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Caos calmo
19 mag 2014
L'Inter di Mazzarri e Thohir, ovvero quando l’unico pregio di una relazione è la stabilità.
(articolo)
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Le squadre di Walter Mazzarri hanno sempre avuto il fascino delle cose che funzionano, anche se non sono particolarmente belle, tipo una sedia della scuola Bauhaus (anche se quelle in effetti erano anche belle). Lo stile adottato non potrebbe essere il preferito di nessuno, e lui non è il personaggio più facile da amare del calcio italiano; ma è innegabile che le sue squadre abbiano un'identità precisa. Soprattutto, Mazzarri riusciva a ottenere sempre il massimo dai propri giocatori, ne valorizzava molti e non deludeva sul piano dei risultati.

Poi è andato all'Inter, e ogni precedente convinzione ha cominciato a fluttuare, rimanendo sospesa: non si può dire che quest'anno Mazzarri abbia fallito; né si può dire che sia stato l’artefice della rinascita interista. La stagione dell’Inter è stata talmente piena di alti e bassi che per i tifosi nerazzurri è difficile capire cosa pensarne davvero.

A quanto pare, Thohir l’ha confermato sulla panchina dell’Inter anche per il prossimo anno, ma nessuno conosce davvero il pensiero del presidente indonesiano, neppure il presidente onorario Moratti.

L’Inter pareggia contro la Juventus. Dopo quella partita, nessuno avrebbe scommesso sui quasi 40 punti di differenza di fine stagione.

LA MISTERIOSA INTER DI INIZIO ANNO

La cosa più strana della stagione dell’Inter, tra le tante, è la prima parte di campionato, quando la squadra di Mazzarri sembrava addirittura potesse ambire alle prime tre posizioni. Dodici partite sono sicuramente poche, ma l’Inter era quarta a un passo dal Napoli e non così distante dal primo posto.

Perché ad inizio stagione l'Inter sembrava andar bene?

La squadra giocava il solito 3-5-2 di Mazzarri, ma adattato alle caratteristiche dei giocatori. Le catene sulle fasce funzionavano, si arrivava sempre sulla linea di fondo e si crossava dietro per Palacio. Quella squadra mise in grande difficoltà anche la Juventus.

Palacio era l’unica punta ma era anche il primo difensore, dedito al pressing continuo sul portatore di palla avversario; in movimento su tutto il fronte d’attacco per creare spazi per gli inserimenti di Guarín e con l’obiettivo di dare profondità a tutta la squadra.

A centrocampo, Cambiasso chiudeva la distanza tra la linea di difesa e quella di centrocampo, gestendo anche i tempi di gioco. Ai suoi lati, Taïder e Guarín davano dinamismo, così da aggredire gli avversari sulla trequarti e riconquistare il pallone. Álvarez era l’unico con compiti tattici meno stringenti: dietro l’unica punta ma libero di muoversi su tutto il fronte, e soprattutto di saltare sempre l’uomo sulle fasce (è il terzo miglior dribblatore della Serie A con 2,8 dribbling a partita), regalando la superiorità numerica per gli inserimenti degli esterni. Tutto questo ha funzionato, per un po’, e poi non più. Qualche crepa si era vista contro la Roma: l’Inter perse 3-0 in casa, e a destare preoccupazione fu la transizione difensiva.

La difesa a tre fino a quel momento aveva dimostrato la sua forza: sempre molto aggressiva, con Campagnaro pronto a chiudere gli spazi aperti dalla debole fase difensiva di Guarín. L’Inter difendeva molto bene in area, sempre compatta, e i tre centrali cercavano di mantenere le distanze sempre al minimo.

Poi, contro la Roma, il disastro: l’Inter iniziò con una linea difensiva molto alta. Totti da falso 9 si abbassava sempre tirandosi dietro un centrale nerazzurro e l’altro centrale si posizionava in copertura, creando però una voragine per gli inserimenti in profondità sulle fasce. Gervinho si divertì molto quel giorno.

La fase difensiva dell’Inter, a inizio stagione, era ottima: linee compatte e vicine; Álvarez e Palacio in copertura difensiva; qui contro la Fiorentina Campagnaro sale su G. Rossi per coprire il buco di Guarín, allineato agli attaccanti.

IL CAMBIO DI PROPRIETÀ

Va detto che Mazzarri si è trovato nella situazione più scomoda per qualunque allenatore: un cambio di proprietà. Quando Moratti lo scelse, la trattativa con Thohir era probabilmente già in fase avanzata, ma insomma non credo Mazzarri fosse esattamente al corrente delle prospettive societarie, e del nuovo presidente indonesiano magari non sapeva proprio niente. Questo spiegherebbe anche la sua piccata reazione al momento dell'ufficializzazione del passaggio delle quote.

L'uomo che aveva indicato Mazzarri al vecchio presidente, cioè Marco Branca, nel frattempo è stato allontanato. La stampa nazionale per tutta la stagione ha seminato dubbi sulla futura conduzione tecnica, e circolavano nomi sempre diversi di nuovi allenatori. Non è facile gestire una squadra in queste condizioni. Dal 15 ottobre, data che segna la fine ufficiale della gestione Moratti, la media punti è stata di 1,5 circa a partita. Prima, invece, era di circa 2 (anche se sette giornate contano poco). Effetto Thohir su Mazzarri e la squadra?

POCHI SPAZI, POCA CORSA, POCO TALENTO

L’Inter nella seconda parte della stagione ha cominciato a preoccuparsi troppo dell’avversario: contro il Cagliari, ad esempio, si è vista una difesa molto bassa per paura dei contropiede di Ibarbo; al tempo stesso la squadra era sbilanciata in avanti per provare ad aggredire gli avversari, con il risultato di uno scollamento evidente tra le due linee.

In generale, l’Inter ha incontrato sempre grandi difficoltà nell’affrontare avversarie chiuse: la squadra di Mazzarri è la peggiore delle grandi per punti ottenuti in casa (solo 8 vittorie in 19 partite). Una spiegazione forse per cui l’Inter soffre molto quando deve dominare la partita è che non ha sufficiente qualità a centrocampo (con l’83% circa di passaggi riusciti è settima nella speciale classifica). A questo si deve aggiungere che le squadre di Mazzarri cercano da sempre il gioco sulle fasce, e l’Inter non fa eccezione: è la squadra che ha effettuato più cross in Serie A; Nagatomo e Jonathan sono esterni di ottima corsa, ma forse non i più adatti per questo tipo di gioco.

I passaggi dell’Inter nella sconfitta di Napoli. La doppia protezione del Napoli davanti alla difesa impedisce all’Inter di verticalizzare. Il gioco fluisce in orizzontale, ma senza spazi per i terzini.

Il problema è che il gioco sugli esterni funziona bene in campo aperto, situazione che l’Inter in realtà non ha affrontato spesso. Il tridente del Napoli di Mazzari era composto da Cavani, Lavezzi e Hamsík, giocatori che contemporaneamente davano profondità alla squadra, allargavano la difesa avversaria, garantivano inserimenti senza palla e permettevano transizioni offensive velocissime. Grazie al loro movimento, si aprivano sulle fasce spazi sufficienti per gli inserimenti dei terzini. Nell’Inter tutto questo è impossibile proprio per le diverse caratteristiche dei giocatori a disposizione: dei due attaccanti più spesso impiegati, solo Palacio è un vero contropiedista e quando è stato utilizzato come unica punta a supporto c’era Álvarez, non un vero e proprio incursore.

L’impressione è che l’Inter sia andata alla grande fino a quando Palacio è riuscito a sostenere da solo tutto il peso dell’attacco (9 gol nelle prime 15 partite), perché grazie a lui la squadra poteva essere più corta, pressare sulla trequarti, e aprire spazi per gli inserimenti di Guarín e Álvarez. Con il suo lieve calo, sono usciti fuori i difetti nell’impostazione di gioco, soprattutto in zona centrale. Mazzarri aveva bisogno di un organizzatore di gioco con i piedi buoni e buon tiro (l’Inter è tutt'ora quartultima in Serie A per tiri da fuori area). Per risolvere due problemi con un solo giocatore la dirigenza ha pensato ad Hernanes. L’idea è giusta, qualcosa in questi mesi si è visto (la capacità di gestire la circolazione sulla trequarti avversaria, o di abbassarsi quando necessario) ma forse bisognava concentrarsi anche sulle fasce (D’Ambrosio non è un salto di qualità rispetto a Jonathan).

Inoltre, la difesa a tre funziona bene quando i centrali hanno caratteristiche diverse: quelli dell’Inter sono invece difensori molto simili (da Samuel a Rolando), tutti abituati a giocare da centrali, senza il passo per coprire la fascia. L’unico con il passo da terzino è Campagnaro, che ormai ha quasi 34 anni e soprattutto ha dovuto saltare quasi metà campionato per infortunio. Per questo la fase difensiva nerazzurra subisce molto i cambi di gioco: se i laterali non rientrano in tempo, i centrali più esterni non hanno le caratteristiche per coprire l’inserimento avversario. È una difesa troppo statica, in definitiva, e l’Inter ha sofferto troppo i contropiede e le situazioni a palla scoperta, cioè con il portatore avversario libero di servire l’inserimento del proprio compagno.

La difficoltà di creare gioco: come si fa ad arrivare al tiro in porta in questa situazione, con tutti i giocatori in attesa del pallone e nessun inserimento offensivo? In nessun modo, infatti la palla finirà al Milan in pochi secondi.

GIOVENTÙ BRUCIATA

Un aspetto controverso di Mazzarri è la sua gestione dei calciatori giovani. Sembra che secondo lui siano fenomeni da allenamento e che in partita invece servano giocatori con esperienza. È un'idea molto logica, ma troppo ristretta. Il problema è che l'Inter di Thohir vuole abbassare notevolmente l’età media della squadra, e ci si domanda come possa essere Mazzarri l'uomo giusto per questo progetto. In questa stagione, la gestione di Kovacic è stata al centro delle polemiche: spesso in panchina, solo 13 partite giocate dall'inizio, e la sensazione continua di un giocatore troppo in discussione. Il croato, 20 anni appena, è stato convocato dalla sua Nazionale per i Mondiali, e ha una qualità di passaggio sulla trequarti avversaria che lascia stupiti. Unico giocatore della Serie A a effettuare tre assist vincenti in una sola partita, quella contro la Lazio (anche se il terzo per Hernanes non andrebbe contato come tale): in un centrocampo privo di grandi registi o palleggiatori forse avrebbe dovuto giocare più spesso.

Di Wallace non ne parliamo proprio: classe 1994, considerato il nuovo Cafu in patria, è stato acquistato dal Chelsea e poi ceduto in prestito all’Inter, vista l'abbondanza di terzini per Mourinho. Risultato: 43 minuti giocati in tutto il campionato.

Poi c'è il caso Belfodil, acquistato per una cifra esorbitante e ceduto in prestito al Livorno dopo soli 188 minuti giocati. Come dimenticare Taïder, inizialmente tenuto in grande considerazione e poi da febbraio improvvisamente relegato a panchinaro? C'è una speranza solo per Icardi, il cui enorme talento, unito alla mancanza di concorrenti nella rosa, rendono quasi impensabile l'idea di lasciarlo in panchina (cosa che è successa però nelle prime dieci giornate, quando Icardi ancora non aveva la pubalgia).

L’unico ad aver giocato da titolare è Juan Jesus, classe 1991.

L’Inter ha grandi problemi nella circolazione di palla sulla trequarti avversaria, soprattutto in zona centrale. Kovacic ha un profilo unico in rosa, e per questo secondo me è imperdonabile averlo lasciato in panchina così spesso.

SENZA FRONTIERE

La gestione di Thohir prevede un'Inter proiettata sui mercati globali e con un grande appeal comunicativo. Da questo punto di vista Mazzarri lascia un po' a desiderare: poco a suo agio nell'ambiente dei media e non in grado di guidare opinione pubblica e tifosi; spesso coinvolto in sterili polemiche televisive. Come può Thohir richiedere a Zanetti di imparare l'inglese e avere il frontman della sua società, quello che ad ogni partita deve parlare davanti alle telecamere, così poco comunicativo? Se si pensa al sito dell'Inter in sette lingue e alle conferenze stampa di Mazzarri, si nota che qualcosa non funziona. Tra i vari presunti candidati alla panchina nerazzurra, forse Frank de Boer è il profilo perfetto: la sua squadra, l’Ajax, è organizzata come un’orchestra; ha la cultura dell’addestramento dei giovani, conoscenza delle lingue e delle tecniche di comunicazione.

UNA STORIA SBAGLIATA

Pensandoci bene, forse anche quest'anno la stagione di Walter Mazzarri è da considerarsi positiva. Le prime tre del campionato sono nettamente superiori all'Inter per qualità e organizzazione; la Fiorentina è allenata benissimo da Montella da due anni, e gioca quasi a memoria; come potevano i nerazzurri arrivare oltre la quinta posizione?

Ciò nonostante, la storia tra l'Inter e Mazzari sembra destinata al fallimento. È una di quelle situazioni in cui si preferisce non interrompere una relazione perché si ha bisogno di un periodo di stabilità, pensando che sia meglio accontentarsi di sentimenti tiepidi piuttosto che buttarsi nell'ignoto di un nuovo rapporto. Ma nel calcio, come nella vita, prima o poi le decisioni rimandate si ripropongono con tutta la loro forza, e non si può più evitarle.

Se questa stabilità di facciata sarà un bene per tutte le parti in causa, sarà solo merito di Walter Mazzarri e della sua capacità di tirare fuori il meglio dai giocatori a disposizione. I tifosi nerazzurri, volenti o nolenti, non possono far altro che continuare a sostenerlo, con tutti i suoi difetti.

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