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Dario Pergolizzi
Chiesa è una scarica elettrica per la Juventus
08 apr 2021
08 apr 2021
Anche contro il Napoli, la sua capacità di osare e prendere l'iniziativa è stata decisiva.
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Dario Pergolizzi
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Al nono minuto di Juventus-Napoli, Cuadrado attraversa il campo in diagonale dalla sua posizione di esterno destro per andare a battere un calcio d’angolo dalla sinistra. Federico Chiesa, nel frattempo, va a posizionarsi al limite dell’area, tenendosi pronto sia per attaccare una ribattuta, sia per scappare velocemente all’indietro in caso di ripartenza. Il cross del colombiano viene colpito di testa da Rabiot, che manda il pallone non molto a lato del secondo palo. La seguente rimessa di Meret è rapida e Cuadrado e Chiesa non fanno in tempo a scambiarsi la posizione e devono restare così invertiti per la fase difensiva. Il possesso del Napoli è paziente, e riesce infine a trovare un varco tra le linee di centrocampo e difesa della Juventus in cui si infilano Zielinski e Mertens. Mentre il pallone raggiunge quest’ultimo, Chiesa rientra rapidamente e ne disturba la ricezione.

 



 

Il pallone intercettato viaggia all’indietro, da Chiellini a Buffon fino a Danilo. Mentre il terzino passa in diagonale verso Bentancur, Chiesa ritorna prontamente alto e largo, attaccando la profondità alle spalle di Fabian Ruiz.

 



 

Bentancur perde una frazione di secondo di troppo e, disturbato anche da Zielinski, non riesce a trovare lo scatto di Chiesa. Nella ripartenza seguente, il Napoli riesce ad arrivare in area con Insigne e solo una bella diagonale di Alex Sandro in anticipo su Lozano evita il gol, mentre Chiellini la spazza in tribuna. La Juventus non riesce ancora a riprendere il possesso in modo da riorganizzarsi, così Chiesa rimane ancora a destra per un paio di minuti in tutto. Quando finalmente Bentancur intercetta una verticalizzazione e la Juve può ripartire, Morata riceve tra le linee e allarga il gioco verso Cuadrado, a sinistra. La Juve non riesce ancora ad affondare e si trova con 9 uomini di movimento sulla metà sinistra del campo.

 



 

Il pallone arriva stancamente a Danilo, che non perde tempo e raggiunge Chiesa, che si ritrova di fronte a un pronto raddoppio di Insigne e Hysaj. A questo punto, Chiesa fa una serie di cose da Chiesa.

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Controlla di piatto e si sposta internamente, come a voler accettare la sfida del raddoppio di Insigne, che non perde tempo e prova a contrastarlo, forte anche della presenza del compagno. Prima che chiunque riuscisse a realizzare cosa potesse succedere, Chiesa infila due cambi di direzione consecutivi con una rapidità straripante, saltando Insigne con l’esterno e poi, con la coda dello stesso movimento, spostando il pallone di interno oltre Hysaj. Il terzino del Napoli riesce anche a girarsi velocemente, ma Chiesa lo beffa nuovamente con un tunnel di esterno, e mentre raggiunge il pallone alza la testa e in una frazione di secondo riesce a trovare la posizione di Ronaldo in area, quanto basta per scegliere di mettere il pallone basso e teso verso il dischetto del rigore.

 

La genesi di questo gol della Juventus, oltre a dare un’altra prova del periodo decisamente prolifico di Chiesa tra gol e assist, ci può essere di sponda per mettere sotto la lente quella che forse è la qualità più evidente dell’ex Fiorentina in questa prima stagione a Torino: la sua capacità di animare la partita, dando l’impressione di essere sempre pronto anche se non è immediatamente coinvolto nell’azione, tirando fuori sempre più spesso la giocata risolutiva dal mazzo delle possibilità. Al di là dei riflessi retorici di questa “condizione”, nel modo di giocare di Chiesa e soprattutto nel suo significato all’interno della Juventus di Pirlo, possiamo ritrovare in particolare due elementi fondamentali, nel calcio di alto livello di oggi, due aspetti che, seppur presi singolarmente in quanto attributi individuali, riescono di rimbalzo a farci comprendere la loro importanza anche su una scala collettiva.

 



In questo periodo della sua carriera, Chiesa sembra tenere in mano ben saldo il sottile filo che lega l’ambizione, il rischio e l’integrazione nelle dinamiche di squadra. Negli anni alla Fiorentina si era progressivamente guadagnato la nomea di

, confusionario, con delle aspirazioni di gioco troppo alte rispetto alle sue reali possibilità. Tutto ciò, unito alla fama di simulatore, aveva contribuito a creare un’immagine sostanzialmente antipatica, un giocatore rumoroso e incostante che alla Fiorentina sembrava aver fallito la stagione della consacrazione. Troppo confusionario per giocare esterno, troppo impreciso per giocare punta, insomma, Chiesa era la personificazione del rischio, sia nelle sue giocate in campo, sia per la big che prima o poi sarebbe arrivata ad acquistarlo.

 

Nella caotica e improvvisa rivoluzione di Pirlo, la Juventus aveva l’assoluta necessità di ampliare il suo parco di giocatori offensivi, e una serie di incastri di mercato hanno portato il figlio di Enrico a Torino, con un inquadramento chiaro sin da subito: prendersi la fascia sinistra (e, al bisogno, la destra), pestare la riga per dare ampiezza costante, essere un riferimento sul lato debole contro le squadre più chiuse e un’arma in campo aperto contro le squadre più aggressive.

 

Il rendimento di Chiesa fino a questo momento avrà sicuramente soddisfatto le aspettative di Pirlo e della Juventus, soprattutto quando hanno potuto effettivamente utilizzarlo in situazioni che gli permettevano di creare dinamiche di gioco portandogli via avversari e dunque regalandogli più spazio. Ragione per cui Chiesa viene principalmente utilizzato dal lato del terzino che rimane bloccato, Danilo a inizio stagione e Alex Sandro adesso. L’ingombrante presenza di Cristiano Ronaldo però ha presto messo in chiaro la necessità di saper leggere anche gli spazi interni, soprattutto senza palla in via preventiva, andando a occupare anche il centro dell’area se necessario. In questo senso, il processo di integrazione di Chiesa è iniziato relativamente piano e ancora oggi non si può dire che sia del tutto giunto a compimento definitivo, dato che le occasioni in cui fatica a trovare una posizione funzionale al gioco della Juventus quando si stringe su corridoi più contro squadre chiuse non sono rare.

 


Qui, per esempio, nella partita col Napoli di febbraio, si è portato all’interno in un corridoio verticale già occupato da Morata, togliendo una soluzione in ampiezza.


 

Sia chiaro, i momenti di imprecisione, anche col pallone, non sono certo scomparsi. Nonostante ciò, a questo punto della stagione e tra le varie difficoltà della Juventus, Chiesa è diventato un punto di riferimento proprio grazie alla sua capacità di osare, di muovere lo status quo. Come può accadere alle squadre che occupano sistematicamente la massima ampiezza negli attacchi posizionali, in mancanza di soluzioni creative tra le linee – per carenze di rosa o di dinamiche funzionali – e a maggior ragione in un contesto che le vede spesso di fronte ad avversari che scelgono di togliere spazi centrali difendendo basso, il rischio è quello di appiattirsi allargando il gioco in maniera passiva senza trovare uno sbocco, facendo circolazione da un lato all’altro.

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Due tipiche situazioni di ricezione statica dell’esterno contro una difesa schierata. Senza l’adeguato supporto, è facile che siano improduttive.


 

La Juventus di inizio stagione sembrava una squadra decisamente più spensierata e sfrontata nell’attaccare la linea, ma oggi qualcosa sembra essersi rotto. Senza andare a indagare le contingenze che hanno portato a ciò, possiamo comunque riconoscere quanto sia necessario lo spirito di iniziativa di Chiesa. Avere un giocatore pronto a tentare di creare una superiorità numerica anche in situazioni difficili e, di riflesso, avere un giocatore capace di esercitare una certa influenza psicologica sulla squadra avversaria che dovrà controllarlo, è un requisito minimo anche per una squadra che ambisce a dominare la partita attraverso il possesso, la supremazia territoriale, il gioco collettivo.

 

https://youtu.be/qepG5hK3B94?t=65

 

Anche il gol contro il Torino è esemplificativo dell’importanza dell’iniziativa di Chiesa. Dopo aver controllato un pallone con più di un avversario addosso, Chiesa non sceglie di passarla a Bentancur in appoggio o scaricare su Alex Sandro, ma la soluzione meno intuitiva: un pallonetto per Morata, che deve spostarsi portando a sé il difensore, seguito da uno sprint nello spazio centrale libero.

 

Nel gioco di posizione, trovare l’uomo libero tra le linee, ricercare la superiorità posizionale, muovere l’avversario attraverso il possesso finché non si libera una soluzione di passaggio funzionale, sono alcune delle condizioni minime per avere successo. Lo sviluppo imprevedibile delle partite, però, porta anche le migliori squadre a dover affrontare situazioni offensive in inferiorità numerica o comunque con una disposizione non ottimale e anche in quei casi bisogna cercare di muovere l'avversario, cercare la superiorità. Avere giocatori in grado di riportare il caos nella disposizione difensiva avversaria, anche con scelte apparentemente controintuitive, anche con il solo spirito di iniziativa, è un’arma fondamentale sia per rimanere imprevedibili, sia per avere un’alternativa al gioco di passaggi. Nel caso di Chiesa e nel gioco estremamente orientato all’ampiezza della Juventus, è difficile stabilire quanto questo elemento sia ritenibile un’alternativa a uno sviluppo più ragionato, che consenta alla squadra di accompagnare e regolare le distanze anche in vista della transizione difensiva, oltre che per l’occupazione ottimale dell’area, e quanto invece possa essere una risorsa primaria.

 

Chiesa può creare caos positivo in un modo per certi può ricordare due suoi grandi predecessori in bianconero, Dani Alves e Joao Cancelo. Ma se i due terzini davano l’impressione di poter piegare (in maniera sostanzialmente diversa tra loro) le dinamiche di costruzione e sviluppo dell’azione grazie al loro dominio del tempo e dello spazio attraverso una sorta di creatività ondulata, danzante, per Chiesa le modalità sono ben diverse. Oltre alle dovute proporzioni in termini di pura efficacia complessiva, la differenza sta proprio nello stile: il modo in cui Chiesa impartisce violente accelerate all’azione sembra più legato al bisogno atavico di un confronto tribale con l’avversario, in cui l’ex Fiorentina può spuntarla solo se riesce a contorcere compulsivamente il suo corpo con il solo obiettivo di andare dritto col pallone il più velocemente possibile, che sia in diagonale o verticale, fino a che non riconosce uno smarcamento convincente da premiare o non si libera uno spazio per tirare.

 

Chiesa, insomma, si sta dimostrando la migliore arma di Pirlo per variare l’inerzia delle azioni e se vogliamo, sopperire al rallentamento fisiologico del palleggio quando Cristiano Ronaldo prova ad abbassarsi per ricevere tra le linee. Però c’è un altro elemento affascinante nello stile di gioco di Chiesa, che forse è la cosa che ancor di più lo sta rendendo così a suo agio al calcio di alto livello del 2021, alla Juventus e in Champions League.

 



Uno dei problemi ricorrenti della Juventus in fase offensiva, già dalle stagioni precedenti, è stata la fiacchezza del ritmo del palleggio in alcune partite, un deficit che ha sempre portato discontinuità rispetto ad altre buone prestazioni sotto l’aspetto della fluidità posizionale e del gioco associativo. In parte, queste difficoltà sono state spiegate nel corso della scorsa stagione con l’evidente difficoltà nei movimenti dei compagni a supporto di chi è in possesso, questo principalmente a causa di una rosa piena di giocatori che amavano ricevere il pallone tra i piedi più che sulla corsa. La discrepanza, insomma, tra le richieste e le intenzioni di Sarri e quello visto in campo, aveva messo in luce alcuni elementi che erano ancora nebbiosi negli anni di Allegri, che invece aveva sempre optato coscientemente per un approccio più compassato al possesso offensivo. Non si capiva, cioè, quanto fosse dovuto alle richieste del nuovo allenatore e quanto alle inclinazioni naturali della squadra.

 

Un aspetto forse trascurato, però, è il problema del pensiero, cioè l’impatto delle scelte del singolo calciatore nell’economia dell’azione, e quindi del tempo a disposizione. Le squadre che pensano troppo, perché non padroneggiano con naturalezza i principi di gioco dell’allenatore, oppure perché sono costrette dallo stesso progetto tecnico (consapevolmente o meno) a gestire con eccessiva razionalità le fasi offensive, sono squadre che nel calcio di oggi rischiano di avere grossi limiti competitivi. Questo chiaramente non significa che la soluzione definitiva alla riduzione del tempo a disposizione per la giocata, dovuta al pressing e alle marcature più aggressive, uomo su uomo sia spingere i giocatori a forzare i tempi, anzi: l’importanza della

sarà sempre decisiva nel calcio, per non tornare ai flipper impazziti del secolo scorso. Piuttosto, il problema è avere dei giocatori che sappiano reagire e proporre appellandosi all’inconscio, innanzitutto in maniera coerente con le dinamiche di squadra, ma non si può trascurare l’importanza del gesto inatteso, dell’interpretazione spontanea.

 

Nel calcio di alto livello di oggi, insomma, c’è sempre meno tempo per pensare. Giocatori come Chiesa, quindi, possono trovare la loro dimensione se sono supportati da un contesto favorevole: l’iniziativa spontanea al servizio del ritmo forsennato, la giocata che rompe l’impasse, ma all’interno di una condivisione collettiva di principi.

 

https://youtu.be/Ot5qQetrRjg?t=40

 

Servendoci del video dell’azione citata all’inizio, possiamo apprezzare ancora di più la spontaneità del gesto: quando Chiesa riceve ha ancora il tempo di pensare, si trova da solo sul lato debole. Non appena entra in possesso, però, gli avversari si avvicinano e lui non sa da che lato e in che modo si potrà aprire uno spazio, sa solo che deve affrontare la situazione relazionandosi con il poco spazio a disposizione e col pallone. Tutto ciò che ne consegue, quel triplo cambio di direzione, il riconoscimento progressivo del contesto che cambia, in quei tempi minimi di reazione, è pura improvvisazione creativa.

 

Il contrasto del rendimento di Chiesa con quello dell’altro giovane talento arrivato quest’anno alla Juventus, Kulusevski, emerge anche sotto questo aspetto. Mentre Kulusevski, che ha certamente dato la dimostrazione di avere colpi fuori dal comune, dà l’impressione di galleggiare in uno stato di parziale incertezza, di avere dunque la necessità di riflettere, di perdere qualche millesimo di secondo in più per trovare uno spazio ottimale in cui portarsi o leggere uno smarcamento. Chiesa, dall’altra parte, non ha avuto questo problema. È difficile dire se sia più una questione di predisposizione individuale o di connessioni in campo. Comunque sia, la sensazione più immediata che arriva oggi all’esterno è che Chiesa si sia preso la Juventus grazie a questa dote.

 

Lo spirito di iniziativa di Chiesa sembra efficace soprattutto grazie alla sua qualità di agire con naturalezza, inconsciamente, di abbandonarsi all’istinto e all’ispirazione del momento. In una squadra che forse si porta dietro il problema di pensare troppo, Chiesa ha raggiunto uno status importante dando discontinuità anche in questo. Insomma, tutto ciò che fino a qualche mese fa gli veniva attribuito come un difetto, oggi è la sua risorsa primaria, e fa passare tranquillamente in secondo piano tutte le volte in cui prova e non riesce.

 

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