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I movimenti di mercato più assurdi della settimana
19 ago 2022
19 ago 2022
Ferragosto non ha fermato le società da fare acquisti difficili da capire.
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9 min
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Foto di ROMAIN PERROCHEAU/AFP via Getty Images)
(copertina) Foto di ROMAIN PERROCHEAU/AFP via Getty Images)
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Cesare Casadei al Chelsea

È tutta l’estate che si parla, suo malgrado, di Cesare Casadei e del suo valore di mercato. Prima come tessera dell’affare che avrebbe portato Bremer all’Inter, poi per il suo passaggio al Chelsea. Se è molto difficile dare un valore reale a qualunque calciatore, lo è ancora di più per un ragazzo di 19 anni che non ha mai giocato tra i professionisti. Di quanto varrebbe il suo cartellino se n’è parlato con ironia fin quando il Chelsea pochi giorni fa non ha trovato il numero che poteva convincere l’Inter: 15 milioni di euro + 5 di bonus.

Casadei è stato il capitano e mattatore dell’ultimo scudetto della Primavera. Giocando a centrocampo ha chiuso la stagione con 14 gol, tra cui uno nella finale contro la Roma. Di lui si parla benissimo e a vederlo giocare le qualità sono evidenti. C’è però sempre un margine di errore su questi giudizi e definirne la carriera oggi sarebbe assurdo. In questo scambio le due squadre stanno facendo una scommessa: il Chelsea che Casadei, presto o tardi, si rivelerà un calciatore da più di 20 milioni di euro, l’Inter che, magari sì, ma non così tanto da aspettarlo o mangiarsi le mani per questa cifra. La società italiana ha bisogno di rientrare di una certa quantità di denaro dal mercato e questa cessione potrebbe scongiurare (ma non è detto) quella di Skriniar, o di qualcun altro di importante della prima squadra. Chi avrà ragione, alla fine, lo scopriremo solo fra molti anni. Quello che resta è l’amaro in bocca del confronto tra due top club dove uno - quello inglese - può spendere 20 milioni per uno dei migliori prospetti italiani quasi solo per scommessa, mentre l’altro non può permettersi di tenere un calciatore che si è costruito in casa perché riuscire a pensare al futuro e non solo al presente è un lusso che le squadre italiane non riescono più a permettersi (o, in parte, non vogliono farlo).


Giulio Maggiore e Antonio Candreva alla Salernitana

Giulio Maggiore e Antonio Candreva fino a una settimana fa erano giocatori importanti per le loro squadre. Uno capitano e tifoso, giocatore simbolo della promozione in A, 188 presenze con lo Spezia a 24 anni; l’altro reduce da una stagione da 7 gol e 10 assist in una Sampdoria tremenda che si era salvata appena e di cui era il centro creativo. Nel giro di pochi giorni, però, sono passati tutti e due alla Salernitana. Se, come si diceva, fossero passati al Torino (Maggiore) e al Monza (Candreva) sarebbe stato in qualche modo più naturale. Il primo in una squadra dalle ambizioni un po’ più alte dello Spezia, il secondo in una che sta facendo un mercato ambizioso e che anche dal punto di vista economico poteva assecondarlo. Vederli con la maglia della Salernitana invece ce lo fa sembrare quasi un errore.

La squadra di Nicola è rimasta incastrata nella favola dello scorso anno, una stagione partita con il rischio squalifica per la difficoltà di trovare un compratore e finita con una salvezza non solo improbabile, ma anche miracolosa nelle sue dinamiche, con giocatori spuntati dal nulla e eroi minori. Eppure questo mercato sta dimostrando che la volontà è quella di migliorarsi, crearsi una base solida da squadra di Serie A. Ieri è arrivato anche Bia dal Villarreal, la settimana scorsa scrivevamo di Vilhena. Candreva ha già esordito alla prima giornata, mandato in campo da titolare con la Roma a poche ore dal suo arrivo, diventando subito fondamentale sulla manovra come scarico sicuro sulla sinistra, giocando una partita promettente per la sua nuova avventura. Maggiore sicuramente aumenterà lo spessore di un centrocampo un po’ in difficoltà. Sono due acquisti che quindi, più che essere assurdi, provano a ridescrivere la nostra idea della Salernitana. Dopotutto non ci si può affidare sempre ai miracoli.


Morgan Gibbs-White al Nottingham Forest

Forse avete scoperto Morgan Gibbs-White ieri, leggendo di questa notizia di mercato, forse lo scoprite oggi, leggendo questo articolo o forse continuerete le vostre vite ignorando Morgan Gibbs-White, almeno fino a che non farà abbastanza per giustificare i 42,5 milioni di sterline che il neopromosso Nottingham Forest sta spendendo per lui (di cui 25 subito, 10 in bonus facili e il restante in bonus più difficili da raggiungere). Se siete curiosi, Gibbs-White è un centrocampista del 2000 che la scorsa stagione il Wolverhampton ha mandato in prestito allo Sheffield United ottenendo in cambio una stagione meravigliosa. Gibbs-White è stato uno dei migliori giocatori della Championship con 12 gol e 10 assist in 37 presenze.

https://twitter.com/database4foot/status/1560254543472230401

Il Nottingham Forest finora ha speso quasi 150 milioni di euro sul mercato, incassandone appena 5 dalle cessioni. Le sue disponibilità economiche sono assurde per essere una squadra appena salita in Premier dopo decenni difficili, anche all’interno delle logiche del mercato inglese dove i soldi sembrano semplicemente finti. Spendere così tanto per un centrocampista di 22 anni con pochissima esperienza in Premier può sembrare una follia - e probabilmente lo è - ma c’è un motivo per cui il Forest ha insistito così tanto, aumentando l’offerta dopo ogni rifiuto del Wolverhampton (che nel frattempo per circa 50 milioni stava comprando Matheus Nunes, un centrocampista portoghese - tanto per cambiare - dello Sporting Lisbona). Gibbs-White è stato allenato da Steve Cooper (attuale allenatore del Nottingham Forest) sia allo Swansea che soprattutto con l’U17 dell’Inghilterra dove insieme hanno vinto il Mondiale nel 2017. In quel torneo Gibbs-White segnò tre gol, anche se i riflettori furono tutto per Foden e Hudson-Odoi. Dietro questa cifra, quindi, c’è forse una ragione tattica e un allenatore consapevole che la sua società può spendere molto e chiede di farlo per un calciatore preciso, che conosce bene, e che ritiene necessario per il suo gioco. Una fortuna che pochi allenatori hanno e che per una neopromossa sembra semplicemente irreale.


Dele Alli al Besiktas

Nei giorni scorsi è tornata alla ribalta una scena di All or Nothing: Tottenham in cui Mourinho parla con Dele Alli cercando di motivarlo, chiedendogli di essere costante, non avere quegli alti e bassi che ne stavano mettendo in dubbio il talento. «Avevo 20 anni ieri; oggi ho 56 anni. Il tempo vola e penso che te ne pentirai se non arrivi così in alto» è la frase più significativa che usa l’allenatore, forse sottintendendo qualcosa che non era chiaro per noi del pubblico. In quel momento Dele Alli era uno dei più grandi talenti del calcio inglese, sicuramente il più bello da vedere, che non riusciva a fare il salto di livello. L’anno prima aveva giocato una finale di Champions, ma in una squadra dove aveva perso progressivamente la sua influenza decisiva. Nel documentario Dele Alli compariva per alcune grandi giocate messe in mostra appena arrivato Mourinho e per alcune uscite un po’ fuori le righe, tra il buffo e lo stralunato.

Dopo altre due stagioni in cui il suo rendimento non era stato all’altezza delle aspettative del Tottenham, che grazie al suo talento creativo sperava di entrare nell’Olimpo del calcio europeo, è arrivata la cessione all’Everton avallata dal nuovo tecnico Conte, che dell’inglese non ha voluto farci nulla. La formula d’acquisto spiega abbastanza bene come Dele Alli fosse ancora in quel limbo tra giocatore finito e fenomeno che deve solo trovare il contesto giusto: l’Everton l’ha preso a zero, con bonus che potevano portare il costo del suo cartellino fino a 40 milioni di euro. È anche a causa di questa formula che ora la sua carriera sta prendendo una piega ancora più strana: dopo appena 11 presenze Lampard, l’allenatore dell’Everton, ha bocciato Dele Alli e ora la società sta cercando di cederlo perché dopo la ventesima presenza dovrebbe corrispondere 10 milioni al Tottenham. Come sia spuntato il nome del Besiktas, a questo punto, è difficile da capire. Probabilmente nessuno in Inghilterra ha voluto puntarci, anche solo pagarne lo stipendio. Tra tutti i campionati quello turco è ormai il più disposto ad accettare questi giocatori in declino, ex fenomeni colpiti dal tempo che passa o da qualche spettro che ne ha oscurato il talento. Dele Alli ha solo 26 anni e in teoria tutto il tempo per tornare grande. Farlo partendo da un campionato periferico non sarà facile, ma magari una sfida di questo tipo è quello che gli serve per risvegliarne la voglia di essere lo stesso calciatore che a 20 anni era considerato già tra i migliori al mondo.


Paco Alcacer allo Sharjah

Forse vi ricordate di Paco Alcacer per quei mesi con la maglia del Borussia Dortmund in cui, statistiche alla mano, era il miglior realizzatore al mondo. Partendo dalla panchina, Alcacer aveva iniziato a segnare praticamente con ogni pallone che passava dalle sue parti, a un certo punto la sua media gol era di uno ogni 43 minuti, ma ancora più incredibile aveva segnato 10 gol con 10 tiri. Numeri così assurdi che Lucien Favre - l’allenatore di quel Borussia - lo aveva dovuto mettere titolare. Poi la magia era svanita. Alcacer arrivava dal Barcellona, che lo aveva comprato dal Valencia forse con l’idea di farne il nuovo David Villa. Leggero e veloce, Alcacer poteva ricordarlo, ma non ha mai avuto lo stesso talento tecnico.

Comunque nel gennaio del 2020 il Villarreal aveva speso 23 milioni per il suo cartellino, facendone uno degli acquisti più onerosi della sua storia. Alcacer, tanto per cambiare, aveva segnato al debutto, ma poi rapidamente aveva perso il posto dietro a Gerard Moreno, un centravanti con meno qualità nella finalizzazione ma in grado di fare molte più cose. Per Emery i calciatori devono essere prima di tutto in grado di associarsi tra loro, saper giocare un calcio collettivo e tatticamente molto fluido. Alcacer, uno specialista degli ultimi metri di campo, non aveva funzionato, sorpassato nelle gerarchie addirittura da Lo Celso, impiegato come seconda punta quando gli infortuni avevano decimato l’attacco del Villarreal. Ora, a 28 anni, il suo futuro è negli Emirati Arabi, in una squadra che probabilmente non avete mai sentito nominare, che lo ha preso in prestito con diritto di riscatto (neanche loro, insomma, vogliono puntarci al 100%). Per alcuni giocatori sembra non ci siano mezze misure tra fare il botto e scomparire. Per Alcacer, a questo punto, la seconda opzione è quella più probabile.


M'baye Niang all'Auxerre

Era cominciata con lui fermato dalla polizia municipale di Milano senza patente. Per provare a risolvere si era spacciato per Traoré. Una storia iniziata così come poteva finire bene? Se avesse segnato contro il Barcellona quel tiro che è andato sul palo magari sì, sarebbe andata diversamente.

La carriera di Niang è stata abbastanza anonima, ma non è caduta davvero in disgrazia. In fondo le sue doti atletiche sono così spiccate che gli hanno permesso di galleggiare senza raggiungere il fallimento. Ha avuto anche un paio di stagioni ottime, col Rennes e con il Genoa di Gasperini - e forse è stato quello il vero metaverso di Niang, una carriera da punta di Gasperini.

La scorsa stagione si è preso in faccia la storica retrocessione del Bordeaux, in una stagione in cui ha segnato di più in una partita di coppa di Francia (4 gol) che in 22 di Ligue 1 (3). Ora è il neopromosso Auxerre, una società francese storica, ad avergli dato un biennale.


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