Come denunciato dal CEO dello Shakhtar Serhii Palkin, la guerra in Ucraina ha reso quasi impossibile per i club trattenere i propri migliori giocatori, soprattutto gli stranieri. In questo contesto la Lazio è stata rapida ad accaparrarsi ancora prima che aprisse la stagione del calciomercato uno dei centrocampisti sotto i 23 anni più interessanti d’Europa, Marcos Antonio.
Il brasiliano era balzato all’attenzione del grande pubblico un paio d’estati fa, quando dopo il primo lockdown le competizioni UEFA erano ricominciate ad agosto. Lo Shakhtar di Luis Castro aveva raggiunto le semifinali di Europa League e Marcos Antonio era stato uno dei migliori giocatori della competizione. Qualche mese più tardi, nel girone di Champions della stagione successiva, questo centrocampista dal corpo mingherlino e in continuo movimento aveva impressionato in casa del Real Madrid, in una partita dove la sua capacità di sfuggire alla pressione e di connettersi con gli attaccanti aveva portato a una storica vittoria per 2-3 dello Shakhtar. Marcos Antonio aveva saputo distinguersi al cospetto della Santa Trinità Modric-Casemiro-Kroos e l’autunno del 2020 è stato il periodo in cui il suo nome ha circolato di più, anche grazie ad un’altra grande prestazione contro l’Inter di Conte.
Nell’ultimo anno e mezzo, però, lo Shakhtar non ha avuto grande fortuna in Europa e anche Marcos Antonio si è un po’ perso, finendo per quasi uscire dalle gerarchie della squadra, fin quando De Zerbi, dopo un inizio tra campo e panchina, non ne ha fatto un perno della squadra, almeno fino all’interruzione del campionato.
Il suo arrivo alla Lazio, quindi, è passato un po’ sottotraccia, ma Marcos Antonio rimane un profilo interessante, un centrocampista dalle caratteristiche uniche che raramente si vede nel nostro campionato. Il brasiliano aveva già attirato quando nel 2017 aveva vinto il Sudamericano col Brasile under 17 e poi due anni dopo, nonostante un torneo deludente per i verdeoro, era entrato nell’undici ideale del Sudamericano Under 20. Nel frattempo aveva già abbandonato il Brasile e giocato per due squadre in Europa. Il suo è uno dei tanti casi di talenti scippati all’America Latina prima ancora di diventare calciatori professionisti: cresciuto nell’Athletico Paranaense, a diciassette anni, prima della firma del contratto col club di Curitiba, la sua agenzia, la TFM, lo porta all’Estoril, nella Serie B portoghese. La TFM in quel momento è proprietaria della squadra lusitana. Nel 2019, nonostante le sole tre presenze in campionato, lo Shakhtar lo acquista per 3,5 milioni di euro. Esordisce con Fonseca e nella seconda metà della stagione successiva, sotto la guida di Luís Castro, diventa titolare.
Lo Shakhtar, che prima di lui si era affidato a mediani ordinati ma meno virtuosi, come Fred, Hubschmann o Stepanenko, non aveva in rosa un centrocampista così tecnico dai tempi di Jádson, il primo termine di paragone che viene in mente a guardare il ragazzo di Poçoes con la maglia arancione e nera degli ucraini. Come lui infatti, Marcos Antonio indossa il numero otto da mezzala di tocco con vocazione per la rifinitura.
Futbol de toque
Spesso per riconoscere un giocatore di talento non serve neanche che inventi una giocata eccezionale. Per alcuni basta osservare come si muove il corpo mentre conduce palla. Marcos ha un portamento, anche in dettagli insignificanti come il modo in cui scrolla le spalle e tiene le braccia vicine al busto, che ne identifica le qualità già ad un primo sguardo. Sono aspetti intangibili e forse poco significativi della sua presenza in campo, che però tradiscono una certa confidenza col pallone e con la partita, come se il brasiliano non avesse bisogno di sforzarsi per far fluire il suo calcio.
Tutti i gesti tecnici di Marcos Antonio esprimono naturalezza, il suo gioco potrebbe anche sembrare “facile” per uno spettatore distratto. Merito di una tecnica raffinatissima, che fa del pallone un alleato fedele anche sotto pressione. La prima dote che balzava all’occhio, allo Shakhtar, era proprio il modo in cui lo gestiva nella sua metà campo, per attirare il pressing e giocargli alle spalle.
Marcos Antonio non si lascia mai prendere dal panico, è un check point sicuro da cui far transitare il possesso in caso d’emergenza. Ha tanti modi con cui trovare una scappatoia: può controllare e passare il pallone col piede debole, il sinistro, e col destro è anche uno specialista dell’esterno. La tecnica raffinata si sposa a una frequenza di tocco notevole.
Tutto ciò, unito al baricentro basso – facilitato dal metro e sessantasei che lo fa apparire minuscolo sullo schermo – e ad un fisico agile, gli permette di restare in controllo e girarsi per trovare un corridoio libero anche quando il campo intorno a lui si stringe, magari perché lo pressano in due o perché ha ricevuto vicino alla linea laterale.
C’è però un ingrediente segreto grazie al quale Marcos Antonio, come tutti i migliori centrocampisti, può esprimere il suo calcio in scioltezza, nonostante il pressing feroce degli avversari: «Non so dire quante volte ruoto la testa e mi guardo intorno in partita, ma cerco di farlo sempre. Perché devo vedere dove c’è spazio e sapere quando e da che direzione arriva l’avversario. Questo è molto importante per le funzioni che svolgo in campo». Intuito il lato su cui è possibile sfuggire al pressing, Marcos Antonio sceglie uno dei tanti modi in cui sa stoppare o scaricare il pallone. Se chi lo aggredisce non lascia spazi al dribbling, preferisce eseguire un controllo orientato con cui, senza superare l’uomo, gli si allontana quel tanto che basta per trovare il passaggio sul compagno libero. È una delle sue giocate più frequenti, spesso eseguita anche in mezzo a nugoli di avversari: i suoi stop a seguire, anche d’esterno destro, sono dolci, e il pallone non si allontana mai del tutto dalla sua disponibilità.
Nei fondamentali con cui trasmette palla sa essere scolastico, alternando destro e sinistro tra controllo e scarico. Se però chi lo pressa è troppo vicino, l’esterno del destro gli torna utile anche per il passaggio. Se vi capita di assistere a una sua partita, contate le volte in cui usa l’esterno semplicemente per giocare corto. Non si tratta di leziosismi: se infatti gli spazi sono così stretti da impedirgli di far scorrere la palla sul sinistro, preferisce tenerla sul piede forte e liberarsene direttamente con l’esterno, per adattarsi al poco spazio e per dimezzare il tempo della giocata: la precisione dei suoi passaggi, comunque, non cambia di una virgola.
La tecnica di Marcos è talmente pulita nei controlli e nei tocchi preparatori ai passaggi che per chi lo aggredisce è proprio difficile avvicinarsi in tempo per contestargli il pallone, gli avversari in pressione sembrano correre più lentamente.
Cosa offriva Marcos Antonio allo Shakhtar
Da mezzala sinistra o da mediano sinistro di un centrocampo a due - dove ha giocato di più con De Zerbi - il suo compito allo Shakhtar era di impedire che il possesso si fermasse, anche sotto pressione. Soprattutto nella propria metà campo, si occupava di trovare il giusto ritmo al palleggio, con scarichi e movimenti continui che vanificassero il pressing. Anche negli anni con Castro, in cui partiva da mezzala di un 4-3-3, tendeva spesso a prendersi il pallone dalla difesa, togliendo l’incombenza del primo possesso al metodista Maycon.
Marcos Antonio aveva il compito di mantenere scorrevole la circolazione e, se possibile, di accelerarla, portando fuori posizione gli avversari e sfruttando gli spazi lasciati liberi. Con quel corpo gracile e il coraggio di chiedere palla anche in situazioni scomode, il brasiliano sembrava preda facile per i centrocampisti avversari. La precisione millimetrica del gioco di prima e la sensibilità dei controlli orientati, anche con l’esterno, però, gli consentivano di disinnescare il pressing e cambiare senso al possesso dello Shakhtar, a quel punto con più spazio per progredire verso la porta.
Siamo abituati a pensare ai brasiliani dello Shakhtar, dai terzini alle ali, passando per i centrocampisti, come dribblomani capaci di saltare l’uomo e inclinare il campo. Anche Marcos Antonio si occupava di spostare in avanti il possesso, ma mentre i compagni ci riuscivano con dribbling e conduzioni, lui preferiva farlo con i passaggi, con l’appoggio per il compagno libero dietro la pressione e lo smarcamento per farsi ridare palla. Non che non sia capace di saltare l’uomo e portare palla, tuttavia la sua prima opzione è sempre lo scarico seguito dal movimento in avanti, la scelta più naturale per un giocatore abile a manipolare il pressing per creare spazi alle spalle degli avversari e poi servire il compagno con un passaggio in avanti.
Non si commetta però l’errore di etichettarlo come un centrocampista minimale, perché Marcos Antonio è in grado di avventurarsi anche in soluzioni più rischiose nel passaggio, siano filtranti lunghi o lanci improvvisi. Nella vittoria per 2-3 a Madrid, il primo gol dello Shakhtar nasce da una sua verticalizzazione di trenta metri a mezz’altezza con l’esterno destro, che cade precisa sul piede di Solomon mentre taglia in diagonale, appena prima che Militão possa arrivargli addosso: se lo avesse servito sulla corsa (cosa più facile da fare con l’esterno) invece che sul piede, il difensore si sarebbe sicuramente piazzato davanti a Solomon in allungo.
Un centrocampista dinamico
Ancor più delle soluzioni improvvisate, per quanto proprie del suo repertorio, è interessante il modo in cui, con continuità, fa sentire la sua influenza sulla partita. Il miglior Marcos Antonio, infatti, è quello che può muoversi lungo tutte le altezze del campo, senza limitarsi alla distribuzione bassa. Indicative, in questo senso, le parole di Luís Castro: «È un ragazzo molto dinamico, il faro della squadra. Ha un’ottima ricezione, buon passaggio e visione ampia». Il dinamismo è il tratto fondamentale del gioco di Marcos Antonio, la caratteristica che dà tutt’altra dimensione alla sua tecnica.
Marcos Antonio infatti è una mezzala in moto perenne, sempre alla ricerca di nuovi spazi in cui farsi dare la palla. Dopo il passaggio non resta mai fermo e si muove dietro il marcatore, per dare nuove opzioni ai compagni. Un’intelligenza nei movimenti che dimostra soprattutto negli smarcamenti in avanti, sia dopo aver scaricato in prima persona, sia mentre a scambiarsi la palla sono i compagni e magari si apre un buco più avanti. Se invece si tratta di trovare la posizione per ricevere dalla difesa, diventa più confusionario, col rischio di pestarsi i piedi coi compagni.
Il dinamismo allarga gli orizzonti del talento di Marcos Antonio, gli conferisce nuove sfumature. In movimento, infatti, diventa anche un buon dribblatore. Con le ricezioni dinamiche è più facile sorprendere il marcatore e saltarlo grazie al suo primo tocco. Al contrario, in situazioni statiche la sua influenza è più limitata. A differenza di altri centrocampisti di tocco della sua taglia come Banega o Verratti, non ha potenza nelle gambe per forzare il dribbling da fermo col corpo a corpo, magari spalle alla porta. Con l’uomo attaccato Marcos Antonio soffre mentre il movimento gli permette di mantenersi a distanza adeguata dall’avversario e di dribblarlo senza prendere contatto.
Se con gli smarcamenti riesce a ricevere alle spalle del centrocampo avversario, Marcos Antonio si rivela anche un buon rifinitore. Ancora una volta, le doti di lettura e manipolazione di tempi e spazi alimentano il suo talento da passatore. Fronte alla porta, il brasiliano si avvicina ai sedici metri e poi rallenta, esegue piccole pause senza però arrestarsi. Nel momento in cui decelera, sposta la palla lateralmente per invitare i difensori davanti a lui ad abbandonare la posizione e ad aprire nuovi varchi alle loro spalle. Le pause di Marcos Antonio schiudono ai compagni lo spazio per il taglio in profondità, che riesce a servire con filtranti millimetrici tra un difensore e l’altro.
Marcos Antonio nella Lazio di Sarri
Molta dell’efficienza di Marcos Antonio, al momento, passa dalla possibilità di mantenere un certo dinamismo all’interno della partita. Proprio per questa sua caratteristica, potrebbe rappresentare una ventata d’aria fresca per tutta la manovra dei biancocelesti. Se l’inserimento di Marcos Antonio dovesse funzionare, Sarri potrebbe ridisegnare alla radice alcuni sviluppi del suo gioco.
Vero, alla mediana manca un sostituto di Lucas Leiva, ma sarebbe strano pensare al centrocampista arrivato dallo Shakhtar come metodista. Per quanto abile di prima – e la Lazio non ha un calciatore del suo livello nel gioco a parete – Marcos Antonio non ama passare troppo tempo spalle alla porta. In più, il vertice basso di Sarri, di norma, non può sganciarsi troppo e senza i continui smarcamenti in avanti il gioco del brasiliano si snatura. Più probabile, allora, pensare di vederlo impiegato come mezzala sinistra: se abbiamo un’idea in purezza del gioco di Sarri, rappresentata dai tempi di Empoli e dal triennio napoletano, allora Marcos Antonio è una mezzala sarrista, molto più di Luis Alberto, di cui tra l’altro si parla per una possibile cessione.
Per la sua capacità di giocare con precisione e velocità con tanti compagni vicino, potrebbe dare una mano a Sarri a creare situazioni con più uomini in zona palla a scambiare in spazi stretti, una tipologia di gioco che l’allenatore predilige ma che nella Lazio dell’ultima stagione non si è vista troppo, anche per la difficoltà ad assestarsi stabilmente col possesso in zone avanzate. Molte volte il possesso della Lazio seguiva tracce più scolastiche: circolazione tra difensori e regista e poi sviluppo sulle catene laterali, dove spesso un’invenzione di Luis Alberto o di Milinkovic-Savic sbloccava il possesso e permetteva di progredire. Marcos Antonio potrebbe aiutare la Lazio a stabilire una risalita del pallone più associativa e meno legata al talento dei singoli, anche se il rischio è quello di vederlo stabilmente in fascia per provare a combinare qualcosa con il terzino o l’ala.
Rispetto a Luis Alberto, il brasiliano garantisce più ricezioni dinamiche e in diverse zone di campo, con cui di volta in volta disordina gli avversari e crea spazi. Rispetto ai pari ruolo, poi, fa filtrare con più continuità il pallone tra le linee e lui stesso non ha problemi a posizionarsi alle spalle degli avversari per giocare in posizione più avanzata. Per quanto non sia uno specialista difensivo, inoltre, offre tutt’altro spessore se si tratta di difendere in avanti e intervenire sulle linee di passaggio: se Marcos Antonio riuscirà ad avvicinare tanti compagni intorno al pallone, allora per la Lazio sarà anche più facile riaggredire l’avversario una volta perso il pallone. Un dettaglio non da poco per una squadra pessima, lo scorso anno, in fase di pressing e gegenpressing.
Certo non è facile dire come Marco Antonio si adatterà alla Serie A. A vederlo il fisico sembra troppo minuto per reggere l'impatto con i centrocampisti del nostro campionato, ma appunto il brasiliano ha tutte le qualità per portare lo scontro sul piano del palleggio e dell'elusione, soprattutto se la Lazio cercherà - con lui in campo - di dominare il possesso più che nella scorsa stagione. Anche la sua disabitudine a giocare in contesti competitivi, in Ucraina era quasi sempre nella miglior squadra in campo, è relativa: alcune delle sue prove migliori sono arrivate contro avversari di livello come appunto il Real Madrid e l'Inter.
Un paio d’anni fa The Ahtletic ha realizzato un reportage sul mercato dello Shakhtar in Brasile. Frank Henouda, l’agente responsabile dei primi acquisti verdeoro ai tempi di Lucescu, divide i brasiliani dello Shakhtar in due categorie: «Da una parte, ci sono i giocatori che esplodono, come Douglas Costa, Willian, Fred, Alex Texeira, Fernandinho. Loro sono andati via per parecchi soldi. Dall’altra, ci sono i giocatori che non hanno raggiunto un livello così alto. Parlo di Dentinho, Ismaily o Alan Patrick». Sul trasferimento di Marcos Antonio pesa la guerra degli ultimi mesi: di quale gruppo avrebbe fatto parte senza il conflitto? Se tutto dovesse andare bene, il suo arrivo sarebbe un’occasione di arricchirsi non solo per la Lazio, ma per l’intero campionato.