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Fabio Barcellona
Come è migliorato il Monza con Palladino
02 mar 2023
02 mar 2023
Con il nuovo allenatore è diventata una delle squadre più interessanti del campionato.
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Fabio Barcellona
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IMAGO / Buzzi
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La carriera in panchina tra i professionisti di Raffaele Palladino è cominciata il 18 settembre 2022, contro la Juventus. È stato un curioso scherzo del caso che la prima squadra che si è trovato davanti da allenatore sia stata la stessa che aveva creduto in lui come calciatore, prelevandolo appena diciassettenne dal Benevento.

Nel 2006, dopo due ottime stagioni in prestito alla Salernitana in Serie B e al Livorno in Serie A, Palladino viene richiamato alla Juventus che si appresta a disputare il campionato di Serie B. La squadra di Didier Deschamps parte da una penalizzazione di 17 punti e ha a disposizione un parco attaccanti chiaramente fuori scala per la categoria: ad Alessandro Del Piero e David Trezeguet, rimasti in squadra anche in B, si affiancano Marcelo Zalayeta e Valeri Bojinov, in cerca di un riscatto dopo le grandi promesse nelle stagioni di Lecce e le delusioni alla Fiorentina. In mezzo a questi nomi, Palladino è un attaccante molto tecnico, agile, veloce e talentuoso, ma non sembra potere trovare spazio in una rosa piena di fuoriclasse che, fino alla stagione precedente, avevano giocato ai massimi livelli in Champions League.

Alla dodicesima giornata, dopo soli 3 spezzoni di partita per un totale di 31 minuti giocati, Palladino esordisce dal primo minuto in maglia bianconera, giocando in attacco in coppia con Bojinov per la contemporanea assenza di Del Piero, Trezeguet e Zalayeta. Si gioca a Bergamo è l’avversario è l’Albinoleffe guidato da Emiliano Mondonico. La Juve è in difficoltà, è sotto 1-0 e in dieci uomini per l’espulsione di Buffon. Palladino è rimasto il solo attaccante perché Bojinov è stato sacrificato per fare entrare in campo il portiere di riserva Mirante. Al minuto 52 Balzaretti effettua un bel cross rasoterra tra la linea dei difensori e il portiere e ad attendere il cross, sul secondo palo, è Raffaele Palladino che segna il gol del definitivo pareggio e timbra con una rete il suo esordio da titolare in maglia bianconera. Il gol alla prima da titolare con la Juventus sembra presagire un futuro roseo e in effetti Palladino, nonostante una concorrenza stellare, riesce comunque a totalizzare 8 reti in quella stagione. L’anno successivo trova spazio anche in Serie A, conquistando anche qualche convocazione in Nazionale, sebbene si trovi talvolta a giocare fuori ruolo, come esterno sinistro del rigido 4-4-2 di Claudio Ranieri. È l’ultima stagione di Palladino alla Juventus. Passa al Genoa dove incontra Gian Piero Gasperini, che lo aveva già allenato nella Primavera dei bianconeri, e che diventerà la sua primaria fonte di ispirazione per il futuro da allenatore.

Palladino chiude la sua carriera da calciatore a Monza senza mai giocare una partita ufficiale per problemi fisici. Inizia quindi a lavorare nel settore giovanile del Monza e nell’estate del 2020 gli viene assegnata la guida della squadra Under 15. Nel 2021 passa alla squadra Primavera con cui giunge alle semifinali del campionato nazionale. Il resto come si dice è storia. Dopo appena sei giornate di Serie A Stroppa viene esonerato e al suo posto viene promosso Palladino, che rimane sulla panchina del Monza nonostante sembrasse più una chiamata ad interim che una scelta definitiva.

L'esonero di Giovanni Stroppa era arrivato dopo un solo punto raccolto – in trasferta contro il Lecce proprio nell’ultima partita prima dell’esonero – e ben cinque sconfitte. Il suo Monza giocava un 3-5-2 – il modulo di gioco preferito dal tecnico – che privilegiava un calcio che puntava al controllo del match e del suo ritmo attraverso il possesso palla. D'altra parte, in Serie B, il Monza era stato, con il 56.1%, la squadra con la maggiore percentuale di possesso palla del campionato. In Serie A, forte anche della ricchissima campagna acquisti estiva, Giovanni Stroppa aveva cercato di confermare la proposta di gioco messa in mostra l'anno precedente.

Il 3-5-2 di inizio stagione del Monza era centrato su un possesso palla (53.9% di possesso di media nelle 6 partite giocate da Stroppa) che provava ad utilizzare ampie distanze tra i giocatori per dilatare lo spazio da difendere per gli avversari. Per questo, provando sempre ad iniziare l’azione partendo dal basso, le mezzali ampliavano lo spazio utile ai tre centrali e al mediano, alzando in maniera precoce le loro posizioni e gli esterni occupavano l’ampiezza quasi sulla linea degli attaccanti. La costruzione paziente del rombo arretrato e il posizionamento della squadra mirava, quindi, ad abbassare la squadra avversaria e, successivamente, ad innescare i giocatori offensivi, con largo utilizzo dell’attacco sul lato debole, sia con le mezzali che con gli esterni. Le linee di gioco e la disposizione spaziale in fase d’attacco seguivano sviluppi piuttosto preordinati. In fase di non possesso la scelta di Stroppa era quella di provare a riordinarsi posizionando il suo 5-3-2 difensivo dietro la linea della palla e di indirizzare, grazie alla densità centrale, gli attacchi avversari verso l’esterno.

Il nuovo Monza di Palladino

Al suo esordio contro la Juventus, Palladino conferma ben 10 degli 11 titolari delle due partite in precedenti, sostituendo il solo Samuele Birindelli con Patrick Ciurria, ma varia la disposizione della squadra dal 3-5-2 al 3-4-2-1 che diventerà il modulo di riferimento del suo Monza. In questa prima partita, davanti al portiere Di Gregorio, i tre difensori sono, da destra a sinistra, Marlon, Pablo Marì e Izzo, quello che rimarrà il trio di difensori titolari per Palladino, al netto di infortuni e di qualche presenza nell’undici di partenza di Caldirola al posto del brasiliano. Più interessante è la struttura del centrocampo e la scelta degli esterni. Sulla mediana, ad esempio, al centrocampo a tre tipico del 3-5-2 Palladino preferisce una disposizione con due interni, che nella sua partita di esordio sono Nicolò Rovella e Stefano Sensi. Davanti a loro due centrocampisti offensivi, Matteo Pessina e Gianluca Caprari, completano una sorta di quadrilatero interno.

Sin dalla partita di esordio con la Juventus la scelta della nuova disposizione del centrocampo e degli interpreti disegna una discontinuità con la gestione di Stroppa. Se il 3-5-2 del precedente allenatore muoveva le mezzali verso l’esterno del campo e sulla linea degli attaccanti, nel 3-4-2-1 di Palladino i quattro giocatori interni in mezzo al campo cercano associazioni più dense, con un fraseggio più corto e maggiore fluidità posizionale. La disposizione più raccolta e la scelta di giocatori tutti votati al palleggio sono funzionali alla volontà dell’allenatore, che preferisce una struttura posizionale fluida e leggera in fase di attacco e un possesso votato alla ricerca della creazione di spazi a disordinare la difesa avversaria.

Le differenti scelte in fase di possesso palla tra Stroppa e Palladino sintetizzate in due immagini. Nella prima vediamo come il Monza apra le mezzali ampliando il campo e svuotando di fatto il centrocampo. Nella seconda vediamo invece la densità dello schieramento di Palladino coi due interni e le due mezzepunte vicine, pronte a dialogare sul corto.

Al suo esordio contro la Juventus a sorprendere è anche la scelta dei due esterni. Se a sinistra viene impiegato un ottimo specialista del ruolo come Carlos Augusto, peraltro utilizzato da Stroppa anche come braccetto della difesa a 3, a destra, sorprendentemente, Palladino utilizza Patrick Ciurria una mezzapunta mancina talvolta schierata anche come mezzala offensiva. La presenza di un giocatore di ottime qualità tecniche e a piede invertito come Ciurria diversifica l’interpretazione del ruolo di “quinto” arricchendolo di tagli interni con e senza il pallone e aumentando ulteriormente la fluidità dello schieramento. Proprio Ciurria farà l’assist per Gytkjaer che regala il gol vittoria del Monza contro la Juventus. Nel resto della stagione ne farà altri tre, accompagnati da tre gol.

La vittoria contro la Juve, peraltro ridotta in 10 uomini per 50 minuti a causa dell’espulsione di Angel Di Maria, è figlia di una prestazione con più del 60% di possesso palla e 17 tiri in porta. Per assurdo, la disastrosa Juventus di quel periodo sembra non rendere giustizia alla bontà della prestazione del Monza, che pare troppo favorito dalla superiorità numerica e da un avversario che, nonostante il blasone e gli uomini in campo, appare in disarmo.

La settimana successiva il Monza va a Genova e vince 3-0 con la Sampdoria e quella dopo vince 2-0 in casa contro lo Spezia. Tre vittorie in tre partite, 6 gol fatti e nessuno subito: un esordio coi fiocchi, che alcuni pensavano fosse frutto solo dello scatto mentale che molte squadre fanno al cambio dell'allenatore, e che invece ha rappresentato le fondamenta di un lavoro più duraturo. Esattamente cinque mesi dopo l’esordio contro la Juventus il Monza ospita al Brianteo il Milan, reduce dalla vittoria in Champions League contro il Tottenham Hotspur. Nelle diciotto partite giocate in Serie A con Palladino in panchina il Monza ha collezionato 28 punti. Se il campionato fosse iniziato quando si è seduto in panchina il suo nuovo allenatore sarebbe ottava.

La svolta in termini di risultati ha seguito naturalmente un’evoluzione delle prestazioni della squadra rispetto al periodo di Stroppa. Secondo i dati di Alfredo Giacobbe, in fase offensiva il Monza tira di più (8.9 tiri su azione per match per Palladino, 7 per Stroppa) e ha quasi raddoppiato gli xG prodotti in open play (1.25 xG a partita contro gli 0.68 della gestione Stroppa). I passaggi completati in area sono passati da 5.2 a 8.4 per partita.

In fase difensiva i progressi quantitativi sono stati, se possibili, ancora più evidenti. Il Monza è passato dal subire 10.8 tiri per match su azione a 8.3, oltretutto concedendo agli avversari tiri di qualità peggiore (0.18 xG/tiro nella gestione Stroppa, 0.12 in quella Palladino). Gli xG concessi su azione si sono praticamente dimezzati passando da un insostenibile 2.04 a 1.07 e evidenti miglioramenti ci sono stati anche nella difesa dei calci piazzati.

Pur uscendo sconfitto dal campo contro il Milan, il Monza dimostra ancora una volta, specie nel secondo tempo, di meritare gli elogi che ha fino ad oggi raccolto. Rispetto alla partita contro la Juventus di cinque mesi prima, giocata solo qualche giorno dopo l’insediamento di Palladino alla guida tecnica della squadra, la squadra lombarda ha arricchito la varietà del suo gioco ed è capace di utilizzare diversi registri e strumenti tattici. Contro il Milan intorno al settantesimo minuto di gioco, ad esempio, Pessina è stato schierato come terzo di sinistra in difesa e nei minuti finali Palladino ha addirittura disegnato una sorta di 4-2-3-1 in cui Pessina è stato impiegato come centrale di difesa assieme a Pablo Marì. Una dimostrazione di flessibilità e della volontà di trovare sempre soluzione nuove ai diversi contesti tattici.

Un allenatore gasperiniano?

Raffale Palladino è arrivato in panchina con l’etichetta di allenatore "gasperiniano", ma rispetto ad altri tecnici che hanno tratto chiara ispirazione dal tecnico dell’Atalanta (oltre ad esserne stati allenati da calciatore), l’allenatore del Monza pare volere decisamente ibridare il calcio tipico di Gasperini con altre e più disparate influenze.

Il modulo di gioco sin qui adottato, il 3-4-2-1, non si discosta da quello della scuola gasperiniana, è vero. In fase di non possesso la squadra predilige un orientamento sull’uomo e tende a modulare altezza ed intensità del pressing in funzione dell’avversario e del momento della partita. Nelle zone più arretrate di campo l’atteggiamento dei calciatori non disdegna coperture reciproche e un certo grado di controllo dello spazio a scapito della marcatura. Il Monza può alzare la pressione, uomo su uomo, o abbassare la linea del pressing disponendosi con un blocco medio, adottando però una struttura abbastanza fluida da adattarsi alla posizione degli avversari. In genere nell’ultima linea viene comunque ricercata la superiorità numerica, ottenuta prevalentemente grazie alla posizione piuttosto prudente degli esterni di centrocampo che, anche in situazione di pressing aggressivo, partono bassi ed escono in pressione sul lato forte solo dopo un opportuno innesco, lasciando così copertura sul lato debole.

Contro il nuovo 3-4-3 del Milan che attacca con un fronte di 5 uomini (i due esterni e le tre punte) per mantenere superiorità numerica in zona arretrata Palladino non può contare sulla posizione più prudente degli esterni di centrocampo, impegnati nel controllo degli esterni avversari. Per questo, per larghi tratti del match, consegna la marcatura di Diaz -la “sotto-punta” del Milan che maggiormente tende ad abbassarsi a raccordare il gioco – al mediano Rovella, lasciando i suoi tre centrali in superiorità numerica contro Leão e Origi.

La fase difensiva è anche meno aggressiva e più posizionale rispetto a un modello ideale di "squadra gasperiniana", come testimoniano i dati dell’altezza media degli interventi difensivi (33 m) e dei recuperi palla offensivi (12.5), inferiore alla media del campionato. Atalanta, Torino e Verona, guidate rispettivamente dallo stesso Gasperini, da Juric e da Bocchetti, quest'ultimi due allenatori dalla chiarissima impronta gasperiniana, hanno invece un’altezza media degli interventi difensivi e un numero di recuperi offensivi superiori ai valori medi della Serie A.

Anche la fase offensiva si discosta da questo modello. Quella di Palladino è la terza squadra della Serie A per percentuale di possesso palla (56,4%), segno inequivocabile della volontà di ricercare il dominio delle partite tramite la circolazione del pallone, anche con una rosa non di primo livello. Il possesso palla del Monza è piuttosto vario e alterna un palleggio corto, preparatorio e funzionale a muovere con pazienza la difesa avversaria per creare spazi utili alla progressione dalla manovra, a giocate più dirette e veloci.

Palladino utilizza diversi strumenti tattici per sviluppare la sua fase di possesso. Uno di questi è la ricerca dell’uomo libero alle spalle della pressione avversaria. Per questo il Monza fa circolare con calma il pallone, provando a muovere gli avversari e ad attirarne la pressione. Il posizionamento dei giocatori non è rigido, ma orientato al principio di ricevere dietro la pressione e in uno spazio libero. È quindi frequente vedere uno, o addirittura entrambi i mediani del 3-4-2-1, abbassarsi sulla linea dei centrali, in genere ai fianchi, per aprire una linea di passaggio avanzata per un compagno e la ricerca dei giocatori sopra la linea della palla di posizionamenti intermedi tra le posizioni dei difendenti. Rispetto al mantenimento di una struttura posizionale predefinita è quindi privilegiata la ricerca di posizioni funzionali al principio della ricezione alle spalle delle linee avversarie. Un altro strumento molto utilizzato è quello del cosiddetto terzo uomo, non solo in fase di costruzione, ma anche in fase di rifinitura.

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Nelle prime tre immagini il target della ricezione, alle spalle della pressione, è Sensi, ma la linea di passaggio da Pablo Marì al suo mediano è coperta. Si giunge quindi a Sensi utilizzando Caprari e sulla ricezione fronte alla porta di Sensi, Petagna attacca la profondità e servito da Sensi propizia il gol del Monza. Nelle ultime tre Sensi vorrebbe raggiungere Pessina alle spalle della pressione dello Spezia. La linea di passaggio è ostruita e Pessina viene raggiunto passando da Caprari. Ancora una volta, sulla ricezione fronte alla porta alle spalle della pressione, un compagno, questa volta Carlos Augusto, attacca la profondità e servito da Pessina realizzerà un gol per il Monza.

Come detto la struttura posizionale è piuttosto fluida e si adatta, provando a manipolarla, a quella avversaria alla ricerca di spazi intermedi tra i difendenti. I braccetti partecipano attivamente alla manovra offensiva. Oltre ad avanzare in conduzione, come è tipico ormai di quasi tutte le difese a tre, e a sovrapporsi internamente come nel gioco di Gasperini, i braccetti possono alzarsi senza il pallone ed andare ad occupare posizioni interne sopra la linea del pallone, fornendo una linea di passaggio per uno dei mediani che si è abbassato in fase di costruzione o per fissare la posizione di un avversario. Il posizionamento interno e avanzato di questi giocatori ricorda più il meccanismo dei falsi terzini codificato da Guardiola che il calcio di Gasperini.

Il posizionamento interno ed avanzato dei braccetti Marlon e Izzo, mentre Rovella e Pessina si abbassano a giocare il pallone.

Anche i compiti affidati agli esterni sono molto più vari di quelli assegnati dal tecnico dell'Atalanta e dai più fedeli tra gli allenatori che da lui traggono ispirazione. Il gioco interno descritto per Ciurria, che da destra è naturalmente portato a tagliare internamente sia in conduzione che senza palla, è prerogativa anche degli esterni che non giocano a piede invertito e che hanno meno caratteristiche offensive. Lo scopo è sempre quello, in maniera fluida, di creare soluzioni di passaggio diverse o, in alternativa, liberare spazi ai compagni fissando le posizioni degli avversari. Anche questo insieme di movimenti, finalizzati ad occupare i corridoi interni, provengono più dal gioco di posizione olandese-catalano che da quello di Gasperini.

L’esterno sinistro Carlos Augusto occupa un corridoio interno, posizionandosi alle spalle dei centrocampisti avversari.

La posizione spesso interna assunta dagli esterni permette a Palladino di declinare in maniera originale la famosa connessione "da quinto a quinto" del tecnico dell'Atalanta. Di frequente sui cross di uno degli esterni di centrocampo l’esterno del lato opposto non attacca il lato debole, ma preferisce disegnare una traccia centrale per ricevere un cross arretrato del compagno di squadra. Il brasiliano Carlos Augusto, ottimo interprete del ruolo, per doti atletiche, sensibilità nel piede sinistro e capacità di finalizzazione, grazie anche ai compiti piuttosto variegati assegnati agli esterni di centrocampo, ha già realizzato 4 reti e 3 assist.

Cross arretrato di Ciurria per l’inserimento centrale di Carlos Augusto che partendo da posizione interna attacca l’area e realizza i gol contro Fiorentina e Verona.

In generale, come testimonia la varietà di tracce in fase di possesso per i braccetti e gli esterni di centrocampo, la manovra preferisce procedere per vie interne, provando a insinuarsi tra le maglie della struttura difensiva avversaria, a superare a catena la pressione dei difendenti e a trovare ricezioni negli spazi intermedi. In questo, le intenzioni di Palladino differiscono in maniera piuttosto netta da quelle di Gasperini che, invece, preferisce risalire il campo utilizzando di preferenza le catene laterali. Anche il Monza di Palladino può disegnare con buona efficacia triangoli e rombi esterni disponendo così i giocatori a diverse altezze per progredire lateralmente, ma in genere la risalita del campo per vie esterne non è la prima opzione.

Da questo punto di vista la qualità tecnica dei giocatori a disposizione di Palladino è fondamentale. La prima scelta per la coppia di interni di centrocampo, nella partita di 5 mesi fa contro la Juventus, è stata quella di giocare con Rovella e Stefano Sensi, due giocatori che amano, specie il secondo, giocare sul corto e che non temono certo di attirare la pressione avversaria. Un’interpretazione del ruolo quasi opposta a quella chiesta Gasperini ai suoi centrocampisti, che ricerca una circolazione del pallone non troppo sofisticata, che ha portato qualche anno fa il tecnico di Grugliasco ad affermare che qualsiasi calciatore è in grado passare il pallone lateralmente per farlo circolare da una fascia all’altra. In occasione delle frequenti assenze di Sensi per infortunio, accanto a Rovella si sono alternati Filippo Ranocchia, un interno dalle spiccate doti tecniche, José Machin, un centrocampista di radice offensive e, soprattutto, Matteo Pessina, diventato presto un faro della squadra di Palladino.

L’intelligenza tattica e le spiccate capacità associative consentono a Pessina di giocare con eguale efficacia tutti i ruoli interni in mezzo al campo, sia sulla linea degli interni che di quella dei trequartisti. Indipendentemente dalla posizione, Pessina è un uomo fondamentale per ordinare la squadra e gestire in maniera efficace il possesso sia con la trasmissione del pallone che coi raffinati posizionamenti per le ricezioni. L’arrivo di Palladino ha inoltre rivitalizzato Gianluca Caprari che l’ampio 3-5-2 di Stroppa sembrava avere depresso, riportandolo agli sterili dribbling in isolamento di inizio carriera. Il calcio più associativo e il palleggio più denso e stretto di Palladino hanno riportato Caprari all’interno di un sistema in cui può dialogare in spazi più piccoli e trarre vantaggio, sia per ricevere che per condurre, dai movimenti coordinati dei compagni intorno a lui. Se Pessina e Caprari rappresentano le prime scelte per il ruolo di sotto-punta alle spalle del centravanti, Palladino non ha certo timore di cambiare le caratteristiche dei suoi giocatori offensivi per adattarle a quelle degli avversari e alle richieste tattiche del match.

Anche per il ruolo di centravanti Palladino ha varie scelte a disposizione e non disdegna certo un mirato utilizzo dei suoi giocatori in funzione delle sue volontà tattiche. La prima e più frequente scelta è quella di Andrea Petagna e della sua capacità di fornire un appoggio avanzato ai suoi compagni, ma il tecnico del Monza è pronto, anche dal primo minuto, a utilizzare le diverse qualità di Dany Mota. Ad esempio, al termine della partita persa contro il Milan, Palladino ha spiegato la sostituzione, nel secondo tempo, di Petagna con la necessità di spostare Dany Mota in posizione di centravanti per attaccare la profondità e così allungare la linea difensiva avversaria. Solo nei minuti finali Palladino è tornato sui suoi passi, se così si può dire, inserendo Gytkiaer per avere presenza fisica al centro dell’area del Milan.

Le variazioni che Palladino prova anche in attacco sono un'altra dimostrazione della sua preparazione tattica. Nonostante l'ultima pesante sconfitta contro la Salernitana, le prime diciotto partite in Serie A lo hanno messo in luce come un allenatore capace di trovare una brillante ed originale sintesi tra diverse influenze tattiche, permettendogli di adattarsi ad avversari diversi, a partite diverse. Sarà davvero interessante osservare l’evoluzione della sua carriera, anche solo nelle prossime giornate, quando il Monza sarà chiamato a consolidare o addirittura a migliorare una posizione di classifica che in pochi avrebbero pronosticato a inizio anno.

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