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Daniele V. Morrone
Il capolavoro di Unai Emery
15 dic 2023
15 dic 2023
Come gioca il suo Aston Villa, che sta facendo miracoli in Premier League.
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Daniele V. Morrone
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IMAGO / Shutterstock
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Unai Emery guarda in basso, mentre ascolta la domanda, e prova a nascondere la gioia. Ha appena battuto l’Arsenal, la sua ex squadra e attuale capolista della Premier League. L'outifit è quello di sempre: il maglioncino nero che copre quasi totalmente la camicia bianca e la cravatta con i colori dell’Aston Villa. Una settimana prima ha battuto anche il Manchester City campione di tutto in carica. Riesce a stento a contenere il sorriso, gli esce una strana smorfia appena accennata. Poi quando è il momento di rispondere “cambia il chip”, come si dice in Spagna, e la felicità rimane solo negli occhi, il resto del volto è serio. L’inglese ora è più fluente di quando era all'Arsenal. Certo, non ha l’accento di Birmingham tipico della serie Peaky Blinders, con cui dice di aver veramente imparato l'inglese, ma riesce ad esprimere i concetti con chiarezza. Adesso arriva ben scandito il suo classico: «Good evening». È la settimana dell’apoteosi di Unai Emery in Inghilterra, davanti al microfono potrebbe togliersi i macigni che ha nelle scarpe o lanciarsi in lodi sperticate per le prestazioni dei singoli e della squadra. E invece, in puro stile Emery, l'allenatore spagnolo abbassa la temperatura, cercando di evitare che dalle sue parole i tifosi dell’Aston Villa e la squadra escano troppo esaltati. «Siamo felici, ma dobbiamo mantenere un buon equilibrio. Okay, siamo lì [terzi in classifica, nda], ma è solo la sedicesima partita. Dobbiamo cercare di divertirci e di fare il percorso cercando di migliorare e di aumentare il nostro livello, provando a rendere la nostra mentalità sempre migliore». Battere Tottenham, Manchester City e Arsenal nell’arco di due settimane è notevole, certo, ma Emery forse sta già pensando alla trasferta di Europa League a Mostar contro lo Zrinjski: non bisogna concedere alla squadra di credersi così forte da sottovalutare il prossimo avversario. A poco più di un anno dal suo arrivo all’Aston Villa, Emery è diventato il primo allenatore nella storia del club a vincere 15 partite consecutive in casa in Premier League. Gli altri allenatori a riuscirci sono stati Ferguson, Mancini, Klopp e Guardiola. Tra questi grandissimi manager lui è l'unico a guidare una squadra che teoricamente non potrebbe ambire a un record di imbattibilità del genere. Per un buffo caso, l’ultima squadra a sconfiggere l’Aston Villa di Emery al Villa Park è stata proprio l’Arsenal di Arteta. Era il 18 febbraio e allora i "Gunners" riuscirono a imporsi per 4-2. La settimana prima l’Aston Villa aveva perso contro il Manchester City di Guardiola per 3-1. I "Villans" erano undicesimi in classifica, dieci mesi sono terzi. Superato in scioltezza quello che doveva essere il punto critico del suo calendario, adesso l'Aston Villa è clamorosamente in rampa di lancio per la corsa alla qualificazione in Champions League. In Inghilterra c’è chi si inizia a chiedere se non possa addirittura lottare per il primo posto. Guardiola ha direttamente detto che per lui sono da considerarsi rivali per il titolo, ma insomma conosciamo questo tipo di schermaglie tra allenatori. C'è un dato impressionante, però, che sembra dare una certa solidità alle parole dell'allenatore catalano. Nella striscia di 15 vittorie consecutive in casa, l’Aston Villa ha subito solo 5 gol su 12 xG concessi. Un rendimento che si spiega con il grande momento di forma del "Dibu" Martinez (terzo in Premier per differenza tra post-shot Expected Goals e gol effettivamente subiti, dietro solo a Onana e Alisson) ma anche con una fase difensiva che funziona. Se i campionati si vincono con la difesa, almeno in casa anche i dati confermano che l’Aston Villa è una contendente al titolo.

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Come succedeva già nella Serie A di fine secolo scorso e poi nella Liga di inizio 2000, ora anche nella Premier League circolano talmente tanti soldi che le grandi non possono concedersi un periodo di ricostruzione senza venir scavalcate da squadre teoricamente di metà classifica. Il West Ham di Moyes, il Newcastle di Howe e ora l’Aston Villa di Emery: nelle ultime stagioni c'è sempre stata una rappresentante della classe media capace di prendersi un posto ai piani alti della Premier grazie a un progetto ben costruito. La ricetta trovata a Birmingham è stata quella di importare il metodo di lavoro che aveva permesso a Emery di trionfare con Siviglia e Villarreal. Quando è arrivato all'Aston Villa, l'allenatore spagnolo si è presentato con un rapporto dettagliato su tutti i giocatori della rosa sotto braccio e sul modo attraverso cui svilupparli. L'organico possedeva più potenzialità di quanto gli stessi dirigenti dell'Aston Villa pensassero. L’arrivo di Monchi, con tutto ciò che rappresenta per la storia di successi condivisa con Emery, ha portato una sicurezza di vedute sulla direzione che doveva prendere la squadra per compiere un ulteriore passo in avanti. In estate, in Inghilterra, c’era chi riteneva gli acquisti di Pau Torres e Youri Tielemans addirittura controproducenti rispetto allo stile dell’Aston Villa della scorsa stagione: calciatori poco dinamici e verticali. Adesso, invece, sappiamo che sono stati strumentali per plasmare il gioco della squadra di Emery in questa stagione. Con la loro tecnica e le loro letture col pallone, l’Aston Villa ha aggiunto due pezzi fondamentali in difesa e centrocampo, che permettono di maneggiare più registri di gioco all’interno della stessa partita. Emery è un alchimista che mescola i vari ingredienti con le dosi che ritiene migliori. Il risultato deve essere una squadra in grado di affrontare più situazioni possibile all’interno di una partita, sia col pallone che senza. La sua squadra deve saper gestire fasi di difesa posizionale al limite della propria area, ma anche altre di pressing altissimo al limite di quella avversaria. Saper far circolare con calma il pallone per dare respiro alla manovra, ma anche fiondarsi verso la porta con tre passaggi in verticale. Il sistema di gioco è ormai un marchio di fabbrica del tecnico basco. Una disposizione asimmetrica che potremmo definire 4-4-2 o 4-2-2-2 o 4-2-3-1 a seconda delle altezze di gioco del reparto offensivo, che variano sulle caratteristiche dell’avversario. Nella difesa a quattro il terzino destro (Ezri Konsa) rimane bloccato e quello sinistro (Lucas Digne) sale. Davanti alla difesa la coppia di centrocampisti è formata dal brasiliano Douglas Luiz e dal francese Kamara. Poi ci sono almeno due giocatori che gravitano sulla trequarti centrale (magari tagliando dall'esterno), di solito il capitano McGinn e il belga Tielemans. Infine, davanti, due giocatori puramente offensivi. Che sia con una coppia centrale o uno centrale e l’altro che parte dall’esterno. Come di consueto, il reparto offensivo è composto da giocatori versatili e veloci, in grado di mangiarsi il campo in pochi secondi e di alternare la diversa altezza del pressing richiesto. La squadra deve rimanere sempre compatta senza palla, e se cambia il baricentro non cambia il modo con cui le linee devono stare strette in una trentina di metri. Ci si allunga solo in fase di possesso. In fase di difesa posizionale l’importante è non concedere spazio nella fascia centrale del campo.

Riuscire a disordinare l’Aston Villa è una sfida difficilissima e provare a colpirli in profondità fa solo il loro gioco: se le squadre di Premier League hanno totalizzato in media 28.9 fuorigioco fischiati a favore, l’Aston Villa domina la classifica con 74. Per capirci: il Tottenham secondo è a 48 e il Fulham terzo a 42.

Il fiore all'occhiello dell’Aston Villa è la transizione offensiva: in campo ci sono sempre almeno un centravanti veloce (Watkins), un’ala bravissima nell’uno contro uno (come Diaby e Baily), un incursore mortifero (McGinn, Ramsey), un passatore eccellente (Tielemans, Douglas Luiz), un buon lanciatore dalla difesa (Pau Torres, Digne). A seconda dell’altezza a cui viene recuperato il pallone si attiva uno di questi profili e nel minor tempo possibile l’Aston Villa trova il modo di mettere pressione sulla linea difensiva avversaria. Ci sono delle giocate studiate a tavolino da Emery per attivare la transizione. Per esempio il movimento a gancio verso l’interno dell’ala non appena il pallone arriva al terzino sulla sua fascia. Con il contemporaneo movimento incontro della seconda punta così da chiamare a sé il difensore centrale: di fatto si crea una situazione non gestibile per il terzino avversario, che deve scegliere se uscire sul terzino in avanti o seguire l’ala all’interno. Non è tanto la geometria a far funzionare questa scelta, ma la fatica mentale e fisica indotta dal tenere costantemente sulle punte il giocatore avversario. La volta in cui il difensore avversario perde la concentrazione, l’Aston Villa si ritrova ad attaccare centralmente in superiorità numerica.

In un contesto tattico come questo, la punta Ollie Watkins sta trovando la propria consacrazione: Emery gli chiede di venire incontro in appoggio alla manovra e poi di correre in avanti a dare profondità centrale, utilizzandolo come unico riferimento centrale e chiedendogli un lavoro estenuante con e senza il pallone, ma garantendogli una porzione importante delle conclusioni della squadra. Dopo 16 partite in Premier, Watkins è a quota 8 gol e 6 assist. Nonostante il contesto tattico teoricamente favorevole, sembra esserci poco spazio per Nicolò Zaniolo, con cui Emery fatica a trovare la chiave di lettura per ricavarne il miglior rendimento. Al momento è l’unica scommessa persa a Birmingham dal tecnico, che lo ha utilizzato soprattutto come ala sinistra con scarsi risultati tangibili, lasciandolo in panchina nelle ultime partite e preferendogli capitan McGinn spostato sulla corsia mancina.

Al campo di allenamento Emery usa ogni momento a disposizione per prepararsi e preparare, racconta The Athletic. Persino i suoi minuti giornalieri spesi sul tapis roulant vengono accompagnati dalle repliche delle partite precedenti del prossimo avversario. Tutto materiale utile per tirare fuori i messaggi chiave da trasmettere alla squadra, nelle leggendarie sessioni video, nei pre-partita e negli intervalli. Non sono solo i metodi di allenamento o il piano gara giusto, ma anche il modo in cui vengono recepiti dai giocatori, e quindi anche quello con cui lui riesce a coinvolgerli. Chi riesce a entrare in comunicazione con Emery ha un balzo in avanti in termini di prestazioni. «È un'enciclopedia del calcio. Tatticamente è sempre un passo avanti. Con lui ho saltato le classi. Con Unai ho imparato il calcio a 33 anni», ha detto Capoue quando Emery era al Villarreal.Come già il suo Villarreal, l'Aston Villa ora è una squadra impossibile da classificare: non è reattiva o proattiva, non è una squadra che si difende bassa o che usa il pallone per ordinarsi. In realtà, è tutto questo insieme, a seconda di cosa serva in una fase specifica contro un avversario specifico. Volendo utilizzare un unico aggettivo potremmo dire che è una squadra preparata. L’Aston Villa cambia strategia e tattiche all’interno della stessa partita con una facilità disarmante perché è consapevole di quello che può fare e deve fare ogni giocatore in campo e soprattutto di come gioca l’avversario. Per questo la sua squadra funziona così bene negli scontri diretti e contro avversari sulla carta più forti. I giocatori scendono in campo con un ventaglio di soluzioni che mette in crisi le grandi squadre, abituate a giocare col pilota automatico alcuni frangenti delle partite e ostacolate dagli impegni infrasettimanali nel preparare la singola gara. I giocatori dell’Aston Villa, invece, sembrano sapere perfettamente cosa fare per colpire Manchester City e Arsenal, andando a giocare sulle debolezze del sistema avversario. Contro il City, consapevole dell’assenza di Rodri e del suo peso sulla circolazione bassa, Emery ha schierato la squadra con un centrocampista in più proprio al centro della trequarti (Tielemans) e ha adoperato un pressing alto con riferimento sull’uomo. Insomma, l'Aston Villa cercava di prendere il pallone fin dentro l’area del City, sfidando quello che sulla carta dovrebbe essere il punto forte della squadra di Guardiola, la costruzione dal basso.

I giocatori dell’Aston Villa si alzano con Watkins fin su Ederson per prendersi il possesso. Poi seguono le rotazioni del City col pallone quasi le conoscessero a memoria. Il passaggio in verticale di Gvardiol per Julian Alvarez, con cui solitamente la squadra di Guardiola supera la pressione avversaria, viene intercettato con disarmante facilità da Kamara e l’Aston Villa può ricominciare a gestire il pallone nella metà campo del City.

Questa strategia dell’Aston Villa ha costretto il City ad un lavoro sfibrante anche solo per uscire pulito dalla difesa, mostrando tutti i limiti di avere un difensore centrale a centrocampo se accanto non c’è Rodri negli appoggi. La squadra di Birmingham ha recuperato palla centralmente dove ha voluto Emery (con un record di 13 palle perse nella propria metà campo per il City) e da lì recapitava velocemente il pallone sui piedi dei velocisti Baily e Watkins lanciati verso la porta, affogando il City. L’Aston Villa ha concluso la partita con 22 tiri a fronte dei soli 2 della squadra di Guardiola. Un dominio totale. Per arrivare a questi risultati l'Aston Villa sembra aver imboccato una svolta psicologica. I giocatori di Emery trasmettono più sicurezza nell'eseguire i piani del proprio allenatore e quindi più consapevolezza di poter battere chiunque con le proprie armi. Non per un miracolo, una giornata negativa dell’avversario o qualche episodio fortunato, ma scendendo in campo e giocandosela dall’inizio alla fine. Sembra una banalità ma evidentemente non lo è, se persino il Manchester City sembra impotente. Vedremo se l’infinita stagione inglese avrà la meglio sullo stato di forma dei giocatori chiave, visto anche l’impegno europeo di giovedì. La sensazione però è che la stabilità del progetto attuale e la qualità del lavoro di Emery possa portare l'Aston Villa a giocarsela quantomeno alla pari con squadre dalla rosa migliore, come il Tottenham e il Manchester United, e ad avere qualcosa in più rispetto al Newcastle di Howe, al Brighton di De Zerbi e al Chelsea di Pochettino, che componevano la teorica concorrenza per un posto in Europa League ad inizio stagione. E se alla lunga la corsa al titolo probabilmente si ridurrà a un discorso a tre tra Arsenal, Liverpool e Manchester City, il semplice fatto che l’Aston Villa si trovi lì a dicembre è l’attestato migliore possibile del livello di Unai Emery come allenatore, la redenzione definitiva dopo le negative esperienze al PSG e all’Arsenal. Ormai sembra essere chiaro che, per rendere al meglio, l'allenatore spagnolo ha bisogno di una dimensione più piccola. Su Unai Emery sembra cucirsi alla perfezione l'aforisma a suo tempo pronunciato da Jurgen Klopp: «Io non voglio allenare la squadra più forte al mondo. Io voglio batterla».

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