L’undici aprile 2007 il Milan vola all’Allianz Arena per affrontare il Bayern Monaco nel ritorno dei quarti di finale di Champions League. È un anno strano per i rossoneri, iniziato col preliminare e la penalizzazione causa Calciopoli e chiuso con la vittoria della settima Champions. Dopo aver faticato agli ottavi col Celtic, la squadra di Ancelotti pesca ai quarti un avversario blasonato come il Bayern Monaco.
Neanche i tedeschi, a dire il vero, vivono la loro miglior stagione. Un anno prima di acquistare Ribery hanno ceduto Ballack al Chelsea e a maggio avrebbero consegnato il Meisterschale allo Stoccarda di Khedira e Mario Gomez. Restano comunque tra gli avversari più temibili: nella fase a gironi sconfiggono in casa e poi fermano sul pari a Milano l’Inter (contro cui il Milan perde sempre in campionato, ma la Champions, si sa, ha regole tutte sue). Agli ottavi eliminano il Real Madrid di Capello, poi campione in Liga.
Insomma, l’impresa è ardua, specie dopo il risultato dell’andata a Milano. È una squalifica, quella di Kahn, a mettere per paradosso i tedeschi in posizione di forza: Rensing, il suo sostituto, tiene a galla il Bayern nel 2-2 di San Siro con un paio di miracoli su Ambrosini e Gilardino. Decide il match la doppietta di van Buyten, che firma il pari negli ultimi secondi del recupero. Il Milan ha le spalle al muro, ma può sempre contare sull’intangibile DNA Champions, l’abitudine dei suoi giocatori migliori a interpretare le esigenze della competizione più schizofrenica in assoluto. Su tutti Pippo Inzaghi e Clarence Seedorf, autori dello 0-2 con cui i rossoneri guadagnano le semifinali.