Come ogni anno, per finire nel modo migliore, il giorno di San Silvestro si chiudeva la prima metà di campionato della Premier League. Per rendere ancora più speciale l’occasione ad Anfield Road si sono sfidate Liverpool e Manchester City, le due principali inseguitrici del Chelsea di Antonio Conte, semplicemente fenomenale. Klopp e Guardiola sono arrivati alla partita delle 18:30 dopo avere visto la tredicesima vittoria consecutiva dei Blues, che nonostante i due gol subiti dallo Stoke City hanno battuto per 4-2 la squadra guidata da Mark Hughes: una dimostrazione di forza del Chelsea che, raggiunto per ben due volte nel punteggio - nel giro di 10 minuti la prima volta e dopo appena un minuto la seconda volta - ha mostrato, oltre a idee chiarissime, una solidità mentale sorprendente se si prende come metro di paragone la squadra del 2015-16.
Quindi, viste le premesse, il match di Anfield Road non rappresentava solo la partita per designare la più credibile rivale dei londinesi nella corsa al titolo di Premier League, ma era anche fondamentale, più prosaicamente, per non perdere troppo terreno dal Chelsea: prima della partita, i punti di distacco erano già 9 per il Liverpool, 10 per il City.
Filosofie di gioco, per certi versi, opposte.
La diversità dei due approcci è stata, negli anni, più volte sottolineata da Jürgen Klopp, che pur non mancando di esprimere stima per Pep Guardiola ha spesso rimarcato le differenze tra le sue squadre e quelle del collega catalano, descrivendo il proprio calcio come heavy metal e contrapponendolo alla perfezione dell'orchestra del tecnico dei Citizens.
Pur con approcci differenti, però, a confrontarsi erano le due squadre con la maggior percentuale di possesso palla della Premier League: 61% City e 59.2 % Liverpool. Nonostante ciò, era tutto sommato prevedibile che a dominare il pallone sarebbe stata la squadra di Guardiola, quella per cui il possesso dovrebbe avere l'indispensabile funzione di ordinare le proprie posizioni e disordinare quelle avversarie; di contro il Liverpool, il cui possesso è figlio piuttosto della notevole pressione esercitata sugli avversari, preferisce dominare gli spazi e sviluppare in tal modo la propria pericolosità basata essenzialmente sulla verticalità.
In effetti già dall'inizio del match è stato evidente come fosse il City a tenere il pallone tra i piedi, mentre il Liverpool preferiva focalizzare la propria partita sull'obiettivo di negare alla squadra di Guardiola gli spazi necessari allo sviluppo della propria manovra.
Klopp schierava il suo Liverpool col canonico 4-3-3 con i centravanti Sturridge e Origi in panchina, sulla linea degli attaccanti Lallana a sinistra, Firmino in mezzo e Sadio Manè a destra, a centrocampo Emre Can mezzala sinistra, Georginio Wijnaldum a destra. Guardiola, che poteva contare sul rientrante Aguero, optava invece per il doppio mediano e il 4-2-3-1 con Yaya Tourè e Fernandinho dietro la linea dei trequartisti composta da destra a sinistra da Sterling, De Bruyne e David Silva.
Palla al centro e sono già disegnati il 4-3-3 di Klopp e il 4-2-3-1 di Guardiola.
Sin dai primi minuti è stato evidente il proposito dei “Reds” di bloccare il centro del campo al City. In fase di non possesso i due esterni offensivi, Manè e Lallana, restavano strettissimi e fortemente connessi alle mezzali di riferimento. Il possesso palla del City, in questo modo, era invitato a prendere vie laterali.
Il Liverpool occupa il centro del campo con 6 uomini. Tra Manè e Lallana ci sono 20 metri così come tra Firmino e la linea difensiva. Gli unici ricevitori comodi per il City sono i terzini Zabaleta e Kolarov.
Il gol del Liverpool, arrivato molto presto, rappresenta il manifesto della partita pensata da Klopp. In occasione di un calcio piazzato sulla trequarti campo per il City, il Liverpool si compattava intasando il centro e riducendo al minimo lo spazio tra le linee.
La compattezza centrale della squadra di Klopp precedente al gol del vantaggio.
Il City ha giocato corto il pallone, provando a muovere lo schieramento compatto del Liverpool, ma appena la palla è giunta sull’esterno ha perso il possesso sulla pressione avversaria. Il Liverpool a quel punto è partito in verticale, sviluppando la sua manovra preferita e arrivando al gol con il colpo di testa di Wijnaldum che ha anticipato Kolarov, in difficoltà per tutta la partita contro la velocità dei suoi diretti avversari.
In fase di non possesso, il Liverpool alternava momenti di pressione alta - atta a sabotare la costruzione bassa del City - a ripiegamenti a cavallo della linea di centrocampo saturando gli spazi di gioco degli avversari. Entrambe la strategie mettevano in difficoltà un Manchester City parecchio deludente.
Guardiola ingessato.
In maniera abbastanza sorprendente per una squadra di Guardiola, il City non è riuscito in alcuna maniera a creare superiorità numerica o posizionale all’interno del campo: è mancato in maniera evidente l’abituali schieramento molto fluido e l’enorme ricchezza di movimenti senza palla soliti dei team allenati dal tecnico catalano. I “Citizens” restavano fissi nelle loro posizioni, favorendo la compattezza del Liverpool senza neanche provare a disordinarne la struttura difensiva.
Silva ed Aguero chiusi da 6 giocatori del Liverpool. Nessuna superiorità numerica e nessuna superiorità posizionale.
La principale strategia per sorpassare lo schieramento in fase di non possesso del Liverpool, consisteva nel provare ad approfittare dell’altezza della linea difensiva dei Reds.
Cercando di tenere sempre la squadra più corta possibile, i quattro difensori di Klopp erano sempre vicini alla linea dei centrocampisti e per questo, anche nelle fasi di difesa posizionale, sempre piuttosto alti nel campo. In difficoltà nel trovare spazi tra le maglie avversarie, il City lanciava lungo e provava a giocare il pallone alle spalle dei centrali del Liverpool; tuttavia, senza avere prima mosso e disequilibrato lo schieramento di Klopp, i palloni lanciati erano facile preda della linea difensiva del Liverpool che riusciva comodamente e con successo a giocare il cosiddetto elastico difensivo.
Un’altra strategia pensata da Guardiola sembrava mirare ad approfittare della compattezza orizzontale del Liverpool, spostando il gioco dal piede di Kolarov all’esterno opposto Sterling, sempre piuttosto largo. Ma, in pratica, il possesso palla del City non era mai sufficientemente fluido per liberare il mancino di Kolarov dalla pressione costante del Liverpool.
I (pochi) correttivi di Guardiola e quelli di Klopp.
Le cose sono migliorate leggermente nel secondo tempo, con l'unico tentativo di Guardiola di cambiare i destini tattici della gara: invertire le posizioni di David Silva e Kevin De Bruyne, con la spagnolo al centro per sfruttare la sua capacità di trovare spazio negli anfratti dello schieramento avversario, che insieme alla fatica che ha allungato le distanze tra i giocatori del Liverpool ha creato qualche falla nel muro del Liverpool. Ma il City non è riuscito a trasformare le piccole crepe della difesa del Liverpool in concreti pericoli anche per via di Mignolet.
Silva riceve tra le linee e riesce a servire Aguero. È una delle migliori azioni del City. Poca roba, ma qualcosa in più che nel primo tempo.
L’impotenza di Guardiola è fotografata dalle due sostituzioni effettuate solo a un paio di minuti dalla fine: quasi più sperando in un episodio favorevole che pensando ad un preciso cambio di strategia.
Contro un Manchester City così deludente è bastato poco a Jürgen Klopp per domare gli avversari. L’occupazione del centro del campo sommata alla tipica aggressività della sua squadra erano sassolini più che sufficienti a bloccare gli ingranaggi del gioco d’attacco di Guardiola. Il tecnico tedesco si è mostrato più pronto del collega catalano anche a partita in corso, quando, inserendo Origi al centro dell'attacco, ha dato profondità e fisicità alla sua squadra, allontanando il pallone dalla propria area nel momento in cui il muro del Liverpool mostrava i primi segni di un possibile cedimento.
Chi è la rivale del Chelsea?
La rete subita ha messo in luce le già conosciute difficoltà difensive del Manchester City, ma la partita all'Anfield Road ha esteso la crisi della squadra di Guardiola alla fase d'attacco, dimostrando indirettamente e ancora una volta l’intimo e indissolubile legame tra le due fasi di gioco.
L’azione del gol di Wijnaldum nasce dalle titubanze offensive del City che, immediatamente, si tramutano in difficoltà difensive sulla ripartenza degli avversari. Gli uomini di Guardiola non sono riusciti - anzi, meglio: non hanno nemmeno provato - a disordinare la struttura difensiva dei Reds, mettendo in mostra un calcio sterile e privo di movimento e iniziativa, in completa antitesi con quello da sempre ricercato dal proprio allenatore.
Non esattamente il tipico possesso palla di una squadra di Guardiola...
La fase offensiva del City ha prodotto solamente 9 tiri, di cui 2 dall’interno dell’area, generando solamente 0.4 expG. La miglior chance in termini di probabilità di realizzazione è stata la punizione dai 25 metri di Kolarov al secondo minuto di gioco.
L’innesto dei principi di gioco del tecnico catalano in Premier League e, nel senso opposto, gli aggiustamenti al proprio calcio per adattarlo a giocatori e contesto differenti sembrano procedere lentamente e con difficoltà. L’ultima partita del 2016 ha dilatato la distanza tra il Chelsea e il Manchester City, adesso a 10 punti, e ha addirittura portato la squadra di Guardiola fuori dalla zona Champions League. Oltre al distacco, il confronto tra le prestazioni delle due squadre nel giorno di San Silvestro rende difficile, oggi, pensare che il City possa davvero competere con la squadra di Antonio Conte.
Il Liverpool sembra avere chance più grandi, non solo per i 6 punti di distanza dal Chelsea. Contro il City la squadra di Klopp ha confermato la capacità della sua fase di non possesso di limitare il numero di tiri concessi agli avversari, riducendone stavolta anche la qualità. In fase d'attacco le ripartenze in verticale dei Reds hanno prodotto addirittura solo 5 tiri e 0.3 expG, confermando l’impressione che quello che le statistiche descrivono come il miglior attacco della Premier League in termini quantitativi, possa incontrare delle difficoltà all'innalzarsi del valore degli avversari. Il che, detto più semplicemente, significa che probabilmente la qualità complessiva dei giocatori della squadra di Jürgen Klopp è inferiore a quello delle dirette avversarie per il titolo.
Insomma, dall'ultima partita dell'anno sono arrivate buone notizie per il Chelsea di Antonio Conte che, al di là dell'incredibile record di vittorie consecutive, appare squadra più completa e compiuta delle sue rivali. Ma la Premier League è un frullatore che non abbassa mai la propria velocità, e già il 4 gennaio al White Hart Lane toccherà al Tottenham Hotspur di Pochettino, in un grande momento di forma, provare a rallentare il Chelsea e, chi lo sa, avanzare la propria candidatura al titolo di campione d’Inghilterra.