
“Moneyball”, il libro sul baseball di Michael Lewis che nel 2003 portò alla ribalta la storia degli Oakland Athletics e del loro manager Billy Beane, si teneva in piedi sul contrasto ideologico tra i vecchi metodi di scouting e i nuovi, basati sulle statistiche. In realtà, la versione della storia di Lewis è parziale e oltremodo romanzata: il giornalista sportivo americano Allen Barra arrivò a dire, in questo suo articolo per The Atlantic in cui smantella le ipotesi su cui si regge il libro, che Lewis non capisse niente di baseball.
Nonostante ciò, le statistiche hanno fatto il loro ingresso anche nel mondo del calcio e la collaborazione tra gli scout e i data scientist è più stretta che mai. Il supporto tecnologico fornito dai numeri è indispensabile per supportare il lavoro degli osservatori a tutti i livelli, ma è forse è ancora più importante nelle piccole squadre. Con mezzi economici limitati, diventa vitale effettuare una scrematura degli obiettivi mediante KPI (indicatori chiave su cui concentrare la propria attenzione), se non un vero e proprio “dragaggio” alla ricerca di giocatori scartati con altri sistemi.
I numeri vanno quindi scelti e aggregati per poter essere interpretati nella maniera più corretta, tenendo conto della strategia che si vuole perseguire sul campo e delle specificità del ruolo che si intende coprire. C’è anche un altro fattore da tenere in conto: se la ricerca si estende in un campionato diverso da quello in cui si compete, i numeri non possono essere confrontati così come sono, vanno prima “normalizzati”. Ovvero bisogna tenere in conto, da un lato, la forza del campionato di provenienza; dall’altro, il tipo di gioco della squadra in cui quei numeri sono stati prodotti.
È lapalissiano che i numeri prodotti in un campionato di livello superiore come la Premier League hanno ben altro valore rispetto agli stessi prodotti in Olanda o in Portogallo. Così com’è chiaro, ad esempio, che una squadra che passa la maggior parte del tempo senza la palla permette ai suoi giocatori di moltiplicare le proprie statistiche difensive.
Per rendere concreto uno dei possibili modelli di lavoro con le statistiche, ho individuato tre attaccanti, appartenenti a tre profili diversi, ai quali sono associati tre gruppi di statistiche differenti, normalizzate secondo il ragionamento fatto poc’anzi. Per tutti la valutazione calcolata dal sito Transfermarkt.com non supera i 10 milioni di euro. Potrebbero rappresentare tre possibili soluzioni a tre problemi diversi per le squadre medio-piccole della nostra Serie A.
Lebo Mothiba: a chi serve un finalizzatore?
Strasburgo, 7 milioni
Lebo Mothiba è un attaccante sudafricano attualmente in forza allo Strasburgo. Transfermarkt ne fa una valutazione di 7 milioni di euro. Alla seconda stagione in Ligue 1 è arrivato in doppia cifra di gol, con poco più di 2000 minuti giocati in campionato. Mothiba ha segnato secondo le attese: tenendo in conto solo le azioni di gioco regolare, ha realizzato 0,29 gol ogni 90 minuti da 0,30 Expected Goals ogni 90 minuti. L’eccezionalità statistica di Mothiba è altrove, e consiste in due fattori.
Da un lato la sua precisione davanti alla porta è notevole, il 50% dei suoi tentativi finisce almeno nello specchio della porta (la media per un attaccante è normalmente del 37%).
Dall’altro, Mothiba sceglie opportunamente le occasioni da concretizzare: il valore medio degli xG per ogni tiro che prende è molto alto, pari a 0,21 (ancora, la media per un attaccante è di 0,13). In questi due fondamentali, Mothiba nella scorsa stagione ha fatto meglio dell’87% degli attaccanti europei.
La capacità di Mothiba di scegliere il momento in cui presentarsi davanti al portiere è del tutto naturale. È una di quelle punte che svaria molto e che può sostenere l’intero peso dell’attacco, però finisce per tirare poco (1,47 tiri/p90) e generalmente gioca la palla lontano dagli ultimi sedici metri (2,64 tocchi in area/p90).
Mothiba è un giocatore giovane e basato ancora su una grossa componente di istinto e di ciò ne risentono le scelte che fa. Se riuscisse a razionalizzare una parte del suo gioco, potrebbe ascendere al livello dei migliori attaccanti in Europa.
Stefano Okaka: un punto di riferimento
Watford, 5 milioni
Stefano Okaka ha fatto ritorno al Watford dopo i 6 mesi passati in prestito all’Udinese. Eppure la sua stagione da neanche 1000 minuti non è stata affatto negativa, se circostanziata alle cose che Okaka sa fare bene.
Il suo dominio sulle palle alte in Serie A è certificato dai 3,6 duelli aerei vinti ogni 90 minuti. Sono pochi solo se confrontati con i 6,5 vinti da un attaccante dalle caratteristiche simili come Leonardo Pavoletti. Okaka però, rispetto all’attaccante cagliaritano, è più produttivo anche nei dintorni dell’area di rigore: serve ai compagni occasioni per un controvalore di 0,11 Expected Assist ogni 90 minuti (Pavoletti ne fa 0,05/p90), pur giocando lo stesso numero di palloni nell’ultimo terzo di campo.
Okaka salta l’uomo con facilità, soprattutto quando può buttare la palla nello spazio e resistere di fisico al ritorno del difensore: ogni 90 minuti registra 2,34 dribbling riusciti (per continuare con il nostro paragone, Pavoletti ne fa 0,29/p90).
Anche dal punto di vista realizzativo, la mezza stagione di Okaka all’Udinese è tutt’altro che da buttare. Okaka ha segnato 0,36 reti/p90 in situazione di gioco manovrato, avendo avuto occasioni per 0,30 Expected Goals/p90. A questi vanno aggiunti anche il contributo dei gol e delle occasioni da calci piazzati: ha segnato in tutto 0,54 gol/p90, che è la quinta miglior prestazione di tutto lo scorso campionato.
Alla soglia del compimento dei 30 anni, Okaka potrebbe rappresentare ancora un affare per una squadra medio-piccola alla ricerca di una punta di riferimento, capace di aiutare la squadra a risalire il campo.
Karim Onisiwo: per aggiungere creatività
Mainz, 3 milioni
Onisiwo è un attaccante austriaco arrivato al Mainz nel 2016: da allora in Bundesliga ha collezionato 59 presenze, partendo per lo più dalla panchina. In passato Onisiwo ha giocato con buoni risultati da ala sinistra e destra. Quest’anno è stato spostato di punta nel 4-3-1-2, quando è stato utilizzato, e ha interpretato il ruolo della seconda punta di raccordo alla perfezione.
Onisiwo infatti preferisce abbassarsi nel mezzo spazio o allargarsi sulla fascia, per poter ricevere senza un’eccessiva pressione da parte dei difensori e riuscire così a girarsi verso la porta.
Nei 1154 minuti giocati quest’anno in Bundesliga, Onisiwo ha ritoccato i suoi record personali sia sui gol segnati (0,52/p90 solo su azione regolare), sia sugli Expected Goals (0,33/p90). Soprattutto ha servito occasioni per i compagni come quasi nessuno in Europa: 0,24 Expected Assists ogni 90 minuti, sono più del doppio della media consueta per un attaccante, e solo il 2% delle punte europee ha fatto di meglio.
Onisiwo è un giocatore di sistema: pur se dotato di buona tecnica e di buona coordinazione, soprattutto in relazione alla sua grossa statura fisica, ha bisogno di appoggiarsi ai compagni vicini per trovare lo smarcamento al di là del difensore.
A 27 anni, Onisiwo si è scoperto attaccante ora che sta per entrare nel miglior momento della sua carriera. A cifre accessibili potrebbe rappresentare una scommessa rischiosa ma molto redditizia.
Quello fornito qui è solo un esempio di uno dei possibili modelli di lavoro con le statistiche. Gli attaccanti, in particolare, si impongono al pubblico e agli addetti ai lavori grazie all’evento-principe di una partita di calcio, il gol. Per cui gli investimenti per gli attaccanti sono generalmente più onerosi e portano con sé una bella dose di incertezza, anche per una certa mistica legata al ruolo: una volta il cosiddetto “fiuto del gol” rappresentava il ticket d’ingresso per il mondo dei sogni del tifoso, che oggi ha lasciato spazio alle clip Youtube intitolate “Goals & Skills”. I processi illusori e la pressione mediatica che questi comportano sono rimasti però praticamente gli stessi.
In questo senso, avere un modello di lavoro che aiuta a contestualizzare le prestazioni e a rendere oggettive le prime impressioni non annulla, ma riduce di molto un certo fattore di rischio.