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Chi ha parlato di scudetto
08 gen 2016
08 gen 2016
La Roma di Rudi Garcia è ancora in competizione?
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È difficile dire se la Roma è veramente in corsa per lo scudetto 2015/16. Guardando la classifica è più o meno equidistante dalla cima, dall'Inter a 6 punti, e dalle prime inseguitrici extra-UE: Sassuolo (con una partita in meno però) e Milan a 5 punti. In un paio di partite la Roma potrebbe passare dall'inferno al paradiso e viceversa: sabato proprio contro il Milan per mantenere a distanza le inseguitrici, tra due settimane con la Juventus per testare le ambizioni dell'una e dell'altra.

 

Anche Rudi Garcia sembra avere un piede dentro e uno fuori: dopo la pausa natalizia il suo posto si direbbe al sicuro, ma dopo l'ennesima partita deludente con il Chievo si è tornato a parlare di esonero e, a meno che la società abbia ormai deciso di correre anche il rischio di buttare la stagione, nel peggiore dei casi restando fuori persino dalla Champions League, non si può essere sicuri che la Roma continuerà fino alla fine con lo stesso allenatore.

 

Un'ambiguità di fondo che si rispecchia nel modo in cui la Roma sta in campo: è una squadra in difficoltà tanto sul piano del gioco quanto su quello psicologico. E se è vero che l'entusiasmo e la sicurezza di giocatori di qualità potrebbero tornare facilmente—si può discutere del valore assoluto della rosa, ma credo non ci siano molti dubbi che abbiano le carte in regola quanto meno per competere per questo scudetto—è vero anche che la squadra di Garcia si trascina dietro gli stessi difetti da troppo tempo e sembra aver smarrito qualsiasi identità.

 

L'impressione è quella di un lento decadimento (una sola vittoria nelle ultime nove partite), se non addirittura di

: più che come mistica rinuncia di sé, significato che aveva in origine l'espressione, nel

di “volontà masochistica di autodistruzione”. Al rientro in campo dopo le vacanze, contro il ChievoVerona, si è vista una squadra disfunzionale, mai in controllo, in cui raramente c'era cooperazione tra due o più giocatori, anche per via di un piano tattico (che è quasi sempre lo stesso) difficile, se non impossibile, da attuare.

 



A monte, c'è una crisi di identità che ha la sua più grave ed evidente conseguenza nell'adattamento della Roma alla strategia e al ritmo delle sue avversarie. Veloce e intensa contro il Bayer Leverkusen, lenta e prevedibile contro il ChievoVerona o lo Spezia. Squadra di possesso se l'avversaria sceglie di aspettare e ripartire (59,3% del possesso a favore della Roma contro l'Inter, addirittura 61,3% contro la Juve a fine agosto) contropiedista se l'avversaria ama tenere la palla tra i piedi (32,2% del possesso palla contro la Fiorentina e 39,8% con il Napoli).

 

Un'incoerenza che non può essere una scelta voluta: adattarsi all'avversario per farlo giocare male e snaturarlo non è obbligatorio, ma non c'è nessun vantaggio nel farlo giocare alle sue condizioni: la Roma è una compagna di ballo troppo educata, si presenta sempre con il vestito che la sua avversaria si aspetta e lascia scegliere a lei con quale canzone si scende in pista (praticamente il contrario di quello che fa l'Inter).

 

Lo scorso maggio sono stato ospite di Roma TV e ho potuto chiedere a Rudi Garcia (al termine della partita vinta con il Genoa lasciando loro la palla;

al minuto 5:20) quale fosse la vera identità della Roma: «Per me una grande squadra sa fare tutto», ha risposto Garcia. «Sa attaccare con un attacco manovrato, avendo il possesso palla e colpire anche con pochi spazi. E ovviamente abbiamo anche velocità in avanti per poter aspettare di più l'avversario, soprattutto quando siamo in vantaggio». Quindi, diciamo, per l'allenatore francese si tratta di una ambiziosa perdita d'identità, quella di una squadra così sicura e con mezzi così grandi da non doversi preoccupare veramente dell'avversaria. Ma dai risultati ottenuti, e dal gioco prodotto, la Roma non sembra

per la sua idea di gioco.

 

Contro la Fiorentina la Roma ha sfruttato il contropiede, ma è stata anche fortunata a non subire dalle molte occasioni che la squadra di Paulo Sousa ha avuto. Contro il Napoli la strategia dell'attesa ha reso la Roma inoffensiva come i tifosi avevano visto solo contro il Barcellona, giustificandola in quest'ultimo caso con la differenza di valori tecnici con gli spagnoli, ma non certo con il risultato ottenuto.

 

In sostanza, il risultato sembra dipendere più dalle capacità offensive dell'avversario, più o meno in serata, più o meno a proprio agio nel gestire il pallone.

 



La mia opinione è che la Roma è costretta ad adattarsi perché, senza un'identità precisa, è condannata a essere 

. Non so se è nato prima l'uovo dei problemi difensivi o la gallina della sterilità offensiva, ma se in attacco può anche andar bene affidarsi alle qualità individuali, in difesa è sempre meglio avere un piano da attuare. E la Roma senza palla non sa come recuperare il pallone dai piedi degli avversari, se non aspettandoli all'interno della propria metà campo con un 4-1-4-1 flessibile.

 

Anche contro squadre non di altissimo livello tecnico i giocatori della Roma non fanno nulla collettivamente per riprendersi la palla.

 



 

Con il Chievo, ancora una volta, la Roma ha dimostrato una tendenza ad aspettare anche se davanti non aveva una squadra propriamente offensiva o che ama fare possesso palla. Qui sopra si vede bene come nessun giocatore della Roma contenda palla a quelli del Chievo: sono in 9 dietro la palla (davanti resta isolato Gervinho), anche se nessun avversario li sta attaccando, a parte i due attaccanti. Vainqueur sta indietreggiando e finirà per schiacciarsi sui centrali come di solito fa De Rossi.

 

La pressione individuale del giocatore più vicino alla palla—che per alcuni, come Keita, Nainggolan o Falque sembra più un istinto, o una volontà individuale (frustrazione?)—raramente porta a un vero e proprio recupero: al massimo può costringere l'avversario a un lancio lungo e portare, che a seconda di quanto è posizionata bene la linea difensiva, a un duello più o meno facile da gestire; o a un passaggio forzato e, quindi, nel migliore dei casi, a un possibile anticipo.

 

E per farvi capire quanto sia difficile per i giocatori della Roma rientrare in possesso del pallone farò un esempio pratico dall'azione che ha portato al primo gol del Sassuolo, alla fine dello scorso settembre (2-2 il risultato finale). Ho cerchiato di grigio tutti i giocatori della Roma che sono (o dovrebbero) essere coinvolti dall'azione di recupero, per seguire il loro comportamento individuale e collettivo.

 



 

L'azione comincia nella metà campo difensiva del Sassuolo, con Nainggolan che va in pressione solitaria sul portatore, Missiroli, per costringerlo a calciare. Vicino al bordo sinistro dell'immagine si vede che Iturbe è disinterassato alla palla e sta camminando: dal fermo immagine non si capisce, ma Missiroli gli taglia davanti palla al piede e con Nainggolan alle spalle.

 

In alto si vede Pjanic, al piccolo trotto, avvicinarsi alla zona della palla senza uno scopo preciso. Rüdiger, al centro, è salito per anticipare l'avversario che sta marcando, Defrel, e sta scappando all'indietro, mentre De Rossi gli copre preventivamente le spalle, anche lui allontanandosi e allungando il campo. Torosidis tiene d'occhio Politano, lasciandogli comunque spazio per il primo controllo.

 



 

Dopo un primo triangolo, Politano e Missiroli hanno invertito la loro posizione tagliando fuori Nainggolan. Pjanic a quel punto ha accelerato il passo, ma è troppo tardi, anche lui è fuori dall'azione ormai. De Rossi si abbassa sulle cosce per non farsi saltare da Politano, Torosidis corre all'indietro, coprendo le sue stesse spalle da un'eventuale corsa di Missiroli (che non correrà) anziché raddoppiare sul pallone. Rüdiger è sempre su Defrel, senza particolare aggressività, perché siamo molto lontani dalla porta, o magari perché il movimento a fisarmonica di Defrel ha esaurito la sua concentrazione.

 

Con un altro triangolo, Politano salterà anche De Rossi e poi servirà Defrel in profondità alle spalle di Rüdiger, che lo stava affrontando lasciando la marcatura sull'attaccante francese. Manolas riuscirà a recuperare all'altezza del limite dell'area, ma nell'uno contro uno non riesce a impedire a Defrel di rientrare sul sinistro e tirare. L'attacco del Sassuolo si è bevuto la difesa della Roma come tanti shottini in una serata Erasmus, un giocatore dopo l'altro: Nainggolan-De Rossi-Rüdiger, e non si può neanche dire che Rudi Garcia non fosse abbastanza vicino per accorgersene.

 

La mancanza di movimenti difensivi coordinati (a difesa più o meno schierata) vanifica ogni discorso sull'eventuale possibilità di fare pressing alto. Anche quando la squadra di Garcia sceglie di giocare con maggiore aggressività, e la volontà sarebbe quella di andarsi a prendere il pallone nella metà offensiva di campo, il risultato è lo stesso.

 



 

L'immagine qui sopra è presa da Barcellona - Roma: siamo ancora sullo 0-0, quando la Roma provava ancora a rispondere con l'intensità al gioco di posizione blaugrana.

 

In questo caso la Roma sembra sapere cosa fare, almeno a livello di marcature. Iago Falque è su Rakitic con la palla tra i piedi, Dzeko stava correndo verso un eventuale passaggio all'indietro su Piqué (e adesso sta frenando per cambiare direzione) mentre Nainggolan e Digne sono pronti ad accorciare su Alves e Busquets. Alle loro spalle (nell'area evidenziata di giallo), Pjanic sembra pronto ad andare su Vermaelen e Keita taglia la linea di passaggio per Sergi Roberto: anche il maliano come Pjanic sembra puntare i piedi pronto a proiettarsi in avanti.

 

Due dettagli però permettono al Barça di far uscire comodamente la palla da quella tasca (senza ricorrere a un passaggio all'indietro): Iago Falque resta a distanza, lasciando a Rakitic tutto il tempo per alzare la testa e decidere sul da farsi e alle spalle di tutti la difesa non accorcia su Messi (forse per non restare 2 contro 2 con Suárez al centro e Neymar sul lato debole). E né l'atteggiamento di Falque, né la posizione della difesa (tra l'altro molto alta in situazioni ben più pericolose) sono questioni che possono essere delegate ai giocatori.

 

Anche in questo caso la Roma paga una passività di fondo nel voler rubare palla alla sua avversaria, e il pressing alto non è una di quelle cose che si può fare a metà: o la fai fino in fondo o è meglio lasciar perdere. La Roma, di solito, lascia perdere.

 



Se la Roma è così passiva, la rapidità con cui recupera palla e l'altezza alla quale difende dipendono da quanto velocemente la squadra avversaria cercherà la verticalizzazione, o da quanta qualità ha nel girare il pallone sotto la pressione individuale dei giocatori giallorossi. A inizio novembre, tra l'altro, le conseguenze di questa che fatico a chiamare “strategia”, non aveva portato neanche cattivissimi frutti: la Roma era una delle squadre—dopo Fiorentina e Lazio—a far giocare meno (

) alle sue avversarie prima di compiere un intervento difensivo.

 

Merito della Roma come collettivo, della fatica dei giocatori o del livello delle avversarie? L'atteggiamento passivo della Roma però si riflette nelle due principali statistiche difensive di squadra: è la formazione che esegue meno tackle in Serie A, 13.9 a partita, e non eccelle neanche negli anticipi: 16,8, che sono comunque di più di quanti ne facciano Inter, Juve e Napoli. Il dato sui contrasti difensivi è ancora più significativo se si pensa che all'inizio dell'era Garcia, nella stagione 2013/14, la Roma ne effettuava 20.1 a partita e la scorsa stagione il dato era già calato a 13.9 interventi.

 

Quando la Roma non riesce a far lanciare la palla lunga agli avversari, o a recuperarla per miracolo, il sistema collassa su sé stesso facendo ripiegare 9 giocatori, o anche tutti e 10 a volte, dietro la linea della palla. Il 5-4-1 difensivo mostrato sopra si restringe in zona centrale a mano a mano che si avvicina alla propria area di rigore.

 

Farò un esempio proprio dalla sfida con il Barcellona, che ha la qualità per spingere la difesa della Roma fino quasi al limite della propria area. La partita è quella finita 1-1 a Roma e da questo lancio di Mathieu per Rakitic (in basso, alle spalle di Digne nella zona evidenziata di rosso) nascerà il gol del vantaggio di Suárez.

 



 

C'è un solo giocatore nell'area circoscritta dai giocatori della Roma: è Messi che sta portando via Digne, allargando proprio lo spazio nel quale correrà Rakitic. Né Nainggolan, che in teoria si specchia con Rakitic nei due moduli scherati, né Iago Falque, l'unico che potrebbe accorgersi della situazione, coprono le spalle al terzino francese.

 

Al ritorno, come i tifosi della Roma ricordano bene, un mix letale di difesa altissima e mancanza di pressione ha trasformato la trasferta al Camp Nou in un film dell'orrore.

 



 

Qui nessun giocatore del Barcellona entra nel perimetro difensivo controllato dalla Roma. Oltre a ciò, il giocatore più avanzato della Roma (Dzeko) è a molti metri di distanza dalla palla. Ancora una volta: chi ha deciso di schierarsi con due linee così strette e alte

: i giocatori o l'allenatore?

 

Si dirà che quella partita, quanto meno statisticamente, fa eccezione rispetto al resto della stagione della Roma, ma anche il primo gol subito in casa dall'Atalanta nasce da una situazione simile.

 



 

Anche in questo caso il portatore di palla è libero di prendere la mira e calciare nella grande porzione di campo lasciato libero dalla Roma (evidenziato di rosso: in questo caso il concetto di lato debole non rende l'idea e sarebbe meglio parlare di “metà campo debole”).

 

La linea di difesa della Roma ha mostrato in più di un'occasione gravi problemi di coordinazione collettiva: qui sopra Digne e Florenzi vanno per conto proprio, e in assenza di pressing collettivo, anziché correre singolarmente dietro al pallone, la scelta più saggia è probabilmente quella di difendere bassi. Ed è un peccato, perché sia Manolas che Rüdiger sono due ottimi centrali in copertura.

 

Aspettare gli avversari nella propria metà campo può avere senso in ogni caso per la Roma, considerate, come ha detto lo stesso Garcia, le caratteristiche dei giocatori più offensivi a disposizione. Non solo gli strappi di Salah e Gervinho, ma anche la lettura dello spazio di Iago Falque (basta

il quarto gol di Leverkusen) e il grande dinamismo di gente come Nainggolan, Florenzi e Digne viene esaltato in contropiede. E in generale la Roma sembra funzionare meglio quando può giocare nello spazio.

 



Ma—al di là del fatto che in Serie A sarebbero davvero poche le avversarie a cadere nel tranello—la passività della squadra di Garcia è tale che quando la squadra avversaria si ostina a non forzare il passaggio e fa salire anche i terzini per attaccare sui lati, la Roma ripiega in un 6-3-1.

 

Così la Roma riesce a coprire più campo in orizzontale, ma rende difficilissimo risalirlo in verticale una volta recuperata palla, anche per gente come Salah e Gervinho. Oltretutto, gli ultimi dieci minuti giocati all'andata contro il Leverkusen, quando la Roma era in vantaggio per 4-2 fuori casa e si è chiusa sperando di non prendere 2 gol (presi), dimostrano che la linea difensiva non è mai folta abbastanza da stare del tutto tranquilli.

 



 

La doppia sfida con il Leverkusen (decisiva per il passaggio del turno tanto quanto lo squallido pareggio con il BATE Borisov in casa all'ultima giornata) è un ottimo riassunto dei concetti espressi fin qui.

 

La Roma si è adeguata all'intensità dei tedeschi e grazie alla loro tendenza a verticalizzare il prima possibile, unita a una qualità mediocre nell'esecuzione (77% dei passaggi riusciti per il Bayer, 74% per la Roma), è riuscita a recuperare palla in zone di campo non troppo lontane dalla porta avversaria, sfruttando anche l'aggressività difensiva dei tedeschi per giocare nello spazio (e sono servite anche delle prestazioni individuali di livello).

 

Certo, la Roma l'ha comunque spuntata di poco anche in quel caso. In questo senso quelle due partite diventano un ottimo esempio dell'assenza di equilibrio della squadra di Rudi Garcia. E senza equilibrio è impossibile avere controllo. La Roma funziona come giochi semplici semplici con le biglie di ferro da mandare nei buchini inclinando il piano di gioco: può finire da una parte all'altra, dipende da dove va il pallone.

 



È vero che allontanandosi sempre di più dalla porta la Roma finisce per aggrapparsi alle spalle di Salah e Gervinho, ma l'alternativa per il momento sono i lanci lunghi a cercare Dzeko, che in tutta la Serie A ha vinto meno duelli aerei a partita (3.9) solo di Pavoletti (4.1): la bellezza di 59 colpi di testa in 15 partite. Chissà se era stato avvertito prima che scegliesse di venire a Roma.

 

Le fase offensiva e quella difensiva sono sempre legate (l'importanza delle transizioni nel calcio contemporaneo è una conseguenza di questo) ma per la Roma lo sono in maniera decisiva, perché l'isolamento della punta centrale è determinato dalla passività difensiva. Poi ha due conseguenze distinte: costringe gli esterni a fare tutto da soli e Dzeko a fare da torre per far risalire la squadra (cosa che a mio avviso fa anche bene, considerato che le qualità di Dzeko sono nel gioco a terra).

 

Dall'altra parte, le difficoltà di rubare palla agli avversari si spiegano con una costruzione dell'azione dal basso e un gioco di posizione che allontanano i giocatori l'uno dall'altro.

 

Ancora un esempio da una delle partite con il Leverkusen: l'azione del secondo gol segnato dai tedeschi all'andata. D'accordo, Digne porta palla e finisce vittima del

tedesco, ma guardate quanto sono lontani i suoi compagni.

 



 

Niente nella fase di possesso della Roma viene fatto in funzione della fase difensiva, così come niente della fase difensiva aiuta e sostiene quella offensiva. La sola coerenza tra le due fasi di gioco è data dalla passività che le contraddistingue entrambe. Anche con la palla tra i piedi la Roma finisce per dipendere principalmente dall'atteggiamento della squadra avversaria.

 

Se la squadra di Rudi Garcia viene pressata dall'inizio in modo organizzato può andare in difficoltà con chiunque (e, di fatto, sembra aver rinunciato a trovare una soluzione). Allora dipenderà dai dribbling di Salah e Gervinho (rispettivamente quinto e sesto nella classifica dei dribblatori del campionato, e nonostante due giocatori del genere la Roma scende all'ottavo posto nella classifica a squadre), dalla capacità di Dzeko di mettere giù il pallone, o dall'abilità dei suoi compagni di conquistare le seconde palle.

 

Ma se le avversarie la lasciano costruire, la Roma tiene il pallone il tempo necessario a far salire più uomini possibile oltre la linea della palla. Senza movimenti coordinati, uno dei modi con cui la Roma può rendersi pericolosa è portando più giocatori possibili in area (a tratti davvero da squadra che deve giocarsi il tutto per tutto). Ad esempio si vedono spesso i due terzini salire contemporaneamente, con effetti tipo Digne che per ora ha segnato il suo unico gol in campionato contro il Carpi su assist di Maicon. O, viceversa, il gol di Torosidis all'andata contro il BATE Borisov su assist di Digne.

 

Ed è forse per non sbilanciarsi troppo che si vedono raramente in area le mezzali. Certo, Nainggolan non è un vero e proprio incursore e Pjanic ha la tendenza, associativa, a offrire lo scarico all'indietro ai compagni, ma le difficoltà della Roma in costruzione permettono quasi sempre all'avversaria di schierarsi in difesa, chiudendo gli spazi per eventuali inserimenti dei centrocampisti.

 

La squadra di Rudi Garcia può essere lentissima, insistendo con la “salida lavolpiana” di De Rossi e passaggi all'indietro che fanno impazzire il pubblico (Szczesny è il portiere a effettuare più passaggi a partita in Serie A: 32,9). Ma anche precipitosa, con verticalizzazioni forzate con cui la Roma cerca di aumentare il ritmo. Si finisce per creare situazioni praticamente ingiocabili per chi ha la palla tra i piedi. Tipo questa qui sotto.

 



 

Sono addirittura quattro su tutta l'ampiezza del campo (i tre attaccanti più Digne), i giocatori della Roma a correre in avanti anche se la difesa dell'Atalanta sta coprendo bene la profondità. Iago Falque cammina sconsolato, Pjanic e De Rossi offrono entrambi (impallandosi) una linea di passaggio sicura. E la Roma così è spezzata in due, da una parte e dall'altra del centrocampo della Dea (evidenziato in grigio). Adesso, mettetevi nei panni di Nainggolan: a chi la passate quella palla?

 

Va aggiunto che giocare in verticale non equivale a giocare più velocemente. Anzi, se non si gioca alle spalle della difesa avversaria, o comunque in profondità sulla corsa del compagno, nel tempo che il lancio è sceso a terra gli avversari hanno potuto posizionarsi al meglio.

 



Anche se Rudi Garcia pensa che non sia necessario avere un'identità precisa, alcuni dati indicano un cambiamento nel gioco della Roma nelle ultime tre stagioni. Oltre ad aver diminuito sensibilmente il dato del possesso palla (58,5% → 57,5% → 54,7%) è calata anche la qualità media nei passaggi (86,1% → 85% → 81,6%) e sono aumentati i passaggi lunghi a partita (62 → 70 → 71). In questo senso è meno una squadra associativa, di quanto non sia una squadra verticale, e lo è diventata sotto la sua gestione. Oltretutto, per “saper fare tutto” è necessario avere giocatori completi, e nella rosa della Roma sembrano esserci giocatori con caratteristiche in conflitto tra loro.

 

Pjanic, per quanto sia un giocatore più verticale di quello che si tenda a pensare, è anche un giocatore a cui piace cambiare ritmo, rallentare quando lo ritiene necessario e aspettare che si apra lo spazio giusto. Ma anche De Rossi, Vainqueur, Keita e Uçan hanno bisogno di pensare di più mentre giocano, anziché doversi limitare a cercare Salah e Gervinho per farli correre. Anche loro, però, si trovano a disagio quando la Roma rallenta troppo l'azione, a giocare tra le linee spalle alla porta (anche se l'egiziano avrebbe le qualità per giocare anche in quel modo).

 

Maicon, con tutti i suoi problemi fisici, ha forse ancora qualcosa da dare, ma deve entrare in possesso della palla sulla trequarti avversaria, mentre Florenzi nel ruolo di terzino serve soprattutto per il dinamismo con cui può risalire lunghi tratti di campo: non si equivalgono e, in teoria, la squadra dovrebbe giocare in modo diverso a seconda di chi c'è in campo dei due (o Garcia dovrebbe sceglierli a seconda della partita che pensa/spera di fare). Dall'altra parte, Digne si propone con continuità, ma non si adatta al gioco di Iago Falque, a cui piace restare largo e tenere palla, con il risultato che entrambi arrivano al cross quasi sempre da fermi e con un avversario davanti. E tutti i terzini a disposizione hanno problemi a mantenere la linea difensiva per fare il fuorigioco, mentre i centrali sono fenomenali in recupero e anticipo... ma non amano impostare (il migliore è Rudiger che la tifoseria sembra aver individuato come capro espiatorio togliendogli, probabilmente, tranquillità) e vanno in difficoltà anche in superiorità numerica... e nonostante ciò il centrale di centrocampo continua ad abbassarsi per impostare con loro...

 

Si possono individuare problemi individuali in tutti i reparti e ruoli della Roma, ma il punto è che (per citare Emiliano Battazzi da una conversazione privata) i giocatori della Roma sono degli orchestrali con davanti uno spartito pieno di note mancanti e chiavi sbagliate, che devono andare spesso a orecchio. Ed è difficile che la situazione si modifichi cambiando interpreti, a meno che non si prendano i migliori solisti per ogni strumento/ruolo.

 

Recuperare Strootman potrebbe fare molto sul piano psicologico ed è più portato di Nainggolan a difendere in verticale; Perotti è un altro dribblatore che potrebbe offrire una soluzione alla stagnazione del gioco offensivo... ma non riesco a immaginare come potrebbero fare la differenza. Totti, di fatto, sembra il più adatto a giocare al centro del tridente di Garcia (non può essere un caso se né Destro, né Doumbia né Dzeko - per ora - si sono integrati) ma di Totti ce n'è uno e in teoria è a fine carriera. E un nuovo allenatore dovrebbe dare ordine senza stravolgere le cose, perché i giocatori non hanno le energie per investirsi in un nuovo progetto troppo ambizioso: 9 gol dei 21 subiti, il 43% in totale, sono arrivati nell'ultimo quarto d'ora della partita e se si sommano i 5 subiti nell'ultimo quarto d'ora del primo tempo la Roma subisce il 67% alla fine dei due parziali.

 

Rudi Garcia ha provato a offrire

, ma per vincere lo Scudetto e uscire dalla crisi servirebbe rispondere ancora a quella domanda dello scorso maggio: come deve giocare la Roma?

 

Altrimenti, la Roma è destinata ad andare tanto lontana quanto i singoli giocatori saranno capaci di portarla, partita dopo partita. Fermo restando che per la corsa Scudetto c'è sia chi gioca un calcio qualitativamente superiore (Napoli e Fiorentina) sia chi ne gioca uno più pratico (Inter e Juve), la Roma di questo inizio 2016 può vincere e perdere contro qualsiasi squadra in Serie A. Il problema è che non dipende da lei.

 
 

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