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Giuseppe Pastore
Classici: Brasile - Olanda '98
07 lug 2017
07 lug 2017
Abbiamo riguardato una delle partite simbolo degli anni 90. Contiene: Kluivert vs Ronaldo, Bergkamp vs Rivaldo, van Der Sar vs Taffarel.
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Giuseppe Pastore
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Ogni due estati il calcio trascende la sua dimensione fisica, tattica, tecnica e si fa metafora, a volte retorica. Sono i popoli a scendere in campo, a fare la guerra con altri mezzi. Il calcio delle Nazionali è poco rispettoso delle gerarchie e dei pronostici: le partite a eliminazione diretta sono battaglie filosofiche che proseguono per decenni rinnovandosi ogni volta come i Duellanti di Ridley Scott. A ogni Italia-Germania, Brasile-Uruguay, Argentina-Inghilterra scendono in campo non solo le formazioni attuali, ma anche il peso dei precedenti e della storia.

Non fa eccezione una delle rivalità più spettacolari dei Mondiali: Brasile-Olanda. Nel 1974 l'Olanda di Cruijff travolge i campioni uscenti mostrandogli l'efficacia di mettere il talento individuale al servizio del collettivo; nel 1994 il Brasile pragmatico di Parreira punisce cinicamente gli sprechi olandesi; nel 2010 e nel 2014 il pendolo fa un altro giro, e Van Marwijk e Van Gaal rinnegano la tradizione olandese battendo il Brasile quasi soltanto attraverso la solidità difensiva. In mezzo c’è la meravigliosa semifinale del 1998, una delle partite più appassionanti degli ultimi 20 anni.

 



 


Il Mondiale del 1998, il primo a 32 squadre, è decisamente il più spettacolare degli anni Novanta. Lontano dalle brutture tattiche e architettoniche di Italia '90 e dalle assurdità meteorologiche di USA '94. Adesso c’è una nuova generazione di campioni pronti a dare spettacolo: tra gli altri, Ronaldo, Roberto Carlos, Del Piero, Overmars, Raul, Beckham, Owen, Zidane, Henry e Trezeguet.
In semifinale sono arrivati quattro Paesi “esportatori”: Brasile, Croazia, Francia, Olanda sono abituate a crescere calciatori per il solo scopo di venderli ai campionati più ricchi; solo 39 sugli 88 giocatori complessivi che compongono le quattro squadre (meno della metà) giocano nei tornei "di casa". Le grandi storiche, quelle dei campionati in cui vanno a giocare brasiliani, croati, francesi e olandesi, sono già tutte tornate a casa.

 

L'Olanda di Guus Hiddink è arrivata tra le prime 4 con un calcio brillante, aggressivo, seducente, che trae il massimo da giocatori offensivi e spettacolari, come Overmars e Bergkamp, ma ha anche una fase difensiva di livello assoluto, griffata da campioni come Davids o Jaap Stam. La mentalità di Hiddink fa sì che accadano momenti come questo, a inizio secondo tempo del quarto di finale Olanda-Argentina (2-1, capolavoro di Bergkamp al 90'): sul punteggio di 1-1, per oltre 7 minuti l'Argentina non riesce più a toccare il pallone nella metà campo avversaria. Quando finalmente ci riesce, grazie a un'azione personale di Veron, Batistuta colpisce un palo clamoroso.

 

Il Brasile ha invece un animo meno sofisticato. Forse per reazione alla versione 1994 di Parreira, vincente ma dileggiata in patria per la mancanza di spettacolarità, è tornato ct il vecchio Mario Zagallo, con lo scopo di dare una forma alla una nuova generazione di fenomeni che fa capo a Rivaldo, Roberto Carlos e soprattutto Ronaldo “O Fenômeno”, già campione del mondo minorenne a Pasadena, adesso fuoriclasse compiuto. Lo spirito gioioso che alberga nella Seleçao del 1998 è ben dipinto in questo celebre spot pubblicitario della Nike.

 


Nello spot c'è ancora Romario, che però verra tenuto fuori dalle convocazioni in circostanze poco chiare.


 


Il 7 luglio si gioca al Vélodrome di Marsiglia. Nella difesa olandese mancano l'infortunato Bogarde e lo squalificato Numan, espulso contro l'Argentina, mentre in attacco non recupera Overmars, arrivato malconcio al Mondiale dopo una grande stagione all’Arsenal, e già a in condizioni fisiche precarie nei quarti di finale.
L'atmosfera nella Nazionale olandese è insospettabilmente placida. Hiddink è riuscito a ricomporre le fratture nello spogliatoio, che secondo alcuni seguivano la faglia del diverso colore della pelle, mentre Cruyff, sempre ingombrante, ha smesso con le critiche. Come ha

France Football: «Il clima dell'Olanda si è rasserenato da quando Cruijff non fa più i gargarismi col vetriolo».
Il ct trasforma il 4-4-2 dei quarti in un più spregiudicato 3-4-3 dove, al posto di Winter, debutta da titolare il semi-sconosciuto Zenden, ala sinistra del PSV che ha disputato appena 31 minuti nel torneo. Mossa calcolata perché il Brasile ha perso a sua volta Cafu, diffidato e banalmente ammonito per perdita di tempo contro la Danimarca. La clamorosa latitanza di terzini destri in tutto il paese ha costretto Zagallo a convocare Zé Carlos, 29 anni del San Paolo, un passato recente da venditore di cocomeri per arrotondare il magro stipendio alla Matonense, serie B brasiliana, che si è conquistato le simpatie del gruppo per la sua abilità nell'imitare i versi degli animali. «Visto che è così bravo nelle imitazioni, saprà imitare anche Cafu»,

Zagallo in conferenza stampa.

 

Il Brasile ripropone invece il suo 4-2-2-2. C’è Taffarel in porta, Aldair e Junior Baiano centrali, Roberto Carlos ad agire da terzino sinistro, Dunga e Cesar Sampaio a centrocampo per distruggere il gioco avversario, con la qualità di Leonardo e Rivaldo dirottata sugli esterni. Il partner di Ronaldo è il 34enne Bebeto. Hiddink risponde con i tre centrali difensivi bloccatissimi Reiziger, Stam e Frank De Boer; la coppia, degna di un telefilm poliziesco anni '80, Jonk-Davids; e le combinazioni Cocu-Zenden a sinistra e Ronald De Boer-Bergkamp a destra, al servizio dell'unica punta Kluivert, protagonista di un Mondiale in crescendo dopo la sciocca espulsione all'esordio contro il Belgio.

 

I primi 20 minuti sono all'insegna da una grande tensione in cui le stelle, come si dice, stanno a guardare. Reduce dall’incredibile gol contro l'Argentina, Bergkamp inaugura la sua serata con un tiro alto di poco. Peggio fa Ronaldo, che si guadagna l'inquadratura solo al quarto d'ora, quando lo cogliamo molto arretrato e decentrato sulla destra: prova a partire, ma Zenden lo stende per evitare guai peggiori. Le consegne sono evidentemente di non dargli spazio e non farlo neanche partire, tenendo strettissime le linee di difesa e centrocampo, a costo di lasciare libertà a Bebeto, ormai lontanissimo parente di quello che quattro anni prima festeggiava il gol all'Olanda con il gesto della culla. Ad ogni modo, quel Ronaldo è un mago dell'escapologia: due minuti dopo riceve la rimessa di Zé Carlos, è libero di girarsi, scambia con Bebeto, semina Davids e Cocu e arriva come un treno in corsa nel cuore dell'area, dove però trova il tackle di Stam.

 

Se il Brasile è ciecamente dipendente da Ronaldo, l'Olanda mette in mostra nei minuti successivi le mille possibilità con cui può creare pericolo. Cerca molti cross per la testa di Kluivert, che mette sempre in gravi difficoltà i due centrali difensivi brasiliani. Ma brilla anche Zenden, complice anche il disastroso approccio alla gara di Zé Carlos, goffo in marcatura (sua la prima ammonizione del match) e del tutto ignorato in fase offensiva dai compagni, che comprensibilmente si fidano molto più di Roberto Carlos. Il suo feeling con Leonardo è praticamente assente, e l’ala brasiliana, spesso isolata, è spesso costretta al retropassaggio. Uno di questi viene gestito male proprio da Zé Carlos, costringendo Taffarel a scapicollarsi in uscita per anticipare Cocu.

 

I primi 45 minuti scivolano via pigramente con qualche lampo individuale, come l’ennesima sgasata a sinistra di Zenden, chiusa da un cross velenoso per Ronald De Boer, su cui però salva Roberto Carlos.
Il terzino brasiliano è arrivato al Mondiale sull’onda lunga del replay della punizione che l'aveva reso una celebrità mondiale pre-social: quella segnata a Barthez allo Stade de Gerland di Lione nella partita inaugurale del Tournoi de France, prova generale del Mondiale 1998. Proverà a ripetere quel tiro, su azione, in questa partita ma questa volta ha sulle gambe tutto il peso di una semifinale mondiale, e il suo sinistro da 40 metri esce fiacco, parato con agio da Van der Sar. È lo specchio di un primo tempo che ha mantenuto molto meno di quel che ha promesso.

 


Al ventiduesimo secondo della ripresa Rivaldo riceve palla sulla trequarti e Ronaldo gli detta il passaggio, mentre Frank De Boer tenta incautamente di far scattare la trappola del fuorigioco. La mossa in avanti del giocatore olandese concede a Ronaldo lo spazio fatale per avventarsi sulla palla precisissima di Rivaldo. Addosso a lui c'è ora Cocu, non un difensore puro, che cerca di arrangiarsi come può per fermare quella locomotiva. Ronaldo si scrolla di dosso la sua blanda opposizione, infila tra le gambe di van der Sar e corre via allargando le braccia, vera immagine sacra dello sport anni Novanta.

 



 

Dopo il vantaggio del Brasile, l'Olanda inizia a inondare di cross l'area avversaria ricevendo in cambio una robusta dose di calci d'angolo: su uno di questi Kluivert appoggia di testa per Frank De Boer, che da quattro metri costringe Taffarel a un riflesso prodigioso. Gli olandesi, così corti e fieri della propria compattezza nel primo tempo, sono ora obbligati a lasciare metri alle spalle. Quando fatalmente Ronaldo riesce a partire, l'Olanda deve ricorrere alle cattive, cioè a Edgar Davids, che

per due interventi su Cesar Sampaio, in procinto di mandare in porta Ronaldo e Bebeto. Proprio tra questi due nasce un’altra combinazione a velocità supersonica, con van der Sar costretto all'uscita tempestiva sul "Fenomeno" per evitare il gol.

 

Tolte queste fiammate, però, l'Olanda gioca meglio facendo girare la palla con calma e pazienza. Sui corner la difesa brasiliana è sempre in apnea: altro colpo di testa di Kluivert, ancora fuori. Il centravanti milanista, reduce da una stagione apocalittica, si fa vedere anche di piede da fuori area: para Taffarel con sicurezza.

 

Intorno alla metà del secondo tempo le due squadre iniziano a cambiare pelle. Primo cambio olandese: fuori Reiziger, dolorante alla spalla dopo un contrasto con Rivaldo, dentro Aron Winter. Primo cambio brasiliano: fuori Bebeto dentro un giovane Denilson, altro giocatore simbolo di quegli anni di dissennata new economy pallonara. Ronaldo diventa unica punta di un 4-2-3-1 con Denilson a sinistra, Rivaldo centrale e Leonardo a destra. Ma il Brasile sembra stanco, soprattutto mentalmente, e il suo piano gara si riduce a lanciare verso Ronaldo o Rivaldo.

 

Intorno al minuto 70 va in scena uno dei momenti più esaltanti del Mondiale. Il fulcro creativo del gioco del Brasile è sempre quello che corre tra Rivaldo e Ronaldo, col Fenomeno lanciato in corsa verso Van der Sar. Alle sue spalle, però, tiene sorprendentemente botta un Davids sconcertante per rapidità e precisione del tackle. Nel Mondiale in cui qualsiasi entrata da dietro viene automaticamente sanzionata col rosso, il sangue freddo dell’olandese vale una nomination a gesto tecnico più bello del Mondiale. Come in un thriller di cassetta ben riuscito, la palla passa oltre van der Sar e rotola lentamente verso il fondo, uscendo dieci centimetri più in là del palo. Niente gamba, solo palla: da spot Nike prima che Davids diventi effettivamente testimonial Nike.

 



 

L'Olanda entra negli ultimi 20 minuti continuando ad alternare tiri da fuori e cross dal fondo. Ci prova Zenden, a lato di poco. È uno dei suoi ultimi palloni: nonostante buona prestazione, Hiddink lo sostituisce con Van Hooijdonk, attaccante del Nottingham Forest che va ad affiancarsi a Kluivert. L'Olanda diventa un 3-4-1-2 con cross a pioggia al centro dell'area di rigore, accettando il rischio di scoprirsi in ripartenza. Succede quando Rivaldo serve Denilson che ingaggia un uno contro uno memorabile contro Winter: una, due, tre, quattro cinque pedaladas e palla finalmente messa al centro dove Rivaldo manca clamorosamente l'impatto con la sfera masticandola, sedendocisi sopra e infine non trovando di meglio che calciare addosso a van der Sar la chance della finale.

 



 

Mancano pochi minuti al novantesimo e la lucidità inizia a mancare. Zé Carlos, non dovendo più preoccuparsi di Zenden, si fa prendere dalla fregola di andare a cercar gloria in ripartenza. A 10 minuti dalla fine il Brasile si espone così a un sanguinoso contropiede 3 contro 2, sinistramente simile all'azione Maradona-Caniggia che 8 anni prima gli era costato l'ottavo di finale contro l'Argentina, al Delle Alpi di Torino. Jonk serve Kluivert che è tanto bravo a girarsi e scaricare saggiamente a destra per Van Hooijdonk, quanto sciagurato a

lo splendido invito del compagno.

 

Ma alla fine, dopo un'altra occasione un po' sciupata da un inesauribile Roberto Carlos, il pareggio arriva. Splendido lavoro di Davids e Cocu nel recuperare palla e allargare a destra dove aspetta Ronald De Boer, che ha tempo e spazio per pennellare l'ennesimo cross. Stavolta, finalmente, Kluivert brucia Baiano, centra lo specchio e poi va a festeggiare mettendosi in posa alla Batistuta accanto alla bandierina del corner: 1-1 più che meritato, con la sensazione che la partita sia diventata un piano inclinato a favore dell'Olanda, naturalmente sbilanciata alla ricerca dei gol. Per la terza partita consecutiva tra ottavi, quarti e semifinali, l'Olanda trova un gol pesantissimo negli ultimi dieci minuti. Hiddink ha ancora un cambio, Zagallo due, e uno lo spende subito: fuori un opacissimo Leonardo, dentro un Emerson non ancora "Puma". Cambio difensivo solo in apparenza, perché ridà forma e solidità a un centrocampo che ormai veniva sistematicamente scavalcato nei compiti d’impostazione dalla difesa.

 



 

Ma al 91' un attaccante di maggior cattiveria (o forse anche solo più fresco) farebbe molto meglio di Kluivert, liberato dal solito errore di Zé Carlos: il destro in area rasoterra sul primo palo è facilmente leggibile da Taffarel, che blocca. Un minuto dopo, su cross di Cocu, Van Hooijdonk passa davanti a Junior Baiano che

che serve in questi momenti. Sarebbe rigore, ma l’arbitro emiratino Al-Bujsaim non fischia.

 


Come obbligato dal proprio blasone, ai supplementari il Brasile si rimette a dare spettacolo. Più di tutti Roberto Carlos, indemoniato, che si produce in tre accelerazioni nel giro di cinque minuti, tutte concluse mettendo palle avvelenate in area. Sulla terza Van der Sar smanaccia come può e Ronaldo in acrobazia non riesce a coordinarsi per mettere la palla nello specchio: prima che entri c'è il solito Frank De Boer a deviarla in angolo.

 

Squadre larghissime e lunghissime, i duelli rusticani fioccano come fenicotteri in Camargue: Ronaldo lancia il guanto di sfida a Frank De Boer e al compagno di club Winter riuscendosi a liberare al destro dal limite e costringendo van der Sar alla grande parata. Dall'altra parte Taffarel deve sporcarsi i guanti su una punizione di Van Hooijdonk.

 

Ormai basta buttare la palla avanti per far succedere qualcosa. Lancio di Frank De Boer in zona Kluivert, fiondatosi nello spazio lasciato vuoto da Zé Carlos. La scelta - il diagonale sul secondo palo - è corretta; la potenza è giusta, la precisione quasi: a Taffarel battuto la palla esce di pochissimi centimetri. Nel 1982, a chi gli chiedeva come avesse Dio potuto atrocemente punire una Seleçao così scintillante, Telé Santana aveva allargato le braccia: "Deus nao é brasileiro". Magari 16 anni dopo aveva qualcosa da farsi perdonare.

 



 

Nel secondo supplementare il Brasile insiste sul solito canovaccio: linee serrate e palla avanti per le folate di Denilson e Ronaldo, che al minuto 108 riesce ancora a scattare. Disorientato Stam, rinviene ancora Frank De Boer a chiuderlo in angolo. Altro recupero difensivo prodigioso di un'Olanda ingiustamente ricordata solo per il suo talento in attacco. Minuti dopo è ancora Roberto Carlos a prodursi nell'ennesimo blitz offensivo, ma arriva stanco e il tiro, strozzato, è bloccato in due tempi da van der Sar. Vedendo segnali di cedimento, Hiddink toglie l'ansimante Jonk e mette Seedorf. Ma l'Olanda ormai è esausta e persino Stam ha i crampi. Per fortuna per gli “oranje”, dopo gli ultimi infruttuosi tentativi del Brasile, si va ai rigori.

 


Si tira sotto i tifosi olandesi, vistosissimi nella loro macchia arancione: inizia il Brasile. La differenza, però, la fa Claudio Taffarel, l’unico che, insieme a Dunga e Aldair, ha già vissuto sulla propria pelle la tensione dei rigori, quattro anni prima a Pasadena.

 

A Ronaldo il primo rigore, perfetto: sarà l'ultimo pallone toccato della prima parte della sua carriera, quella così profondamente segnata dal malore di natura epilettica accusato nel pomeriggio del 12 luglio 1998, a poche ore dalla finale. Poi i gol di Frank De Boer, Rivaldo, Bergkamp e Emerson, imperturbabile. Stiamo 3-2: quinto rigore trasformato su cinque.

 


 

A sbagliare è Ronald De Boer. In realtà non calcia male ma sbaglia a piazzare il pallone a mezz'altezza: Taffarel è lì a respingere a due mani. Il quarto rigore è di Dunga, come a Pasadena quattro anni prima: ancora una volta arriva il gol.

 

L'errore successivo pone fine alla contesa. L'Olanda è di nuovo dannata, aggiungendo il Brasile alla piccola mappa dei suoi traumi sportivi.

 

 

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