Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Come difende la Roma di Mourinho
29 mag 2023
Una delle migliori fasi difensive d'Europa.
(articolo)
11 min
(copertina)
Andrea Staccioli / Insidefoto
(copertina) Andrea Staccioli / Insidefoto
Dark mode
(ON)

Tutte le statistiche presenti nel pezzo sono fornite da Statsbomb. IQ Soccer è lo strumento essenziale per gli analisti, i giornalisti e gli scommettitori professionisti di tutto il mondo.

​​Il rapporto intimo tra la fase difensiva e il calcio italiano perdura da decenni. Il record di sempre relativamente ai gol subiti in una singola stagione è del mitico Cagliari di Scopigno, campione d’Italia nella stagione 1969/70 che subì 11 gol in 30 gare per una media di 0.36 gol a partita. Oggi però le cose sono cambiate, specialmente perché il modo di difendere “all’italiana” sembra essere ormai diventato desueto ai massimi livelli del calcio internazionale, sostituto da un approccio più proattivo caratterizzato da difesa alta e ritmo intenso, come peraltro esemplificato alla perfezione dal Barcellona di Xavi, che prima del periodo di rilassatezza che ha seguito la vittoria del campionato sembrava apprestarsi a battere proprio il record dei sardi.

Ad ogni modo, il campionato italiano può vantare un’eccellenza dal punto di vista difensivo: la Roma. A uno sguardo superficiale sembra trattarsi di un’affermazione esagerata, dopotutto i giallorossi hanno subito 37 gol in 37 partite; un dato buono, ma certamente non eccellente. Esaminando più a fondo il discorso tramite l’uso dei dati avanzati, la squadra di José Mourinho risulta essere tra le migliori secondo diverse metriche. Partendo dall’indice più usato per stabilire l’efficacia difensiva di una squadra, gli Expected Goals Against, la Roma è al secondo posto nei top 5 campionati europei dopo il Napoli e a pari merito con il Manchester City con 0.74 xGA per 90 minuti. Il dato generico sugli xG però contiene al suo interno anche le occasioni concesse agli avversari su palla inattiva, fattore che inquina l’affidabilità del dato. Se consideriamo gli Open Play Expected Goals Against, ossia i gol attesi su azione, i giallorossi concedendo agli avversari solo 0.53 OP xGA per 90 minuti, staccando i partenopei e piazzandosi alle spalle della squadra di Guardiola.

Per capire le ragioni dietro questi ottimi numeri non si può prescindere dall’analisi dello stile difensivo dei giallorossi. Esaminare la fase di non possesso di una squadra senza trattare anche la fase di possesso è un compito intrinsecamente imperfetto, perché queste due fasi sono un continuum, o se preferite dei vasi comunicanti che non possono essere separati con facilità. In questo caso però sarà più appropriato fare un piccolo strappo alla regola, focalizzandosi quasi esclusivamente sulla fase di non possesso con solo qualche piccolo cenno a quella di possesso quando sarà necessario.

Non è facile individuare uno stile difensivo unifico quando si parla della Roma, perché la squadra di Mourinho muta parecchio a seconda dell’avversario, del risultato e del campo (cioè se gioca in casa o in trasferta). Ad esempio, i due grafici che seguono raffigurano l’attività difensiva a seconda della zona di campo. In generale la Roma non spicca per la pressione alta, ma in trasferta questa tendenza risulta ancora più manifesta.

A sinistra le zone di campo in cui difende la Roma in casa, a destra quelle in cui difende in trasferta.

La prima informazione utile è quella relativa al modulo, in questo caso un 3-4-1-2 o 3-4-2-1. Nei momenti della gara in cui i giallorossi tentano di alzare l’intensità per complicare la costruzione avversaria o recuperare il pallone in zone pericolose, l’idea è quella di avere di avere dei riferimenti a uomo precisi. Per esempio, contro una costruzione 4+1 i riferimenti sono i seguenti: le due punte pressano i due centrali, il trequartista marca il vertice basso e gli esterni escono sui terzini. Se uno dei centrocampisti avversari si abbassa per dare una mano in costruzione, spetta a uno dei due mediani seguirlo.

[gallery columns="5" ids="91864,91865"]

Spesso gli avversari della Roma cercano di sfruttare l’aggressività dei due esterni per attaccarli alle spalle, servendo un esterno alto o un centrocampista che si allarga per ricevere. A quel punto spetta soprattutto ai due braccetti di difesa seguire quel giocatore anche a costo di alzarsi o allargarsi parecchio. A seconda dell’avversario affrontato questa scelta rischia di non pagare, perché specialmente Mancini fa fatica a difendere nelle zone esterne del campo. L’ultimo derby giocato contro la Lazio può essere un buon esempio delle difficoltà incontrate dal 23 giallorosso, messo continuamente in difficoltà da Zaccagni che pur partendo con i piedi vicino alla linea riusciva a controllare orientato e a sfruttare la propria agilità per tagliare dentro e liberarsi della marcatura. In quel caso Mancini perse 6 degli 8 contrasti tentati.

Quelle citate sono soluzioni oggigiorno piuttosto comuni quando si parte da una difesa a tre. Se gli angoli di pressioni delle punte sono quelli corretti e gli esterni escono sui terzini con i tempi giusti per gli avversari può essere difficoltoso giocare dal basso. Capita però spesso che in questa fase di gioco i giallorossi incontrino qualche problema. Il primo riguarda proprio i due esterni, i quali sono costretti a dover fare tanto campo avanti e indietro sulla loro fascia di competenza a seconda della zona di campo in cui costruiscono gli avversari. Nelle due foto di seguito, per esempio, la Lazio costruisce con il centrale destro dei quattro, Casale. Questo attiva il pressing di Spinazzola che si alza per essere pronto a uscire sul terzino destro Marusic. Dybala e Belotti sbagliano però gli angoli di pressione e la Lazio riesce con facilità a costruire sul lato opposto e a servire Hysaj, totalmente libero perché Karsdorp non ha avuto il tempo di staccarsi dalla linea difensiva per uscire sull’albanese.

[gallery columns="6" ids="91867,91868"]

In alcuni casi il lavoro dei due esterni si complica quando la squadra avversaria tiene molto bassi i due terzini in costruzione. Un approccio troppo proattivo rischierebbe di compromettere l’equilibrio della squadra (in particolare se si considera che la Roma gioca con due soli centrocampisti che non brillano per dinamismo e fanno fatica a coprire lateralmente), mentre un approccio troppo conservativo faciliterebbe la costruzione avversaria e costringerebbe la squadra ad abbassare tanto il baricentro.

Queste problematiche, accentuate dalle caratteristiche di alcuni giocatori della rosa non particolarmente adatti a un approccio difensivo intenso che richiede corsa e dinamismo, spinge nella maggior parte dei casi la Roma a mantenere una prima linea di pressione più bassa, come dimostrano alcuni dati. La squadra di Mourinho si colloca al 13° posto per PPDA (Passes Per Defensive Actions, indica il numero di passaggi concessi agli avversari prima di tentare un’azione difensiva), al 9° per altezza media della linea difensiva (43.90m) e per pressioni nella metà campo offensiva. Inoltre, le squadre avversarie quando sfidano la Roma tendono a completare più passaggi del solito, a riprova del fatto che ai giallorossi non dispiace subire il possesso palla avversario e attendere nella propria metà campo.

In queste fasi la struttura dei giallorossi è quella di un 5-3-2 estremamente compatto e stretto che mira a non concedere spazi agli avversari. Il trequartista (solitamente Pellegrini) si abbassa e affianca i due mediani, mentre gli esterni rimangono bassi in linea con i tre centrali per costituire la linea a 5. L’approccio che predilige la copertura difensiva viene mantenuto anche quando la squadra perde possesso del pallone, con l’obiettivo di raggrupparsi dietro piuttosto che cercare la riaggressione.

Spesso in maniera un po’ superficiale si associa un blocco basso e compatto a una buona fase difensiva, ma non è sempre così. Si può difendere alto e con ordine così come si può difendere basso con imprecisioni e disattenzioni. La Roma però è un esempio di altissimo livello di un blocco basso estremamente efficace che rende molto complicata la vita agli avversari. Abbiamo già citato all’inizio del pezzo alcuni dei dati che meglio ne rappresentano l’efficacia difensiva, ma ce ne sono anche altri. La squadra di Mourinho è al primo posto per numero di tiri puliti subiti (cioè conclusioni dirette su cui i difensori non possono intervenire), e per distanza e pericolosità media delle conclusioni subite.

C’è un dato curioso che forse meglio di qualsiasi altro descrive con precisione le difficoltà che incontrano le squadre avversarie contro la testuggine romana: la Roma è l’unica squadra italiana a subire più conclusioni fuori dall’area che dentro l’area. Come afferma Antonio Gagliardi, non si tratta soltanto di una conseguenza del blocco basso, perché altrimenti ci riuscirebbero tutti. Spesso si dice che una buona fase difensiva nasce dal lavoro dei giocatori offensivi; la Roma meglio di chiunque altro ne è buon esempio. L’impermeabilità dell’area di rigore appare come uno sforzo collettivo raggiungibile con spirito, abnegazione, sacrificio e ordine. Anche solo mettere di fianco i due grafici che raffigurano tutte le conclusioni subite dalla squadra di Mourinho nelle ultime due stagioni evidenzia le capacità dei giallorossi nel tenere lontano gli avversari dalla propria area come un muro di gomma.

[gallery columns="6" ids="91871,91872"]

A sinistra le conclusioni subite dalla Roma nella stagione 2021/22, a destra quelle subite nella stagione 2022/23.

In un suo articolo di settembre Daniele Manusia scriveva che la difesa è un’arte minimalista e che il pubblico italiano ha la tendenza a sottolineare l’errore al punto da creare un vero e proprio culto. Mourinho sembra aver appreso questa piccola lezione molto italiana per citare Stanis La Rochelle, e ha voluto rendere la sua squadra un bunker difensivo che minimizza le potenzialità di incappare in un errore. Ciononostante, l’errore è sempre dietro l’angolo. Non è un caso che la Roma conceda più conclusioni fuori dall’area che al suo interno: sembra essere una vera e propria scelta. Per di più una scelta spesso criticata, per esempio quando a settembre l’Atalanta di Gasperini ha espugnato l’Olimpico con un gol dal limite di Giorgio Scalvini e si sottolineava con fervore l’incapacità dei giallorossi nel difendere in quelle circostanze per una tendenza a schiacciarsi troppo verso la porta di Rui Patricio.

Sull’efficienza delle conclusioni da fuori area si discute sempre di più, specialmente alla luce della rivoluzione statistica che ha portato il grande pubblico a interessarsi a metriche come gli Expected Goals. In una situazione come quella del gol di Scalvini siamo abituati a pensare che non uscire sul tiratore sia un errore da parte della difesa. Si tratta probabilmente di un’idea corretta nella maggior parte dei casi, ma che a volte può essere figlia di una precisa scelta da parte degli allenatori. Un articolo di un analista britannico uscito nel marzo del 2022 ha esaminato l’atteggiamento del Liverpool di Klopp nelle conclusioni dal limite dell’area. L’analisi è nata in seguito al bellissimo gol realizzato da Lautaro Martinez ad Anfield negli ottavi di Champions League della scorsa stagione, in cui al di là dell’esecuzione dell’argentino spiccava la scelta di van Dijk di non ostacolare il tiro. Lo studio concludeva che, pur non avendone la certezza, le evidenze quantitative e qualitative sembravano indicare che la squadra di Klopp scegliesse deliberatamente di mantenere un approccio più conservativo in quelle situazioni, per favorire conclusioni di basso valore in termini di Expected Goals, per evitare deviazioni potenzialmente decisive e per lasciare totale visibilità a un portiere fenomenale come Alisson che quando può vedere partire il pallone è quasi insuperabile.

Abbiamo ancora meno indicazioni relativamente all’approccio della Roma di Mourinho per trarre qualsiasi tipo di conclusioni. Ciò che possiamo però affermare con discreta certezza è che si tratta di una situazione che si ripete con frequenza e che le prestazioni di Rui Patricio non hanno di certo aiutato la squadra. Se la Roma ha la quarta miglior difesa pur avendo numeri difensivi significativamente migliori rispetto a squadre come Lazio e Juventus molto ha a che vedere con le performance del portiere portoghese. Se paragoniamo i suoi numeri con quelli di un portiere di Serie A medio, il confronto risulta impietoso secondo ogni metrica. Pur affrontando tiri di bassa difficoltà, il numero di gol subiti è ben superiore rispetto alle attese.

La fase difensiva della Roma sembra quindi un buon esempio dell’efficacia di un blocco basso nell’epoca delle difese alte e del pressing alto. I numeri sembrano suggerire che i numeri dei giallorossi potrebbero essere nettamente migliori con una piccola dose di fortuna e soprattutto se le prestazioni di Rui Patricio non fossero state così negative. Nonostante i venti e più anni di carriera ad alti livelli e alcune critiche sulla sua mancanza di aggiornamento rispetto alle evoluzioni moderne del calcio, José Mourinho ha dimostrato di saper ancora essere un professore della fase difensiva. È necessario però aggiungere un’ulteriore considerazione a costo di ripetersi: difesa e attacco nel calcio sono due facce della stessa medaglia e non possono essere totalmente scisse. In questo senso, la fase offensiva della Roma sembra fare un po’ di fatica. I giallorossi risultano al 9° posto per Open Play Expected Goals, ma il dato che meglio di qualsiasi altro raffigura le difficoltà offensiva della squadra è quello relativo alle reti segnati: dei 48 gol segnati in campionato, 20 sono arrivati in seguito a un calcio piazzato (angolo, rigore o punizione indiretta). Sicuramente le enormi underperformance di giocatori come Tammy Abraham o Nicolò Zaniolo nella prima metà di stagione hanno avuto un’influenza rilevante, ma la sensazione è che dopo aver alzato enormemente il rendimento difensivo della squadra tra la scorsa stagione e quella attuale ora a Mourinho, qualora rimanesse in carica anche nella prossima stagione, spetta il compito di alzare l’asticella allo stesso modo nella metà campo offensiva.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura