
Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
C’era molta attesa per capire in che modo Stefano Pioli avrebbe schierato l’Inter alla sua prima panchina. La prima e più grossa novità, che poi ha condizionato tutte le altre, è stata l’arretramento a centrale difensivo di Gary Medel, un ruolo che il cileno ricopre da tempo in Nazionale. A cascata, i cambiamenti più significativi rispetto alle ultime scelte di Frank de Boer hanno riguardato il ripescaggio di Geoffrey Kondogbia a coprire il buco lasciato da Medel a centrocampo in coppia con Marcelo Brozovic e l’avanzamento a trequartista di João Mário, con Éver Banega lasciato in panchina.
I miglioramenti senza palla
È con queste tre mosse che Pioli ha cercato di lasciare immediatamente la propria impronta sull’Inter, schierata con un 4-2-3-1 già utilizzato da de Boer, ma in forma più flessibile. Nella versione dell’olandese, infatti, il triangolo di centrocampo cambiava forma di continuo per aumentare le linee di passaggio e tentare di rendere più fluida la costruzione della manovra; in quella di Pioli, invece, a facilitare la circolazione della palla dovevano essere gli esterni offensivi (Perisic e Candreva), accentrandosi e lasciando le fasce ai terzini.
In fase di non possesso i nerazzurri scivolavano in un 4-4-2: Perisic e Candreva si affiancavano a Brozovic e Kondogbia, mentre João Mário inizialmente si occupava di Locatelli, concedendo il primo passaggio verso i difensori centrali del Milan (Gómez e Paletta), l’innesco di un pressing che puntava a impedire ai rossoneri di costruire l’azione dal basso. Poi João Mário si alzava per accompagnare Icardi in pressione sui centrali, Kondogbia scalava al suo posto su Locatelli, mentre Brozovic, Candreva e Perisic occupavano il centro del campo: Brozovic in copertura di Kondogbia, gli altri schermando la verticalizzazione o marcando la mezzala del lato nel quale il Milan tentava a salire, senza seguire i terzini rossoneri.
Qui sotto non è passato nemmeno un minuto e l’Inter mette subito in chiaro il tipo di partita che aspetta il Milan. Da sottolineare non solo l’aggressività sulla prima costruzione, ma anche il gegenpressing feroce dopo il recupero di Bonaventura.
Il pressing interista è stato sicuramente efficace, ma aveva una lacuna evidente: la linea difensiva, impegnata a controllare il tridente del Milan, non accompagnava il resto della squadra, lasciando così i terzini rossoneri (De Sciglio e Abate) liberi di ricevere e dare uno sbocco per risalire il campo, mandando a vuoto il pressing dell’Inter. Probabilmente è stato un rischio calcolato sui limiti di De Sciglio e Abate palla al piede – e il Milan infatti raramente è riuscito a girare la situazione a proprio vantaggio – ma potrebbe anche rappresentare un compromesso tra una fase di non possesso aggressiva e la reticenza della linea difensiva a concedere molto campo.
Fatto sta che l’azione del secondo gol di Suso è stata costruita dal Milan proprio su un pressing andato a vuoto dell’Inter: João Mário e Perisic hanno accorciato in ritardo su Gómez e Abate, Bacca è riuscito ad anticipare Murillo e dopo un primo scambio con Suso ha messo lo spagnolo nelle condizioni di puntare Miranda in area di rigore. Il brasiliano ha chiuso il lato forte di Suso, ma si è lasciato saltare troppo facilmente alla sua sinistra spalancando la porta all’ex Genoa.
Gli stessi difetti con la palla
Al netto di qualche imperfezione, l’impatto di Pioli sulla fase di non possesso è stato tangibile; in quella offensiva, invece, si è rimasti più che altro nel campo delle buone intenzioni. Facilitata dalla passività del Milan, l’Inter impegnava 4 giocatori nella costruzione dal basso, i due centrali difensivi e i due centrocampisti centrali, che utilizzavano gli spazi lasciati liberi dai terzini per smarcarsi, allargandosi. Ansaldi (riportato a sinistra) e D’Ambrosio, infatti, tenevano da subito una posizione molto alta, consentendo a Perisic e Candreva di accentrarsi, mentre João Mário era impegnato in costanti movimenti in orizzontale per creare una linea di passaggio sul lato di costruzione e connettersi con le coppie di esterni.
L’Inter riusciva facilmente a consolidare il possesso nella metà campo del Milan, ma è finita per ricadere nel solito loop di cross inconcludenti: a fine partita saranno addirittura 42. L’effetto più grande della manovra nerazzurra è stato così quello di consentire a Candreva di smarcarsi in posizione più accentrata (come si nota dalla mappa dei suoi tocchi) e teoricamente più pericolosa per le difese avversarie: l’esterno della Nazionale ne ha approfittato in parte, assecondando quasi sempre l’indole che lo porta a martellare l’area di cross (9, record della partita condiviso con Perisic e Brozovic) e a calciare praticamente da ogni posizione, ma su una di queste conclusioni ha finalmente trovato il primo gol (stupendo) in campionato, al 33.esimo tentativo totale.
Concedere questa libertà a Candreva in zona centrale non è mai una buona idea.
Rispetto a Perisic, Candreva ha giocato in una posizione più centrale approfittando dello sbilanciamento a destra del Milan (cosa che lo faceva scivolare al centro del campo in fase di non possesso) e della maggiore predisposizione offensiva di D’Ambrosio, al contrario di Ansaldi dall’altra parte, con Perisic che spesso restava largo per garantire l’ampiezza alla manovra interista. Ma a prescindere dal particolare contesto tattico del derby e dall’accoppiamento con Ansaldi, sarà da verificare l’adattabilità del croato a diventare l’alter ego di Candreva sulla fascia sinistra: l’effetto più grande, per ora, è stato quello di farlo concludere in porta con maggiore frequenza (6 tiri in tutto, record della partita), sfruttando la mole di gioco prodotta sull’asse Candreva-D’Ambrosio.
Il solito cinismo del Milan
Per il Milan, l’andamento di questo derby ha rispecchiato il campionato al di sopra delle aspettative giocato finora: i rossoneri hanno avuto grandi difficoltà per lunghi tratti della partita, eppure al 90’ erano in vantaggio. La squadra di Montella è sembrata impreparata contro il pressing dell’Inter: per guadagnare la superiorità numerica contro João Mário e Icardi non era infatti previsto né l’arretramento di Locatelli né l’avvicinamento di De Sciglio ai centrali. Senza il set di movimenti utilizzato in stagione per aggirare il pressing avversario, il Milan ha faticato a consolidare il possesso durante la prima costruzione, il primo fondamentale step per far partire le consolidate combinazioni in verticale su cui sono stati costruiti i buoni risultati di questa prima parte di campionato.
I rossoneri venivano attirati in un imbuto laterale dall’Inter e raramente sono riusciti a venirne fuori palla a terra. Di certo non ha aiutato l’assenza di Romagnoli e forse Montella avrebbe potuto spostare Paletta sul centro-destra dopo le prime difficoltà avute da Gómez col pallone tra i piedi, ma non è la prima volta in stagione che il Milan va in difficoltà contro squadre che attaccano la sua costruzione dal basso: si tratta insomma di un problema più strutturale al quale Montella deve ancora trovare un rimedio.
Le responsabilità creative sono così ricadute esclusivamente su Bonaventura e Suso, gli unici riferimenti che permettevano al Milan di risalire il campo, grazie alle loro qualità individuali (7 dribbling riusciti per Bonaventura, 5 per Suso, nessun altro ha fatto meglio di loro) e alla capacità di non perdere la palla anche sotto pressione. Montella deve ringraziare la solita grande prestazione di Bonaventura e l’ispirazione à la Messi di Suso: non è un caso che dopo un primo tempo con una pericolosità prossima allo zero (all’intervallo gli Expected Goals del Milan toccano un valore di 0,1 appena), siano stati proprio loro due i protagonisti del gol che ha sbloccato la partita, sfruttando il primo momento in cui l’Inter si è allungata.
Troppa passività senza palla
L’atteggiamento difensivo è stato il solito: all’Inter veniva concessa la prima costruzione, Suso e Niang si allineavano alle mezzali (Kucka e Bonaventura), cui spettava il compito di uscire per primi per pressare il portatore di palla, coperte dallo scivolamento di Locatelli, mentre i compagni restavano in posizione per non compromettere la struttura difensiva e poter reagire allo sviluppo della manovra interista garantendo sempre la copertura del centro del campo.

Oltre alla disposizione difensiva del Milan, si nota quello dell’Inter in fase di possesso: D’Ambrosio e Ansaldi larghi, Candreva e Perisic in posizione più centrale, João Mário che si muove sul lato della palla per fornire un’ulteriore linea di passaggio.
Più che l’assenza di un sistema strutturato per il recupero del pallone, lasciato alle iniziative dei singoli giocatori, il Milan ha pagato la scelta di difendersi troppo in basso, vivendo nel finale minuti di puro assedio, incapace di trovare dei riferimenti per risalire il campo e darsi qualche momento di respiro. Un gol al 92’ sugli sviluppi di un calcio d’angolo rientra tra le possibili conseguenze di un atteggiamento così passivo.
L’azione che porta all’angolo grazie al quale l’Inter troverà il pareggio.
Bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti?
Al netto delle comprensibili imprecisioni, per Pioli è stato un buon debutto. L’Inter ha dominato per larghi tratti e non avrebbe meritato la sconfitta (il conto degli xG è 1,5 a 0,7 in favore dei nerazzurri): resta da vedere come proseguirà il suo cammino, quali saranno le sue scelte future (ad esempio, che fare con Banega?), ma l’ex tecnico della Lazio ha dimostrato sul campo di voler giocarsi le sue carte inseguendo le idee di calcio in cui crede, al contrario di quanto hanno ipotizzato in molti al momento della sua firma.
Il Milan ha confermato difetti strutturali e la capacità di reagire ai momenti difficili: il pareggio è una beffa per come arrivato, non per la prestazione. La squadra di Montella resta nelle zone altissime della classifica, ma la concorrenza alle spalle è sempre più forte: basterà quanto fatto vedere finora per resistere?
È stato un derby divertente per l’andamento e l’epilogo a sorpresa, capace di mostrare singole giocate eccezionali all’interno di un contesto non dominato in maniera chiara da nessuna delle due squadre: l’Inter ha avuto sempre l’iniziativa, ha schiacciato il Milan, ma è stata pericolosa soprattutto in ripartenza o in situazioni statiche, i rossoneri hanno provato a controllare la partita nella propria metà campo, ma alla fine hanno concesso ben 22 tiri. Insomma, Milano ha ancora molto da fare per tornare a essere la città guida del calcio italiano.
Segui tutta la Serie A TIM, la Serie B ConTe.it e la Uefa Europa League su NOW TV.
