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Michele Tossani
Non è più il cholismo di una volta
20 feb 2024
20 feb 2024
L'Atletico Madrid è una squadra molto diversa da quella che ci ricordavamo.
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Michele Tossani
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IMAGO / Marca
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“Hanno ammazzato il cholismo, il cholismo è vivo!”. Si potrebbe parafrasare la nota strofa di Francesco De Gregori per parlare dell’ultima evoluzione del gioco di Diego Simeone. Sì perché, se non seguite assiduamente la Liga, forse vi sareste potuti perdere che il cholismo - quel mix di principi tattici, machismo e filosofia underdog - in realtà è cambiato rispetto alla sua fase d’oro, ormai circa un decennio fa.

All’inizio della sua avventura con l’Atlético Madrid, nel 2011, Simeone si era costruito la fama di difensivista, non del tutto immeritata. Il modo attraverso il quale il suo primo Atlético Madrid difendeva ha fatto scuola, con l'allenatore argentino che si inseriva di diritto in quel filone di tecnici che hanno cercato, in qualche modo, di trovare le contromisure al gioco di posizione portato alla sua massima espressione nel calcio contemporaneo da Pep Guardiola.

Simeone dunque come il più grande “anti-guardiolista” dopo - cronologicamente ma anche per successi in campo - José Mourinho. I “colchoneros” sono riusciti a vincere la Liga per due volte, nel 2014 e 2021, e sono arrivati per ben due volte a un passo dalla Champions League (doppia sconfitta in finale contro il Real Madrid nelle edizioni 2014 e 2016) con un gioco basato su una eccezionale fase difensiva, organizzata intorno ad un 4-4-2 dalle linee di ferro, e che in certe situazioni poteva evolversi in 4-5-1, anche all’interno della stessa partita.

L'evoluzione del cholismo

Il primo Atletico partiva dall’idea di pressare alto gli avversari per conquistare palla in zone avanzate di campo. Quando gli avversari riuscivano a superare la prima linea di pressione, i “rojiblancos” retrocedevano per ricompattarsi nella propria metà campo creando tre linee di difesa sempre aggressive sul portatore di palla. La volontà del tecnico argentino era quella di mantenere sempre alta la pressione sul pallone, andando anche a rompere le linee difensive in un sistema a zona ma orientato sull’uomo. Una volta rientrato in possesso del pallone l’Atlético cercava immediatamente la verticalizzazione, per sfruttare la velocità dei suoi riferimenti più avanzati.

A partire dagli anni della pandemia, però, a causa delle positività riscontrate nella rosa a sua disposizione in quel momento, degli infortuni e anche delle mutate caratteristiche tecniche dei giocatori rispetto agli anni precedenti, “il Cholo” ha cominciato a modificare qualcosa. Tanto per cominciare ha abbandonato la difesa a quattro a favore di una linea a cinque. Partendo da un 5-3-2 a volte asimmetrico, l’Atlético ha cominciato a difendersi più in basso, diminuendo le occasioni in cui attuare una pressione avanzata. Il nuovo contesto tattico rimaneva aggressivo nella propria metà campo, ma favoriva ora transizioni lunghe.

Se questa versione dei “colchoneros” era ancora in analogia con la prima, è a partire dal gennaio 2023 che Simeone ha cambiato del tutto faccia al suo Atlético, uccidendo di fatto il cholismo come noi lo conoscevamo. Per darvi un’idea della rivoluzione copernicana messa in atto, in Spagna si è addirittura cominciato a parlare di “Cholo-taka”, una strana crasi tra cholismo e tiki-taka che ben rappresenta la difficoltà nell’inquadrare questa evoluzione anche a livello linguistico.

Il cambiamento è stato soprattutto offensivo. La fase di possesso dell’Atléti infatti non è più demandata solo alle transizioni, ma si è aperta ad una maggior dose di palleggio, come evidenziato dai dati che segnalano i biancorossi ad una percentuale di possesso medio del 51.7% (dato Fbref) nell’attuale Liga. Una percentuale magari non altissima se paragonata a quella di altre squadre come Barcellona (64.6%), Real Madrid (59.4%), Las Palmas (57.2%) o il sorprendente Girona (56.9%) ma notevole per una squadra come l’Atlético, abituata in passato a registrare medie ben al di sotto del 50%. Il gioco diretto del passato, volto alla ricerca del riferimento centrale in attacco (i vari Radamel Falcao, Diego Costa o Luis Suárez), ha lasciato il posto ad una manovra palleggiata con la quale la squadra di Madrid cerca di risalire il campo.

In questo senso il nuovo atteggiamento della squadra di Simeone assomiglia a quello della Lazio di Maurizio Sarri, che è arrivato a un risultato simile partendo da un punto opposto dello spettro tattico: blocco basso (per i dati StatsBomb, l’indice PPDA dell’Atléti è 11.61, molto simile all’11.84 dei biancocelesti), sviluppo ragionato (10.45 secondi il tempo di possesso medio ad azione offensiva degli spagnoli, 10.72 per la formazione capitolina, secondo i dati Opta), alto numero di passaggi effettuati per sequenza d’attacco (4.06 l’Atlético, 4.04 la Lazio).

Al di là dei confronti, potrebbero essere citati altri numeri a conferma dell’evoluzione del gioco dell’Atletico. Per esempio quello dei passaggi effettuati su azione di gioco, che vedono la squadra di Simeone al quinto posto in Liga, o quello delle palle lunghe giocate da Jan Oblak, il terzo portiere a giocarne di meno nel campionato spagnolo (dietro a Peña del Barcellona, e Kepa e Lunin del Real Madrid) indice di una squadra che ora costruisce anche dal basso.

Come gioca l'Atletico Madrid oggi

A favorire ulteriormente l’uscita palla da dietro c’è stata anche la decisione di Simeone di ricollocare Axel Witsel sulla linea difensiva. Il belga, a trentacinque anni d’età, non ha più il passo per giocare a centrocampo come durante il prime della sua carriera ma in difesa, soprattutto in fase di possesso, può essere ancora un valore aggiunto. Accanto al belga c’è di solito Mario Hermoso, un altro difensore dal piede educato (il mancino in questo caso) per avviare la fase di possesso ed essere funzionale quando, da braccetto sinistro, si inserisce in avanti per consolidare il possesso dell’Atlético. Non è un caso che, in base ai dati raccolti da StatsBomb, Hermoso risulti essere il centrale dell’Atletico che perde meno in accuratezza di passaggio quando viene pressato (-8%, contro il -14% di Witsel).

Al secondo livello, ad aiutare la fase di consolidamento del possesso e di sviluppo della manovra ci sono De Paul e Koke. I due centrocampisti sono i migliori fra i “colchoneros” per far avanzare la manovra, potendo contare tra le linee sul talento di di Antoine Griezmann, all’ennesima stagione di grazia. Il francese è probabilmente il miglior trequartista attualmente in circolazione (ma forse potremmo metterci dentro tutte le sfumature del ruolo di centrocampista), pur partendo formalmente dalla posizione di seconda punta. La sua influenza nel gioco di Simeone è direttamente proporzionale alla genialità e alla tecnica che mette in campo.

Griezmann è già nella storia dell’Atléti: il numero 7 è diventato quest’anno il miglior marcatore nella storia del club, dopo aver superato il precedente record fissato dalla bandiera Luis Aragones (173). Il trentaduenne nativo di Mâcon sta vivendo la sua miglior stagione dal momento del ritorno a Madrid (dopo le due stagioni e mezzo trascorse in Catalogna con il Barcellona) con una media di 0.47 reti a partita in campionato.

Al di là di questo (e forse non è superfluo dire che non è poco), Griezmann ha costruito un forte legame tecnico con Álvaro Morata. L’ex juventino è il cannoniere dell’Atlético (attualmente 13 reti nella Liga, 19 comprendendo tutte le competizioni) anche grazie al lavoro di de Paul e Koke nel pulire i palloni nei corridoi centrali del campo e del supporto di Samuel Lino e Nahuel Molina sugli esterni. Morata è uno dei tanti giocatori ad aver sfruttato l’attuale versione proattiva dei “colchoneros”. Prima ai centravanti delle vecchie versioni della squadra di Simeone veniva essenzialmente chiesto di lavorare da solo in zona centrale, andando a fare la guerra contro i centrali avversari. Ora invece Morata è il riferimento avanzato di una squadra che produce una manovra articolata e che dà supporto al proprio numero 9.

Il ritorno in condizione dell’olandese Memphis Depay dà poi a Simeone un’alternativa in avanti più valida di quelle costituita da Ángel Correa e riempie la casella lasciata vuota dalle cessioni in prestito dei deludenti João Félix e Matheus Cunha.

Gli insoliti problemi difensivi

L'Atlético che arriva alla doppia sfida di Champions contro l’Inter è dunque un Atlético "nuovo", che realizza 1.95 gol a partita in campionato. Di contro, la squadra ha perso quella solidità difensiva che l’aveva sempre caratterizzata sotto la gestione Simeone. Una maggiore difficoltà che dipende essenzialmente da due fattori. In primo luogo, la scelta di seguire un modello di calcio maggiormente proattivo senza avere una dimestichezza di quegli strumenti tattici che permettono di renderlo difensivamente sostenibile. L'Atletico Madrid è solo la sesta difesa della Liga, un dato in linea con quello degli xG subiti (che vedono la squadra di Simeone sempre al sesto posto in campionato), e sembra fare fatica a introiettare quei concetti che permettono di rendere il pressing alto più efficace e meno pericoloso. I "colchoneros" sono infatti appena sesti per palloni riconquistati in fase di riaggressione ed è ben sotto la media della Liga per azioni di riaggressione nella metà campo avversaria.

È come se la squadra di Simeone, nonostante l'evoluzione, abbia mantenuto una certa comodità nel difendersi bassa, con giocatori però che non sono più quei demoni del cholismo che avrebbero saputo respingere un pallone in area anche bendati. Il secondo fattore che rende l'Atletico più fragile rispetto al passato quindi, l'avrete capito, è quello di avere impostato una difesa su giocatori - come i già citati Witsel e Hermoso - che non garantiscono quella efficacia nel difendere la propria area che un tempo garantivano i vari Diego Godín, Miranda o Stefan Savić.

Questa mutazione genetica ha inciso anche sull’andamento di questa stagione. Non a caso la squadra madrilena è sì quarta nella Liga, ma a ben undici lunghezze di distacco dal Real Madrid primo in classifica. L’Atléti crea ma subisce anche di più. Così si spiega il fatto che gli uomini di Simeone abbiano già messo insieme 6 sconfitte in campionato, perdendo punti anche in partite sulla carta ampiamente alla portata. È avvenuto ad esempio a settembre, quando i "colchoneros" sono stati battuti a Valencia con un punteggio così pesante (3-0) come non accadeva dall’ottobre 2020 (sconfitta per 4-0 subita ad opera del Bayern in Champions).

Non è stata l'unica sconfitta sorprendente. Lo scorso 11 febbraio, al Sánchez-Pizjuán di Siviglia, l’Atlético ha concesso 6 tiri nello specchio della porta difesa da Oblak - cose dell'altro mondo per una squadra di Simeone - finendo per perdere per 1-0 contro una squadra in crisi nera.

Insomma, non è detto che la sfida di Champions League con l'Inter sarà ingessata come molti hanno pensato al momento del sorteggio. Certo, uno scontro a eliminazione diretta è tutto un altro paio di maniche, ed è possibile che Simeone adatti la sua strategia di conseguenza, ma di una cosa possiamo essere certi: non è più il cholismo di una volta.

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