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Chi si ferma è perduto
23 feb 2016
23 feb 2016
Un Milan chiuso ricorda al Napoli che dominare i propri avversari non sempre basta.
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Un girone fa il Milan toccava il punto più basso del campionato venendo umiliato per 4-0 dal Napoli a S. Siro. Se si considerano le prestazioni rossonere da quella partita in poi, però, il Milan è terzo per rendimento, con due sole sconfitte contro Juventus e Bologna (due delle squadre più in forma della Serie A) e l'inizio di una insperata rimonta verso il terzo posto. La squadra di Mihajlovic è cambiata molto rispetto alla partita d'andata: in porta non c’è più Diego López ma Donnarumma, il rombo di centrocampo è stato abbandonato in favore di uno schieramento in linea, e a far coppia con Bacca non c’è più Luiz Adriano ma Niang. Nel 4-4-2, Mihajlovic ha trovato un modulo coerente con i propri principi di gioco: la squadra difende qualche metro più indietro ma occupa meglio il campo e può scegliere deliberatamente di concedere il possesso palla per controllare gli spazi. Il risultato è che nelle 19 partite tra l'andata e il ritorno con il Napoli, il Milan ha subito 15 gol, peggio solo degli stessi azzurri (14 gol subiti) e della Juventus (7). I frutti della disciplina Il miglioramento è ben visibile dal confronto con la gara d’andata: a San Siro il rombo del Milan faticava a difendere in ampiezza, specie contro la catena mancina del Napoli, che dominò la sfida e incise in maniera determinante sul risultato; Insigne fece 2 gol e un assist, Ghoulam causò l’autorete di Rodrigo Ely. Al San Paolo, invece, non ha avuto di questi problemi. Le due linee di centrocampo e difesa hanno permesso al Milan di coprire bene il centro del campo (la larghezza media è stata di appena 45,2 metri, quasi dieci in meno del Napoli: 54,1 m) e quando il Napoli girava palla sulla fascia, la squadra di Mihajlovic eseguiva scalate a uomo ben precise. Per restare sulla catena sinistra dei partenopei, la più pericolosa e quella dove si sviluppa preferibilmente il gioco di Sarri (l’esempio comunque vale anche con gli omologhi sulla fascia opposta): Honda usciva su Ghoulam, Kucka su Hamsik e Abate su Insigne. Tutti e tre si sono applicati con grande attenzione e la loro bravura nel limitare il lato più pericoloso del Napoli è una chiave di lettura importante della partita. Abate e Kucka sono stati i migliori in campo per palle recuperate (15 e 12 rispettivamente), Honda ha vinto 3 contrasti e completato 4 anticipi. Inoltre, Mihajlovic ha cercato di mascherare l’inferiorità numerica nel mezzo con il sacrificio dei due attaccanti, che a turno dovevano schermare Jorginho e pressare il difensore centrale in possesso della palla. Ma il Napoli non è stato a guardare, ed è riuscito ad aggirare l’ostacolo grazie alla personalità palla al piede di Albiol e Koulibaly, che hanno sfruttato la libertà concessa per far saltare il pressing del Milan.

90 minuti riassunti in un fermo immagine. Il Milan che si difende schierato mentre il Napoli costruisce l’azione da dietro. Si vedono: il centrocampo in linea dei rossoneri con l’obiettivo di spingere i partenopei sulle fasce; Niang che scherma Jorginho; la risposta della squadra di Sarri con la continua formazione di triangoli per favorire l’uscita palla al piede dalla difesa. L’abbassamento delle mezzali, in questo caso di Allan, ha spesso mandato in tilt il pressing milanista, costringendo il centrocampista centrale, nell’azione sopra Montolivo, a scegliere tra seguire l’avversario o restare in posizione. La scelta più frequente era la seconda e la squadra di Sarri aveva così la superiorità numerica per costruire l’azione da dietro palla a terra.

Nell’immagine sopra si nota anche come la posizione dei difensori del Milan sia stata influenzata dai rispettivi avversari. Abate e Antonelli stavano anche molto larghi rispetto ai centrali, per marcare Insigne e Callejón, specie quando l’azione si sviluppava sulla fascia opposta e i due terzini si preoccupavano di difendere il lato debole. Alex e Zapata hanno giocato molto vicini per marcare Higuaín e, favoriti dalla distanza ravvicinata, i due difensori hanno giocato una partita quasi perfetta, assicurandosi copertura reciproca e concedendo pochissimo al “Pipita”, che difatti ha tirato in porta una sola volta. In questo modo il dominio del Napoli nel possesso palla (65,9%) non si è tradotto in un dominio nelle occasioni da gol. I partenopei hanno tirato in tutto 19 volte, ma più della metà di esse (10) da fuori area e solo in 4 occasioni hanno centrato lo specchio. Metà Milan Va detto, però, che i miglioramenti del Milan in fase difensiva non sono andati di pari passo con quelli in fase offensiva. Con la palla tra i piedi la squadra di Mihajlovic ha mostrato gli stessi problemi della partita di San Siro di un girone fa, quando provava a uscire dal pressing napoletano rischiando più di una volta di subire gol (come è successo all’andata, per il gol di Allan) da una palla persa in fase di impostazione.

La pressione di Jorginho costringe Menez a fare diversi metri all’indietro col pallone tra i piedi, i compagni non lo aiutano e il francese è costretto a scaricare a Donnarumma. Il portiere viene attaccato da Higuaín, sbaglia l’appoggio verso Zapata, ma Mertens non controllerà il pallone, facendo sfumare un’azione potenzialmente molto pericolosa.

In questo caso il passaggio dal rombo di centrocampo alla disposizione in linea ha tolto linee di passaggio utili a rendere fluida la manovra e risalire il campo palla a terra. Così, quando non lanciava lungo verso gli attaccanti, l’azione del Milan si sviluppava in maniera piuttosto lineare: il pallone veniva girato ai terzini (al 90’ Abate è il miglior rossonero per passaggi riusciti, 28, e palloni giocati, 70) molto prudenti per non scoprire il loro lato in caso di perdita del possesso, che a loro volta appoggiavano a Montolivo, che si abbassava a iniziare l’azione, mentre Kucka, Bonaventura e Honda cercavano spazio alle spalle del centrocampo azzurro. Ma le ampie distanze favorivano il pressing del Napoli, sempre puntuale a portare molti uomini sul lato del pallone e facilmente in superiorità numerica.

Montolivo prova a impostare, ma è ingabbiato dal pressing della squadra di Sarri. In tre schermano i possibili passaggi verso Kucka e Honda, mentre Antonelli e Abate restano bassi, praticamente in linea con il capitano del Milan, per non scoprire la loro zona. Il pallone verrà intercettato da Insigne e il Napoli ripartirà, trovando però la difesa rossonera schierata.

Il gol del pareggio è arrivato su un’azione isolata, in cui il Milan ha sfruttato uno dei pochi difetti del Napoli: la copertura del lato debole.

Se il Milan è certamente migliorato rispetto a un girone fa, è ancora lontano dal livello delle migliori squadre del campionato. È tuttora piuttosto profonda la differenza col Napoli nell’interpretazione delle diverse situazioni di cui si compone una partita. I rossoneri si sono mostrati a loro agio solo quando hanno difeso schierati, andando in difficoltà, ad esempio, quando provavano a pressare l’inizio azione del Napoli.

Bacca e Niang marcano i due centrali difensivi dei partenopei, Montolivo esce su Jorginho. Bonaventura inizialmente segue il movimento ad abbassarsi di Allan, ma poi si blocca per il movimento alle sue spalle di Hysaj. Reina cerca proprio il terzino, il pallone passa fino ad arrivare a Higuaín, che si è scambiato di posizione con Callejón. Lo spagnolo punta Alex in campo aperto, si prende facilmente la conclusione con il sinistro, ma il tiro viene bloccato senza problemi da Donnarumma.

E persino quando il Milan difendeva schierato il Napoli riusciva a costruire l’azione in maniera fluida, trovando sempre le giuste contromosse per superare il primo pressing dei rossoneri: per questo la squadra di Mihajlovic ha recuperato in media il pallone molto dentro la propria metà campo (27,6 metri) e non è riuscita a ripartire come avrebbe voluto. I tiri alla fine sono stati 7, solo 2 nello specchio, tra cui ovviamente il gol. Una spiegazione ulteriore deve chiamare in causa le transizioni difensive del Napoli, molto più organizzate di quelle offensive del Milan. I punti d’appoggio per le ripartenze rossonere erano gli esterni di centrocampo, che con il pallone sul lato opposto mantenevano una posizione accentrata e sfalsata rispetto ai compagni, per guidare il contropiede una volta recuperata palla. Più che sull’organizzazione, Mihajlovic ha puntato sulla bravura di Bonaventura e Niang (i giocatori con più dribbling riusciti, 4 e 5) nel ribaltare il fronte d’attacco palla al piede. Tutti e due si sono resi protagonisti di ottimi spunti, specie nella prima metà del match, ma alla lunga i meccanismi oliati del Napoli hanno avuto la meglio. Gli azzurri hanno recuperato più del quadruplo dei palloni (18 a 4) nella metà campo avversaria rispetto al Milan e in media hanno recuperato palla a 41,4 metri, una posizione piuttosto alta, all’incirca nella propria trequarti. Fondamentale, in questi casi, la copertura preventiva data dai tre difensori (i due centrali più il terzino sul lato debole), che restano vicini e sono aggressivi nell’uscire sugli attaccanti avversari una volta persa la palla. L'obbligo di migliorarsi Il vero abisso, però, tra Milan e Napoli sta nel diverso livello di organizzazione dei propri attacchi. Il Napoli, a differenza del Milan, ha movimenti codificati che consentono di creare superiorità in ogni zona del campo e di avanzare palla a terra anche contro squadre chiuse e ordinate come per l’appunto i rossoneri.

Un’altra situazione classica della partita. Hamsik è in possesso della palla, su di lui esce Kucka, mentre i compagni della catena sinistra sono marcati da Honda e Abate. Jorginho non è schermato da Niang, mentre Allan si alza alle spalle della prima linea di pressing del Milan, con Montolivo che resta in posizione per schermare Higuaín, marcato da Alex e Zapata, o in alternativa uscire sul centrocampista brasiliano del Napoli. Nel cerchio di centrocampo si crea lo spazio per Albiol, che infatti riceve da Jorginho e fa saltare il pressing del Milan. Nella zona della palla si formano diversi triangoli, ma lo spagnolo preferisce giocare direttamente verso Callejón, che si è accentrato e tocca in profondità per Higuaín. Il “Pipita” può puntare fronte alla porta la difesa del Milan, ma il comportamento dei rossoneri è esemplare: Alex rallenta l’argentino, Abate e Antonelli si stringono per coprirlo e riescono a sventare la minaccia.

Anche il gol del vantaggio, pur dovuto a una certa dose di casualità per la deviazione di Abate e la lentezza della reazione di Donnarumma, è arrivato su una situazione classica per il Napoli.

Palla a Insigne, taglio di Callejón.

Insomma, pur non toccando le vette delle sue versioni migliori, il Napoli ha dominato l’incontro e il pareggio (che segue le sconfitte contro Juventus e Villarreal) non deve destare grosse preoccupazioni. Anzi, guardando le ultime tre partite Sarri può essere soddisfatto di una cosa: la sua squadra è temuta e rispettata e costringe le squadre avversarie ad adattarsi (e obbligatoriamente a perdere qualcosa) nel tentativo di limitare i punti di forza degli azzurri. Da sottolineare come questa piccola crisi di risultati sia arrivata con squadre dall’atteggiamento simile, tutte schierate con il 4-4-2 e con l’obiettivo di togliere spazi alla manovra partenopea. Certo, non è la prima volta che il Napoli si ingolfa contro squadre chiuse (era successo contro il primo Carpi di Castori e contro la Roma di Garcia) e in alcuni momenti sembrano mancare o i giocatori (anche numericamente parlando, la rosa del Napoli è la più corta se confrontata con quelle delle sue rivali) o la qualità. Hamsik è spesso l'unico in grado di appoggiare il tridente offensivo e anche i terzini, per forza di cose, non possono garantire un appoggio continuo alla manovra offensiva (devono anche difendere, come spiegato sopra). Anche questo fa parte del percorso di crescita della squadra, ma il Napoli ha già dimostrato di avere una qualità collettiva sopra la media del campionato, non serve molto di più di quello che sta già facendo per superare questo breve momento di difficoltà. Il solo problema è che dovrà riprendersi presto, se vuole restare protagonista su due fronti, da qui al termine della stagione. Per il Milan, il pareggio è buono soprattutto per il morale. La squadra non ha perso su uno dei campi più difficili della Serie A e resta in corsa per un posto in Europa. Il distacco dalle rivali dirette però è aumentato e i rossoneri non hanno più grandi margini d’errore: di qui in avanti non basterà soltanto difendersi in maniera ordinata e attenta. I rossoneri dovranno mostrare dei progressi anche con il pallone tra i piedi se vorranno raccogliere punti contro le prossime tre avversarie: Torino, Sassuolo e Chievo. La vera dimensione della squadra di Mihajlovic si capirà di più dalla sfida con queste prossime avversarie, che sembrano arrivare al momento opportuno per permetterle un salto in avanti dal punto di vista offensivo. Ringraziamo per i dati OPTA (che potete anche seguire su Facebook e Twitter)

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