Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Marco D'Ottavi
Perché dirsi addio è così difficile
20 ago 2018
20 ago 2018
Il pensiero di un tifoso juventino innamorato di Claudio Marchisio.
(di)
Marco D'Ottavi
(foto)
Foto di Valerio Pennicino / Getty Images
(foto) Foto di Valerio Pennicino / Getty Images
Dark mode
(ON)

Mentirei se dicessi che l’addio di Marchisio alla Juventus è stato un fulmine a ciel sereno. Gli indizi hanno iniziato ad ammonticchiarsi come polvere in un angolo a partire dalla scorsa stagione: il rapporto non idilliaco con Allegri, le troppe panchine, superato nelle gerarchie anche da Sturaro e Bentancur, e un calo nelle prestazioni figlio di un infortunio mai completamente smaltito. Il primo vero segnale che fosse una cosa che-poteva-succedere è stata la cerimonia di premiazione della Coppa Italia: Buffon ha lasciato l’onere e l’onore del sollevamento del trofeo a lui e a Barzagli, con l’aiuto della Presidente del Senato.

L’ultima diapositiva ufficiale di Marchisio con la Juventus.

La rescissione consensualeFino a quel momento, almeno per me, non esisteva Claudio Marchisio senza Juventus, né Juventus senza Claudio Marchisio. Era poi stato lo stesso Buffon a smentire l’ipotesi che lasciargli alzare la coppa significava vederlo partire, e io mi ero fidato totalmente di uno che poi ha continuato a giocare (ma questa è un’altra storia).Nel corso dell’estate in diversi momenti Marchisio è sembrato veramente lontano dalla Juventus, da casa: prima al Milan, poi in America, infine al Monaco. Sembravano tutte destinazioni plausibili, e se un approdo ai rossoneri sarebbe stato particolarmente infame (lo è ancora), vedere il Principino venduto per andare nel Principato o nel paese in cui ai nobili hanno fatto la guerra, aveva in qualche modo un senso, buffo e ironico magari, ma almeno non solo tremendamente doloroso.Poi tutto è sembrata acqua passata. Il ritorno di Bonucci paradossalmente rafforzava l’idea di una squadra proiettata nel futuro pur conservando il nucleo del passato. Una società nuova con calciatori vecchi. E se Barzagli ha avuto un nuovo contratto, Marchisio poteva farsi un altro paio d’anni tra Piazza San Carlo, Vinovo e Cheri, simbolo di una juventinità sabauda sempre più rarefatta. È andato anche in gol nel rituale appuntamento di Villar Perosa, come a sottolineare che nonostante tutto quella era casa sua.Ma l’acqua non era passata, stava solo ingrossando la sua corsa per riversarsi con più violenza sui tifosi la mattina del 17 agosto, mentre le altre società erano impegnate a sgraffignare lo sgraffignabile nell’ultimo giorno di mercato. Claudio Marchisio se ne è andato, ma non venduto. Rescisso. Come l’affitto di un brutto appartamento. Consensuale poi, come se io fossi in minima parte d’accordo.

Mille pensieri e mille immagini mi hanno accompagnato per tutta la notte. Non riesco a smettere di guardare questa fotografia e queste strisce su cui ho scritto la mia vita di uomo e di calciatore. Amo questa maglia al punto che, nonostante tutto, sono convinto che il bene della squadra venga prima. Sempre. In una giornata dura come questa, mi aggrappo forte a questo principio. Siete la parte più bella di questa meravigliosa storia, per questo motivo tra qualche giorno ci saluteremo in modo speciale. . . . D'altronde l'8 non è altro che un infinito che ha alzato lo sguardo

Un post condiviso da Claudio Marchisio (@marchisiocla8) in data: Ago 17, 2018 at 1:18 PDT

Marchisio se ne è andato dopo 25 anni di Juventus e io non so il motivo e non voglio saperlo. Forse voleva giocare più dei pochi minuti che gli si prospettavano davanti a Torino; forse non sopportava più Allegri o l’allenatore non sopportava più lui; o magari una Juventus con Cristiano Ronaldo a Villar Perosa non era più la sua Juventus. Lui che ha esordito contro il Martina Calcio, una squadra oggi in Promozione. Forse se ne è andato per i soldi, dopotutto è un lavoro. Marchisio se ne è andato e la squadra per cui tifo da sempre lo ha salutato con un video di 109 secondi in cui l’unica cosa che appare evidente è che, tra le altre cose, lasciamo partire un bel ragazzo. 25 anni riassunti in 109 secondi.

Lasciar andare le bandiereQuando lasciano i giocatori che chiamiamo “bandiere” non è importante solo il dolore, che è il dolore delle cose terrene che prima o poi arriva, ma è importante anche il come. Il come definisce i rapporti, cosa vogliamo dalla squadra per cui facciamo il tifo e dai giocatori che la rappresentano. L’addio di Marchisio rompe la logica, sembra un’ulteriore passo verso un futuro forse glorioso ma che è un appiglio forte alla retorica del non ci sono più bandiere.Non sono un fanatico di un calcio che insegue la fedeltà come valore, però Marchisio per me era una bandiera. Invece se ne va come un acquisto sbagliato (neanche Jorge Martinez ha rescisso con la Juventus) da potare prima che inizino le cose importanti. Non è neanche un discorso di colpe, anzi. Volendo si possono trovare perfino sfumature romantiche in questo addio: la Juventus ha lasciato andare il suo giocatore più rappresentativo (in un senso più profondo che tecnico) pur di vederlo felice da un’altra parte.Eppure nel dialogo Marchisio - Juventus, perché i tifosi non hanno avuto ruolo di interlocutori? Perché non deve essere mai un triangolo la gestione delle cose bianconere? Perché, insomma, non c'è stato un piccolo momento di discussione pubblica su cosa bisognava fare di Claudio Marchisio? Almeno avrei avuto il tempo di metabolizzare il suo addio. Abitando a Roma ho vissuto tutta la stagione dell’addio di Totti, l’eterna lotta col contratto di De Rossi, sostituito poi da Florenzi, e mai mi è sembrata una gestione stucchevole, anche se spesso complicata e scivolosa.C’è chi dice che queste siano gestioni da perdenti, che mettere il cuore davanti alla razionalità sia il primo passo verso la sconfitta e chi lo dice probabilmente tifa Juventus, una squadra per cui vincere è l’unica cosa che conta. Ma non è il calcio in primo luogo un rito privo di logica? Noel Gallagher parlando del suo rapporto col tifo ha detto di essere stato innamorato del Manchester City da prima di esserlo della musica, della moglie, dei figli, che il City è stata la prima cosa che ha amato. E lo stesso vale per me e Marchisio con la Juventus, per voi - probabilmente - con le squadre per cui tifate. Eppure nonostante il tifo, l’irrazionalità, il calcio come culto pagano, nonostante la piazza sia il cuore del calcio, il rapporto tra un calciatore da 25 anni in squadra, tifoso da sempre, figlio della città e la società che l’ha cresciuto è stato gestito di nascosto, come un divorzio davanti ai figli piccoli. Questo tipo di gestione mi lascia svuotato e pieno di domande. Perché Marchisio e la Juventus non sono stati in grado di fare un passo uno verso l’altro per farmi felice almeno un po’? Perché non posso urlare un po’ più forte quando tra i panchinari fanno il nome di Claudio Marchisio? Essere un po’ più eccitato per una partita di Coppa Italia perché la Gazzetta lo mette nei due di centrocampo (o magari mezzala, perché lui è la mezzala della Juventus). La mia idea di tifo è anche conforto, avere a che fare almeno per un paio d’ore a settimana con qualcosa di strettamente familiare, che posso abbracciare senza timori.Claudio Marchisio per i tifosi juventini era questo e ora se ne è andato via. C’era nella stagione in B, che anche se nessuno lo ammetterà è stata bella e sorprendente. C’era quando l’Inter ci mangiava in testa, ma quel 5 dicembre 2009 no, grazie a lui e al suo gol speciale che io ancora ogni tanto mi riguardo. C’era quando siamo rinati, un po’ per caso un po’ perché la società l’ha voluto davvero più di ogni cosa e l’ha voluto anche Marchisio, che una Juve vincente l’aveva vista solo da lontano, da tifoso, come me. Suo il gol al Parma, nel debutto del nuovo stadio, e suoi i due al Milan, in una delle partite che definiranno la storia di questa squadra. C’è stato sempre, anche quando non c’era davvero perché Pogba, Vidal e Pirlo erano più forti. C’è stato pure dopo l’infortunio al crociato, che ne ha minato il rendimento nelle ultime due stagioni. Capitano pur non essendo capitano, forse uno dei pochi ad emozionarsi davvero quando gli scudetti hanno iniziato a diventare troppi. Marchisio negli ultimi 25 anni c’è sempre stato per me, ma io non c’ero mentre andava via e questo rompe il patto implicito che da tifoso ho sottoscritto con i giocatori come lui. La Juventus si è tolta il problema, Marchisio se ne farà una ragione sposando un altro calcio, speriamo il più lontano possibile, e l’unico a rimanere con delle questioni irrisolte sarò io, il tifoso.Ma sabato è iniziato il campionato, la Juventus ha battuto il Chievo, e poi c'è la Champions da vincere con la squadra più forte di sempre, e allora di Marchisio chi se ne frega, no?

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura