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Michele Tossani
Carlos Tevez sta diventando un allenatore interessante
26 mar 2024
26 mar 2024
L'Apache sta facendo bene all'Indipendiente.
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Michele Tossani
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Il calcio argentino non è così distante da quello italiano come potrebbe apparire geograficamente, anzi nelle sue peculiarità forse è ancora più estremo e radicale. Di certo, dal punto di vista della pressione mediatica e dell’impazienza nei confronti degli allenatori, Italia e Argentina rappresentano due galassie vicine. E questo è vero soprattutto quando si parla di grandi squadre, cioè quelle che vantano più tifosi e che hanno maggior risonanza in tutto il Paese sudamericano. Ecco, fra gli allenatori di queste squadre, da qualche mese, c’è Carlos Tévez, una persona che fa ancora strano figurarsi da allenatore.

L’Apache non sembrava essere destinato alla panchina, anche solo per via del suo carattere passionale, a volte spigoloso. E invece, arrivato all’Independiente lo scorso anno in una situazione delicata (la squadra di Avellaneda era penultima in classifica), l’ex attaccante delle due squadre di Manchester e della Juventus ha saputo risollevare il “Rojo”, portandolo alla salvezza e cambiandone la mentalità.

Tutto è iniziato lo scorso agosto quando, dopo una sconfitta per 1-0 contro il Colón, l’allora tecnico dell’Independiente Ricardo Zielinski ha deciso di dimettersi. Al suo posto il club ha deciso di ingaggiare proprio Tevez, ma quasi come un’ultima spiaggia, dopo il rifiuto di altri tecnici come Ariel Holan, Gabriel Milito, Daniel Garnero, Gustavo Alfaro, Pedro Troglio e Mauricio Pellegrino. Cosa ci si poteva aspettare dopo essere arrivati dietro tutta questa gente? Alla fine, però, il club guidato da Néstor Grindetti non si è pentito, o forse sarebbe meglio dire che si è rallegrato del colpo di fortuna, perché con l’ex juventino al timone l’Independiente ha cambiato marcia.

Parlando ai canali sudamericani dell’emittente sportiva statunitense ESPN, Tevez ha dichiarato di aver accettato l’offerta del club perché aveva visto «che c’erano buoni giocatori, che possono giocare a calcio e che si poteva fare qualcosa in cui i tifosi potevano identificarsi». Ed evidentemente aveva ragione dato che i risultati sono stati talmente buoni che si è visto rinnovare il contratto dal club lo scorso dicembre per altri tre anni.

Certo, fa ancora impressione studiarlo adesso che, passati i giorni del giocatore ribelle, è diventato un tecnico metodico, ragionatore, che pensa alla squadra prima che al singolo. «Quando finisci la carriera da calciatore sai che ti devi preparare se vuoi fare l’allenatore», mi dice Nicolás Hernan Chiesa, assistente di Tévez all’Independiente, che ho sentito via telefono. «Da tecnico hai un altro tipo di responsabilità, devi avere un’altra testa, per così dire. Carlos si è preparato tanto».

Da fuori, forse influenzati anche dal suo ricordo da calciatore, è difficile immaginarcelo: com’è il Tevez allenatore? «È molto responsabile, ci tiene tanto a fare bene e, prima di tutto, a migliorare i calciatori (sia in campo che tramite l’utilizzo di video), a star loro vicino. Carlos cerca di trasmettere a ogni partita la sua mentalità vincente».

Chiesa è entrato nello staff di Tévez dopo una corte serrata da parte dell’Apache: «Era da un po’ di tempo che mi cercava per fargli da secondo», mi rivela Chiesa «Io ero allenatore in seconda dell’Ecuador, con cui ho fatto anche i Mondiali in Qatar lavorando con giocatori come Moisés Caicedo, Enner Valencia o Piero Hincapié». «Come allenatore in seconda ho il compito di gestire tutto ciò che riguarda lo staff, stare attento che tutto funzioni e dare suggerimenti a Carlos, sempre in linea con la sua filosofia calcistica». «In partita cerco di analizzare ogni dettaglio, individuale e collettivo, della nostra squadra o degli avversari, per aiutare Carlos a prendere le decisioni corrette, come ad esempio in occasione delle sostituzioni o di cambi tattici».

Oggi quel Tévez che a Monaco di Baviera, con il Manchester City, rifiutò l’ordine di Roberto Mancini di entrare dalla panchina sembra non esserci più. «Quando decidi di fare l'allenatore, devi elaborare il lutto come calciatore», ha detto Tevez una volta: «Ho deciso, volevo aiutare il calcio e ho scelto di fare l'allenatore, per aiutare il giocatore in questa follia di voler sempre vincere. Mi piace dare una mano, aiutare i giocatori. Essere allenatore è la mia nuova carriera».

Una delle partite più convincenti dell'Independiente di Tevez, contro il Rosario.

Aiutare i giocatori a crescere, quindi: questa è la motivazione che si è dato Tevez per iniziare questa sua nuova carriera in panchina. Aiutarli sia in campo che fuori. Ne ha parlato in un’intervista rilasciata al giornalista argentino Alejandro Fantino lo scorso anno: «Faccio svolgere un esercizio di velocità, legato alle neuroscienze. Quando il giocatore è stanco, gli chiedo di risolvermi un problema di matematica. Tre dei calciatori che ho attualmente in rosa mi hanno detto che non sapevano fare né le somme né le sottrazioni». Le parole di Tevez riflettono il contesto unico in cui si trova ad allenare un tecnico in Argentina. «C’è povertà. Possiamo portare da mangiare a un ragazzo, possiamo aiutarlo in tante cose, ma lo studio... deve sapersi difendere, deve saper leggere quello che firma. Stiamo mettendo a punto un progetto con la società per dare loro un insegnante e dopo l'allenamento passano due ore a studiare».

I modelli di riferimento del Tévez tecnico sono Carlos Bianchi (che lo ha allenato agli esordi nel Boca Juniors) e Antonio Conte, dal quale ha preso spunto sia tatticamente sia dal punto di vista metodologico. L’Independiente di Tévez infatti è squadra organizzata, intensa, che pressa a tutto campo senza paura di dover affrontare l’uno contro uno in difesa. «Si impara da tutti gli allenatori. Quello che c’è fare e quello che c’è da non fare. Bisogna sempre confrontarsi con il giocatore, dirgli se lo tieni davvero in considerazione oppure no. Ci deve essere sempre un filo tra giocatore e allenatore. Ci si può muovere da una parte o dall'altra, ma non deve rompersi mai. Io nello spogliatoio non mi intrometto, è il posto del giocatore».

L’arrivo di Tevez ha cambiato il morale di una squadra che ha anche adottato principi di gioco più contemporanei. Già nei primissimi allenamenti con la sua nuova squadra Tevez ha iniziato a lavorare su questi principi di gioco, mostrando però anche una capacità di adattamento al contesto. «Guardo che giocatori ha la mia squadra e mi adatto alla situazione. Si tratta di definire che sistema uno vuole utilizzare come allenatore e di essere chiaro con i giocatori».

Uno schieramento 4-3-3 utilizzato quest’anno. «L’anno scorso abbiamo giocato prevalentemente con 5-3-2 e 4-1-3-2», mi dice Chiesa «Quest’anno siamo più sul 4-3-3 e sul 4-3-1-2».

«Bisogna capire il contesto. Ad esempio, al Central difficilmente potevamo andare in campo e giocare da pari a pari contro Boca, River, Racing e Independiente. C'erano tanti ragazzi e dovevamo essere intelligenti per sfruttare il nostro potenziale, approfittarne quando lasciavano spazi per attaccarci».

«I nostri principi di gioco sono semplici», aggiunge Chiesa «Vogliamo costruire dal basso, cercare di attirare la squadra avversaria per trovare spazio fra le linee e in profondità. Per questo cerchiamo anche di essere una squadra ‘corta’, sia quando attacchiamo che quando difendiamo, per evitare le ripartenze avversarie. Vogliamo avere sempre la palla noi e essere concreti».

«In fase di non possesso vogliamo recuperare presto il pallone dopo che l’abbiamo persa. Vogliamo una squadra compatta, che curi tutti i dettagli, come ad esempio sulle palle inattive, i falli laterali… vogliamo aiutare i giocatori a essere pronti per fare a differenza in ogni partita».

Con l’Independiente, effettivamente, i suoi giocatori la differenza l’hanno fatta. Tévez ha rimesso in piedi la squadra e ridato orgoglio a un club che vanta nella sua storia il record di Coppe Libertadores vinte (7), con l’aiuto di uno staff molto nutrito (dodici collaboratori, tre dei quali suoi fratelli) e concentrandosi tanto sugli aspetti tattici quanto su quelli relazionali. Dal punto di vista psicologico Tevez è intervenuto entrando nella testa dei suoi calciatori, sempre con l’obiettivo di migliorarli. «Ho 39 anni [ora 40, nda], amo stare in campo, sull'erba verde. Poter abbracciare un giocatore, fargli cambiare idea, farlo diventare più sicuro di sé, aiutarlo con qualche consiglio. Mi piace questo e mi sono preparato».

A oggi, comprendendo i risultati nella Copa de la Liga, l’Apache ha messo insieme 26 partite come allenatore del “Rojo”, con una statistica interessante: ogni volta che la sua squadra ha segnato l’1-0, non ha mai perso. Questa circostanza si è verificata dodici volte, con un risultato finale che ha visto l’Independiente vincere in nove occasioni e pareggiare nelle altre tre. Di contro, soltanto in due occasioni su cinque il “Rojo” è riuscito a ribaltare il risultato.

E dire che la prima esperienza da allenatore di Tévez non era andata bene. Aveva esordito al Rosario Central nel giugno del 2022 ma le cose non erano andate come previsto. Il suo score parla di 23 partite in campionato più una in Copa Argentina (con la squadra rosarina eliminata dal Quilmes) per un totale di6 vittorie, 10 pareggi e 8 sconfitte, con 26 gol segnati e 29 subiti. Gli unici acuti di quell’esperienza sono stati la vittoria casalinga nel derby di Rosario contro il Newell’s (1-0) e quella ottenuta ai danni del River Plate di Marcelo Gallardo, nella sua ultima partita da allenatore dei “Millonarios”.

La fiducia nel suo lavoro sembra però averlo tenuto in piedi nel momento in cui la barca ha sbandato. Dal punto di vista metodologico, infatti, Tévez è un allenatore molto metodico, lavorando con sessioni di allenamento che vanno dalle due alle tre ore. Per preparare tutto l‘ex attaccante della Juve arriva al centro di allenamento dell’Independiente ogni giorno alle 6.30 di mattina. Più tardi comincia la seduta quotidiana, sempre molto intensa. In questo Tévez è “contiano”: la richiesta di impegno e concentrazione ai suoi calciatori è infatti sempre al massimo.

«Con me chi non corre, non si allena, non dorme e non mangia come voglio io, non gioca», ha detto di recente Tévez. Un tecnico contemporaneo, quindi, ma anche piuttosto duro, che cerca di controllare il più possibile la vita professionale dei propri giocatori, con una metodologia chiara. «Due volte a settimana lavoriamo a settori, io secondo i nostri principi difensivi e gli altri due collaboratori su quelli offensivi», mi dice Chiesa «Carlos supervisiona ogni reparto, facendo le opportune correzioni. Cerchiamo di lavorare sui principi, sul controllo, sulla lettura del gioco, allo scopo di rendere i calciatori pronti ad affrontare le varie situazioni che si presentano in partita».

La Primera División argentina comincerà il prossimo maggio. Se Tévez dovesse confermare quanto di buono mostrato nel 2023 (magari aiutato dal possibile ritorno al calcio giocato di Sergio Agüero, che pochi giorni fa ha iniziato ad allenarsi con l’Independiente) chissà che non si aprano per lui e per il suo gruppo di lavoro le porte dell’Europa.

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