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CL 16-17: guida ufficiosa al girone D
10 set 2016
10 set 2016
Guida al gruppo di Atlético e Bayern, ma anche della possibile outsider PSV e della cenerentola Rostov.
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L’anno scorso, a inizio stagione, Simeone aveva difficoltà nel trovare una struttura definitiva per la sua squadra: quest’anno è ripartito nella stessa maniera, con qualche inciampo di troppo in Liga, soprattutto dovuti ai problemi realizzativi (Gameiro sembra ancora un po’ spaesato) e a tentativi di cambiamenti forse troppo radicali (Gameiro allargato sulla fascia, sempre per fare un esempio). Ci vorrà tempo per trovare la quadratura, ma non ci saranno cambiamenti strategici: l’Atletico continuerà a preferire il controllo degli spazi a quello del pallone.

 


Non mi sembra questo il momento di cambiare la formula che ha portato alla finale di Champions League. Soprattutto ora che la rosa è stata ulteriormente rinforzata con l’arrivo di due grandi giocatori come Gameiro e Gaitán. L’ala argentina sta funzionando come risorsa a partita in corso, al momento il problema principale che sta affrontando Simeone è quello segnalato da Emiliano: inserire Gameiro nel sistema. L’idea di Simeone è quella di avere una punta veloce e letale davanti alla porta (cosa che Torres non è più) da affiancare a un Griezmann lasciato troppo solo nella definizione lo scorso anno. Qui nascono quindi i possibili cambiamenti tattici da parte di Simeone, perché Gameiro è un giocatore verticale come Torres, ma non ha la sua conduzione di palla né la capacità di far salire la squadra (per non parlare dei movimenti a smarcarsi per occupare gli esterni e lasciare l’area agli inserimenti).

 

Per riuscire ad adattare la monodimensionalità (in senso positivo) del gioco di Gameiro è possibile che alla fine vedremo la scomparsa di almeno uno dei falsi esterni (magari Koke, spostato al centro) per far spazio a un’ala pura (Carrasco o proprio Gaitán) e quindi a un giocatore in grado di ricevere lungo tutta la fascia e allo stesso tempo mantenere le conduzioni palla al piede di Torres e permettere a Gameiro di concentrarsi nel ricevere in area.

 


Non credo che assisteremo a cambi di strategia nell’Atlético e non sono particolarmente convinto che Simeone possa inserire in pianta stabile un’ala pura al posto di Koke, se non in determinate (e sfavorevoli) situazioni di punteggio. Ogni volta che si ascoltano le parole di Simeone si comprende come lui stesso intenda l’atteggiamento guardingo e pugnace come una parte inscindibile della storia e dell’ambiente dell’Atlético. Gaimero e Gaitán hanno sostituito in rosa giocatori dalle caratteristiche tecniche simili, ma ritenuti privi della necessaria attitudine mentale. Il messaggio di Simeone ai suoi è qualcosa del tipo: o sei sempre connesso, sempre disposto a dare il 101%, o non puoi far parte di questa squadra; i tuoi compagni devono sapere che nel corso della battaglia non li abbandonerai. La mia maggiore preoccupazione, quando penso all’Atletico 2016-17, è che la doppia delusione del finale della scorsa stagione abbia instillato un dubbio in una parte remota della testa di Simeone: che lui stesso si sia convinto di non avere più nulla da aggiungere alla ricetta di questa squadra. La benché minima crepa nel mindset del suo condottiero porterebbe inevitabilmente alla rovina del progetto.

 


“No se cambia nada!”.


 



 


Probabilmente un Bayern che non sbaglia la transizione difensiva per andare a caccia della palla, come accaduto nella semifinale di Champions. Da questo punto di vista questo di Ancelotti è un Bayern peggiore per l’Atlético, perché meno dogmatico nel controllo del pallone, che non ripeterà l’errore della semifinale d’andata. Ancelotti sta già normalizzando i bavaresi in una sintesi tra le caratteristiche del calcio tedesco e i princìpi di Guardiola: un processo durato tre anni ma a cui Pep non è mai riuscito ad abbandonarsi.

 


Un Bayern “noiosamente” normalizzato da Ancelotti aggiungo io. Quindi una sfida potenzialmente meno interessante perché priva dell’epicità di due visioni del calcio esattamente agli antipodi come in occasione delle scorse semifinali. Questo Bayern nelle prime partite sembra sia stato annacquato da Ancelotti (ha ad esempio abbandonato il meccanismo dei falsi terzini) per arrivare ad essere una squadra di possesso equilibrata e ricca di talento in grado di difendere con il pallone e avere un numero sufficiente di occasioni da gol per le proprie punte. Una versione probabilmente altrettanto competitiva, ma meno entusiasmante di quella pensata da Guardiola nella sua versione finale: la squadra in grado di stritolare gli avversari con un sistema capace di avere sia il controllo totale del pallone che generare un numero enorme di occasioni ai propri attaccanti e che ha messo in reale crisi il muro eretto da Simeone al ritorno. Non sarà più uno scontro di religione, ma solo una grande partita. Speriamo almeno spettacolare.

 


Lo scontro di religione dello scorso anno. Il Bayern sfiorò la finale nella gara di ritorno.


 


Un po’ inizia a stancarmi la narrativa dell’Ancelotti allenatore “normale”. Credo invece che sarà divertente, oltre che interessante, osservare la parabola tattica di questa squadra, soprattutto quando Herr Carlo più avanti avrà a disposizione gli assenti della prima ora: Boateng, Renato Sanches e Robben. Intanto i due confronti diretti saranno privati dell’epica dell’eliminazione diretta, oltre che dell’ansia di dominio sull’avversario propria di Guardiola. Quindi, al di là dei moduli e dei compiti, mi aspetto un Bayern più rilassato, capace anche di cedere una parte del controllo all’Atlético per alcuni tratti della partita.

 


Mi riallaccio a quello che scrive Alfredo, aggiungendo che in Germania sono in molti ad aver già chiuso in un baule i ricordi di Guardiola e ad aver definitivamente bollato Pep come allenatore noioso, ritenendo Ancelotti fautore di un calcio ben più divertente, come se i 6-0 al Werder Brema fossero una novità. Per quanto riguarda il doppio confronto con Simeone, credo che Ancelotti proporrà il suo tipico 4-3-3 asimmetrico con Müller più vicino a Lewandowski e dall’altra parte un esterno più che classico, ma a cui piace venire dentro al campo, tipo il ritrovato Ribery. Punterà sicuramente sui cambi di gioco, spingendo molto in avanti i terzini, in modo da avere sia la possibilità di un lancio lungo diagonale che di far circolare la palla rasoterra da un lato all’altro del campo, cercando di aprire le maglie della difesa dell’Atlético.

 

In una partita del genere potrebbe fare molto comodo uno come Renato Sanchés, che è il giocatore enormente dinamico a cui piace anche allargarsi che poteva essere, con le ovvie differenze, Ángel Di Maria. La sua presenza potrebbe permettere a Müller di cercare con più insistenza spazio in area di rigore, mentre i suoi movimenti centrifughi potrebbero servire ad attirare qualche difensore fuori posizione. La non eccezionale compattezza delle prime uscite del Bayern rischia però di essere una potenziale problematica, specie con una squadra che contrattacca come l’Altético Madrid, così come un eccessiva asimmetria, tra i due esterni, ma anche tra le due mezzali, potrebbe complicare il gegenpressing e lasciare varchi ai Colchoneros.

 




 



 


Sulla carta la massima aspirazione per il PSV, in un girone del genere, dovrebbe essere l’Europa League. Però attenzione a sottovalutare i “boeren”, perchè Cocu si è rivelato un allenatore molto pragmatico e capace di trasmettere questa dote alla sua squadra.
Il PSV è una squadra meno “olandese” rispetto all’Ajax: età media più alta, maggiore cattiveria agonistica e sicuramente meno cali di concentrazione. Alla luce del mercato estivo, la rosa è addirittura migliorata. Il PSV magari non riuscirà a centrare il secondo posto, ma di sicuro metterà pressione a tutti.

 


Cocu è il grande allenatore passato un po’ inosservato nell’ultima edizione della Champions: qualificatosi agli ottavi nonostante un girone molto duro, eliminato ai rigori dall’Atleti senza subire neppure un gol in 210 minuti tra andata e ritorno. In grado di adottare diversi registri di gioco, Cocu ha avuto la sfrontatezza di affrontare Simeone sul terreno che gli è più congeniale: la chiusura di ogni spazio, l’aggressività in zona palla, la capacità di verticalizzare, i movimenti telecomandati delle due linee. Difficile arrivare secondi stavolta, ma potrebbe dipendere molto dall’esordio contro un Atlético non in forma smagliante: il PSV è un pericoloso outsider in cerca dell’occasione giusta.

 


I rigori che hanno condannato il PSV lo scorso anno contro l’Atlético.


 



 


Sarò di parte, ma a me il Rostov non ha fatto una grande impressione. Hanno semplicemente passeggiato sui rottami dell’Ajax nella gara di ritorno, mentre all’andata hanno strappato il pareggio in maniera fortunosa. Berdyev ha costruito un grande collettivo, di cui mi ha colpito soprattutto l’organizzazione in campo. Non so se Kirichenko saprà mantenere alti questi standard.

 


In realtà Berdyev non se n'è mai andato via del tutto. Il suo spirito continua ad aleggiare sul Rostov. Ha sì dato le dimissioni a inizio agosto, per motivi non ancora del tutto chiariti (sembra perché in forte contrasto con il principale sponsor della squadra), ma è rimasto come "consulente", in un ruolo un po' ambiguo, che non gli ha tuttavia impedito di continuare a seguire la squadra da vicino. E ora è rientrato nello staff tecnico del club gialloblù, ufficialmente come assistente di Kirichenko (che non ha neanche il patentino). Insomma, la sensazione è che alla fine il vero allenatore del Rostov continui a essere lui, l'imperturbabile santone turkmeno. Il vero rebus del Rostov riguarda quello che paradossalmente è (era?) il suo punto di forza, vale a dire la difesa. Negli ultimi giorni di mercato i Selmashi si sono privati di due titolari come Bastos e Novoseltsev (quest'ultimo ceduto allo Zenit per 10 milioni di euro!), rimpiazzati il 31 agosto dall'esperto senegalese Papa Gueye (per anni uno dei centrali più affidabili del campionato ucraino, prima con la maglia del Metalist Kharkiv, poi con quella del Dnipro), dallo sloveno Mevlja (ex capitano della Dinamo Bucarest) e dal russo Granat (in uscita dallo Spartak Mosca). Sono difensori che dovrebbero essere in grado di adattarsi alla linea a 3 del Rostov, ma inevitabilmente il loro inserimento in una fase difensiva curata nei minimi dettagli come quella di Berdyev richiederà del tempo. Insomma, un gran bel rischio. Il girone rimane chiaramente ai limiti dell'impossibile per il Rostov: Bayern e Atlético non faranno sconti, a voler essere ottimisti c'è qualche minima speranza per il terzo posto. César Navas e Noboa, due che in Champions League in passato avevano ben figurato con la maglia del Rubin Kazan, dovranno indicare la rotta ai propri compagni; mi aspetto molto soprattutto da Erokhin (elegante trequartista autore secondo me di una gara pazzesca nel preliminare di ritorno contro l'Ajax) e Azmoun (tra gli attaccanti emergenti più interessanti del panorama internazionale). La sfida con i Colchoneros è interessante anche perché, per certi versi, si può considerare - con le ovvie proporzioni – una versione in miniatura dell’Atlético.

 

 

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