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Come finire il campionato?
17 mar 2020
17 mar 2020
Annullare, premiare con la classifica attuale o giocare dei playoff?
(articolo)
13 min
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In questi giorni si è discusso molto delle modalità con cui la Lega Serie A, quando e se sarà possibile, potrebbe decidere di terminare la stagione. Ogni ipotesi è prematura e dipenderà soprattutto da quando l'emergenza sanitaria sarà finita. E in mancanza di un protocollo ufficiale è difficile dire cosa sarebbe meglio fare. Dato però che "si deve" decidere qualcosa e comunicarlo in tempi brevi (per oggi è prevista la riunione della UEFA in cui sapremo, forse, cosa sarà di Euro 2020), qui sotto abbiamo riflettuto sulle tre opzioni uscite fuori in questi giorni.

Ipotesi 1: Annullare il campionato e non assegnare il titolo

Perché sì

Daniele Manusia

Va detto subito che, stando alle parole di Gravina, là dove ce ne sarà la possibilità la loro intenzione è quella di riprendere a giocare, finire le giornate di campionato che mancano sperando che l’Europeo venga spostato di qualche mese o direttamente all’anno prossimo. Ma sarebbe davvero la cosa migliore? E se non ci sarà tempo? È una situazione complessa dal punto di vista sportivo, economico e legale, che non riguarda solo l’Italia. In Premier League si parlava di assegnare lo Scudetto al Liverpool, non far retrocedere nessuna squadra e promuoverne invece due dalla Championship e fare una stagione a 22 squadre. Capite che bel casino?

L’opzione che a me sembra la più giusta dal punto sportivo è quella di non considerare valida la stagione “in corso”. Una stagione già anomala così come è stata finora, con partite giocate a porte chiuse o recuperate a distanza di settimane e poi, in caso, mesi. In un Paese in cui si discute del giorno in più o in meno di riposo temo che aggiungeremmo legna al fuoco delle polemiche e dei complottismi presenti e futuri.

E poi, voglio dire, se non basta una pandemia che ha letteralmente chiuso ogni attività non essenziale (sì, insomma, più o meno) e le persone nelle proprie case per dire Ok, ci abbiamo provato, ma non ci sono le condizioni, cosa deve succedere? Non credo che quando un giorno, tra venti o trent’anni, guarderemo la lista delle squadre campioni d’Italia e nel 2020 ci sarà scritto “non assegnato” (sperando che sia l’unico di questo secolo…) ci sembrerà così strano. Se il calcio può avere una funzione pedagogica in questo momento, forse annullando la competizione in corso di possono ristabilire le vere priorità dei tifosi. In casi di emergenza non facciamo che dirci che il calcio è solo un gioco, ma poi continuiamo a litigare come se fosse la cosa più importante al mondo.

Certo, resta il problema delle retrocessioni e dei posti nelle coppe. Immaginando una nuova stagione però penso che si dovrebbe ricominciare da capo come si era all’inizio di quella “annullata”, per quanto mi dispiaccia per il Benevento e le altre possibili promosse… Per le coppe, anche, penso sia più giusto rimandare le squadre che hanno partecipato quest’anno. Anche perché, pure lì, non è detto che si riesca a portare a termine ottavi, quarti, semifinali e finali.

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Foto di Marco Rosi/Getty Images

Certo, in questo caso la Lazio sarebbe danneggiata due volte. Possiamo chiedere alla UEFA di aggiungere un posto per Nazione e fare una Champions più larga?

Perché no

Marco D'Ottavi

Arriva il momento in cui anche lo sport deve provare a resistere. Annullare tutto, è vero, sembra la soluzione più liberatoria, quella che permetterebbe di passare un colpo di spugna su questa maledetta stagione, ma vorrebbe dire anche arrendersi. Non abbiamo ancora un universo temporale preciso che ci dica con certezza quando sarà possibile riprendere, ma quando arriverà quel momento bisognerà sforzarsi di trovare una soluzione per farlo. Questo non solo per le squadre che stavano facendo un’ottima stagione e che non è detto possano ripetersi, come ad esempio il Benevento citato da Daniele, praticamente già promosso, ma anche la Lazio che era in lotta per lo Scudetto in maniera forse difficile da ripetere anche tra 12 mesi, o quelle squadre che erano in lizza per un posto in Europa League. Un discorso che vale anche per noi stessi e per l’idea che diamo ad ogni singola stagione calcistica della nostra vita.

Ci sono diversi modi per terminare questa stagione, e ovviamente dipenderà molto dalla durata di questa emergenza sanitaria, ma esistono. Dei rapidi e spettacolari playoff; riprendere la stagione dal punto in cui si è fermata in estate con l’Europeo rimandato; ma anche la possibilità di terminare questa stagione durante la prossima e poi riprogrammare in maniera più snella quella 2020-21. Anche questa ipotesi comporterebbe diversi problemi: come organizzarsi per il mercato estivo? Chi finirà per retrocedere - o salire - come organizza una nuova stagione completamente differente in poco tempo? Eppure soluzioni si trovano a tutto: il mercato potrebbe rimanere aperto durante tutta la stagione, le squadre che retrocedono ricevere prima il sostegno economico dei diritti tv, solo per dire le prime due che mi sono venute in mente.

Quando un giorno ci guarderemo indietro, alla voce campionato 2019-20 cosa vorreste vedere? Un buco vuoto? Il rischio è quello di premiare, magari, la squadra che non lo ha meritato di più in assoluto. Ma almeno possiamo dire che la Juventus, che oggi è prima, è quella che è riuscita a presentarsi meglio allo sprint finale, e forse in una situazione così assurda può bastare.

Il calcio è un’industria e come tutte le industrie del paese dovrà ripartire, prima o poi, farlo da questa stagione è l’obiettivo concreto che si stanno dando le istituzioni, speriamo solo che sia possibile per tutti.




Ipotesi 2: Sospendere il campionato e assegnare titolo, qualificazioni in coppa e retrocessioni secondo la classifica di questo momento

Perché sì

Daniele Manusia

Questa è più o meno la proposta della Premier League, anche se pure lì ci saranno problemi legali, perché sarà difficile accontentare tutti i club. Anche se magari, con il Liverpool a 25 punti dalla seconda in classifica, l’unica squadra scontenta dovesse essere il Manchester United, che sembrava lanciato per un bel finale di stagione e aveva solo 3 punti in meno del Chelsea al quarto posto.

In Serie A, in ogni caso, sarebbe ancora più complicato. Di fatto, a parte Lazio-Inter e Juventus-Inter, devono ancora giocarsi tutti gli scontri di ritorno tra le prime quattro in classifica. L’Atalanta (che ha 15 punti e una partita in meno della prima) deve ancora affrontare tutte e tre le contendenti al titolo; ma soprattutto si deve ancora giocare Juventus-Lazio, la partita che più di ogni altra potrebbe dirci chi meritava davvero questo campionato.

In una logica in cui, però, va assegnato per forza lo Scudetto prima di ripartire, tanto vale tirare una riga e chi si è visto si è visto. Facciamolo solo se serve per passare oltre, per girare questa pagina oscura della storia d’Italia e del calcio italiano. E non parlo solo del virus, ma anche dei litigi, dei cambi di idea, di quell’assurda giornata di campionato giocata a porte chiuse quando già quasi tutto il resto si era fermato. Se proprio non si può resettare la stagione, allora andiamo avanti e non pensiamoci più.

Mi sta bene anche qualsiasi altra alternativa, anche la più creativa. Vogliamo far votare i tifosi italiani? Vogliamo far votare una giuria di esperti? Vogliamo fare una cosa mista tipo San Remo?

In ogni caso, assegneremmo uno Scudetto che nessuno potrebbe festeggiare, per ragioni di decreto ma anche perché chi ne avrebbe voglia? Facciamo salire Benevento, Frosinone e Crotone e facciamo retrocedere SPAL, Brescia e Lecce (anche se solo per differenza reti), prendiamoli come ulteriori sacrifici per passare oltre, per mettere una parola fine a questa stagione tremenda. Se proprio non se ne può fare a meno.

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Foto di MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images

Vogliamo adottare una soluzione ibrida: non assegnare lo Scudetto, retrocedere e promuovere solo due squadre e mandare in Champions le squadre con la classifica attuale? Dovunque mettiamo le mani, creiamo disordine.

Perché no

Emanuele Atturo

Partiamo da un assunto semplice: un campionato che si gioca su 38 giornate si decide su 38 giornate. Ora, al punto in cui ci siamo fermati, non ne mancano una manciata: ne mancano 12, quasi un terzo del campionato. Ci sono addirittura 8 squadre, il 40%, a cui di giornate ne mancano 13.

E poi, come detto, alcune delle partite ancora da giocare sono vitali per la Serie A per come la conosciamo: Lazio-Milan, Milan-Juventus, Juventus-Atalanta e addirittura Juventus-Lazio, che guardando ora la classifica sarebbe lo scontro diretto decisivo. Vogliamo davvero assegnare un campionato in cui la prima e la seconda in classifica si sono scontrate una sola volta?

Il vantaggio indiscusso di un format come quello attuale, 38 giornate andata e ritorno, rispetto per esempio alla soluzione playoff, è la sua meritocrazia. Ovviamente è un’idea arbitraria di meritocrazia, in cui si considera più meritocratica la continuità di rendimento che la competitività in una partita secca. Però assegnando il titolo dopo 26 giornate non esisterebbe neanche quel valore che dovrebbe essere alla base di questo format.

Finora, poi, abbiamo parlato solo implicitamente dell’assegnazione del titolo. Anche tralasciando la questione della qualificazione alle coppe europee, cosa fare con la lotta salvezza? Parliamo solo del caso più al limite: il Lecce si è ritrovato terzultimo all’ultima giornata giocata. È a pari punti col Genoa ed è terzultimo solo per la differenza reti visto che ha pareggiato l’unico scontro diretto giocato. Farlo retrocedere così, in questo momento, sarebbe un meccanismo più vicino alla roulette russa che a una competizione sportiva.




Ipotesi 3: Playoff

Perché sì

Emanuele Atturo

Nel discorso sulla possibilità di fare i playoff va distinto il giusto dal bello.

Sarebbe giusto assegnare attraverso i playoff un campionato cominciato con la premessa che il titolo sarebbe stato assegnato senza? La risposta è questa domanda è ovviamente no, ma è anche “Sarebbe comunque più giusto che assegnare il titolo con la classifica attuale”. I titoli e le qualificazioni alle coppe si decidono su pochi punti e dettagli (ricordate due anni fa quell’ormai leggendario Inter-Juventus?) e sarebbe quindi corretto far giocare tutte le 38 giornate. Ma se questo non fosse possibile per ragioni di calendario diciamo che 25-26 giornate potrebbero comunque essere sufficienti per considerare quali squadre sono meritevoli di giocare i playoff e quali no.

Guardate la classifica di oggi: le prime quattro posizioni sono piuttosto definite. È vero che l’Atalanta ha solo 3 punti di distacco dalla Roma ma ha anche una partita in meno e ha vinto entrambi gli scontri diretti. Quindi diciamo che nessuno potrebbe lamentarsi per una formula a playoff che parta dalle semifinali: prima contro quarta, seconda contro terza. Prima fuori casa (quindi un piccolo vantaggio) per la quarta e per la terza in classifica. Allora avremmo questi playoff:

- Atalanta-Juventus

- Inter-Lazio

Poi finale in campo neutro. Sarebbe il modo più giusto per fare questi playoff, ma forse non il più divertente, che ovviamente coinvolgerebbe 8 squadre con un mini-torneo che inizierebbe ai quarti. Il problema principale in questo caso sarebbe che Parma e Verona sono a pari punti con lo stesso numero di partite giocate. La proposta sarebbe di premiare la squadra che ha segnato più gol, siamo o non siamo in una fase di rivoluzione controculturale per il nostro calcio? Allora Parma qualificato ai playoff e virtualmente con la possibilità di vincere il campionato.

Il fatto che una squadra come il Parma, che ha fatto 28 punti in meno della Juventus, possa vincere il campionato sarebbe la cosa più difficile da digerire per la nostra cultura calcistica. Ma lo sarebbe anche per le istituzioni sportive. I vertici della Premier League, per esempio, vorrebbero meno Leicester possibili e Agnelli non è entusiasta che l’Atalanta partecipi alla Champions League. Alla base di queste dichiarazioni degne dei cattivi Disney ci sono, come potete immaginare, ragioni economiche. L’idea elitista dello sport contemporaneo è ciò che rende difficile la praticabilità dell’ipotesi playoff, ma siamo sicuri che i playoff non rivitalizzerebbero il nostro calcio?

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Foto di Claudio Villa/Getty Images

Una possibilità di vittoria più distribuita ovviamente rivitalizzerebbe l’interesse dei tifosi, creerebbe narrazioni più interessanti. Per non parlare degli introiti economici che genererebbero delle partite andata-ritorno e una finale secca. Una formula che la Champions League ha dimostrato essere la più redditizia. Il nostro campionato, che negli ultimi anni ha consolidato la propria subalternità a Liga e Premier League, tornerebbe ad attirare interesse. Le crisi a volte sono opportunità, e magari questa situazione d’emergenza ci può dare la possibilità di un’innovazione la cui bontà è sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono accorgersene.

Perché no

Marco D'Ottavi

Certo i playoff potrebbero essere una soluzione ammissibile in questo momento di emergenza, ma andrebbero contro tutto quello che è il campionato italiano, che non a caso prevede un girone all’italiana con formula di andata e ritorno. Fin dal 1929-30 si è assegnato così lo Scudetto, cambiando solo il numero di squadre partecipanti. Quando non è stato possibile seguire questa formula - come durante la Seconda Guerra Mondiale - il campionato non è stato disputato.

La formula dei playoff falserebbe quindi il risultato finale. Il vincitore non sarebbe il vincitore dello Scudetto, ma della Coppa tra le squadre che in maniera aleatoria abbiamo deciso dovessero partecipare ai playoff. Perché, tra le altre cose, anche nei campionati in cui sono previsti i playoff dopo la stagione regolare, il calendario viene redatto in maniera precisa, per far scontrare tutti contro tutti o, come nel caso della NBA, cercare comunque di rispettare dei caratteri geografici e competitivi. Come risolvi questo problema? Come decidi l’ottava partecipante tra Parma e Verona al momento a pari punti, ma avendo affrontato squadre diverse? Per non parlare del Milan che ha un punto in più, ma anche una partita in più. Saresti quindi costretto ad inventarti un modo di pareggiare l’equilibrio di quella che possiamo chiamare “stagione regolare” per delineare una classifica quanto il più possibile corretta per le prime 8, per non parlare poi delle retrocessioni (anche lì servirebbero dei playoff? E quante squadre coinvolgere? Chi può dirsi salvo? Chi no?). Questo richiederebbe altro tempo e altre partite e - a questo punto - tanto varrebbe concludere il campionato, se si tratta di recuperare solo poco tempo.

C’è poi il problema sportivo. Considerando i playoff una soluzione ai tempi ristretti in cui bisognerà chiudere la stagione, possiamo ipotizzarne uno svolgimento su gara secca, da giocare chissà dove (in casa della squadra con la miglior classifica?). Le partite di questo genere sono emozionati, non lo metto in dubbio, ed è per questo che in estate esistono competizioni tra Nazionali così organizzate. Ma una squadra viene costruita sul lungo periodo, con l’intenzione di essere il più competitiva possibile durante la stagione, non per infilare quattro vittorie a caso a giugno. Sarebbe come chiedere a un maratoneta di vincere i cento metri, così all’improvviso senza dargli la possibilità di allenare. Anche la Champions League, un torneo la cui formula che premia anche il caso abbiamo imparato ad accettare, prevede quanto meno una sfida di andata ed una di ritorno prima della finale.

Insomma i playoff sono una soluzione affascinante, che forse permetterebbe alla Lega di recuperare anche qualcosa a livello economico con i diritti televisivi, ma creerebbero un precedente pericoloso. Non solo si andrebbe a premiare con uno titolo, quello di campione d’Italia, una squadra che non lo merita, perché non è effettivamente campione d’Italia, ma si corre il rischio che l’opinione pubblica finisca per apprezzare il risultato (ripeto, nessuno nega che i playoff sono belli) costruendo una narrativa negativa per il futuro del calcio italiano. In ogni momento di crisi o emergenza i playoff diventerebbero una soluzione creativa, per fare cassa, per risparmiare tempo, per ricucire una distanza tra la Juventus e le altre squadre che fino a questa stagione sembrava incolmabile. La Serie A è invece il campionato dell’andata e ritorno, delle vittorie costruite con la regolarità, vincendo con le piccole e non perdendo con le rivali, con la salvezza a quota 40. Tutte cose che sembrano noiose, ma il cui fascino speriamo di riscoprire presto.




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