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Tommaso Giagni
I cento giorni di Moustapha Name
15 lug 2022
15 lug 2022
La carriera di un calciatore può cambiare del tutto in pochissimo tempo.
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Tommaso Giagni
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I tifosi del Paris FC, la squadra di Ligue 2 in cui gioca da due anni,

miglior giocatore della stagione. È una conferma, perché avevano votato così anche in coda al 2020-21. Negli ultimi mesi comunque Moustapha Name è cresciuto, tecnicamente e non solo. Gli è capitato di indossare la fascia di capitano, l'ha meritata perché è un giocatore e una persona affidabile. Con prestazioni importanti, arricchite da 10 reti e 6 assist in 32 partite stagionali, ha avuto un ruolo notevole nel quinto posto con cui il Paris si è classificato. Nell'arco stretto tra il 16 e il 19 aprile scorsi, in una fase delicata del campionato, ha realizzato lui i gol decisivi per vincere due gare. Il 5 maggio ha compiuto ventisette anni.

 

Ora sta uscendo dal campo dopo aver compiuto una brutta entrata, nello spareggio per la promozione contro il Sochaux, il 17 maggio 2022 allo stadio Charléty di Parigi. Il primo tempo non è ancora finito, è il 43° minuto. I quarti di finale dei playoff sono la prima delle tre partite da vincere, per condurre un secondo club parigino al massimo livello del calcio francese. Name è stato espulso, ha preso due cartellini gialli in un quarto d'ora, e cammina verso i cartelloni pubblicitari senza protestare. Lui che aveva raccolto fin qui, nelle 128 partite messe insieme da quand'è in Europa, solo 15 ammonizioni e 3 espulsioni.

 

La squadra è in vantaggio per 1-0 e gioca in casa, ma restare in inferiorità è un bel problema: Paris e Sochaux si equivalgono per valori, in classifica hanno chiuso con due punti di differenza, e l'andamento della partita non può che aver aumentato la fiducia degli ospiti. Prima del doppio giallo di Name, infatti, il Paris aveva perso per infortunio Alimami Gory, l'autore dell'assist per il gol che aveva sbloccato l'incontro all'ottavo minuto. Ma soprattutto, i padroni di casa avevano sbagliato due rigori: se il secondo (calciato da Migouel Alfarela) avrebbe potuto quasi blindare la partita dopo 12 minuti, il primo l'aveva sbagliato al terzo di gioco proprio Moustapha Name.

 

Un rigore spedito fuori, un'espulsione per doppia ammonizione, in nemmeno un tempo di gara. È l'ultimo e il più crudele dei cento giorni che per Name avevano avuto inizio, a tutt'altre latitudini, con una festa.

 


Dal sito del Paris FC 


 

Un giovane uomo composto, senza abitudine ai riflettori. «Mouss è molto, molto calmo, molto discreto. È tra i saggi dello spogliatoio» 

il tecnico del Paris, Thierry Laurey. Anche durante la sua precedente esperienza francese, le due stagioni al Pau Fc nello Championnat National, concluse con la promozione in Ligue 2, si era deciso che avesse lui la responsabilità della fascia di capitano. In quel ruolo aveva guidato la squadra all'impresa contro il Bordeaux, in coppa di Francia: un club del terzo livello del Paese era andato a batterne uno di Ligue 1. Ancora era stato capitano, Name, quando l'avventura si era interrotta agli ottavi contro il PSG.

 

Era andato a vivere nei Pirenei, da Dakar, durante l'estate 2018. Nella capitale senegalese, dov'è nato nel 1995, ultimo di cinque figli, Name aveva iniziato con il calcio professionistico, esplodendo nell'AS Douanes, uno dei club più titolati del Paese. Se aveva scelto il Pau, firmando il contratto insieme al presidente nel salotto di casa a Dakar, non era stato per qualche nome celebre passato per il club (Gignac, Rabiot) ma

appunto il presidente gli aveva ispirato fiducia.

 

Name aveva già provato a lasciare il Senegal per cercare il successo in Europa. «Riuscire a tirarmi fuori dalla merda» 

. La prima volta, nel 2011, da minorenne, il suo club senegalese

la trattativa col Chievo Verona che lui tanto desiderava chiudere. Era poi riuscito, a vent'anni, ad avventurarsi nelle Fiandre, con il Lokeren.

nella squadra riserve, aveva giocato qualche partitella d'allenamento ma la Jupiler Pro League belga era rimasta un miraggio. Poi non aveva potuto restare: il visto turistico scadeva, non avrebbe avuto titolo per restare legalmente.

 

Il ritorno in Senegal («Dove chiunque vuole diventare un calciatore e la metà fallisce» 

) avrebbe potuto destabilizzarlo, fargli tremare tutto intorno come succede con i tentativi andati male. Invece no: «Non ho avuto paura di affrontare lo sguardo degli altri»

lui. «Mentalmente sono forte». E

la famiglia per questo – per l'educazione e la stabilità che gli hanno dato.

 

Una famiglia, la sua,

al calcio,

trascorsi da professionisti: il padre, lo zio, il fratello maggiore. Nessuno, però, ha mai raggiunto una massima serie europea. Questa è l'ambizione di Moustapha Name. A sfidarlo a chi arriva prima c'è Rassoul Ndiaye, il suo fratellastro, che è più giovane e gioca in Ligue 2 anche lui. Di più: gioca proprio nel Sochaux, ed è in campo quel 17 maggio 2022 contro il Paris, con lo stesso obiettivo di avvicinarsi d'un altro passo alla promozione.

 



 

Nel primo e più gioioso dei suoi cento giorni, il 6 febbraio 2022, Name è diventato campione d'Africa con il Senegal. Piange

l'espressione stravolta di chi è al cospetto di qualcosa di troppo grande. Non ha giocato un minuto nell'intera competizione, di certo non è Sadio Mané né Édouard Mendy né Kalidou Koulibaly, ma ha fatto parte del gruppo. Naturalmente avrebbe voluto essere più di una comparsa, ma è convinto di essere sulla strada giusta per ritagliarsi spazio («Lavoro, e so che verrà il mio momento»

dopo le celebrazioni).

 

D'altronde è arrivato in nazionale un po' a sorpresa, nell'autunno 2020, quando aveva venticinque anni (vanta 5 presenze, tutti scampoli). La notizia della prima convocazione gliela diede il CT stesso: Name

in palestra, trovò sul telefono diverse chiamate e un messaggio da un numero che non conosceva, da un mittente che si presentava come Aliou Cissé. «Ho pensato a un brutto scherzo, ma per precauzione ho richiamato. E dall'altra parte c'era davvero il mister. Ero lì lì per svenire». Poi ha voluto telefonare al padre, e l'uomo «respirava pesantemente per non piangere».

 

Se il CT l'ha incluso anche nella selezione della coppa d'Africa, nonostante Name giochi in una serie cadetta, è forse per la sua duttilità, perché può essere schierato mediano, seconda punta, trequartista, anche terzino. Moustapha Name

poi la serietà e l'umiltà di chi si allena bene. Ed è benvoluto: al ritorno in Francia, i compagni del Paris, lo staff e i dirigenti e le formazioni giovanili della società, tutti

al centro sportivo, facendogli ala e regalandogli una maglia con scritto «Champion Mousti».

 



Dalla festa per la coppa a Yaoundé sono trascorsi cento giorni esatti, il 17 maggio, mentre Name esce dal terreno di gioco, mentre lo spareggio col Sochaux riprende. E tre minuti più tardi, gli ospiti pareggiano. Intervallo.

 

Name deve tormentarsi, poi, a vedere la fatica dei compagni nel secondo tempo. Resistono, il risultato non cambia, il Paris incassa la pressione avversaria e resta in partita. Quando i minuti di recupero hanno inizio, probabilmente la speranza è di raggiungere i supplementari: l'ultimo passaggio insidioso da attraversare prima dei rigori, dove essere in inferiorità numerica non peserà più. Al 92° invece un gran tiro da fuori porta in vantaggio il Sochaux. 1-2, fischio finale, il Paris resta in Ligue 2.

 

Ci si potrebbe concentrare sulla grossa buca sul terreno di gioco del Charléty, all'altezza del dischetto, che

un paio di compagni avrebbe impedito a Name di calciar bene il suo rigore. Si potrebbe guardare all'eliminazione del Sochaux, ai rigori contro l'Auxerre, nel passaggio successivo dei playoff: la sfida tra fratellastri non l'ha vinta neanche Rassoul Ndiaye, l'accesso alla Ligue 1 è sfumato per entrambi.

 

Potrebbe aver più senso, invece, ragionare sul fatto che un giocatore esperto può compiere un'ingenuità che storce una partita. Così come un uomo composto e lucido può perdere la testa. Esattamente come, ancora, un calciatore non-più-giovane che ha conosciuto solo le serie inferiori può raggiungere di colpo la Nazionale maggiore, e dirsi campione del continente. E può aver senso pensare che cento giorni sono capaci di rovesciare la vita in più direzioni, davvero, prima che ne comincino altri cento.

 

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