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CL 16-17: guida ufficiosa al girone B
09 set 2016
09 set 2016
Guida al gruppo del Napoli, che sfiderà Benfica, Dynamo Kiev e Besiktas.
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Può darsi che quella squadra fosse più attrezzata per competere in Champions League: Benitez conosceva la competizione, era arrivato due volte fino alla finale, vincendo in modo rocambolesco quella di Istanbul; il 4-2-3-1 permetteva al Napoli di giocare in parità numerica sulle fasce e di attaccare con un gran numero di uomini, in ambito europeo un atteggiamento proattivo paga i suoi dividendi; inoltre aveva dalla sua Higuaín, forse il miglior numero 9 d’Europa in quel momento (Luis Suarez non era ancora passato al Barcellona, Lewandowski pativa nel Dortmund che aveva iniziato la fase calante della gestione Klopp). Questo Napoli ha delle incognite: a partire dallo scotto del noviziato che Sarri potrebbe pagare nella gestione dei match; per finire al tipo di gioco che il Napoli porta in campo (una simile densità in zona palla l’ho vista forse nel Bayer Leverkusen di Schmidt e quella squadra era decisamente vulnerabile sui cambi di gioco veloci). Ha dalla sua un numero maggiore di partite internazionali disputate dagli uomini attualmente in rosa, contando Europa League e Europei per nazioni.

 


Di quello sfortunato girone mi ricordo principalmente una cosa: il San Paolo che esplodeva. Quel Napoli ha conquistato 9 punti in casa e credo il calore dei tifosi fosse un valore aggiunto importante. Ora vedo i tifosi leggermente più lontani dalla squadra, un po' per il caso Higuaín, un po' per alcune politiche societarie non eccezionali, credo però che per il Napoli sarebbe importante riuscire a ricreare quel clima. La rosa attuale, sulla carta, mi sembra più forte e le domande sono due: Sarri pagherà la prima volta in Champions? Quanto valeva nella rosa del Napoli Higuaín? Hanno sei partite per rispondere a queste domande.

 


Caro Marco, io ero allo stadio quando Insigne infilò quella punizione contro il Borussia Dortmund e, credimi, “esplosione” non è un vocabolo adeguato per descrivere gli istanti successivi al gol.

 


Il Napoli giocò delle partite straordinarie, che si possono ricordare con una punta d'amarezza.




Lo scorso anno in Europa League il Napoli ha dimostrato di trovarsi a proprio agio quando il suo gioco offensivo poteva sguazzare anche nel conforto della superiorità tecnica con gli avversari. L’eliminazione con il Villareal ha coinciso col peggior momento di forma della squadra, che ha sofferto anche la grande organizzazione difensiva degli spagnoli. In questo girone non vedo trappole all’orizzonte sinceramente: c’è troppa differenza, non solo tecnica ma anche tattica.

 


Personalmente credo che esista un secondo livello di interpretazione, vale a dire il fattore ambientale ponderato, cioè messo in relazione al calendario. Istanbul e Kiev non sono mai state, tradizionalmente, piazze nelle quali andare a passeggiare, forse meno di Londra o Marsiglia; ma se vogliamo il Napoli ha avuto la fortuna di pescare un calendario favorevole, perché la capitale ucraina a inizio settembre regala un’esperienza più simile a un aperitivo ottobrino al Vomero che a giocare una partita nel pozzetto di una gelateria il 5 dicembre, e due partite consecutive in casa di gli permetteranno poi di varcare i cancelli dell’inferno sul Bosforo con un bel lasciapassare dalla dannazione. Detto ciò, che non mi sembra comunque poco, e al netto delle potenzialità complessive della squadra attuale che mi sembrano leggermente inferiori a quelle di Benitez, questo Napoli parte secondo me addirittura avvantaggiato. Non foss’altro per una questione di abitudine: non dimentichiamo che dopotutto il Napoli di Benitez aveva alle spalle una sola Champions League disputata dopo dieci anni di digiuno. E non passare il turno pur avendo racimolato 12 punti deve aver per forza lasciato una specie di legacy.

 


Io penso che questo Napoli, anche senza Higuaín, sia più forte e più consapevole delle proprie potenzialità: con Sarri alcuni di quei giocatori che con Benítez erano al centro di un equivoco tattico o non erano completamente affidabili, ora sono punti di forza. Jorginho si è imposto davanti alla difesa nel centrocampo a tre, Hamsik gioca finalmente nel suo ruolo naturale, lo stesso Albiol è migliorato nella gestione del pallone. Rispetto all’Europa League dello scorso anno, gli azzurri hanno anche una panchina che può permettere ai “titolarissimi” di rifiatare e a Sarri di proporre varianti strategiche che in questo tipo di partite possono risultare determinanti.

 



 


Il Napoli deve guadagnare il passaggio del turno attraverso il primo posto, se vuole elevare le proprie chance di sopravvivenza nei turni ad eliminazione diretta. A fine febbraio, Milik avrà preso piena consapevolezza del suo ruolo nello scacchiere di Sarri e magari potrà puntare ad aumentare il suo bottino di reti. Perché il CV dell’attaccante polacco in campo europeo è buono, anche se non è all’altezza di quello relativo al campionato olandese: con l’Ajax, Milik in Europa ha segnato 5 gol in 1048 minuti (0,43 gol/p90). L’unica alternativa percorribile al polacco è Manolo Gabbiadini, che però ha un’esperienza ancor più limitata: solo 632 minuti, tutti spesi in Europa League, ma già 6 reti messi a tabellino.

 


Il Napoli deve fare di tutto per assicurarsi il primo posto, dopodiché tutto dipenderà dal sorteggio e dalle condizioni di forma con cui la squadra arriverà alle partite a eliminazione diretta. Ma è vero, come ha notato Alfredo, che anche Sarri dovrà dimostrare qualche miglioramento in una gestione delle partite e dei momenti che lo scorso anno è sembrata troppo rigida. Il Napoli non ha solo un Higuaín in meno, ma anche uno stile di gioco ormai molto riconoscibile. Tutte le squadre lo aspetteranno al varco. Se devo sbilanciarmi su una previsione - MANO AI CORNETTI! - il Napoli può arrivare bene ai quarti di finale.

 


Il nuovo sistema dei sorteggi ha creato una situazione in cui ottime squadre passeranno come seconde (una tra City e Barcellona, una tra Real e Borussia, una tra Bayern e Atlético) e squadre decisamente inferiori che potrebbero passare come prime (Porto e Leicester sto pensando a voi). Quindi una volta passato il turno si può andare da San Gennaro e sperare un po'. Certo passare come prima classificata è sicuramente meglio e le darebbe reali possibilità di passare il turno. Dai quarti in poi sta a te: è ovvio che ci sono squadre superiori al Napoli, ma già essere lì, giocarsela, sarebbe importante e per Napoli e per il calcio italiano.

 


C’è un racconto molto bello di Théophile Gautier, che sicuramente Sarri avrà letto, che si chiama

e parla della complicata storia d’amore tra Paul d’Aspremont e Alicia Ward: è ambientato a Napoli quasi casualmente, ma forse poi no, e in sostanza si basa sull’assunto di base che più Paul guardava Alicia, spinto da un amore irrefrenabile, più la poveretta s’ammalava. L’auspicio è che Sarri non si innamori troppo delle sue idee e convinzioni, che sappia lasciarsi modellare dalle circostanze e dal fine ultimo, che è il primato del girone, e che il Napoli non impallidisca di conseguenza. Molte scelte narrative su come proseguire il romanzo del Napoli in Champions, poi, secondo me, saranno influenzate dal corso della Serie A. Se a dicembre la lotta dovesse già dimostrarsi impari non è detto che non possa essere un bene per le italiane impegnate in Europa. In quel caso il solo limite sarebbe il cielo, come si dice. Dev’esserci un racconto di Gautier che parli anche di questo, per forza.

 




 


Lo scorso anno sottovalutai il Benfica. Pensavo che il tradimento di Jorge Jesus avrebbe creato un danno irreversibile nell’organismo delle "Aquile". Invece il cuore del Benfica ha continuato a battere, sintomo di una struttura societaria talmente solida da poter prescindere di un suo pezzo fondamentale da subito. L’estate del Benfica è stata simile a molte altre, con campioni ormai affermati ai saluti e belle speranze in cerca di ribalta accolte. L’anno scorso i quarti arrivarono anche grazie ad un accoppiamento fortunato con la peggiore prima classificata, lo Zenit che si era imposto su Gent, Valencia e Lione. Per non correre rischi, il Benfica deve fare qualcosa di più fin dal girone.

 


Nonostante il nome trasudi autorevolezza, in Champions League il Benfica è raramente andato oltre la fase a gironi: nell’ultimo lustro è successo soltanto due volte, e la stagione scorsa, al di là dell’effettiva facilitazione degli accoppiamenti citata da Alfredo - che è comunque stata la chiave di violino che ha dettato anche il tempo alla ballata dei vincitori finali del Real - non solo agli ottavi, ma anche alla fine della fiera nel girone stesso (i kazaki dell’Astana non sono la Dynamo Kiev) buona parte dei meriti è stata di individualità - su tutti due nomi, Renato Sanches e Gaitán - che andandosene hanno lasciato negli “Encarnados” una voragine difficilmente colmabile. Insomma: non basterà essere il Benfica, e forse neppure mettersi dietro il Napoli. Ci vorrà, ancora una volta, che le "Aquile" vadano coi sindacati a reclamare il rimborso di quel credito che hanno con la storia calcistica europea.

 


Il 2 a 2 dello scorso anno contro il Bayern Monaco.


 


È vero che con le nuove regole difficilmente avrebbero un ottavo agevole, ma non credo che Il Benfica vada escluso a priori dai quarti di finale. Gaitán e Sanches sono due perdite importanti, ma è rimasto il singolo giocatore più importante di tutta la squadra, che secondo me è Jonas, un attaccante che forse avrebbe meritato un’altra chance in un campionato top. Già l’anno scorso abbiamo visto una squadra che può essere molto difficile da scardinare: il 4-4-2-0, in cui anche i due attaccanti contribuiscono alla difesa del centro, ha causato diversi problemi anche al Bayern, il cui passaggio del turno fu tutt’altro che una passeggiata. In un eventuale ottavo, secondo me c’è più di una squadra che potrebbe essere messa in difficoltà dalle "Aquile" di Rui Vitória.

 



 


La difficile situazione economica della Dynamo, con la conseguente partenza di praticamente tutti i giocatori migliori non ucraini della rosa tolto l’esterno Derlis (il centrale Dragovic, il regista Veloso e la punta Teodorczyk) e l’assenza di arrivi di pari livello, mi fanno escludere a priori la Dynamo Kiev tra le possibili outsider. Il passaggio del turno dello scorso anno mi sembra un obiettivo non raggiungibile con una rosa inferiore. Voglio aggiungere poi che sono rimasto talmente tanto scottato dalla disarmante prestazione della Dynamo Kiev contro il Manchester City agli ottavi dopo gli ottimi gironi e poi successivamente dell’Ucraina all’Europeo (dove l’asse portante della Dynamo ha giocato) che francamente in caso preferirei vedere il Beşiktaş agli ottavi.

 


Nel Besiktas di quest’anno c’è un rapporto inversamente proporzionale tra le strisce della maglia e le ambizioni: se le une si sono ristrette, le altre devono ragionevolmente espandersi. Alla sua seconda stagione sulla panchina dei bianconeri, un tecnico tradizionalmente portato alla programmazione pluriennale come Şenol Guneş è già chiamato a migliorare i risultati della stagione scorsa, in cui ha vinto la Super Lig dopo un quinquennio di rosicate per i successi di Galatasaray e Fenerbahçe. Gli innesti dell’ex barcelonista Adriano, di Talisca per il neo-milanista José Sosa e di Aboubakar per Mario Gomez non solo colmano, ma forse sono addirittura da intendere come una serie di upgrade per una squadra già solida, che poggia sulla rocciosità di Atiba Hutchinson, sulla fantasia estremamente concreta di Ogun Ozyakup e sulla coattitude di Quaresma che esacerbata da un Europeo vinto da mezzo protagonista non lo so mica che vette potrebbe raggiungere.

 


 Magari non insedieranno la pole del gruppo, ma possono puntare a una facile qualificazione all’Europa League.


 



 



Ozyakup fa parte di quella categoria di centrocampisti che gioca con un radar incorporato nel cervello, quindi sarà impossibile non seguirlo con i “sensi aperti”. Questa estate a un certo punto sembrava potesse partire ma forse le squadre non si sono fidate di un giocatore che sembra ancora un po’ “leggerino” per campionati molto fisici come la Premier. Quindi questa Champions sarà interessante anche per chiarirci le idee sul suo reale valore.

 

Seguirò però anche Nikita Korzun, centrocampista che - come una versione sovietica di Daniele De Rossi - proverà a mettere le pezze in scivolata davanti alla difesa della Dynamo Kiev.

 


Un gol assurdo di Ozyakup.


 


Se l’arrivo di Lucas Digne al Barcellona per 17 milioni vi ha fatto alzare il sopracciglio, pensate anche che il Barça aveva un giocatore perfetto già formato in casa. Grimaldo si sarebbe integrato benissimo nel gioco di posizione catalano, per caratteristiche tecniche e letture. Ritenuto il futuro del ruolo in Catalogna dai tifosi, Grimaldo ha però lasciato il Barcellona questo gennaio in modo definitivo dopo che Luis Enrique gli ha inspiegabilmente ostruito in ogni modo la porta d’ingresso alla prima squadra (preferendogli anche il cadavere di Adriano in partite senza pressioni) e ora giocherà verosimilmente da titolare la Champions League con il Benfica a 20 anni. Avendolo visto giocare da quando ha 15 anni, e seguito con premura nel suo percorso nelle giovanili del Barça, rischierò la lacrimuccia nel vederlo al suo esordio in Champions.

 


Io aspetto con ansia di osservare i progressi di Victor Lindelof, le cui prestazioni hanno già attirato le grandi d’Europa come miele. E ormai si sa: le cifre che sono disposte a spendere queste squadre sui difensori giovani e promettenti hanno tassi di crescita da inflazione. Lindelof ha un ottimo senso dell’anticipo e la testa sempre alta quando conduce palla. Può calciare liberamente con entrambi i piedi e cerca sempre una soluzione in verticale. A volte persino eccede finendo per regalare immediatamente il possesso agli avversari con un lancio sballato. Ma sono le controindicazioni della gioventù accoppiata al talento, io alla sua età avrei giocato a centrare la spider-cam per 90 minuti di fila.

 


Personalità e filtranti oltre la difesa.


 

Qualche lampo potremmo vederlo anche dal talento next generation Rafa Silva, trequartista-ala del Benfica prelevato dal Braga per un cifra monstre, almeno per le abitudini del mercato interno lusitano

 


In Portogallo si sono specializzati nel costruire una specie di stargate attraverso il quale calciatori sudamericani transitano dal Nuovo al Vecchio Mondo ottenendo in cambio una specie di cortina mitica. Al Porto l’hanno fatto per anni coi colombiani, da James a Falcao; al Benfica preferiscono gli argentini. Franco Cervi, dopo un parcheggio forzato di sei mesi al Central che da una parte ha procrastinato - gonfiandoli vieppiù - i rimpianti dei tifosi “canallas” e dall’altra ha permesso a Giovani Lo Celso, uno dei prospetti più interessanti del nuovo calcio argentino, di copiare le sue movenze in campo come noi facevamo da piccoli coi trasferelli, è arrivato a vestire la maglia degli “Encarnados” in sostituzione di Gaitán che a sua volta aveva preso il posto di Di Maria che qualcuno al mercato (argentino) comprò. Cervi è rapido e funambolico, ma allo stesso tempo gioca un calcio associativo; ogni dribbling o allungo è funzionale, non soggiace mai alla presunzione dell’arte per l’arte.

 



 

Dai tempi del Rosario Central è maturato, oltre che in termini di intelligenza nel gioco, anche fisicamente: ha implementato la sua massa muscolare e oggi non vola più al contatto con l’avversario, né lo teme. Anzi: vedere Cervi è come trovarsi di fronte alla determinazione crudele della bambola Chucky (che è pure il suo soprannome) insufflata nell’anima di Paulo Dybala.

 


Pur consapevole del fatto che non abbia ancora esordito in gare ufficiali con la sua nuova squadra, mi piacerebbe vedere Andrjia Zivkovic. Il serbo è un esterno di piede mancino che può giocare su entrambe le fasce, anche se solitamente veniva schierato a destra, da dove può rientrare verso il centro del campo. La tecnica di cui è dotato e il suo ottimo spunto in velocità, lo rendono un giocatore decisamente imprevedibile. In più non è uno di quei dribblomani che abbassa la testa e punta l’avversario, ma un giocatore intelligente che evita di proporre giocate fini a sé stesse. Pur essendo piuttosto esile, non è poi nemmeno così facile da sbilanciare. Il salto dal campionato serbo alla Champions League è notevole, ma a me sembra un giocatore che potrà solo valorizzarsi ulteriormente con la maglia del Benfica, che, giova ricordarlo, lo ha prelevato a parametro zero.

 

 

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