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Flavio Fusi
Cinismo da favorita
07 giu 2016
07 giu 2016
L'Argentina gioca peggio del Cile ma si prende una prima rivincita. La Copa inizia a decollare.
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Flavio Fusi
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Dopo alcune partite un po’ deludenti, anche per il gran caldo, Argentina – Cile, la rivincita della finale della Copa America 2015, era la partita più attesa della prima parte della Copa del centenario.

 

L’Argentina del Tata Martino, uscita sconfitta nell’ultimo atto di un anno fa, è la squadra da battere di questo torneo: è vero che non alza un trofeo dal 1993, ma è senza dubbio la squadra con più talento della competizione. Prima dell’inizio del torneo alcuni bookmakers quotavano la vittoria dell’Albiceleste 2 a 1, ovvero le assegnavano addirittura il 50% di probabilità di alzare la Copa.

 

Il Cile, allenato dall’erede di Sampaoli, Juan Antonio Pizzi, non è forse lo stesso che ha vinto lo scorso anno ed è anche privo di Valdivia, ma non per questo è meno agguerrito: la rivalità tra le due Nazionali è molto sentita e i principi di gioco di Pizzi non si discostano più di tanto da quelli dei suoi predecessori Sampaoli e Bielsa.

 

Le premesse per una grande partita c’erano tutte e il pubblico del Levi’s Stadium di Santa Clara, attirato anche dalla possibilità di vedere dal vivo Leo Messi, ha risposto presente: 70 mila spettatori hanno popolato gli spalti dell’arena che ospita le partite dei San Francisco 49ers. Purtroppo per loro però, Messi non ha recuperato dall’infortunio alla schiena che lo ha messo ko contro l’Honduras e ha passato tutti i 90 minuti in panchina. A nulla sono serviti i frequenti cori che lo invocavano, invitando il Tata a mandare in campo la Pulce.

 

Senza il suo giocatore più rappresentativo, l’Argentina ha comunque mandato in campo una formazione ricca di qualità, specie dal centrocampo in su. Davanti alla porta di Romero, difesa a quattro con Mercado terzino destro, Otamendi e Funes Mori centrali e Rojo terzino sinistro. Mascherano ed Augusto Fernández hanno agito a centrocampo, posizionandosi alle spalle del trequartista Ever Banega, nel 4-2-3-1 dell’Albiceleste. I due esterni, inizialmente Di Maria a sinistra e il nuovo acquisto dell’Atlético Madrid, Gaitan, a destra, hanno supportato l’unica punta Higuaín.

 

L’argentino Pizzi ha invece optato per il 4-3-3. Tra i pali Claudio Bravo, portiere e primo attaccante della Roja. In difesa, Medel e Jara centrali, con Isla terzino destro e Mena terzino sinistro. Marcelo Díaz ha agito da regista davanti alla difesa, con Aránguiz alla sua destra e Vidal alla sua sinistra. In avanti spazio ad un tridente molto fluido, con, almeno al momento del calcio d’inizio, Edu Vargas centrale, Alexis Sanchéz a destra e Beausejour a sinistra.

 

L’Argentina ha cominciato la gara pressando la costruzione bassa del Cile, cercando di mettere fretta a Bravo e ai difensori centrali. Per questo scopo era necessario che la linea difensiva si mantenesse alta sul campo, una scelta coraggiosa considerata la velocità di Alexis, Vargas e Beausojor. Di fatto bastava che calasse un minimo l’intensità della pressione dei centrocampisti perché le cose si mettessero male per Otamendi e compagni.

 


Il pressing dell’Argentina isola Mena che non può servire né Diaz, marcato da Banega, né Jara coperto da Gaitan. Anche Medel è troppo distante ed escluso dalla posizione di Higuaín, per cui il difensore è costretto a calciare lungo.


 

Nelle battute iniziali il Cile, con la costruzione che si complicava, ha quindi provato a sfruttare a suo favore questo accorgimento tattico del Tata, cercando di velocizzare il gioco e lanciando i tre attaccanti nello spazio alle spalle della difesa avversaria appena si presentava l’occasione. Solo l’imprecisione nei passaggi ed un paio di fuorigioco hanno impedito a Vargas e Alexis di trovarsi da soli davanti a Romero.

 

Ma nemmeno la Roja stava a guardare in fase di non possesso e fin da subito è stato chiaro il piano di gioco di Pizzi: cercare di non far ricevere palla ai centrocampisti dell’Albiceleste, Banega in particolare. Per fare ciò, almeno inizialmente, veniva lasciata libertà di avanzare ai difensori centrali Otamendi e Funes Mori, con i tre attaccanti che retrocedevano via via che il portatore di palla guadagnava campo, coprendo la ricezione di Mascherano, Fernández e Banega con il supporto del centrocampo.

 


Funes Mori viene lasciato avanzare fin dentro la metà-campo offensiva. Mascherano si abbassa per non lasciare la difesa sguarnita, ma non fa altro che privare il compagno di un appoggio, con Banega e Fernandez coperti dai centrocampisti cileni. Il difensore dell’Everton riesce in qualche modo a servire il neo-centrocampista dell’Inter, ma il Cile sfrutta al meglio la restrizione della linea laterale e recupera palla.


 

In questo scenario, l’Argentina ha avuto tutt’altro che vita facile nel far passare il pallone dal centro. I difensori centrali del Tata venivano fatti avanzare fino a quando erano costretti a cercare i scaricare il pallone su un compagno. Tra l’altro, in queste occasioni, Mascherano copriva il movimento del centrale, togliendo un uomo al centrocampo. L’Albiceleste doveva quindi passare spesso dalle fasce, specie la sinistra, dove inizialmente agiva Di Maria che, dribblando con il pallone letteralmente incollato ai piedi, è riuscito a creare qualche pericolo. Ma si trattava comunque di soluzioni estemporanee, mentre Higuaín rimaneva isolato al centro, con Banega che non riusciva ad esercitare la sua solita influenza, costretto spesso ad abbandonare la sua posizione tra le linee spostandosi verso il centro-sinistra.

 

L’intensità del primo tempo di entrambe le squadre è stata elevatissima, ma l’inerzia della partita si è gradualmente spostata in favore della selezione cilena. Bravo e i difensori centrali Medel e Jara si sono armati di pazienza e fedeli al concetto di “

” hanno cominciato a giocare attraverso il pressing dell’Argentina. Bravo gestiva il pallone con sicurezza, a volte anche troppa (qualche passaggio è stato forse un po’ avventato) mentre i centrali si allargavano notevolmente e Diaz si posizionava davanti a loro, in modo da non limitarne l’influenza e sfruttando fino in fondo ogni giocatore in fase di possesso palla. Il regista del Celta Vigo è letteralmente salito in cattedra, cominciando a dettare i tempi del gioco della Roja e verticalizzando appena gli si presentava l’occasione. Quando riusciva a ricevere senza pressione per lui era quasi un gioco da ragazzi, ma vista l’importanza del compagno, anche Vidal e Aránguiz hanno cominciato alternativamente ad abbassarsi per agire da esca e liberare il Diaz.

 

Intanto il tridente cileno toglieva ogni punto di riferimento alla difesa del Tata, scambiandosi continuamente di posizione, con Sánchez  che si era spostato in una posizione sempre più centrale, spesso quasi da trequartista, lanciando i compagni di reparto nello spazio un po’ come faceva Valdivia.

 



 

Sanchez riceve palla sulla trequarti poi serve Beausejour nel corridoio tra Mercado e Otamendi.


 

È salita anche l’intensità del pressing e gegenpressing della Roja, che rendeva impossibile per Romero costruire corto. Il portiere dello United è stato obbligato a calciare lungo, anche perché la pressione cilena riusciva addirittura a creare occasioni da gol, come quella di Sánchez al 29.esimo minuto.

 



 

Il pressing del Cile è così efficace da creare anche occasioni.


 

La prima frazione si è chiusa sullo 0-0, ma la squadra migliore è stata indubbiamente il Cile e la favoritissima Argentina non lo è sembrata poi così tanto. Se possibile, il secondo tempo è iniziato anche con più pressione da parte di entrambe: nei primi cinque minuti di gioco il pressing delle due squadre ha di fatto impedito di giocare il pallone a pelo d’erba.

 

Proprio al 50.esimo si è rotto l’equilibrio, ma non in favore della squadra che stava giocando meglio. Poco oltre il cerchio di centrocampo, Aránguiz ha rubato palla a Fernández su una rimessa laterale, ma subito è scattato il gegenpressing dell’Albiceleste. Il centrocampista del Leverkusen ha esitato un attimo di troppo e Banega gli ha sottratto il pallone, portando palla per alcuni metri prima di servire Di Maria sul centro-sinistra dell’area di rigore (a fine primo tempo Martino aveva scambiato el Fideo e Gaitan, per poi ristabilire le posizioni iniziali). Il giocatore del PSG ha calciato sul primo palo prendendo in controtempo Bravo e visibilmente commosso, ha dedicato il gol alla nonna appena scomparsa.

 



 

 

Il gol è stato un duro colpo per la Roja, che subito dopo ha perso Mena per infortunio. Pizzi ha quindi mandato in campo Orellana, con Beausejour che è scalato terzino e l’ala del Celta posizionatosi da esterno sinistro d’attacco. Ma passati altri quattro minuti, l’Argentina ha raddoppiato. Aránguiz ha perso un altro pallone rovinoso a centrocampo, con Mascherano che è rientrato in possesso di palla. Diaz ha compiuto forse l’unico errore della sua partita, scoprendo la difesa nel tentativo di intercettare il passaggio del centrocampista argentino, che invece ha trovato Di Maria che, puntato Medel, ha ricambiato il favore di Banega, fornendogli l’assist del 2-0 nella stessa porzione di campo da cui il Fideo aveva portato avanti la Selección. Bravo è stato nuovamente trafitto sul primo palo, anche se stavolta è stato sorpreso dalla deviazione di Isla.

 


Mascherano riconquista il possesso dopo che Aránguiz ha perso palla e serve subito Di Maria approfittando dello spazio lasciato sguarnito da Diaz. L’ala argentina conduce palla centralmente, puntando Medel per poi servire Banega per il 2-0.


 

Il 2-0 è stato la mazzata definitiva per la squadra di Pizzi, che ha gradualmente perso di compattezza mentre l’Argentina, soddisfatta dal doppio vantaggio, ha cominciato a rallentare il ritmo del gioco, affollando di centrocampisti la propria metà-campo difensiva allo scopo di correre meno rischi possibile in fase di possesso, senza però rinunciare al pressing offensivo. Martino non ha rinunciato ai quattro giocatori offensivi fino all’ultimo, visto che prima ha tolto Higuaín per Agüero , poi Di Maria per Lamela e solo a tre minuti dalla fine ha richiamato Gaitan per Kranevitter.

 

Pizzi, alla ricerca perlomeno del gol del 2-1, ha inserito Pinilla per Vargas al 67.esimo e Fuenzalida per Aránguiz a otto dalla fine. E la rete è arrivata, tra l’altro proprio dalla panchina, ma nettamente fuori tempo massimo. Durante l’ultimo minuto dei tre di recupero concessi dall’uruguaiano Fedorczuk, il calcio di punizione di Orellana ha trovato la testa di Fuenzalida, abile ad approfittare della sconsiderata uscita di Romero.

 

Il 2-1 finale lascia sicuramente l’amaro in bocca a tutti i tifosi della Roja, ma fa ben sperare per il proseguo della competizione. L’Argentina è stata abile nel sfruttare i due errori di Aránguiz con i suoi fenomeni, ma la squadra del Tata non ha brillato, soprattutto a causa della grande pressione del centrocampo della Roja. C’è da dire che mancava Messi e che comunque il Cile era l’avversario più pericoloso di un girone con Panama e Bolivia, ma l’Albiceleste dovrà migliorare per portare finalmente a casa quel trofeo che manca da quasi un quarto di secolo.

 

 

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