Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Gian Marco Porcellini
Chi è davvero Stefano Sensi
26 ott 2017
26 ott 2017
Le prestazioni di Sensi sono la migliore notizia di questo inizio di stagione del Sassuolo.
(di)
Gian Marco Porcellini
(foto)
Dark mode
(ON)

Il tempo assume una dimensione soggettiva a seconda del punto di osservazione e della percezione dell’osservatore. È difficile dire se il percorso fin qui di Stefano Sensi sia stato estremamente rapido oppure più lento di quello che potevamo immaginarci. A 18 anni è uscito dal settore giovanile del Cesena nel 2013 e dopo due stagioni in prestito in Lega Pro al San Marino è tornato a casa, ancora al Cesena. Nel 2015/16, ha giocato un campionato di B da protagonista e un anno dopo ha debuttato in serie A con la maglia del Sassuolo, giocando 1203 minuti in 16 presenze, il 16° giocatore fra gli U-21. Nel mezzo Sensi ha subito tre infortuni.

 

La cosa certa è che l’ascesa di Sensi è partita da molto in basso. Una gavetta in Lega Pro che, secondo Fernando De Argila, il suo primo allenatore, poteva essere tranquillamente saltata: «Tempo perso per Sensi, si meritava subito la prima squadra del Cesena».

 

De Argila è un allenatore cresciuto in Catalogna, un personaggio che in Romagna ha esportato una versione del calcio di posizione così esasperata da risultare quasi eccentrica. De Argila aveva allenato Sensi già nelle giovanili del Cesena e lo ha rivoluto con sé anche a San Marino. Non è difficile immaginare come lo stile di gioco di Sensi si adattasse alle sue idee: «Un giorno ero al campo con l’allenatore Ricci Petitoni e dando le spalle al campo sentivo il rumore del pallone calciato dai ragazzi.

mi arriva come una musica e mi giro chiedendo chi avesse colpito il pallone: tutti mi indicano Sensi, da lì non lo ho più mollato. A San Marino scoppiò un putiferio quando gli diedi la fascia di capitano, a soli 18 anni, ma io credo che sia il più forte a dover guidare la squadra».

 

Al termine della serie B 2012/13, con il Cesena già salvo, e la stampa romagnola incalzava allenatore bianconero Pierpaolo Bisoli (un mostro sacro, che si è guadagnato la gloria eterna dalle parti dello stadio Manuzzi grazie alle 3 promozioni ottenute tra il 2008 e il 2014) sulla possibilità di vedere un domani in prima squadra Sensi questi si era espresso diversamente: «Non ha l’atteggiamento giusto: ha lasciato la scuola troppo presto e ancora non ha la testa da calciatore. Per diventare un calciatore non basta essere bravi tecnicamente e lui ha solo la tecnica».

 

De Argila per contro è innamorato pazzo di lui e il 9 settembre del 2013, all’indomani dello 0-2 subito dal San Marino in casa della Reggiana nella 2a giornata di 1a Divisione, girone A, all’emittente sammarinese San Marino Rtv si spinge ben oltre il semplice endorsement, quando parla di Sensi come di un giocatore importante per il calcio italiano, addirittura più forte di Xavi e Iniesta quando avevano la sua età. Difficile in quel momento prendere troppo sul serio le sue parole fin troppo ottimiste. Anche per via del suo italiano maccheronico e della sua visione del mondo fuori dai canoni della diplomazia,

tra il profetico e l’iperbolico.

 



Se in quel momento proiettare un giocatore con 2-presenze-2 in Lega Pro su scala nazionale rasentava l’utopia, non era così scontato neppure pensare a Sensi quale giocatore più forte di quel San Marino, che in rosa aveva 3-4 nomi affermati per la categoria.

 

Nonostante il valore modesto di quella squadra, che al termine dell’annata 2014/15 è retrocessa in serie D, quello del San Marino si rivela un ambiente accomodante per approcciarsi al calcio dei grandi: una figura che lo stima e lo coccola (che però verrà esonerata già a dicembre del 2013), una piazza con pochissime pressioni e un regolamento che nella stagione 2013/14 non prevede retrocessioni, visto che tutte le società di 1a Divisione l’estate successiva sarebbero confluite automaticamente nella neonata Lega Pro unica, frutto dell’accorpamento tra la vecchia C1 e C2. Senza l’assillo del risultato, va da sé che trovino spazio diversi ragazzi del vivaio del Cesena portati da De Argila e vengano gettati nella mischia senza troppe remore. Un contesto che consacrerà Sensi come uno dei giovani più promettenti della Lega Pro. In particolare nella seconda parte della stagione, quando da mezzala viene alzato sulla trequarti in seguito all’arrivo nel mercato di gennaio di Diawara (quel Diawara che oggi veste la maglia del Napoli), assumendosi l’incarico di sviluppare la parte creativa e finalizzativa della manovra (8 gol nelle ultime 20 partite, una media da attaccante).

 

A gennaio del 2015, con il Cesena invischiato nella lotta per non retrocedere in serie B, prende corpo pure l’ipotesi di riportare il classe ’95 in bianconero, ma Di Carlo boccia il suo ritorno anticipato e la società virerà sullo svincolato Mudingayi. Sensi allora tornerà alla base soltanto in estate, ma sembra di nuovo di passaggio: il Teramo neopromosso in B si accorda con il club romagnolo sul suo trasferimento per 800.000 euro, successivamente però la società abruzzese viene coinvolta nel calcioscommesse e l’operazione salta. Sensi racconta così quei giorni: «Ero del Cesena, mi chiamarono in ritiro e manco me l’aspettav.o mi dicevo: tre settimane di agonia e poi andrò via, il più presto possibile». Invece il nuovo allenatore Massimo Drago vede in lui una buona riserva di Cascione e dopo il primo giorno di allenamenti blocca la sua cessione. Sensi ci mette pochissimo tempo a scalare le gerarchie: Sensi sale al proscenio già nel “Memorial Lugaresi” del 25 luglio 2015 contro il Genoa, quando da volante davanti alla difesa incanta il Manuzzi.

 



All’inizio del video la scucchiaiata di mezzo esterno con cui manda in gol Cascione, dirottato mezzala sinistra. Nel corso di quest’amichevole Sensi colpirà una traversa su punizione e irriderà Perotti con un tunnel.

 

Sensi giocherà 33 partite tra stagione regolare e play-off di B, di cui 27 da titolare nel 4-3-3 di Drago, tutte da mediano basso (fa eccezione soltanto uno spezzone a Modena in cui viene provato trequartista), con ai suoi lati il futuro milanista Kessié e uno tra Cascione e Koné. Se in Lega Pro si occupava della gestione palla negli ultimi due terzi di campo, Sensi in B veste i panni del classico regista che gestisce l’uscita del pallone dalla difesa e smista il gioco, sfruttando le sue qualità balistiche pure sui calci piazzati, da cui nascono 3 dei 4 gol complessivi (2 rigori e una punizione). Nonostante un fisico sulla carta non del tutto adatto al calcio contemporaneo - e che forse ha contribuito ad alcuni pregiudizi nei suoi confronti - Sensi ha assorbito con disinvoltura l'impatto agonistico del passaggio dalla terza alla seconda serie. 
Nella finestra di mercato invernale arriva la chiamata dalla A: il 14 gennaio del 2016 il Sassuolo, sempre attento ai giocatori che si mettono in luce nelle leghe minori, lo acquista per 5 milioni e lo lascia in Romagna fino al termine del campionato.

 

Comprimere il gioco
Lavorare sui pregi e nascondere i difetti è l’unico modo per sopravvivere alla selezione naturale di una serie A orientata tradizionalmente su tatticismo e atletismo. Per Sensi significa sopperire ad un’altezza trascurabile (un metro e 68 centimetri), una struttura gracile e una progressione non eccezionale per un brevilineo. Ma significa soprattutto cercare di esaltare i propri punti di forza: personalità, visione di gioco, velocità di pensiero e qualità di calcio. Forse la migliore caratteristica di Sensi è una rapidità d’esecuzione che non va mai ad intaccare la precisione dei suoi gesti, ma al contrario sembra esaltarla. Il suo calcio si basa sul rubare un tempo di gioco grazie allo smarcamento preventivo e al primo controllo, e da lì guadagnare un vantaggio da sfruttare nella seconda giocata.

 

Sensi ha uno stile di gioco estremamente diretto, in cui mira a colpire con dei lanci sia in orizzontale che in verticale il sistema difensivo avversario prima ancora che si possa riorganizzare. Per dire, in questo avvio di campionato ha completato 18 passaggi lunghi su 22.
Se non può giocare lungo, preferisce fraseggiare nel corto scaricando lateralmente o tornando di prima da chi gli ceduto palla, per poi eventualmente chiamare il triangolo spostandosi nel cono di luce. La mobilità e lo spiccato senso della posizione gli consentono di coprire tutta la fascia centrale del campo, accompagnare l’azione e talvolta incunearsi in spazi stretti. Anche in queste situazioni Sensi pare aver sviluppato gli anticorpi necessari a proteggere palla e a contenere il contatto fisico.

 


 

 

Alcune giocate di Sensi (maglia numero 10) ai tempi del San Marino. Letteralmente dominante in terza serie, persino a livello atletico.


 

Usa benissimo

, e in generale usa benissimo il corpo nell'uno contro uno, talvolta facendo sfilare la sfera tra le gambe ,oppure ancora grazie alla “Cruyff turn” o alle finte con la suola. Pure quando viene affiancato mentre porta palla, la sposta con il tacco nella direzione in cui vuole muoversi, così da mettersi sempre con il tronco tra avversario e pallone. Ed evitare quindi di scoprirla.

 

Per sfuggire ai contrasti Sensi fa anche un largo uso di pause con cui rallenta l’azione e spezza il ritmo, mandando a vuoto l’uomo. Spesso fa poi seguire un cambio di passo o una giocata nello spazio che si è creato. Il resto lo fa la sua sensibilità cerebrale (nel prevedere le mosse altrui) e tecnica (nello spostare palla).
Nell’ultima stagione Sensi ha completato appena 0,9 dribbling per 90 minuti, che rappresentano però l’85,71% di quelli tentati. Una simile percentuale di successo, oltre che alla visione di gioco e al baricentro basso, è permessa anche dal fatto che usa i due piedi praticamente allo stesso modo ed è difficile da leggere per un marcatore. Il sinistro non è mai una semplice opzione supplementare a cui affidarsi quando gli viene chiuso il destro, ma un piede da usare per replicare le stesse giocate di qualità. Alla prima giornata di campionato ha mandato in porta Politano e Falcinelli proprio con due lanci di sinistro. Già

tra i professionisti, segnato il 15 settembre 2013 in un San Marino-Como 2-0, denota, più che la precisione (il tiro senza quella deviazione probabilmente non avrebbe impensierito il portiere), l’attitudine a utilizzare il piede debole quando permette una soluzione più tempestiva.

 


Sensi ha lavorato profondamente sul suo gioco in fase di non possesso e ha trasformato in un punto di forza ciò che a inizio carriera ne limitava l'impatto complessivo. In Emilia ha accresciuto il volume delle sue cosce (e nei primi mesi in serie A la corsa pareva meno brillante) proprio per avere una migliore resistenza agli urti. Sensi aggredisce il portatore di palla con l’energia e la testardaggine tipica dei cani di piccola taglia che si avventano su un proprio simile molto più grande.

 

Negli scontri frontali Sensi difende basso e sulle gambe, e non appena il pallone rientra nella propria disponibilità lo attacca, mantenendo al momento del tackle le gambe divaricate e sbilanciando il peso del corpo sulla gamba destra, quella con cui solitamente va al contrasto. Da quando milita in A ne vince 1,52 a p90’: non una grande quantità in senso assoluto, ma neppure trascurabile. Come in quella offensiva, anche in fase difensiva Sensi ha uno stile piuttosto diretto, in cui cerca di far valere il suo tempo di intervento unito ad una spiccata aggressività per non dare modo al proprio uomo di pensare, e di evitare in particolare che sposti il confronto sul piano fisico o atletico.

 

Il suo approccio a questi duelli individuali non è prettamente distruttivo (interrompere l’azione), bensì propositivo: recuperare palla e innescare una transizione positiva.
Diversamente quando è in ritardo o affronta l’uomo partendo da una zona laterale, cerca di contenere quell’irruenza che nel triennio tra San Marino e Cesena gli ha fruttato, oltre a svariati recuperi diretti e indiretti, 21 ammonizioni e 3 espulsioni in 90 presenze (un cartellino ogni 4 partite scarse), provando ad accompagnare il portatore verso l’esterno, cosa che però gli riesce meno bene per via del gap fisico che è costretto a pagare. Con il salto di categoria l’aggressione sul primo controllo avversario si è fatta meno efficace proprio per una questione muscolare – l’anno scorso ha vinto mediamente 0,5 tackle in meno dei suoi compagni di reparto e ne ha persi 3,82, circa il loro stesso numero – e oggi, più che per andare a contrasto, in fase di non possesso lavora in primis per sporcare le linee di passaggio.

 




 

Quando invece difende in posizione fa leva sulle sue letture, che gli permettono di mantenere le spaziature corrette e schermare la linea difensiva, senza farsi attirare fuori posizione dalla palla. Una capacità, quella di muoversi con naturalezza in rapporto alla sfera e all’uomo, che lo aiuta a mascherare le difficoltà nel difendere scappando verso la propria porta.

 


Sensi dimostra le idee chiare quando gli viene chiesto quale sia il suo ruolo: «Se mi chiedono cosa sono, rispondo: mediano davanti alla difesa. Non trequartista, né mezzala»

a fine 2015. Concetto

durante la presentazione al Sassuolo , pur ammettendo che difficilmente avrebbe trovato spazio con Magnanelli in quella zona del campo. Che è poi la storia della sua carriera: in quattro anni abbondanti professionista, Stefano ha giocato da volante davanti alla difesa in pianta stabile soltanto il campionato a Cesena, più qualche presenza a Sassuolo in seguito all’infortunio dello stesso Magnanelli. Dopo 3 gare però Di Francesco ha preferito puntare sui più esperti Aquilani o Missiroli, anche a costo di schierarli fuori ruolo. Questione di struttura fisica in relazione alla schermatura della difesa che in linea teorica elementi più prestanti e bloccati possono garantire, ma probabilmente pure di gestione dell’uscita del pallone, visto che la sua voglia di verticalizzare si può tradurre in possessi persi potenzialmente sanguinosi.

 

Gli altri allenatori che ha avuto finora, Bucchi compreso, hanno voluto affidarsi in quella zona a un metodista come Magnanelli, più abituato a basculare in orizzontale o in generale a elementi più conservativi nell’impostazione della manovra («gioca mezzala accanto a Magnanelli perché avere meno responsabilità tattiche aiuta a crescere» l’altra

fornita da Di Francesco), per spendere la fantasia di Sensi negli ultimi due terzi di campo, come interno o trequartista. Da mezzala nel 4-3-3 dell’attuale tecnico della Roma si è dovuto attenere a un set di movimenti automatizzati, muovendosi sempre in connessione al terzino e all’ala del lato di riferimento. Bucchi per contro predica un calcio meno dogmatico, con

e frequenti rotazioni del triangolo di centrocampo, in cui sta alla capacità di analisi dei giocatori ricercare la superiorità posizionale alle spalle delle linee di pressione. Una flessibilità che ha partorito il passaggio al 3-1-4-2, divenuto 3-4-1-2 nel momento in cui Sensi è stato spostato dietro le punte.

 

Un po’ per la bassa statura, e un po’ perché sta giocando da interno, nell’ultimo anno Sensi

con insistenza a Marco Verratti. Un paragone che però non tiene conto della differente interpretazione del ruolo: il centrocampista del Psg è una mezzala di possesso dal fisico compatto, che ama toccare tante volte la palla e consolidare l’azione, per caratteristiche istintivo e disordinato in fase di non possesso. Sensi è più disciplinato senza palla e ama sviluppare un gioco molto più lungo e verticale. A differenza del centrocampista del PSG, tende a non portare troppo palla, anche perché quanto più acerbo fisicamente e meno rapido nell'allungo.

 

Per questo va verificata la sua spendibilità futura come mezzala di un centrocampo a 3, in cui oltretutto deve coprire tanto campo, sia in orizzontale che in verticale. Anche perché avrebbe bisogno di un contesto a lui più congeniale, dove può toccare un maggior numero di palloni (il Sassuolo 2016/17 è quartultimo in A per numero di passaggi eseguiti, 404 a partita) per rivestire una centralità superiore nello sviluppo e nella rifinitura del gioco. In questa posizione d’altro canto ha la possibilità di spingersi in area e sfruttare con più continuità la propria ambidestria al tiro, di cui però non sembra fidarsi troppo (appena 1,2 conclusioni a gara la passata stagione) malgrado le sue doti balistiche e i tempi di inserimento, che in carriera hanno fruttato 17 reti in 118 partite, di cui 3 in 26 presenze nella massima serie. Una media gol senz’altro positiva, ma che uno del suo talento può tranquillamente incrementare.

 


Questo è il gol gol di Sensi alla terza giornata di campionato, contro l'Atalanta. Foto di Valerio Pennicino / Getty.


 

Ma a prescindere dalla sua posizione, per Sensi, come

, questo deve essere l’anno della consacrazione. Dopo una stagione di apprendistato tra campo, panchina e infermeria, che gli è costata la convocazione per gli Europei U-21 e ha abbassato il livello dell’hype che si era creato attorno a lui durante il campionato a Cesena, è il momento di scoprire le carte. Portare il suo gioco al limite e capire se la sua capacità di vedere e sintetizzare il gioco possono fare la differenza in una categoria più tattica e fisica. Capire, insomma, se può affermarsi anche in Serie A e ambire un domani ad una squadra di livello superiore (la Juve, al momento del trasferimento dal Cesena al Sassuolo,

aver strappato un’opzione per un eventuale acquisto, ma  Carnevali, a.d. neroverde, 

che quella dell’opzione è soltanto un’ipotesi in chiave futura). Ma il futuro passa dal presente, che significa innanzitutto prendersi il Sassuolo.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura