Cos’è in fondo il campetto di basket se non un palcoscenico? Quando calpesti il cemento battuto dai palloni sai che stai per essere sottoposto allo sguardo di tutti, sia della platea che degli altri attori. Gli astanti vogliono capire se sei preso dalla strada o se hai un background “accademico”, ma soprattutto se saprai improvvisare senza rovinare la rappresentazione.
Di solito il giocatore da campetto ha un modesto bagaglio scolastico a cui aggiunge un’interpretazione tutta sua del metodo Stanislavskij. Si ossessiona guardando ore e ore di pallacanestro, si fomenta, si innamora, impazzisce, si imbufalisce e quando esce alla luce del sole vuole provare su sé stesso quello che ha fissato imbambolato per anni. Sapete quello di cui parlo, ognuno di noi ha tentato di essere qualcuno che non può essere, almeno per un minuto, per un solo tiro.
Ecco quindi che vi vengo in soccorso con un tutorial per diventare (al campetto) uno dei giocatori più allucinanti mai visti sotto i riflettori di questo sport: Luka Doncic.
Smooth, ovvero morbido
Prima di parlare di tecnica, di controllo del corpo, di lettura delle situazioni e di tutte quelle belle cose che compongono il basket dobbiamo parlare di atteggiamento e di “spirito”. Per essere come Doncic vi dovete calare in un particolare stato dell’essere. Rilassatevi, sorridete, sghignazzate come se tutto vi scivolasse dolcemente sul ciuffo spettinato, scherzate con chi vi sta intorno, per voi la vita è un sorso d’acqua leggermente frizzante. La morbidezza con cui Luka si adagia sulla realtà fa impressione e non riguarda solo il modo in cui tocca la palla, ma ogni dettaglio della sua presenza sul parquet.
In questo video si appoggia a Trae Young come un vecchio amico, sfoggia un sorriso alla Great Gatsby che esclama «te lo avevo detto, vecchio mio». Persino il modo in cui cammina all’indietro con una smorfia lusingata è fluido e perfettamente naturale. Essere Doncic significa essere un delfino in un oceano di tonni.
(Ovviamente mettere il tiro da dietro il centrocampo con arresto a un tempo aiuterà a rendere convincente la vostra interpretazione)
Il colore della magia
Il colore della magia è un colore diverso da tutti gli altri, che faresti fatica a descrivere, ma che puoi percepire chiaramente quando ti si para davanti. Ancora una volta non stiamo parlando di basket inteso come gioco ma di aura da trasmettere quando si sta sul campo. Non a caso il giovane sloveno è stato soprannominato “Luka Magic”, lui ti fa credere di poter fare tutto, di poter flirtare con il sovrannaturale.
In questa partita contro gli Warriors potete notare quello che si inventa, a gioco fermo. L’arbitro fischia e lui decide di tirare, ma facendo prima rimbalzare la palla a terra. Accorcia la gittata del tiro e alza molto la parabola. La palla, che comunque ha preso il giro dal suo polso, rimbalza prima vicino al pitturato e poi salta di nuovo in avanti verso il canestro. Ferro, ferro, rete.
Con un colpo del genere, naturalmente senza mostrare emozioni e senza guardare il risultato, sprigionerete una forte energia magica, una spolverata di onnipotenza, giusto per far spaventare gli amici.
(Consiglio di andare ogni notte al campetto e provare il tiro finché non riesce almeno un paio di volte, prima farlo davvero)
Un passo indietro
Step back. Dopo che James Harden cominciò a fare suo questo colpo, il giovane Luka decise che poteva essere una freccia da aggiungere anche al suo di arco, perché no? In questa partita i due si sfidano in un botta e risposta notevole, con gesti d’intesa e occhiolini sempre di grande effetto.
Ma come si fa uno step back così al campetto? Il campetto non è l’NBA (questo per fare chiarezza), di conseguenza il vostro impatto sulla psicologia degli avversari può essere molto alto, con sforzo minimo. Mentre Harden opera un passo indietro meccanico e letale, Luka ci aggiunge una sfumatura umana facendo credere al difensore che vuole DAVVERO andare al ferro. Il suo palleggio per entrare in area con la destra è molto più profondo, andando a sbilanciare Capela, per poi palleggiare di nuovo indietro e solo a quel punto fare lo step back. Guadagnando così una notevole distanza dal difensore.
Quello che potete fare voi al campetto è urlare «Adesso vado a fare un terzo tempo!» e partire decisi con un palleggio in avanti. Il difensore credulone si sposterà col peso di lato e voi sarete liberi di fare il vostro comodo tornando indietro.
(Poi tirate e segnate, e fate quel gesto con la mano)
Tiro pazzo
Questo tiro è facilissimo in realtà, una cavolata che si può mettere in pratica con qualche trucchetto super semplice (ti devi convincere di questa menzogna sennò qui non andiamo da nessuna parte). 1- Fatti dare la palla; 2- Vai a sinistra se vuoi tirare con la destra o al contrario se tiri con la sinistra; 3- Smanaccia via i difensori che ti seguono e poi esclama “Agh! Aaah! Gaah! La caviglia! Cazz! Oh!”; 4- Assicurati che tutti si siano fermati; 5- Non ti fermare; 6- Fai un terzo tempo dal limite dell’aria; 7- Lancia la palla verso il canestro; 8- Se esce, come possibile, fai finta di niente e toccati la gamba simulando dolore; 8- Se entra esclama “Oh ma che fate vi fermate? Questa è buona!”; 9- Litiga con gli altri.
Vincere partite con tiri assurdi all’ultimo centesimo di secondo
Anche qui, sembra difficile, ma in realtà se non pensi che hai 0.6 sul cronometro, tutti che ti guardano, è finito il campo, il difensore addosso e il tabellone che ti copre l’angolo, è un tiro come un altro di quelli su cui è letteralmente basato il gioco. Quindi poche storie, vediamo come si fa.
Secondo me il metodo migliore per portare a casa un canestro così è provarlo con dei livelli di difficoltà sempre più complessi. La prima fase è di riscaldamento. Partite mettendo il cronometro con 1 ora di tempo. Un canestro lo farete con un’ora di tempo. Poi Mezz’ora. Poi 15 minuti. Poi 7 minuti. Come va? Riuscite? Ora 2 minuti. Adesso 1 minuto.
Dovreste essere abbastanza caldi, quindi passiamo alla seconda parte, quella che effettivamente vi porterà a tirare comodamente con 0.6 centesimi di secondo. Mettiamo un tempo molto più breve in modo da arrivare con scioltezza al nostro obiettivo. Procuratevi un orologio atomico e calcolate il tempo di Plank, il più breve intervallo di tempo che la fisica attuale possa calcolare, fattore 10−44. Passiamo allo yoctosecondo. Calcola che 23 yoctosecondi sono metà della vita dell'isotopo dell'idrogeno, quindi non ti preoccupare se sfori sempre la sirena. Ora scavalliamo tranquillamente a 1 millisecondo, calcola che 80 millisecondi è il battito di una palpebra. Piano piano bucherai la realtà, ti sembrerà di fluttuare sull’orizzonte degli eventi di un buco nero. Il tempo esiste? Oppure è un concetto umano? Albert Einstein ci ha fatto capire che si può viaggiare nel tempo, ma solo nel futuro.
Entra in campo, vedrai tutti gli istanti della vita contemporaneamente, il tempo non scorre più come prima ma è come se gli camminassi accanto, ti sembra la vetrata di un supermercato. Sei contemporaneamente al primo tiro e all’ultimo, sei davanti all’intervallo e dietro di te c’è il momento in cui andrai a casa. È un’architettura di caselle da aprire e chiudere a piacimento, è il tempo, non devi più subirlo. Prendere un tiro a 0,6 centesimi di secondo è come prenderlo a 20 ore dalla “palla al tiro”. Hai capito il finale di Interstellar.