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Chi ha vinto il calciomercato invernale
04 feb 2020
04 feb 2020
E altre nove domande sulla sessione appena conclusa.
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1. L’Inter ha vinto questa sessione invernale

Christian Eriksen è il giocatore più forte ad aver cambiato squadra nei principali campionati europei, e basta questo a fare dell’Inter la regina della finestra di mercato appena conclusa. Il centrocampo era stato il reparto più penalizzato dagli infortuni a un certo punto della stagione e l’Inter l’ha rinforzato con il miglior giocatore disponibile sul mercato. L’inserimento di Eriksen è appena agli inizi e sembra che Antonio Conte sia disposto a ritoccare il suo 3-5-2 per permettere al danese di giocare su una linea più avanzata rispetto agli altri due centrocampisti, anche se all’occorrenza Eriksen può abbassarsi sul centro-sinistra o allargarsi sulla fascia per rispettare alcuni dei movimenti richiesti alle mezzali nella circolazione della palla. Comunque sia, l’aggiunta di un giocatore come Eriksen era ciò che serviva per continuare ad accorciare la distanza con la Juventus in termini di qualità e profondità della rosa.

Anche gli altri due nuovi acquisti, Ashley Young e Victor Moses, hanno giocato a lungo in Premier League e alzano la qualità dell’Inter in ruoli che andavano rinforzati, gli esterni del 3-5-2, anche se a un livello più basso rispetto a Eriksen. Young si è conquistato subito un posto tra i titolari, giocando sia a destra che a sinistra, e all’esordio in campionato contro il Cagliari ha servito un assist per il gol di Lautaro Martínez. Moses è entrato in squadra contro l’Udinese sulla fascia destra, in un ruolo in cui era già stato impiegato da Conte al Chelsea, e sembra quindi aver recuperato dagli infortuni che lo avevano limitato al Fenerbahce. Da quel lato, se Moses non dovesse dare garanzie a livello fisico, Conte può comunque schierare Candreva, uno dei giocatori più sorprendenti nella prima parte della stagione.

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Foto di Alessandro Sabbattini / Getty Images.

Non è arrivato un attaccante, e anzi la cessione di Politano al Napoli ha tolto un alternativa in zone avanzate. Alexis Sánchez ha però recuperato dall’infortunio che in pratica gli ha fatto saltare la prima metà della stagione e con Sebastiano Esposito si alternerà per dare il cambio a uno tra Lukaku e Lautaro. Forse la rosa non è stata rinforzata come avrebbe voluto, ma ora Conte ha a sua disposizione una squadra più pronta a continuare la corsa a tre per lo scudetto con la Juve e la Lazio.

2. Anche la Fiorentina mica male

Difficilmente il mercato di gennaio finisce per rivoluzionare una squadra come accaduto con la Fiorentina. 12 cessioni, quasi tutti giocatori poco o per niente impiegati, e 6 acquisti di rilievo per dare a Iachini i rinforzi necessari per completare questa stagione, ma anche pensando al futuro.

I viola sembrano aver fatto un bel mercato mercato: nei primi giorni è arrivato Cutrone, per coprire un buco nel ruolo di centravanti, visto che a disposizione c’era il solo Vlahovic. Cutrone è un giocatore affidabile, senza picchi eccezionali, ma in grado di lavorare bene negli schemi di Iachini. Nelle ultime 48 ore poi Pradè e Commisso si sono scatenati: dalla SPAL è arrivato Igor, già impiegato contro la Juventus nella difesa a 3, ma che può fare anche l’esterno. Dal Sassuolo è arrivato Duncan, affidabile come centrocampista di complemento; mentre dal Genoa sono stati presi Agudelo, a lungo corteggiato anche dal Parma, e soprattutto Kouamé, un giocatore in questo momento fermo per la rottura del crociato, ma che aveva dimostrato di essere uno dei giovani più interessanti della Serie A (ovviamente la tipologia dell’infortunio subito lo rende in qualche modo un rischio). L’acquisto forse migliore è stato però Amrabat, che arriverà però a giugno. Il giocatore del Verona è già oggi uno dei migliori centrocampisti difensivi della Serie A e porterà nel centrocampo della Fiorentina grande fisicità e dinamismo.

Il valore del mercato della Fiorentina andrà valutato in estate: i due migliori acquisti saranno disponibili solo a giugno e anche i molti prestiti con obbligo di riscatto fanno pensare che in estate arriverà anche qualche cessione importante. Commisso ha però dimostrato di tenere alla squadra e di voler lavorare per migliorarla, un buon segnale per i tifosi.


3. Gli acquisti e gli scambi più assurdi

Bjarnason al Brescia

Bjarnason ha firmato il suo contratto di 6 mesi con il Brescia il 17 gennaio, ma la scaramanzia di Cellino ha impedito che l’acquisto venisse annunciato quel giorno. Arrivato dalla squadra saudita dell'Al Arabi, il giocatore islandese ha un passato in Italia, tra Pescara e Sampdoria, abbastanza da guadagnarsi l’affetto dei tifosi (esiste una pagina dal nome Il Calcio Nordico - Bjarnason figlio di Odino). Nell’estate del 2016 l’Islanda lo richiamò per una partita di qualificazione all’Europeo, facendogli perdere i playoff di Serie B con il Pescara. Per protesta i tifosi dichiararono guerra all’Islanda e intasarono le pagine social della Nazionale con battute in dialetto e riferimenti alle pecore e agli arrosticini.

Insomma Bjarnason è una specie di eroe minore, somiglia a Thor, ha fatto parte dell’epica dell’Islanda agli Europei del 2016. Dopo due anni all’Aston Villa in estate si era trasferito nella Qatar Star League. Sembrava la fine della sua carriera e invece il Brescia l’ha riportato in Europa sperando di aggiungere peso al proprio centrocampo. Vedremo cosa accadrà.

Masiello al Genoa

Dopo 9 anni all’Atalanta, Andrea Masiello si è trasferito al Genoa, facendo il percorso inverso che circa tre anni fa ha portato Gasperini a Bergamo. A dare ulteriore misticismo al trasferimento ci si è messo anche il fatto che l’esordio di Masiello con la maglia rossoblù è avvenuto proprio contro l’Atalanta, la cui tifoseria lo ha omaggiato a fine partita facendolo commuovere mentre faceva il rituale giro di campo mano nella mano con le sue due figlie. Durante il primo tempo la curva Pisani del Gewiss Stadium ha mostrato uno striscione che recitava: “Mai un coro a tuo favore… Ma la maglia l’hai sempre sudata con onore…”, che è sicuramente un modo bizzarro di onorare un calciatore.

Masiello ha sempre dimostrato almeno 40 anni, e sono circa 15 che bazzica tra Serie A e Serie B, ma è ancora incredibilmente giovane (33 anni) e sembra poter ancora dare un contributo sostanziale alla causa della squadra di Nicola. Per lui il Genoa rappresenta un ritorno, dato che con la maglietta rossoblù raccolse le sue prime presenze in Serie A, nella stagione 2007/2008 (se si esclude l’esordio assoluto con la Juventus, nell’aprile del 2005). Da allora sembra passata una vita, e forse è passata davvero.

Lo scambio Caldara-Kjaer

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Immaginate se vi avessero raccontato di questo scambio due anni fa, quando Mattia Caldara era il miglior giovane difensore italiano e Simon Kjaer stava concludendo la sua carriera dignitosamente al Siviglia. Il cambiamento nel calcio può essere doloroso. Il ragionamento dietro questo scambio è persino semplice: il Milan aveva bisogno di un giocatore sano che potesse giocare; l’Atalanta poteva permettersi una scommessa, specie a queste condizioni. Caldara ha 18 mesi di prestito per dimostrare di essere ancora un calciatore, al termine dei quali l’Atalanta potrà decidere se esercitare il diritto di riscatto o no. Rimane strano che tre giorni dopo il suo arrivo Caldara era già in campo, nonostante col Milan non fosse considerato arruolabile. C’è un mistero insomma dietro questo scambio, qualcosa che capiremo tra qualche mese.

Ibanez alla Roma

C’è una ragione precisa per cui la Roma si è sentita di investire 10 milioni in un difensore con solo una manciata di minuti in stagione? No, non c’è. Poi magari si rivelerà un grande acquisto ma oggi come oggi Ibanez dall’Atalanta alla Roma è l’equivalente di chi si compra una giacca da 500 euro su Amazon senza prima averla neanche provata in un negozio (con la differenza che su Amazon la giacca la puoi mandare indietro).


4. L’addio più doloroso

Bye bye Suso

Suso se n’è andato a Siviglia lasciando ai tifosi del Milan il ricordo della sua versione decadente mostrata lo scorso 6 gennaio contro la Sampdoria, lenta e a disagio a giocare la palla con il piede destro nei momenti decisivi, quando ha avuto l’occasione di tirare in porta o di rifinire l’azione con un cross. Buona parte della tifoseria rossonera ormai non sopportava più Suso e la partita con la Samp, l’ultima giocata da titolare dallo spagnolo con la maglia del Milan, ha rappresentato nel modo più chiaro possibile quel conflitto. La cessione è stata quindi un epilogo naturale, per tutte le parti in causa. Il Milan, se le cose andranno bene a Siviglia, potrà mettere a bilancio una plusvalenza e Suso cercherà di ritrovare il suo livello di gioco in un ambiente più sereno. Anche per i nuovi equilibri tattici del Milan, che ha subito accentrato il gioco su Ibrahimovic, la presenza di un altro accentratore come Suso a destra ormai non era più necessaria.

La centralità che negli anni si era costruito lo spagnolo non sempre si traduceva in giocate decisive. In campionato non è mai andato oltre i 7 gol e quel suo modo di giocare meccanico e ripetitivo ha forse portato a sottovalutare la quantità di occasioni che riusciva a creare. Dal 2016/17, la stagione in cui è diventato titolare al Milan, Suso ha servito 28 assist e si è affermato come uno dei giocatori più creativi del campionato. Anche nei primi mesi di questa stagione, la peggiore per rendimento da quando è rientrato al Milan dopo il prestito al Genoa, Suso era tra i primi dieci in Serie A per occasioni create. Nei progetti del Milan era ormai finito ai margini e la cessione alla fine è sembrata inevitabile, il suo passaggio in rossonero merita però di essere ricordato con toni meno severi di quelli che lo hanno accompagnato nei suoi ultimi mesi a Milano.

Florenzi tu quoque

Forse ancora più doloroso dal punto di vista umano è stato l’addio di Alessandro Florenzi. Era finito ai margini nelle gerarchie di Fonseca, che ormai gli preferiva sia Spinazzola che Santon come terzino destro e chiunque altro sulla trequarti, e ha fatto benissimo a cercarsi una squadra in cui giocare per non perdere il posto in Nazionale. Va detto però che da inizio stagione stava giocando veramente male e la sua involuzione tattica e tecnica, fatta di scelte ambiziosissime ma spesso assurde, sembrava quasi irrimediabile. Cambiare contesto è una scelta razionalmente giusta per entrambe le parti in causa.

Più in generale però Florenzi sembrava essersi esaurito, consumato, anche dalle aspettative che vengono da quella fascia da capitano. È strano, perché era chiarissimo a tutti che Florenzi non era e non sarebbe mai potuto diventare un capitano come Totti e De Rossi, ma al tempo stesso il principale capo di accusa contro Florenzi è che non era come Totti e De Rossi. Roma sa essere una città tremendamente inospitale, persino con chi ci ha vissuto tutta la vita, e Florenzi non avrebbe meritato il cinismo e la crudeltà (anche se spesso nascosti sotto strati di layer) di questi mesi. Forse tra qualche tempo il pubblico romanista potrà chiedersi se è stato giusto a trattare così un giocatore che, con tutti i suoi limiti, avrebbe fatto tutto il possibile per vestire quell’unica maglia in carriera.


5. Anche Gervinho ci ha fatto rimanere male (ancora)

Quando il Parma ha riportato Gervinho in Italia l’estate scorsa, era sembrata una mossa disperata. I ducali erano appena tornati in Serie A e cercavano un giocatore che potesse svoltargli la fase offensiva, ma nessuno pensava davvero potesse essere l’ala ivoriana reduce da due stagioni e mezzo in Cina. E invece Gervinho si è da subito messo in luce come uno dei giocatori più eccitanti del campionato, capace di produrre giocate irreali grazie alla sua velocità, stupendo positivamente tutti. In poche settimane ci ha fatto innamorare nuovamente del suo gioco pazzo e spregiudicato e la nostra speranza era quella di averlo in Italia il più a lungo possibile, per poter ammirare un giocatore unico. Per questo quando D’Aversa, nella conferenza stampa prima della partita contro il Cagliari, ha detto che non si era presentato alle ultime tre sedute d'allenamento, forzando di fatto una cessione, siamo rimasti tutti molto delusi.

Gervinho al Parma sembrava aver trovato una maturità che spesso gli era mancata nei suoi anni all’Arsenal e alla Roma, diventando il leader tecnico di una squadra che in questo momento può ambire all’Europa. Certo, un professionista può scegliere il percorso che preferisce per la sua carriera e a 32 anni Gervinho pensa di poter firmare in Qatar l’ultimo contratto importante della carriera e magari giocare in un contesto con meno pressione.

Ad oggi il trasferimento è bloccato, con la federazione del Qatar che sostiene i documenti siano arrivati oltre il limite. Il Parma ha fatto ricorso e sapremo nei prossimi giorni cosa accadrà, tuttavia veder partire uno dei calciatori più eccitanti e ben voluti della Serie A sarebbe davvero un peccato, anche se dobbiamo accettare le scelte che gli atleti fanno per la propria carriera.


6. Il Genoa sta tankando?

Difficile capire se il Genoa ultimo in classifica, già al suo terzo allenatore stagionale, con il mercato di gennaio abbia provato disperatamente a salvarsi o piuttosto a scendere in B in modo pirotecnico. Mattia Destro, ad esempio, arrivato a Genoa con poco più di 180 minuti in stagione nelle gambe (e un infortunio che lo ha tenuto fermo un mese e mezzo tra ottobre e dicembre), sarà l’eroe di un girone di ritorno in cui il suo riscatto individuale si accompagnerà a quello della squadra, o è piuttosto il simbolo di come in tempi difficili ci si aggrappa a qualsiasi speranza anche la più irrazionale? E Valon Behrami, espulso contro l’Atalanta, riuscirà a risolvere i problemi del centrocampo o servirà giusto a sfogare un po’ di rabbia per non andarsene “lievemente” nella notte (come scriveva Dylan Thomas)?

A parte Perin, che sembra semplicemente tornato da un viaggio vacanza in cui ha esplorato ogni angolo della panchina della Juventus, un viaggio che - perché no - potrebbe persino averlo arricchito sul piano personale, questo ragionamento vale un po’ per tutti i nuovi acquisti che Preziosi ha messo a disposizione di Davide Nicola. Magari anche Iago Falque era finito ai margini, al Torino, per ragioni che non hanno niente a che fare con le sue qualità ed è pronto a un grande girone di ritorno con la squadra che lo ha lanciato. Magari anche Soumaro ed Eriksson aiuteranno la causa del più vecchio club italiano che non vuole scendere nella serie cadetta. Sulla carta, però, sembra che non dal mercato non sia arrivato un grande aiuto.

Mettiamola così, almeno non se ne sono andati né Pandev (che forse alla fine non è mai stato in procinto di tornare all’Inter) né Criscito (che invece ha rifiutato la Fiorentina). Neanche gli addii di Agudelo, che non sembrava rientrare nei piani di Nicola, e Kouamé, infortunato ancora a lungo, dovrebbero pesare più di tanto. E forse è una buona notizia anche il mancato arrivo di Iturbe, perché c’è un limite anche al caos creativo oltre il quale diventa entropia autodistruttiva.

Il pareggio con l’Atalanta (2-2) può far sperare che al Genoa non servissero giocatori nuovi in grado di cambiare le cose, quanto piuttosto svegliarsi dal brutto sogno della prima metà di stagione. Ci riusciranno o ricorderemo questo mercato di gennaio come uno dei peggiori tentativi di un Presidente di mostrare anche solo il minimo interesse a far restare la propria squadra in Serie A? Time will tell.


7. L’acquisto che speriamo funzioni

Mattia Caldara all’Atalanta

La storia di Mattia Caldara è una delle più misteriose e tristi del calcio italiano. Non bastano infatti gli infiniti problemi fisici a spiegare del tutto il perché negli ultimi due anni ha accumulato appena 2 presenze con la maglia del Milan, di cui nessuna in Serie A. Appena tornato all’Atalanta del resto Caldara è stato buttato subito in campo, infittendo il mistero sul suo mancato utilizzo in rossonero. Dopo alcune prestazioni poco convincenti - ma giustificabili dalla sua assenza dal campo - Caldara è tornato in panchina e Bergomi ha detto: «Ne parliamo tutti bene e gli allenatori non lo fanno giocare, bisognerebbe capire il problema». Caldara ha ancora 26 anni e sarebbe una grande notizia anche per la Nazionale vederlo tornare ai suoi livelli con la maglia della squadra in cui è cresciuto.

Zlatan Ibrahimovic al Milan

C’è stato parecchio scetticismo intorno all’ennesimo capitolo italiano della carriera di Zlatan Ibrahimovic, tornato al Milan a 38 anni dopo un grave infortunio al ginocchio e due stagioni a svernare in MLS. Eppure chi non è scettico è proprio lui, che al momento del suo arrivo ha condiviso sui social un fotomontaggio mentre fa a braccio di ferro con un diavolo vestito con una tunica bianca.

A questo punto della sua carriera, Ibra non deve più dimostrare nulla a nessuno e la scelta di firmare con il Milan ci racconta di un amore verso il calcio più genuino di quello che credevamo. Lo svedese è tornato in Italia per sporcarsi le mani in una squadra in crisi, convinto di poterla aiutare a ripartire verso un futuro migliore. In queste prime partite ha messo in mostra limiti fisici piuttosto evidenti, ma anche una tecnica ancora unica per il nostro campionato. Vedere Zlatan in campo la domenica rende la Serie A un posto migliore e tifare almeno un po’ per lui dovrebbe essere normale, anche senza tifare Milan.

Lucas Castro alla Spal

Forse non tutti se lo ricordano ma c’è stato un momento in cui Lucas Castro e il “Papu” Gomez giocavano nella stessa squadra ed erano considerati più o meno allo stesso modo due dei più promettenti talenti della Serie A. Era il lontano 2012/2013 e il Catania sembrava poter essere una fucina di giovani giocatori e allenatori per l’élite del campionato. Da allora molte cose sono cambiate, e le strade di Castro e Gomez hanno preso strade tortuose e imprevedibili che li hanno portati in punti della loro carriera molto diversi e distanti da quelli che forse ci immaginavamo per loro sette anni fa.

Se Gomez, però, nella parte finale della sua carriera sta avendo quel riconoscimento di giocatore di alto livello che il suo talento si merita, Lucas Castro è invece rimasto nelle retrovie del campionato. Prima trascorrendo un anno in Serie B con la maglia del Catania, poi contribuendo per tre stagioni di fila alla salvezza del Chievo. Quando finalmente sembrava potesse consacrarsi in un progetto più ambizioso, passando al Cagliari insieme a Rolando Maran, Castro si è però rotto il legamento crociato del ginocchio. E quello che doveva essere il suo posto sulla trequarti nella miracolosa stagione della squadra sarda è stato così occupato da Radja Nainggolan e Joao Pedro. Chissà, magari senza quell’infortunio anche Castro avrebbe avuto una sua consacrazione nella periferia del calcio italiano, esattamente come Gomez.

Oggi invece Castro è condannato a ricominciare un’altra volta da una squadra invischiata fino al collo nella lotta per non retrocedere: la SPAL. La squadra di Ferrara sembra avere proprio bisogno di un centrocampista che sappia dare dinamismo al centrocampo alzando allo stesso tempo la qualità tecnica della rosa. E Castro, di certo, è perfettamente abituato a mettere a disposizione il proprio talento a squadre disperate. Adesso che la consacrazione ad alti livelli è ormai sfumata, sarebbe bello se Castro facesse brillare ancora una volta il suo talento in un contesto così difficile. Non sarebbe il lieto fine che forse la sua carriera avrebbe meritato, ma avrebbe per lo meno una coerenza con il resto del suo percorso all’interno del campionato italiano che non si vede tutti i giorni.


8. La ricostruzione di Napoli e Milan

Napoli e Milan erano le squadre più deluse del girone d’andata ed è anche naturale, quindi, che siano state le due squadre a muovere più giocatori nel mercato invernale. Quello in cui di solito si mettono giusto a posto alcuni tasselli della rosa. Entrambe hanno proceduto in sottrazione, liberandosi o sostituendo (nel caso del Napoli parliamo di lungo periodo, perché per ora ha tenuto tutti in rosa) alcuni giocatori che fino al giorno prima - più o meno letteralmente - erano fondamentali.

Il Milan si è tolto il peso psicologico ed economico di Suso e Piatek, dando totale fiducia a Ibra. Il Napoli invece, dopo aver cambiato allenatore, ha inserito da subito Demme, davanti alla difesa, e Lobotka come mezzala, a cui si aggiungerà Politano sull’esterno nelle prossime settimane e, a giugno, Petagna al centro dell’attacco e Rahmani in difesa; preparando alcuni addii eccellenti (Mertens e Callejon quasi certamente, forse anche Allan e Koulibaly) e rinunciando per il momento a valorizzare l'acquisto più importante della scorsa estate, Lozano.

Il Napoli 2020/21 potrebbe essere molto diverso da quello di inizio stagione ed è difficile capire se ne verrà fuori rafforzato, mentre il Milan già dal girone di ritorno proverà, per l’ennesima volta, a crearsi una base solida su cui costruire. In ogni caso è piuttosto raro vedere due squadre di alto livello reagire a una crisi in maniera così radicale, e forse oltre a ragione tecniche e tattiche c’è anche il desiderio di puntare su uomini diversi, con motivazioni e rapporti diversi con dirigenza, allenatori e pubblico.

Così, poco prima di giocarsi gli ottavi di Champions, il Napoli è tornato a vincere due partite di seguito in campionato da settembre e psicologicamente sembra in crescita (anche grazie alla vittoria sulla Juve, su Sarri). Il Milan viene addirittura da sette risultati utili consecutivi tra campionato e coppa, e si è portato a ridosso della zona Europa League. Resta da capire quanto le rispettive visioni manageriali siano lungimiranti o se piuttosto siano servite a tappare falle d’emergenza.

Ricostruirsi non è mai facile, ci vuole coraggio e alcune scelte in un primo momento possono sembrare controintuitive, nel calcio come nella vita.


9. Sicuri che alla Juventus non servisse nessuno?

Dopo la partita con la Fiorentina, quasi per giustificarsi, Sarri ha detto che lasciare fuori Paulo Dybala «è una bestemmia». Implicitamente stava sottolineando come la profondità della rosa della Juventus fosse quasi un problema per lui. Anche per questo la Juventus a gennaio ha fatto mercato solo in uscita: Pjaca è andato in prestito all’Anderlecht, Mandzukic è stato ceduto all'Al-Duhail, mentre Emre Can nell’ultimo giorno di mercato è andato in prestito con obbligo di riscatto al Borussia Dortmund. In entrata è stato comprato Kulusevski, ma arriverà solo a giugno. Sono cessioni che toccano poco la squadra, visto l’impiego nullo dei due croati e delle difficoltà trovate da Can nel nuovo sistema di Sarri, in un ruolo dove c’è anche troppa abbondanza.

Ovviamente ogni squadra è imperfetta e questo vale anche per i bianconeri, ma è difficile immaginare come si poteva migliorare a gennaio, quando spostare i giocatori più forti è quasi impossibile. Per diversi giorni è sembrato certo lo scambio tra De Sciglio e Kurzawa con il PSG, una mossa che non avrebbe aumentato numericamente la rosa, ma avrebbe dato la possibilità a Sarri di provare un terzino diverso, visto che sia l’italiano che Danilo non sembrano aver convinto l’allenatore.

Ecco forse un terzino avrebbe fatto comodo: a sinistra Alex Sandro ha giocato quasi tutte le partite e provare a riportare a Torino Luca Pellegrini dal Cagliari come riserva poteva essere una buona idea per allungare le rotazioni del reparto, anche considerando che già oggi il giovane difensore sembra più forte e integro di De Sciglio e Danilo. In difesa Chiellini dovrebbe tornare a breve e con lui i centrali torneranno ad essere quattro, dopo l’infortunio di Demiral.

Per migliorare la Juventus in questo momento bisognava arrivare ad un grandissimo nome: un centravanti migliore di Higuain (Cavani?) o una mezzala nettamente più forte di quelle in rosa (Pogba?). Comprando tanto per comprare si sarebbe corso il rischio di allungare ancora la rosa, senza però alzare la qualità della stessa. I bianconeri dovranno capire cosa vogliono fare, ma dovranno farlo in estate. Sposare in pieno il progetto di Sarri, anche stravolgendo la rosa o continuare con questa squadra, magari puntellando alcuni reparti in attesa di un nuovo allenatore e un nuovo progetto tattico?


10. Non ci stancheremo mai di credere in Saponara

Saponara ha ormai perso i capelli: la versione che si è presentata a Lecce ha la testa lucida e una combinazione baffi-pizzetto più folta del solito. Saponara è quindi entrato nell’età della ragione, tormentato dai problemi fisici e da una mancanza di continuità cronica. Ormai hanno tutti perso le speranze su Saponara, alla cui lista di infortuni su Transfermarkt non manca davvero niente.

Provando a capirci qualcosa, è soprattutto la caviglia ad affossarlo, e in questa stagione finora ha giocato appena 5 partite. Oggi fa ovviamente tristezza rileggere le dichiarazioni di Maurizio Sarri, suo mentore a Empoli, che su di lui disse: «Saponara è un fuoriclasse e sarà destinato a società importanti, in Italia non se lo potrà permettere più nessuno» nel 2015, quando Saponara giocava ancora all’Empoli; poi qualche mese fa, già con la voce trasfigurata dall’amarezza, «A Empoli avevo un giocatore meraviglioso, Saponara, che vendemmo al Milan. Saponara è uno dei giocatori più forti che abbia mai visto, ma un po’ fragile dal punto di vista mentale».

Noi, da parte nostra, non smetteremo mai di credere in questo trequartista fragile ed elegante, che è riuscito a esprimere il suo talento solo in brevissimi momenti della sua carriera che ora neanche riusciamo a ricordare.

Un animale da transizioni. Grandissimo controllo in corsa e visione di gioco.

Al suo esordio Saponara è sembrato appesantito e imballato ma nonostante tutto a suo agio come vertice alto del rombo di Liverani. In grado comunque di servire un assist al terzo pallone giocato; e un altro facendo una sponda di testa involontaria. In ogni caso quanti possono dire di avere più assist che partite giocate in questa stagione?


Bonus: I 5 migliori nomi arrivati in Serie A

Il calciomercato, è risaputo, è il mondo dei sogni - sogni che spesso, in mancanza d’altro, iniziano da un nome. Quante fantasie, quante storie possono nascere da un nome di un giocatore che non conosciamo, e in ogni sessione di mercato ne arrivano sempre una manciata che possono fare concorrenza alla fantasia di uno scrittore fantasy. Ecco i migliori cinque arrivati in questa sessione invernale in Serie A. Nella speranza che la realtà non rovini quanto abbiamo sognato in questi giorni leggendo questi nomi.

Bosko Sutalo

In questa sessione di gennaio l’Atalanta ha cercato di pescare il jolly dal mazzo dei giovani talenti, che spesso coincide con quello dei nomi incredibili, comprando il terzino Lennart Cyzborra dall’Heracles Almelo, e il centrale Bosko Sutalo dall’Osijek, entrambi di vent’anni. Di Sutalo non sappiamo quasi niente, a parte che secondo Wikipedia dispone di ottima personalità. Bisognerà aspettare un po’ per vederla in campo, però, dato che pochi giorni fa si è già procurato un edema allo scafoide e starà fuori almeno un mese.

Simon Skrabb

Se pensate che Simon Skrabb sia il nome più bello arrivato in questa sessione di mercato forse è perché non conoscete il suo nome completo, che in realtà è Simon Ivar Alexander Skrabb. Prelevato dal Nörrkoping, che è la Simon Skrabb delle squadre svedesi, Skrabb è nato a Jakobstad, cittadina finlandese ma in cui si parla svedese situata nella regione dell’Ostrobotnia. Chissà se una di queste informazioni sarà mai utile al Brescia in ottica salvezza.

Gaston Pereiro

Gaston Pereiro è cresciuto nel Nacional de Montevideo a fianco di Recoba, a quanto pare apprendendo per osmosi la sua capacità di mettere le punizioni dal limite sotto al sette con il sinistro. In attesa di vedere un altro figlio della garra charrua in maglia rossoblù, però, non possiamo far altro che goderci il suo nome: Gastón Rodrigo Pereiro López.

Diego Demme

Diego Demme è un centrocampista tedesco che dice di ispirarsi a Gennaro Gattuso, il cui padre, calabrese e tifoso del Napoli, lo ha chiamato così in onore di Maradona. Poteva esistere un match migliore di quello tra lui e la squadra partenopea? Il calciomercato è davvero il mondo dei sogni e la realtà lo ha confermato proprio ieri, quando Demme è diventato l'ultimo Diego a segnare con la maglia del Napoli, a 29 anni di distanza da Maradona, che come lui segnò il suo ultimo gol in maglia azzurra proprio alla Samp e proprio al Ferraris.

Maya Yoshida

Per presentare Maya Yoshida, centrale giapponese arrivato in prestito dal Southampton, la Sampdoria ha prodotto un video in cui lo si vede camminare serissimo tra le statue buddiste e le armature samurai del Museo Chiossone di arte orientale, mentre in sottofondo recita il proverbio giapponese: “La forza di volontà attraversa anche le rocce”.

È strano vederlo aggirarsi con la maglia della Sampdoria tra i visitatori del museo, e più che Maya Yoshida sembra che una statua di cera di Maya Yoshida in maglia Samp inspiegabilmente conservata al Museo Chiossone abbia preso vita e si sia messa a camminare, in uno strano nuovo sequel di “Una notte al Museo”.

BONUS: Jordan Pio Amore

Non poteva rientrare davvero nella classifica perché il Milan lo ha preso per la Primavera, ma non potevamo non menzionare Jordan Pio Amore, attaccante classe 2003 preso dal Piacenza. Non esiste praticamente alcuna informazione disponibile su Amore, che nonostante questo ha già migliorato il mondo ispirando meme come questo.




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