Circa un anno fa, quando il calcio europeo si è trovato per la prima volta a fare i conti con la pandemia, la Francia è sembrato il paese più convinto in un contesto di enorme incertezza. Già il 13 marzo la federazione francese di calcio (LFP) ha decretato l’interruzione del campionato a data da destinarsi, e il 28 aprile – dopo il provvedimento annunciato dal premier Edouard Philippe, che aveva annunciato la chiusura di tutte le attività sportive fino a settembre – ha deciso di sancire la fine della stagione con dieci partite di anticipo. Una decisione parsa subito affrettata, tanto che già a fine maggio – quando gli altri campionati hanno iniziato a ufficializzare le date della ripartenza - l’Équipe ha pubblicato un editoriale dal titolo «Comme des cons?», ovvero «Come degli idioti?».
Nonostante le polemiche la federazione francese non è tornata sui suoi passi, confortata da un campionato che a marzo era già ai titoli di coda: a dieci giornate dal termine il Paris Saint Germain era già a 12 punti dal Marsiglia secondo, che aveva anche giocato una partita in più. E questo senza contare che di lì a poco i problemi con Media Pro avrebbero spostato l’attenzione dal lato puramente sportivo del campionato. Questa estate – mentre i principali campionati europei terminavano la stagione – la Francia è stata a guardare il percorso europeo del PSG, a rafforzare la sensazione di un campionato ridotto quasi a un ruolo ancillare. Oggi quasi tutto è cambiato. L'accordo per la vendita dei diritti TV del campionato francese con Media Pro è collassato lasciando in gravi difficoltà economiche molte delle sue squadre, mentre la stagione è più aperta che mai, con quattro squadre nel giro di tre punti. In cima una capolista a sorpresa, il Lille, che in questo momento ha appena un punto sopra il PSG.
Lille (73 punti)
La storia recente del Lille è tra le più sorprendenti del calcio francese. Tre stagioni fa "les dogues", cioè "i mastini", si trovavano nel pieno di una crisi tecnica e finanziaria gravissima. Dopo la brusca separazione con Marcelo Bielsa – un licenziamento sfociato in una causa da 19 milioni di euro – il Lille si è trovato a lottare per la salvezza sotto l’osservazione della Direction Nationale du Contrôle de Gestion (DNCG), l’organo di controllo della Lega calcio francese, che in assenza di coperture finanziarie soddisfacenti non aveva approvato il bilancio del club.
A gennaio del 2018 il Lille era al terzultimo posto in campionato, con il calciomercato bloccato e una situazione finanziaria tale da rischiare la Ligue 2 d’ufficio. Dopo la salvezza alla penultima giornata, però, la società è riuscita a tirarsi fuori da questa situazione grazie a un player trading molto aggressivo, reso efficace dalle intuizioni del DS Luis Campos e dall’ottima gestione del tecnico Christophe Galtier. Nelle ultime due stagioni il Lille ha ceduto pezzi pregiati come Nicolas Pépé, Thiago Mendes, Rafael Leão, Gabriel e Osimhen, ricavando una montagna di soldi e rimpiazzandoli ogni volta in maniera più che adeguata. In questo modo, dopo un secondo e un quarto posto oggi il Lille è in testa alla Ligue 1.
Il 4-4-2 di Galtier è un mix tra vecchie volpi, giovane promesse ed ex wonderkid recuperati al grande calcio. La squadra ha i suoi estremi due grandi anziani del calcio europeo: al centro della difesa il 38enne Josè Fonte, ripescato in Cina dopo una lunghissima esperienza in Premier; al centro dell'attacco il 35enne Burak Yılmaz, leggenda recente del calcio turco. In mezzo al centrocampo c’è Renato Sanches, che dopo le difficoltà al Bayern e allo Swansea è ha finalmente ritrovato fiducia e continuità. I tre sono la spina dorsale di una squadra composta quasi interamente da giovani o giovanissimi, giocatori come Ikonè, David, Soumaré, Bamba, Yazıcı, Araùjo e Botman, tutti tra i 20 e i 25 anni, che stanno dimostrando di poter reggere le richieste e le difficoltà di un campionato di alta classifica. In questo campionato il Lille si è caratterizzato per una difesa granitica, esaltata dalle grandi prestazioni del portiere Maignan – una delle sorprese del campionato, che in questa stagione ha subito solo 20 reti in 34 partite, con 18 clean sheet (non a caso sembra vicino al Milan nel caso in cui dovesse davvero perdere Donnarumma).
La freschezza dei "mastini" si vede anche e soprattutto in campo, perché la squadra di Galtier si caratterizza per un calcio molto intenso e verticale, che si esprime al meglio quando ha l’opportunità di giocare a campo aperto. Situazioni create sia in transizione, creandosi lo spazio con un blocco medio basso in fase di non possesso, che col possesso, grazie a giocate ben codificate che partono da due principi: l’ampiezza e la profondità. In fase di costruzione la squadra parte sempre da tre giocatori (i due centrali più un terzino o uno dei centrocampisti), con due giocatori a dare ampiezza e il resto della squadra che prova a dare più soluzioni a più altezze in zona centrale. La squadra prova a muovere palla più in verticale possibile, nel tentativo di costruire combinazioni in mezzo che permettano di giocare alle spalle della difesa, o liberare spazio sull’esterno per poi cercare il cross in area di rigore.
Il gol segnato al PSG nell’ultimo scontro diretto (che alla fine è valso la partita) è un buon esempio di come funziona il gioco di Galtier. Ad inizio azione il Lille parte con la solita struttura, con tre giocatori per la prima costruzione – il terzino Djalò e i due centrali – e due giocatori a dare ampiezza – Renato Sanches a destra e Mandava a sinistra. Il resto della squadra è tutto nella fascia centrale del campo, con i due mediani a supporto e Bamba alto vicino alle punte. La posizione profonda di Bamba e David crea lo spazio per il movimento a venire incontro di Ikonè, che appoggia a Renato Sanches. Il centrocampista portoghese attira su di lui la pressione dei parigini e poi apre per Ikonè, che ha l’opportunità di attaccare la fascia a campo aperto. Sulla discesa del numero 10 e il movimento in profondità di Bamba "i mastini" creano lo spazio per David, che mette in porta.
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PSG (72 punti)
La vittoria del Lille nello scontro diretto ha ovviamente messo nei guai il PSG, che nonostante i buoni risultati in Champions League sta trovando alcune difficoltà dovute da una parte dalle diverse assenze chiave (che ne stanno rallentato il percorso tattico) e dall'altra dalla poco comprensibile decisione da parte della dirigenza parigina di esonerare Thomas Tuchel a metà stagione. Nonostante l’arrivo a campionato in corso il tecnico argentino non ha rinunciato a lasciare la sua impronta sulla squadra, cercando di impostare una struttura di gioco meno rigida rispetto al suo predecessore. Il primo e più evidente cambiamento si è visto al centro del campo, con la scelta di schierare due mediani e un trequartista. Il passaggio al 4-2-3-1 ha testimoniato sin da subito l’intenzione di creare più linee di passaggio sulla trequarti, in modo da sviluppare la circolazione in zone centrali del campo anziché sulle catene esterne. Significativa, in questo senso, la scelta di spostare Verratti dalla mezzala alla trequarti, da regista offensivo, con Paredes e Gueye (o Herrera o Danilo Pereira) davanti alla difesa.
Sin dalle prime partite il PSG di Pochettino si è distinto per l’intenzione di rompere la prima linea in zona centrale, pescando uno dei giocatori sulla trequarti, per allargare in fascia in un secondo momento, a campo aperto, verso le discese dei terzini o le corse di Di Maria e Mbappé. Nonostante i passi avanti la crescita del PSG non sembra ancora arrivata a compimento, sia per i passaggi a vuoto di questo campionato (su tutte le sconfitte contro Lorient e Nantes, due squadre in zona retrocessione) che per le tante incognite dovute alle assenze. Dal suo arrivo in panchina Pochettino ha dovuto fare i conti con le prolungate assenze di Neymar, Verratti, Icardi e Di Maria, giocatori fondamentali per gli equilibri offensivi del PSG. A complicare il cammino in campionato dei parigini sono arrivate anche le sconfitte negli scontri diretti con Monaco e Lille, due partite che avrebbero potuto spianare la strada verso il titolo.
Nonostante siano a -1 dal primo posto, in questo momento i parigini non sono neanche certi di un piazzamento in Champions, minacciato da Monaco e Lione, che inseguono rispettivamente a 1 e 5 punti di distacco.
Monaco (71 punti)
Nel 2021 gli uomini di Kovac sono stati, per rendimento, la migliore squadra del campionato francese: da gennaio in poi i monegaschi hanno perso solo una volta, viaggiando all’ impressionante media di 2.58 punti a partita. Rispetto all’inizio di campionato il vero cambio di passo è stato fatto in fase difensiva. Nella prima parte di stagione, infatti, il Monaco era una squadra esaltante ma fragile, incapace di mantenere il controllo sul pallone, e quindi sui momenti della partita. A fine dicembre la squadra di Kovac era l’undicesima difesa del campionato, avendo subito 25 gol in 17 giornate, ma nelle ultime 17 – quelle giocate da gennaio in poi – i monegaschi hanno subito solo 13 reti in campionato, i migliori dopo il Lille (10). Una crescita netta ed evidente, dovuta anzitutto alla migliore gestione del pressing: dopo alcuni mesi di rodaggio gli uomini di Kovac hanno iniziato a pressare in modo organizzato e compatto, e questa organizzazione è diventata uno strumento fondamentale nel controllo della gara, nelle fasi di aggressione e (soprattutto) riaggressione.
In questo momento la squadra di Kovac ha uno degli indici di PPDA più bassi del campionato francese, concedendo in media 10.7 passaggi per azione difensiva; inoltre è prima in campionato sia per il numero di tackle tentati (22.4 ogni 90 minuti) che per i tackle tentati nel terzo offensivo (3.27). Secondo i dati di StatsBomb la squadra di Kovac è la migliore squadra della Ligue 1 per efficacia nel pressing, con il 33% di recuperi entro i 5 secondi dalla pressione.
Per quanto concerne la gestione della palla, il Monaco segue i principi del gioco di posizione. Nel corso del campionato la squadra di Kovac ha alternato vari assetti, variando dalle due alle tre punte, schierando la difesa sia a quattro che a tre. Dopo il 3-4-2-1 visto tra febbraio e marzo i monegaschi sono tornati alla difesa a quattro, ma i principi di gioco sono rimasti sempre gli stessi: la squadra inizia il possesso con una linea di tre giocatori, per avere superiorità numerica in fase di uscita, con i due mediani a supporto e il resto della squadra ad occupare tutto il campo in ampiezza. Quando il Monaco gioca con la difesa a tre l’ampiezza è data dai due laterali di centrocampo; con la difesa a quattro, invece, il terzino destro si stringe per aiutare il primo possesso, mentre le fasce vengono occupate dall’esterno alto a destra e dal terzino sinistro. Davanti ci sono sempre almeno tre giocatori, in modo da occupare il centro e i mezzi spazi, mentre i due centrocampisti restano stretti e vicini alla difesa, per dare un appoggio al possesso e mantenere compattezza nel caso si perda la palla.
La struttura posizionale del Monaco è sempre la stessa, a prescindere dall’assetto di partenza. Nella partita contro il PSG, giocata il 21 febbraio, il Monaco ha schierato un 4-5-1 più coperto, con Diop sulla mezzala, al fianco di Fofana e Tchouameni, e Aguilar e Volland esterni e Ben Yedder unica punta. Nell’azione precedente a quella del gol, tuttavia, la squadra parte con la solita struttura: tre sulla prima linea, con Disasi (terzino destro) vicino ai centrali; due giocatori larghi sulle fasce, Caio Henrique (terzino sinistro) e Aguilar (ala destra); due davanti alla difesa, Fofana e Tchouaméni; tre davanti, con Volland (ala sinistra) e Diop (mezzala destra) stretti nei mezzi spazi, sulla trequarti, dietro a Ben Yedder.
Nella partita con il Dijon, giocata l’11 aprile, il Monaco è partito col 4-2-3-1, con Aguilar, Golovin e Diop dietro Jovetic, ma la struttura in fase di possesso è rimasta la stessa: Disasi (terzino destro) vicino ai centrali; Caio Henrique (terzino sinistro) e Aguilar (trequartista destro) larghi; Fofana e Tchouaméni davanti alla difesa; Golovin (trequartista centrale) e Diop (trequartista sinistro) nei mezzi spazi dietro alla punta.
L’unico punto fermo tra i due assetti è la coppia in mediana, composta da Tchouameni e Fofana, rispettivamente 21 e 22 anni. A dispetto della giovane età i due sono centrali nell’equilibrio complessivo della squadra, a cui danno un contributo fondamentale sia nella gestione del possesso che in fase difensiva. Se il Monaco può tenere cinque giocatori sulla linea offensiva lo deve in buona parte ai suoi mediani, che oltre a garantire un appoggio sicuro ai tre dietro riescono a dare molta varietà al possesso, alternando giocate a muro, cambi di gioco e passaggi taglia linee. Davanti Kovac può contare su un reparto di grande qualità e varietà. Davanti i punti fermi sono Ben Yedder e Kevin Volland, attaccanti atipici, fondamentali per la loro capacità di leggere e legare il gioco, oltre che nella fase realizzativa (17 gol il primo, 15 il secondo).
Per il resto Kovac ha alternato diversi assetti e giocatori, gestiti in maniera certosina: Golovin, Gelson Martins e Diop hanno giocato come ali nel 4-4-2, ma anche come trequartisti in coppia con Volland dietro la punta; Aguilar ha giocato la prima parte di stagione da terzino o laterale, ma ora è impiegato proficuamente alto a destra; stesso discorso per Ballo-Tourè a sinistra. Nelle ultime settimane il tecnico tedesco sta recuperando anche Fabregas (tormentato dai problemi fisici) e Jovetic, che dopo un inizio di campionato giocato a singhiozzo sta diventando un’alternativa importante dalla panchina (4 gol e un assist nelle ultime sette giocate). In questo momento il Monaco sembra una macchina quasi perfetta, oltre che una delle squadre più in forma d’Europa, come testimoniato dalle ultime quattro giornate: cinque vittorie, 15 gol segnati e nessuno subito.
Lione (67 punti)
A quattro punti dal Monaco c’è il Lione di Garcia, che nonostante qualche passaggio a vuoto è rimasta vicina al gruppo in testa, anche se tra le quattro – oltre che quella più indietro – sembra anche quella più in difficoltà. Un crollo repentino se pensiamo che alla 24esima giornata il Lione era stabile al secondo posto, a -2 dal Lille, dopo aver perso solo due partite. Un andamento sorprendente, ancora di più considerando la rivoluzione tattica di Garcia, che dal 3-5-2 basso e reattivo della scorsa stagione è passato a un 4-3-3 più associativo, con tre «numeri 10» in mezzo al campo (Thiago Mendes, Paquetá e Aouar, o Caqueret), e Depay prima punta, pronto ad abbassarsi per ricevere palla e innescare Toko Ekambi e Kadawere.
L’OL di quest’anno è una squadra che punta al controllo della gara, ma che non ha rinunciato a giocare palla in modo aggressivo, con giocate in verticale che permettano di spostare la palla velocemente nelle zone avanzate del campo. Il Lione è la squadra che gioca più passaggi progressivi nel campionato francese (45.6 p/90), con Paquetá (7.4 p/90), Caqueret (7.22) e Thiago Mendes (6.68) tra i più attivi. Il centrocampo è fondamentale per l’avanzamento palla della squadra, che in fase di possesso parte con tre giocatori dietro – solitamente, i due centrali più il terzino destro Dubois (il difensore che gioca più passaggi progressivi del campionato) – due giocatori a dare ampiezza – l’ala destra Kadawere e il terzino sinistro Cornet – mentre in mezzo lascia ampio spazio di manovra a Depay e Paquetá, che sono liberi di variare la posizione alla ricerca dello spazio giusto.
Una formula fluida, com'è nelle corde di Rudi Garcia, che ha donato al Lione alcuni momenti di pura esaltazione, spesso legati alla forma dei suoi giocatori migliori – su tutti, proprio Paquetá e Depay. Quando però il momento di forma delle sue individualità è calato, il Lione ha fatto fatica a trovare alternative altrettanto affidabili. Queste difficoltà si sono sentite soprattutto nelle ultime settimane, in cui il suo cammino si è fatto più claudicante. Nelle ultime 10 partite il Lione raccolto solo 15 punti, e dopo la sconfitta col PSG di un mese fa sembrava già fuori dalla lotta per il primo posto. Nelle ultime settimane era però arrivata una reazione, merito anche dei cambi di Garcia, che per dare una svolta ha cambiato assetto della squadra, inserendo Slimani come centravanti, alzando Paquetá sulla trequarti e dirottando Depay sulla fascia sinistra. Una scelta, quella dell’ex attaccante del Leicester, fatta con l’idea di dare maggiore profondità alla squadra, per dare più spazio e libertà di manovra ai due trequartisti.
L’assetto dell’OL contro il Nantes. Dubois resta vicino ai centrali, per dare superiorità in fase di costruzione, con l’ala destra (Toko Ekambi) e il terzino sinistro (Cornet) a dare ampiezza. In mezzo, Depay approfitta del movimento di Slimani per venire incontro.
Proprio Paquetá e Depay sono stati protagonisti delle vittorie contro Angers e Nantes, che hanno rilanciato in modo improvviso le ambizioni del Lione nell’alta classifica. Tutti e cinque i gol della squadra in queste due partite sono nate dai loro piedi: quattro gol Depay, uno Paquetá, che ha anche servito due assist al compagno. Domenica scorsa la squadra di Garcia ha avuto la possibilità di giocare in casa lo scontro diretto col Lille, una partita che avrebbe potuto dare uno scossone clamoroso alla testa della classifica. Nel momento chiave della stagione, però, è venuta fuori una gara che sembra il ritratto della stagione del Lione. Al 35esimo minuto Depay e compagni erano sopra 2 a 0, ma poi è venuta fuori l’incredibile resistenza del Lille, che in un momento drammatico – la squadra era reduce dal sanguinoso pareggio col Montpellier, e aveva appena assistito alla vittoria con sorpasso del PSG – è riuscita a tirarsi fuori grazie a una prestazione incredibile di Burak Yilmaz. Il centravanti turco ha accorciato le distanze nel finale del primo tempo, ha consegnato l’assist a David per il pari a metà ripresa e a cinque minuti dalla fine ha completato la rimonta, mettendo quella che al momento sembra una pietra tombale sulle speranze dell’OL nella lotta al titolo.
Quello di Yilmaz è solo l’ultimo di una lunga serie di gol negli ultimi cinque minuti di partita: era infatti già successo contro il Montpellier (due volte), il Marsiglia, lo Strasburgo, il Reims e il Metz, per un totale di 11 punti guadagnati. Proprio da una rimonta nel finale si sono riaccese anche le possibilità del PSG, che nell'ultima giornata contro il Saint-Etienne è riuscito a far sua una partita pazzesca, che li aveva visti andare sotto al 77esimo per poi rimontare con una doppietta di Mbappé, subire il pareggio nel recupero e vincere con un gol di Icardi a tempo scaduto. Una vittoria importante, perché ha dimostrato che i parigini non hanno ancora mollato il campionato, nonostante le molte energie spese in Champions League. Del resto, come ha detto Kylian Mbappé, per il PSG la vittoria del campionato è «un objectif primordial», qualcosa che viene quasi dato per scontato dal club parigino. Ma questa corsa al titolo può ancora riservarci molte altre sorprese: non bisogna dimenticare infatti la lunga corsa del Monaco,la squadra al momento più in forma, che domenica affronterà il Lione. E se, a sorpresa, dovesse invece vincere l'OL? La squadra di Garcia a quel punto si porterebbe a un solo punto dal terzo punto, accorciando di nuovo sul gruppo di testa.
Insomma: ad oggi è difficile escludere definitivamente una delle quattro. L’unica cosa certa è che dopo la breve e poco esaltante stagione dello scorso anno la Ligue 1 sta recuperando tutto con gli interessi.