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Fulvio Paglialunga

Il caos in Serie B è l’ennesima pagina nera del calcio italiano

L'ultimo di una serie di scandali che ha colpito il nostro calcio nell'ultimo anno.

Mettetevi comodi, la serie B non è ancora finita. E non è detto che finirà presto. Preparatevi, anzi, a parlare di ricorsi anche sotto l’ombrellone, a discutere per mesi di un campionato che non sa mai che cosa fare e, nel dubbio, sceglie sempre il caos. Non è ancora certo se farà davvero caldo, nell’estate che verrà, ma è già abbastanza sicuro che aprendo i giornali si troveranno pagine che elencheranno una lunga serie di pronunciamenti della giustizia sportiva di ogni grado possibile fino a farci perderne la cognizione, e fino a quando, arresi, ci abbandoneremo sul divano – perché l’estate nel frattempo sarà già finita – e lanceremo un liberatorio «fate come vi pare» e il campionato potrà partire.

 

È tutto straordinariamente coerente: la serie B era iniziata piena di guai e condizionata dall’improvvisazione e ora, a metà maggio e dopo trentasei giornate, continua a improvvisare. È una cronologia tragicomica che, a questo punto, conviene far cominciare dalla fine per poi procedere in ordine casuale. Per sentirsi pienamente dentro la vicenda confusa, insomma.

 

Cosa sta accadendo al Palermo

Facciamo finta che sia sabato scorso: il Lecce è andato in serie A e il Palermo è arrivato terzo, a tre punti, deve fare i playoff se vuole ancora provare a essere promosso. Partendo dalla semifinale, come il Benevento, contro la vincente di Verona-Spezia. Il Foggia è retrocesso in C, e Salernitana e Venezia dovranno giocarsi la permanenza in uno spareggio di quelli che non fanno dormire la notte, perché bene che vada resti dov’eri e ti sembra di non vincere niente. Ma non è sabato, quindi tocca dire cosa sta accadendo veramente: il Palermo, dice il Tribunale Federale, avrebbe truccato i bilanci dal 2015 al 2018.

 

Trajkovski segna al Cittadella nell’ultima giornata di campionato. Foto di Tullio M. Puglia / Getty Images for Lega B.

 

Il Collegio che ha deciso, in particolare, «ritiene che il quadro emerso dalle vicende sopra descritte appare in tutta la sua gravità, idoneo a porre in evidenza il compimento di una sistematica attività volta ad eludere i principi di sana gestione finanziaria e volta a rappresentare in maniera non fedele alla realtà lo stato di salute della società deferita» e sostiene che «a fronte di tali circostanze, è derivato il compimento di attività chiaramente elusive, idonee a non fotografare la reale situazione della società, proseguite ininterrottamente dal 2015 al 2018 e aventi il loro apice relativamente al bilancio al 30 giugno 2016 le cui alterazioni, per quanto risulta dagli atti oggetto del giudizio, hanno consentito di conseguire l’iscrizione al campionato di calcio 2017/2018».

 

Per farla breve: senza questi artifici contabili il Palermo non avrebbe potuto iscriversi già un anno fa. Nel lungo dispositivo di questi artifici ne sono indicati un bel po’. C’è una fidejussione che il Palermo di Zamparini ha ottenuto a garanzia di alcuni debiti, ma che è stata concessa da una società di Zamparini, peraltro in stato di indebitamento per 200 milioni. O ancora: nel bilancio al 30 giugno 2016 alla voce “crediti verso altri” è segnato «un credito inesistente pari a 40.000.000,00 euro asseritamente vantato nei confronti della Alyssa s.a. (società, con sede a Lussemburgo, priva di patrimonio e apparentemente amministrata da soggetti stranieri ma di fatto riconducibile a Maurizio Zamparini), quale prezzo della vendita delle quote di partecipazione nella società Mepal Srl., come da contratto del 30.6.2016 e, in ogni caso, indicava un credito non corrispondente all’effettivo valore delle quote cedute, pari ad euro 14.156.000,00».

 

La Mepal era la società controllata costituita dalla stessa società siciliana per la commercializzazione dei prodotti a marchio “Palermo Calcio” e proprio l’utilizzo del marchio è stato negli ultimi tempi ciò su cui si sono concentrate le attenzioni. Scriveva il Sole 24 ore a novembre che il proprietario del club Maurizio Zamparini ha utilizzato il marchio in tre occasioni per fare operazioni di cessione e far emergere plusvalenze, la prima volta il 6 novembre 2006, la seconda il 26 giugno 2014, l’ultima il 30 giugno 2016. In questo modo sono state iscritte nei bilanci in vari anni circa 70 milioni di euro di plusvalenze. Ma il marchio non è mai uscito dalla disponibilità di Zamparini», cosa che peraltro emerge da un’intercettazione di una telefonata dello stesso ex patron del Palermo (attualmente ai domiciliari) con il suo braccio destro Angelo Baiguera, pubblicata dal Giornale di Sicilia, «Il bilancio della Mepal» dice Zamparini al telefono «sono due righe, la Mepal ha dentro solo il marchio e non fa un cazzo, hai capito, non ha nessuna attività, è una società morta che io ho creato apposta, per fare trading e roba, non ha mai fatto un cazzo. Mepal e Alyssa non sono niente altro che operazioni finanziarie permesse dalla legge italiana per ottimizzare il bilancio, stop, chiuso».

 

Mentre tutto questo accadeva, il Palermo riusciva a iscriversi al campionato superando i rigidissimi controlli di chi aveva promesso che mai più ci sarebbe stato un caso-Parma nel calcio italiano. Infatti questo è il caso-Palermo, volendo essere letterali.

 

La retrocessione, forse. Il caos, sicuramente

Per tutto questo il Palermo è stato stato punito: retrocesso all’ultimo posto della classifica del campionato, graduatoria di rifare. A questo punto, se il Palermo è ultimo, il Carpi dovrebbe diventare penultimo e via scalando, il Venezia si salverebbe per il vantaggio negli scontri diretti con la Salernitana, che invece dovrebbe giocare lo spareggio con il Foggia. Ma la Lega di serie B ha deciso di adottare una decisione strana: il Palermo non è stato retrocesso all’ultimo posto, come stabilito dalla Giustizia Sportiva, ma aggiunto alle squadre che già erano state condannate alla C, quindi Foggia, Padova e Carpi. Cancellati i playout, salve senza ulteriori partite il Venezia e, soprattutto, la Salernitana di Lotito e Mezzaroma, accusati di essere gli strateghi di questa decisione.

 

In più si è deciso di far partire comunque i playoff venerdì. Come ogni presa di posizione che la Lega di B prende come definitiva, forse vale solo qualche giorno: intanto i playoff si giocherebbero senza attendere il ricorso in appello (e poi negli altri gradi di giudizio) del Palermo, che spera ancora di vedersi cancellare la decisione del TFN, ma anche perché il Foggia venerdì discute dinanzi al Collegio di Garanzia del Coni il suo ricorso per una riduzione della penalizzazione (ora di sei punti) e gli basterebbe la restituzione di un punto per cambiare di nuovo la classifica, con i dauni che raggiungerebbero Salernitana e Venezia e farebbero retrocedere la Salernitana. A questo punto chi indovina come andrà a finire vince un posto nel direttivo della Lega di B.

 

Il Foggia e i suoi guai

Il Foggia è un altro capitolo di questo strambo campionato. Merita attenzione anche solo per la possibilità che ha di restarci ancora. La società pugliese, infatti, per diversi anni avrebbe fatto ricorso a pagamenti in nero per i propri tesserati, per cui il procuratore federale aveva chiesto la retrocessione in C prima di questo campionato. In questo caso, però, il Tribunale Federale era stato più tenero, spostando la pena a questa stagione, e decidendo per una penalizzazione di quindici punti da scontare, che poi sono diventati otto nel secondo grado di giudizio e sei nel terzo.

 

Sempre a fronte dell’accusa di «avere reimpiegato nell’attività gestionale e sportiva nel corso delle stagioni sportive 2015/16 e 2016/17 un importo monetario molto ingente, sia a mezzo di bonifici, sia a mezzo di denaro contante, proventi di attività illecite di evasione e/o elusione fiscale, alcune delle quali integranti anche reato». Il principio affermato dalla giustizia sportiva, arrivata fino a questo punto, è che in cambio di una penalizzazione tutto sommato recuperabile in fretta (sei punti sono l’equivalente di due vittorie) ci si può iscrivere in modo posticcio al campionato e pagare i giocatori in nero. Ora il nuovo ricorso potrebbe portare a una ulteriore riduzione, sperano a Foggia, e quindi alla salvezza del club. Così si creerebbe il cortocircuito per cui il Palermo che, secondo l’accusa, alterava i bilanci, permetterebbe la salvezza del Foggia che, secondo l’accusa, pagava i giocatori in nero. Quasi una gara a chi trucca di meno.

 

Uno scatto da Palermo-Foggia, giocata lo scorso febbraio. Foto di Tullio M. Puglia / Getty Images.

 

Vi ricordate l’Entella?

A questo campionato a 19 squadre mancava l’Entella. Certo, era retrocesso, ma avrebbe dovuto essere lì, se ancora avere i conti a posto non è una colpa grave. L’anno scorso, infatti, si era salvato il Cesena, ma a luglio era stato condannato per presunte plusvalenze fittizie negli scambi con il Chievo, una serie di operazioni fatte gonfiando il valore dei giocatori anche del 9.000 per cento per alterare i bilanci e potersi iscrivere al campionato. Quindici punti di penalizzazione inflitti dal Tribunale federale, anche qui in modo controverso.

 

Anzi, in modo che poi si è rivelato doppiamente controverso. Intanto perché la punizione era per questa stagione e non per quella passata, cosa che avrebbe provocato la retrocessione dei cesenati da un campionato a cui si erano iscritti in modo fraudolento e rispettato l’afflittività della pena prevista dalla giustizia sportiva. Ma soprattutto perché il Cesena non si sarebbe iscritto (è poi ufficialmente fallito ad agosto) nemmeno al torneo successivo, quindi era stato penalizzato per un campionato che non avrebbe mai giocato.

 

A conti fatti l’Entella il 31 maggio del 2018, dopo aver perso i playout contro l’Ascoli, era retrocesso da un campionato in cui c’erano il Foggia e il Cesena, che avevano partecipato al torneo commettendo illeciti riconosciuti, ma che sarebbero stati penalizzati i primi per la stagione successiva e i secondi mai. Motivo che ha scatenato la battaglia legale dell’Entella, che ha finito per vivere la situazione paradossale di essere a lungo la prima squadra fantasma d’Italia: si allenava, ma non sapeva in che campionato avrebbe giocato. Aveva disputato la prima giornata in C il 17 settembre e poi si era fermata per cinquanta giorni sperando di poter tornare in B, perché così aveva stabilito il Collegio di Garanzia del Coni, ma non la Figc e la Lega di B.

 

Per sapere la sua sorte l’Entella ha dovuto attendere il 7 novembre, con il Tar che ha respinto l’ultimo ricorso perché doveva «assegnarsi preminenza alla prosecuzione e al regolare svolgimento del campionato in corso». Allora in campo, a novembre, in serie C, dopo mesi a brancolare nel buio e con nove partite da recuperare. Poi l’Entella ha vinto il suo campionato giocando 39 gare in 5 mesi e l’anno prossimo sarà di nuovo in B, perché era giusto. Ora tocca solo capire chi ci sarà in questa B, quando finiranno i ricorsi, mentre gli esperti di carte bollate si preparano alla coda della stagione. Siamo solo agli inizi, si può facilmente immaginare che si possa andare avanti fino al momento in cui dovrebbe iniziare il prossimo campionato. Non sarebbe niente di nuovo.

 

Da dove si era partiti

Non c’era niente di buono sin dall’inizio di questa serie B. Prima la resa di Avellino e Bari, poi il fallimento del Cesena, tre squadre che saltavano ad agosto e che facevano teoricamente spazio al ripescaggio di Catania, Novara e Siena. A Catania ci fu una notte di festeggiamenti per un ritorno in B che invece non era vero: l’assemblea della Lega B aveva chiesto già a luglio il blocco dei ripescaggi e aveva intenzione di andare avanti così, per ridurre il numero di squadre e cambiare il format del torneo. Per la Lega di B si doveva partire con 19 squadre e non con 22, ma ovviamente chi ambiva al ripescaggio, tra cui anche la Pro Vercelli e la Ternana, fece partire il braccio di ferro in tutti i tribunali possibili. Non si riuscivano a fare nemmeno i calendari: previsti per il 31 luglio, rinviati al 6 agosto, poi ancora al 13. Secondo il Tar del Lazio, decisione presa poi il 19 settembre, dovevano essere ripescate Ternana e Pro Vercelli (la Lega di C sospese le partite delle due squadre, poi di ogni altra società coinvolta) e l’Entella.

 

Dopo altre decisioni, altri ricorsi, altre polemiche, altre incertezze si arrivò alla decisione della Lega di partire e basta, con le 19 squadre previste e le altre andassero a cercare giustizia altrove. Via il 24 agosto, mentre si rimbalzava ancora tra tribunali fino a quando, a inizio ottobre, il Tribunale Federale non ha chiuso ogni discorso e lasciato il campionato con questo format. Che dicevano sarebbe servito perché riducendo le squadre si riducono i guai dei club che non ce la fanno, secondo una logica giusta ma applicata male, e in modo assai confuso. Al punto che oggi non si sa ancora con certezza chi andrà in A e chi in C, ballano ricorsi e si continua a usare la Lega in modo del tutto arbitrario, fingendo decisionismo. «Niente playout», hanno strillato da quelle stanze lunedì pomeriggio. «Mi sembra che il Consiglio direttivo della Serie B non abbia competenza in materia – ha replicato il presidente della Figc Gabriele Gravina -. Sarà questo motivo di approfondimento al prossimo consiglio federale». Che si tiene giovedì 16. Poi venerdì 17 il ricorso del Foggia. Poi ci sarà quello del Palermo. Compratevi un’agenda e cominciate a segnare le date. Sembra di essere di fronte a una replica della tragicommedia di solo un anno fa.

 

Il calcio aveva una certezza: che le partite finivano al novantesimo e i campionati all’ultima giornata. Ma la serie B ha stravolto i dogmi e ha deciso di durare per sempre: non si sa quando comincia e nemmeno quando finisce.

 

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Fulvio Paglialunga è nato a Taranto, vive a Roma. Scrive per la tv ed è autore dei libri “Un giorno questo calcio sarà tuo. Storie di padri e figli, e di pallone” (Baldini&Castoldi, 2017) e “Ogni Benedetta Domenica" (ADD editore, 2013), tratto dalla trasmissione ideata e condotta su Radio Rai.