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Claudio Giuliani
Chi può battere Nadal al Roland Garros?
26 mag 2017
26 mag 2017
Lo spagnolo è per tutti il favorito assoluto: 5 tennisti che possono contrastarlo.
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Claudio Giuliani
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Se tutte le strade portano a Roma, è altrettanto vero che il torneo di Roma fornisce indicazioni stradali certe per la tappa seguente, Parigi. Gli Internazionali d’Italia sono stati il palcoscenico

di Sascha Zverev, un giocatore che ha il volto del predestinato ma che a Roma ha vinto anche perché la concorrenza, a partire da Djokovic - incapace di arrivare a 40 sul servizio del tedesco nella finale - non ha dato certo il massimo.

 

La sconfitta di Nadal contro Thiem, la seconda in carriera, non dovrebbe scalfire il suo ruolo di favorito assoluto per il Roland Garros, come è considerato da tutti: giocatori, giornalisti e agenzie di scommesse.
Arrivato a Roma stanco e con la voglia, forse, di abbandonare presto il torneo, Nadal ha avuto un tabellone agevole: non ha praticamente giocato con Almagro, infortunatosi dopo tre game, ha battuto facilmente Jack Sock per poi lasciare il torneo al primo vero ostacolo, Thiem nei quarti di finale, in un match in cui all’austriaco “è entrato tutto”, parole sue. Per nulla dispiaciuto, Nadal ha dichiarato che sarebbe andato a pescare il giorno dopo. Aveva bisogno di relax dopo cinque settimane in cui ha giocato 18 partite vincendone 17, conquistando Montecarlo, Barcellona e Madrid perdendo solamente due set.

 

Rigenerato da una pausa di dieci giorni, non avendo mai giocato in carriera la settimana prima di Parigi, Rafael Nadal comincerà la sua campagna parigina con la consapevolezza che quest’anno può veramente ambire alla vittoria finale. Un anno fa, proprio a Parigi, iniziarono i suoi problemi al polso. Fu costretto al ritiro nel terzo turno in un incontro che neanche giocò e il resto del 2016 fu un calvario. Quest’anno, non ci fosse stato Federer, capace di batterlo in tutti e tre i loro incontri del 2017, avrebbe forse vinto qualche torneo in più. Attualmente Nadal guida la classifica Race del ranking, quella che tiene conto dei risultati dell’anno in corso e che a fine 2017 coinciderà con il ranking generale. Ora, al meglio della condizione fisica e libero da infortuni, Nadal sembra aver recuperato la fiducia in se stesso, un fattore determinante nelle prestazioni sportive a questo livello. Rafa continua ad alternare giornate buone ad altre meno buone, e questo lo si deve all’età che avanza e allunga i tempi di recupero fra un match e l’altro, rendendo complicato replicare prestazioni di grande intensità in un breve lasso di tempo. Eppure è molto difficile non vederlo favorito per la conquista di quello che sarebbe il suo decimo titolo al Roland Garros.

 

La domanda allora diventa: quali sono i giocatori che possono negargliela?

 

 



 

L’austriaco è l’unico tennista ad aver battuto Rafal Nadal su terra battuta nel 2017. Nelle finali di Barcellona e Madrid lo spagnolo è riuscito a prevalere contro Thiem sempre in due set, con sofferenza nel primo e poi in maniera più agevole nel secondo parziale. Thiem, a Roma, ha dimostrato di saper giocare con la strategia giusta per battere questo Nadal, e cioè attaccarlo dalla prima all’ultima palla alzando il ritmo fino a un livello insostenibile per lo spagnolo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Sn0NCX_55fU

 

A Roma è andata così e i potenti colpi da fondo campo dell’austriaco sono rimasti tutti in campo. Thiem ha mostrato qualche segnale di maturazione, come l’aver deliberatamente scelto di colpire al servizio con meno velocità per avere una percentuale più alta di prime, per condurre più scambi con i fondamentali da fondo campo. Ma Thiem può giocare in questa maniera in un match al meglio dei cinque set?

 

Anche se Nadal non dà le stesse garanzie di un tempo, si può essere sicuri che può comunque reggere il suo attuale livello di gioco dal punto di vista atletico per diverse ore. Lo ha già dimostrato in Australia, perdendo di un soffio contro Federer dopo aver lottato contro Dimitrov per quasi cinque ore nella semifinale. Oltretutto a Parigi Nadal avrà il vantaggio di giocare nel campo più grande del mondo. Gli out (i metri di campo dopo le linee, in larghezza e lunghezza) del Philippe Chatrier, il centrale, sono i più ampi del tennis; come Rafa ha già sottolineato in conferenza stampa a Roma dopo la sconfitta contro Thiem, «il campo centrale degli Internazionali è molto stretto e questo ha consentito a Dominic di avere riferimenti ben precisi per tirare vincenti».

 

Ci sono giocatori che possono provare una sensazione di spaesamento quando giocano su campi dalle dimensioni molto ampie. Nadal invece quando vede il campo “allargarsi” finisce per esaltarsi e aumenta il livello del proprio gioco. Thiem, che a Parigi deve difendere i punti della semifinale del 2016, raccoglierà forse l’eredità di Nadal di miglior giocatore da terra rossa, ma non sembra pronto per farlo già nella prossima edizione del Roland Garros.

 

 





Il serbo nell’ultimo mese si è dimostrato uno straordinario newsmaker: prima l’annuncio della fine della collaborazione con Marian Vajda e il suo team, che lo seguivano da oltre dieci anni; poi, in conferenza stampa post finale persa contro Zverev, ha ufficializzato la collaborazione con Andre Agassi fin dal Roland Garros; il giorno dopo, neanche il tempo di metabolizzare la notizia, è diventato il nuovo “coccodrillo” della Lacoste.

 



 

La sua miglior partita dell’anno è stata la semifinale vinta contro Thiem a Roma per 6-1 6-0. L’austriaco aveva esaurito le energie mentali, almeno così ha detto, e per Nole è stato fin troppo facile arrivare in finale a Roma, un torneo nel quale era accompagnato da suo fratello Marko e da Pepe, il guru che lo segue. Djokovic ha reintrodotto uova e pesce nella sua dieta gluten-free, sembra aver recuperato appieno dall’infortunio al gomito destro ma non sembra essere ancora tornato al livello di onnipotenza mentale di quando vinceva le partite con la semplice telecinesi.

 

Al Roland Garros sarà affiancato da Agassi, con il quale dovrà prendere confidenza (si sono sentiti solo al telefono nelle ultime settimane) per costruire un rapporto che,

, non avrà troppa continuità. A questo aggiungiamoci che l’americano è alla sua prima esperienza da coach ed è lontano dal circuito dal 2006, l’anno del suo ritiro. Cosa potrà dare a Djokovic? Il rischio è che coach Agassi possa rappresentare un’ulteriore distrazione per Novak, considerato il clamore mediatico. Oppure potrebbe funzionare l’altra faccia della medaglia: Agassi potrebbe catalizzare tutta l’attenzione dei media spostandola dalla condizione del tennis espresso da Djokovic in questo fallimentare, fin qui, 2017. Mai dare battuto in partenza il tennista serbo, che potrebbe improvvisamente risorgere a Parigi. Anche se sarebbe una sorpresa.

 

 



 

Il 2017 di Andy recita: 23 match giocati, 16 vittorie e 7 sconfitte, un solo torneo vinto, a Dubai. E poi un infortunio al gomito che gli ha impedito di fare risultati nei tornei americani. È diventato padre nel 2016 e magari deve ancora trovare la quadra su come vivere tennis e famiglia in maniera proficua. Di certo, alcune sue sconfitte sono state imbarazzanti. Ramos-Viñolas, Coric, Fognini: a Montecarlo, Madrid e Roma ha perso tre partite contro giocatori non esattamente di primo piano.

 

https://www.youtube.com/watch?v=hv74ZiDaJ8k

 

Al torneo di Barcellona ha perso in semifinale (dopo essersi vendicato contro Ramos-Viñolas nei quarti) contro Dominic Thiem, in tre set. L’impressione è che Murray non sia al meglio e che non sia un giocatore capace di vincere se non si allineino le stelle di condizione atletica, concentrazione, qualità di gioco. Comunque, giocare sulla distanza dei cinque set sicuramente gli può tornare utile.

 

Andy Murray ha bisogno di cambiare passo in questo 2017 fin qui molto deludente. Anche perché, se non lo farà, perderà la posizione di numero 1 nel ranking. A partire dal Roland Garros, nei prossimi sei mesi lo scozzese sarà chiamato a difendere l’enorme cifra di 9.160 punti, quasi la totalità del capitale, 10.370, che oggi gli consente di stare in cima. In buona sostanza: Murray deve ricominciare a vincere tornei importanti. A Parigi un anno fa perse in finale contro Novak Djokovic e oggi immaginarlo arrivare fino in fondo risulta molto complicato.

 

 



 

Osannato come futuro n.1 del mondo, Sascha Zverev arriverà a giocare il torneo di Parigi con una pressione molto grande proprio per la vittoria degli Internazionali. Ha battuto un buon Djokovic, e pazienza se ha faticato anche contro Kevin Anderson al primo turno, il suo torneo è stato un crescendo. La sua impostazione di gioco, al momento, lo fa rendere al meglio proprio sulla terra rossa. Non è un giocatore da rapidi scambi, ma possiede il cambio di velocità sia di dritto che di rovescio. Anche atleticamente non sembra avere problemi. Manca di soluzioni alternative al gioco di fondo campo: la sua mano non è delicata, e sulla terra volée in controtempo e smorzate sono colpi importanti, specie nei match che si allungano.

 

Nei tornei dello Slam, fin qui, Zverev non è mai andato oltre il terzo turno. A Parigi sarà testa di serie numero 9 quindi dovrebbe avere dei primi turni agevoli (anche se dovrà sperare di non incrociare uno specialista in forma nei primi turni) per poi trovare nell’ipotetico quarto di finale uno fra Thiem, Nishikori, Raonic e Cilic, a patto che ci arrivino. Di sicuro arriva al Roland Garros nel momento migliore della stagione e con la piena consapevolezza di poter vincere grandi tornei. Lo ha dichiarato lui stesso subito dopo la vittoria di Roma: «Prima di questa settimana mi davo zero chance di vincere il Roland Garros. Come ho dimostrato questa settimana, posso battere i migliori nei grandi tornei. Spero di mantenere questo stato di forma fino a Parigi, poi vedremo cosa succederà».

 

https://www.youtube.com/watch?v=3Gecfbc9jlI

 

A qualcuno è risultato arrogante, per noi è solo consapevolezza dei propri mezzi. Per molti anni le nuove generazioni del tennis hanno fallito o sono arrivate a vincere qualcosa di importante quando erano già vecchi. Si pensi a Dimitrov: ancora oggi c’è chi aspetta la sua definitiva affermazione dopo anni passati a definirlo come il nuovo Federer. Grisha, 26 anni, non ha mai vinto un torneo Master 1000. Zverev è il primo tennista nato negli anni ‘90 ad avercela fatta; prima di lui c’era riuscito solamente Marin Cilic, classe 1988, che nel 2016 ha vinto il torneo di Cincinnati all’età di 26 anni. Si capisce quindi che le aspettative sono molto alte. Se vuole rimanere in top 10 e provare a finire l’anno nei primi 8 questo è il momento di fare punti.

 

 



 

Se per cercare di valutare i nomi fin qui citati in termini di possibilità di vittoria ci siamo affidati a numeri, condizione psicofisica, motivazioni e altro, questo gioco non vale di certo per Stan Wawrinka. Se lui decide di vincere il torneo, lui lo vince. Svogliato per la maggior parte del 2017, a Wawrinka non interessa perdere contro Paire a Montecarlo o contro Isner a Roma. Quando il palcoscenico è importante, potrebbe improvvisamente aver voglia di concentrare tutte le sue energie fisiche e mentali sul torneo, regalarsi i classici quindici giorni di gran tennis che in carriera ha già vissuto tre volte, per arrivare fino in fondo e poi vincere. Perché anche questo è significativo: Stan è arrivato tre volte in finale di tornei dello Slam e per tre volte ha vinto, senza neanche mettere in discussione l’esito della finale.



 

 

 

Un dato che racconta un giocatore totalmente in controllo delle sue possibilità di vincere le partite. Parigi è poi il torneo dove Wawrinka non potrà soffrire i giocatori di anticipo, quelli che gli levano il tempo di giocata (come Federer nella semifinale degli Australian Open, visto che non ci sarà). Lo svizzero potrà giocare da fondo campo nello sconfinato out del Philippe Chatrier (valgono le stesse considerazioni fatte per Nadal) e accelerare improvvisamente anche da metri dietro la linea di fondo, tanta è la potenza dei suoi colpi di rimbalzo. Se Stan sarà ancora The Man solo lui potrà deciderlo: e Nadal potrebbe incontrarlo, eventualmente, solo in finale.

 

 

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