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La Pro Recco ha continuato a vincere, nonostante tutto
17 giu 2025
Come ha fatto la storica società di pallanuoto a vincere altri tre trofei dopo l'addio di Gabriele Volpi?
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10 min
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Pro Recco
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Quasi esattamente un anno fa la Pro Recco, ovvero la squadra di pallanuoto più forte e vincente del mondo, sembrava finita, almeno per come l’avevamo conosciuta fino a quel momento. Dopo più di vent’anni di investimenti e vittorie, Gabriele Volpi e la sua Orlean Invest avevano infatti deciso di lasciare la proprietà della squadra, facendo un passo indietro e abbandonando il mondo dello sport e della pallanuoto.

Nelle prime ore dopo l’annuncio, la smobilitazione generale sembrava l’unica soluzione possibile. Si diceva che il dominio della Pro Recco sulla pallanuoto italiana ed europea fosse dovuta soprattutto ai soldi di Volpi, e se questi ormai non c'erano più cosa bisognava aspettarsi? All'inizio sembrava che la squadra ligure non solo dovesse rinunciare alla Champions League, ma potesse anche rischiare la ripartenza in campionato, con lo scenario più probabile rappresentato da una formazione infarcita di giovani e con ambizioni molto più modeste. Oggi, a distanza di un anno, possiamo dire che le cose sono andate in maniera molto diversa.

LA TRANSIZIONE

L’estate del 2024 è passata con molti più punti di domanda che certezze, e con la sensazione che le difficoltà sarebbero state il leitmotiv della nuova stagione. L’ultima nota sociale, datata 5 agosto, certificava lo smantellamento dei vertici societari. «La notizia dell’addio di Volpi è arrivata molto tardi, a stagione già ampiamente conclusa: è stato uno shock, un vero colpo di scena», mi ha detto Maurizio Felugo, presidente e unico dirigente a rimanere in carica dopo l'addio della precedente proprietà, che ho contattato per la realizzazione di questo pezzo. È stato Felugo a gestire la momentanea ridenominazione in “Recco Waterpolo”, avvenuta ai fini dell’iscrizione al Campionato Nazionale e dell’eventuale passaggio a una nuova proprietà. «Dopo i primi momenti di panico mi sono ritrovato a dover raccogliere forze e idee, perché alla fine nello sport accade anche questo. Bisognava in qualche modo ripartire».

A quel punto sul piatto delle possibilità c’era un po' di tutto, anche l’ipotesi remota del fallimento sportivo. La contemporaneità delle Olimpiadi, tuttavia, ha spostato il discorso altrove, fornendo un effetto doppio: i giocatori più forti erano impegnati nel torneo a cinque cerchi, quindi hanno avuto meno tempo per pensare, e i dirigenti hanno avuto meno attenzione mediatica, riuscendo a lavorare sotto traccia per trovare la miglior soluzione possibile. Felugo ricorda che «il primo contatto con i nuovi acquirenti è stato poco dopo l’uscita della notizia. Leonardo Sottani [un ex compagno di squadra di Felugo che ora vive in Brasile, ndr] ha letto un articolo su La Gazzetta dello Sport e ne ha parlato con Behring, che ha subito messo in campo la sua disponibilità. Sembrerà un caso fortuito, ma preferisco pensare che sia stato il grande lavoro fatto in questi anni a farci guadagnare questo nuovo inizio».

La soluzione è stata rivelata al pubblico il 27 settembre, a stagione appena iniziata, con quello che è sembrato un colpo di scena ma che in realtà era frutto di settimane di trattative. Sempre attraverso il sito ufficiale, la Pro Recco ha dato il benvenuto alla nuova proprietà, la famiglia Behring, “nota per i suoi sforzi filantropici nel supportare e promuovere la tradizione sportiva”. La Behring Foundation, quindi, ha raccolto l’eredita di Gabriele Volpi che, da parte sua, ci ha tenuto a ribadire che la volontà è sempre stata quella di lasciare la Pro Recco in mani fidate, che ne garantissero continuità di investimenti e, quindi, risultati.

Behring è un gruppo brasiliano al cui vertice c’è Alexandre, le cui proprietà - tra cui 3G Capital (società di investimento privata) e Restaurant Brands International (nelle cui fila c’è la catena di fast food Burger King) - secondo Forbes ammontano a circa 6.3 miliardi di dollari.

La notizia ha dato una scossa a Recco e al mondo della pallanuoto in generale, con la Federazione Italiana Nuoto che ha avvallato l’operazione approvando il passaggio anche dei titoli sportivi dalla vecchia alla nuova società. Società che ha confermato in toto il roster, addossandosi tutti i contratti in essere con i giocatori e rimettendo lo sport al centro del discorso. Il 24 novembre, con l’ingresso di Philip Hammarskjold, imprenditore statunitense già legato ai Behring, come socio della nuova Pro Recco, l’asse societario era al completo. «La prima impressione che ho avuto dei nuovi proprietari», mi dice Felugo «è stata quella di una proiezione verso l’ampliamento internazionale della Pro Recco. Oltre a dimostrare passione e competenza, hanno subito chiarito che avevano la determinazione per farci fare il passo in più e diventare un brand internazionale, da esportare anche oltre Oceano». Certo, che tutto questo si trasformasse immediatamente in gioco e risultati era tutt’altro che scontato. Com'è stato possibile?

APPARTENENZA

Prima ancora che si concretizzasse il cambio di proprietà, Maurizio Felugo, il presidente, Sandro Sukno, il tecnico delle ultime tre stagioni, e poi Francesco Di Fulvio, il capitano e leader dello spogliatoio, avevano giurato fedeltà a Recco, qualsiasi cosa sarebbe successa. «Quando eravamo ancora nell’incertezza, ho guardato negli occhi Sandro e alcuni giocatori che, come me, provano per Rocco una riconoscenza infinita, fatta di vittorie ma soprattutto di vita quotidiana. Ho capito che si sarebbero fidati e avrebbero continuato con me». In questo frangente ha pesato molto il senso di responsabilità di Felugo, perché «quasi tutti hanno avuto offerte anche molto interessanti, dal’Italia e dall’estero, alcune difficili da rifiutare. Chi è rimasto a scatola chiusa ha avuto estrema fiducia nella mia persona».

Poteva bastare ma anche no, perché nella fase di indecisione iniziale il contraccolpo dell’assenza di una proprietà forte e molto presente come quella di Volpi era naturalmente destabilizzante. Che non sarebbe stato sufficiente l’orgoglio di indossare la calottina azzurra si era capito subito, tanto più in un ambiente in cui realtà emergenti come Savona e Brescia erano pronte a raccogliere l’eredità, ed eventualmente anche i resti di una squadra quasi imbattuta in Italia e vincitrice di tre delle ultime quattro Champions League. La presenza di Felugo come collante tra proprietà e squadra, ma anche come uomo dal forte potere decisionale, si è sentita: «In questo il mio ruolo è cambiato molto, si è evoluto, sono aumentate le responsabilità e ho capito che avevo una sorta di missione, rendere almeno in parte ciò che Recco mi ha dato nella vita finora».

Anche se non sembra - perché risultati alla mano la Pro Recco ha perso in regular season solo con Brescia e all’ultima giornata - le difficoltà in piscina ci sono state, dovute sia ai già citati fattori ambientali che «ad una qualità che è mancata, nel gioco e nei talenti in campo. Per uscirne a testa alta è servito l’aiuto di tutti». Per tutti, Felugo intende i campioni affermati, come Del Lungo e Di Fulvio, ma anche i giovani, che «sono stati la vera risorsa della nostra stagione. Nei momenti di difficoltà, anche fisica e di infortunio dei veterani, i giovani si sono calati perfettamente nella parte, dimostrando di cogliere subito l’importanza di giocare per la Pro Recco». E anche di vincere, andrebbe aggiunto, visto che al termine della stagione sono tre i trofei che tornano a Punta Sant’Anna, la casa storica della società ligure.

Il primo è stato la Coppa Italia, vinta alle final eight di marzo, durante le quali Recco ha battuto agilmente l’Ortigia ai quarti, ma ha poi dovuto soffrire in semifinale con Trieste (5-4) e anche in finale con Savona, in una gara abbastanza tirata (nonostante il risultato, 11-5) contro la formazione che più di tutte, per talento e gioco, sembrava poter impensierire i liguri.

Non è stato così, poi, perché in campionato il vero avversario della Pro Recco è stato il Brescia, che negli scontri diretti in regular season è uscito imbattuto (pareggio all’andata e vittoria per i lombardi al ritorno) e che ha portato la serie finale a gara 3, vincendo la prima partita, in casa, per 12-10, mentre la seconda gara è andata alla Pro Recco per 13-10. La bella, giocata a Brescia, ha visto trionfare i recchelini (9-5), che si sonocosì assicurati lo scudetto numero 37 della loro storia. La ciliegina sulla torta è arrivata con la vittoria della Euro Cup, la seconda competizione europea, che Recco non aveva mai conquistato e che quest’anno ha giocato per via delle difficoltà già esposte, costringendosi a trasferte che spesso si sono rivelate impegnative. Alla fine è stato un triplete inedito che, a inizio stagione, nessuno avrebbe potuto prevedere.

Foto Pro Recco

FUTURO

Se il rinnovamento è già iniziato con la stagione appena conclusa, si può dire che il vero futuro della Pro Recco parta ora. «Il rinnovamento, nello sport, è fisiologico. Nella pallanuoto spesso si ragiona per quadrienni olimpici, il nostro attuale progetto è proprio in questa direzione. Vogliamo voltare pagina ma in maniera oculata». Felugo non ha dubbi che i giovani rappresenteranno «una parte fondamentale del nuovo ciclo, ma continueremo a cercare la qualità per sostituire chi ci lascerà». Nello specifico, parliamo ad esempio di Matteo Del Lungo, il portiere titolare che probabilmente verrà sostituito da Gianmarco Nicosia (in arrivo dal Savona), ma anche di molti stranieri protagonisti della stagione appena conclusa, come i difensori Jack Larsen e Petar Vujosevic, gli attaccanti Aaron Younger e Bence Haverkampf, il centroboa Ben Hallock. Se ne andrà anche una colonna portante come Gonzalo Echenique, fuoriclasse anche della Nazionale che è a Recco dal 2016 e che spesso è stato l’arma in più per le vittorie di questi anni. Gli ingressi probabili, oltre a Nicosia, sono Max Irving, Damir Buric, Luke Pavillard, Alvaro Granados, Francesco Cassia e Andrea Mladossich, tutti profili di livello molto alto, che saranno affiancati da quattro giovani provenienti dal vivaio, Demarchi, Scarmi, Gardella e Bottarelli.

Per Felugo, i nuovi avranno il tempo di adattarsi ma sarà «fondamentale rispondere subito presente, perché torneremo in Champions e la volontà è quella di giocare da protagonisti. I giovani devono cogliere al volo l’opportunità, giocare nella Pro Recco ti può aprire mille porte per il futuro». I piani per la società sono ambiziosi, e vanno dalla costruzione del nuovo centro sportivo («vorremmo finalmente dare alla squadra la casa che si merita e non continuare a girare gli impianti limitrofi») alla vera esportazione del marchio, il cui primo passo sarà una tournée negli Stati Uniti per la quale è ufficializzata una sfida a New York con gli ungheresi del Ferencvaros.

Quello della Pro Recco è un caso sportivo quasi unico, quello di una società con sede in un piccolo borgo ligure che domina a livello mondiale da decenni, continuando ad attrarre investitori e campioni quasi senza soluzione di continuità. Che ci sia qualcosa di intangibile che va oltre il semplice - ma fondamentale - apporto economico è lampante. Descrivere con le parole in cosa consista questa aura di cui è contornata Recco, tuttavia, è molto difficile.

Maurizio Felugo, prima di diventarne il presidente è stato bandiera in vasca: il suo palmarès da giocatore della Pro Recco è di 9 Scudetti, 8 Coppe Italia, 5 Champions League e 3 Supercoppe Europee, ma aveva vinto anche con il Posillipo (1 Scudetto, 1 Champions League e 1 Supercoppa Europea) e con la Nazionale Italiana (Campione del Mondo nel 2011 e argento olimpico a Londra nel 2012). Per uno come lui, nato a Rapallo (a pochi chilometri da Recco) «Recco significa pallanuoto, da sempre. Non è solo una questione estetica, di fascino della calottina, ma è proprio il DNA della squadra a fare la differenza. Quando un giocatore viene a Recco, sa già che non ha alternative se non dare il massimo e provare a fare la differenza. C’è una presa di coscienza diversa nell’entrare in questa squadra, per ogni giocatore è un obiettivo ma anche una grande sfida, a volte insormontabile». Secondo Felugo, vincere a Recco «ti fa entrare nella storia della pallanuoto, è automatico. Può sembrare più semplice, o almeno questo è quello che dicono gli altri, ma posso assicurare che l’unica cosa certa è la pressione, da abbracciare e gestire».

Credere che sia tutto semplice, quindi, sarebbe un grave errore. Giocare nella Pro Recco non è scontato nemmeno per i fuoriclasse, perché «c’è anche chi non se la sente preferisce andare altrove, dove magari si possono raggiungere obiettivi simili ma con molta meno pressione. Ma tutti sanno che vincere qui è un’altra storia. Per questo, spesso, i nostri giovani sono pronti almeno quanto i campioni che vengono da fuori».

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