere sul tennis fosse eterno, ma non lo è. I soldi arabi sono alle porte.

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