
Il calciomercato si avvia verso la sua naturale conclusione e le squadre iniziano a farsi prendere dal panico: cosa ci manca? Dove possiamo migliorare? E peggiorare? Quanti calciatori possiamo ancora vendere, svendere, scoprire, umiliare? Ogni DS ha la sua agenda, il suo pensiero laterale. Tutti si muovono alla ricerca di un calciatore ideale, che probabilmente non esiste. Alcuni però semplicemente fanno acquisti assurdi, acquisti forse a caso, forse no. Questi sono quelli che più ci hanno stuzzicato questa settimana.
Mohamed Fares al Panserraikos
Una faccia una razza? In una singola sessione di mercato in Grecia sono arrivati: Lamela, Pereyra, Jedvaj, Dragowski, Pirola, Fares, tutti prodotti del calcio italiano. Ve lo ricordate Fares? È stato uno dei primi beneficiari della diffusione del 3-5-2 in Italia: erano lui e Lazzari ad arare le fasce della Serie A con la maglia della SPAL 2018/19, una squadra indimenticabile. Poi due diversi infortuni al crociato e un passaggio sfortunato alla Lazio e di Fares non è rimasto quasi niente, o almeno così poco da farci sembrare ragionevole un passaggio al Panserraikos, squadra neopromossa nella prima serie greca. Anzi, nel Mousikos Gymnastikos Syllogos Panserraïkos che sarebbe il nome completo del club.
Non ci sono molte altre notizie a riguardo, è anche difficile ricostruire il percorso di carriera e di vita di Fares, che rimane un puntino nascosto in qualche angolo remoto del nostro cervello, un nome da giocarsi in qualche conversazione coi nostri amici nerd del calcio tra qualche anno. La speranza è che il suo approdo in Grecia, come quello di altri calciatori passati della Serie A sia l’inizio di una specie di colonizzazione tattica: tra qualche anno, forse, tutti in Grecia giocheranno con la difesa a 3 e gli esterni a tutta fascia. Ci saranno squadre gasperiniane e altre contiane, e Salvatores potrà girare una nuova versione di Mediterraneo, ma col 3-5-2.
Steven Nzonzi al Sepahan
Il 14 agosto del 2018 Steven Nzonzi esce dall’aeroporto di Ciampino e trova ad aspettarlo decine di tifosi romanisti impazziti. Ha appena vinto un Mondiale con la Francia, viene da tre stagioni a Siviglia in cui ha fatto innamorare gli amanti delle letture difensive, e tutto sommato ha ancora trent’anni. Quell’accoglienza è stata il naturale frutto di una stagione che sembrava poter aver ancora qualcosa da dire ai massimi livelli o è stata un’allucinazione, come il tifoso che si è presentato con la maschera da cinghiale sembra suggerire? Oggi, sei anni dopo, Nzonzi si trasferisce in Iran nel silenzio generale, in una squadra che l’anno scorso è arrivata terza nel campionato locale e che ha uno stemma che andrebbe bene per uno di quei gruppi di musica psichedelica turca che vanno tanto negli ultimi tempi. Al Sepahan - vedete voi se considerarla una buona notizia o meno - l’anno scorso si era già trasferito Bryan Dabo (sì, quel Bryan Dabo).
In realtà le ultime stagioni di Nzonzi non sono state così disastrose come la sua scomparsa dai nostri radar potrebbe farci sembrare. Dopo un prestito al Galatasaray che non ha portato a niente, si è fatto una stagione da titolare al Rennes, poi altre tre declinanti in Qatar che sembravano dovessero portare al ritiro, prima dell’ultima da titolare al Konyaspor, che spesso è l’incipit delle rinascite più inaspettate. Alla fine chi non dice che questa al Sepahan non lo sia? Isfahan, la città dove gioca il Sepahan, è una città antichissima e (pare) bellissima, è l’antica capitale dell’Iran, e secondo Wikipedia contiene una delle piazze più grandi al mondo. Forse non è quello che si immaginava Nzonzi sei anni fa quando pensava di giocare in una grande piazza ma a 35 anni e dopo la grande carriera che ha avuto forse può accontentarsi.
Jeff Reine-Adélaïde alla Salernitana
Un giorno sei uno dei giovani più promettenti dell’Arsenal, vivi a Londra, ti alleni con Wenger, Ozil, Giroud, Rosicky; quello dopo stai dando la mano a uno stralunato Petrachi per farti la tua stagione in B con la Salernitana. Cosa è successo in mezzo? Difficile stare dietro alla carriera di Jeff Reine-Adélaïde, un nome forse anche troppo bello per fare il calciatore. Wenger aveva detto che «ha qualcosa di speciale». Se così è, sinceramente, non si è visto: Jeff Reine-Adélaïde ha fluttuato in Ligue 1 per sette stagioni girando squadre, giocando poco, cambiando ruoli. Secondo la sua pagina Transfermarkt ha fatto il: mediano, centrocampista centrale, destro e sinistro; il trequartista, la seconda punta, l’ala destra, l’ala sinistra e la prima punta. Ora starà a Giovanni Martusciello capire come può tornare utile alla Salernitana, in che ruolo e con che funzioni. La scorsa stagione Jeff Reine-Adélaïde ha giocato in Belgio, nel Racing White Daring Molenbeek, una stagione finita con la retrocessione. Le sue prime parole sono state che vuole subito la Serie A: staremo a vedere.
Giovanni Crociata all’Erzurumspor
Era proprio quello che volevamo, ha detto l’agente di Giovanni Crociata parlando dell’offerta dell’Erzurumspor, una squadra che probabilmente ha inventato l’agente di Giovanni Crociata per soddisfare le necessità del suo assistito. Crociata non è il primo e non sarà l’ultimo calciatore italiano a trovare rifugio in Turchia nel momento in cui la sua carriera è andata in stallo, certo però è uno di quelli che si è scelto la squadra più improbabile e sconosciuta. Ovviamente è la nostra visione eurocentrica a parlare, ma Erzurumspor mi fa pensare a uno dei personaggi del primo Acchiappafantasmi, una divinità malvagia e senza tempo pronta a sconquassare New York. Invece è solo la squadra Erzurum, profonda Anatolia, anzi, la porta dell’Anatolia orientale. Da qui si passava fin dal tempo dei romani per addentrarsi in un mondo affascinante e poco conosciuto.
Ovviamente c'è della pizza.
Crociata non è mai riuscito ad affermarsi in Serie A, ma in B è stato un calciatore importante (vincitore anche di un paio di premi di giocatore del mese, il premio di Ultimo Uomo in collaborazione con AIC) e probabilmente ha voluto cogliere l’occasione di giocarsi le sue carte in un contesto più competitivo dopo la retrocessione del Lecco. In Turchia troverà da affrontare squadre come Besiktas, Galatasaray e Fenerbahce, che ormai hanno rose ricche di calciatori di livello per un campionato di livello. Ci può stare Crociata lì? Noi pensiamo di sì, a Erzurum scopriremo la risposta: alle brutte da lì si parte verso l'Asia più profonda.
Facundo Pellistri al Panathinaikos
Quando non aveva nemmeno 19 anni Facundo Pellistri viene suggerito da Diego Forlan all’allora allenatore del Manchester United, Ole Gunnar Solksjaer, dicendogli che gli ricorda Ryan Giggs. Da quel momento la giovane ala uruguaiana si trasferisce in Inghilterra incarnando - insieme ad altri, certo - quell’idea che gira ossessivamente ad Old Trafford per cui il club vada rifondato sui giovani cresciuti in casa, nonostante Pellistri con le giovanili del Manchester United c’entri obiettivamente poco. Dall’ottobre del 2020 a oggi quest’idea, intorno a Pelllistri, si è andata progressivamente diradando ma mai del tutto. Non erano bastati nemmeno i due prestiti un po’ così e così in Spagna, prima all’Alavés e poi al Granada, per toglierci del tutto dalla testa che il suo talento potesse fiorire da un momento all’altro. Prima che si trasferisse al Panathinaikos, per dire, di Pellistri si è parlato anche in relazione al Cagliari, che ha pensato a lui per rinverdire la sua grande tradizione con i giocatori uruguaiani. Insomma, con Pellistri si cercava di riesumare l’aura di Enzo Francescoli e scusate se è poco.
Oggi Pellistri si trasferisce a titolo definitivo in Grecia e forse quell’idea è svanita del tutto. Magari il campionato greco non è il deserto di qualche anno fa, e la vittoria della Conference League da parte dell’Olympiakos ha un po’ cambiato prospettiva, ma insomma è chiaro che sia un nuovo inizio. Adesso almeno finalmente sapremo di che pasta è fatto Pellistri. Se è quel tipo di giocatore capace di scalare la piramide del calcio europeo risalendo la china da campionati periferici, o se è destinato a diventare un giocatore di culto alla periferia dell’impero, sulle tracce di Federico Macheda (che a sua volta, da ex United, al Panathinaikos segnò 30 gol in 83 partite). Noi gli auguriamo che diventi almeno una di queste due cose.
Joao Felix al Chelsea
Come ha scritto Marco Maioli, «Joao Felix giocatore che non saprei dire con certezza dove giochi. Mah, forse al Chelsea, forse all’Atletico Madrid». In questi due anni è stato rimpallato come un pacco postale e le cifre che vengono spese per il suo cartellino sembrano totalmente arbitrarie, non rispondere più ad alcun parametro. Qualche anno fa L’Atletico aveva speso 120 milioni di euro per prenderlo dal Benfica: il talento più lucente del calcio europeo. Oggi se ne va per la metà al Chelsea, he lo aveva avuto in un prestito interlocutorio due stagioni fa e che ora lo riaccoglie con un “bentornato a casa” che più posticcio non si può. In questi giorni sui social viene propagandato come un giocatore emozionante per i tifosi, chissà perché.
Nel frattempo cosa è diventato Joao Felix, niente di tutto quello che prometteva di essere: ciò che sembrava un suo pregio, il suo profilo da attaccante totale, è diventato un limite. Non si capisce, cioè, a cosa serva: sa fare tutto ma niente particolarmente bene. Il Chelsea lo accoglie dentro una squadra affollata come Venezia nei giorni del carnevale, era difficile immaginare un giocatore che gli servisse meno. Ma di fronte al calciomercato del Chelsea l’unica è alzare le mani.
Daniele Rugani all’Ajax
Difficile non vedere qualcosa di strano nel passaggio di Rugani all’Ajax: un calciatore che ha finito per rappresentare l’anima più mesta dell’allegrismo che si trasferisce nella squadra per eccellenza più distante da quell’anima. L’Ajax, storicamente, non si sposa bene con il calcio italiano: conservatorismo vs avanguardia, concretezza vs idealismo, arte vs geometria. I tempi però cambiano, il mondo si globalizza e Francesco Farioli, partito da una laurea in filosofia e una breve carriera in porta nei dilettanti toscani, oggi è il tecnico degli olandesi. Un tecnico italiano, ma non all'italiana, un'etichetta che poi non vuol dire nulla. È stato proprio lui a volere Rugani e ovviamente non è immediato capire il perché.
Rugani arriva da alcuni anni piuttosto tragici dove non è riuscito a ritagliarsi il suo spazio né alla Juventus, né fuori. È diventato anche un po’ vittima del suo passato: doveva essere il nuovo grande difensore italiano ma non ha rispettato nessuna delle nostre aspettative. Non è diventato fortissimo, non è carismatico o magnetico, non è cioè un grande difensore italiano. Non è però neanche scarso come lo abbiamo raccontato o inadeguato coi suoi modi gentili e una presenza discreta. Con la Juventus dopo tutto ha pur sempre giocato 148 partite, un bagaglio di esperienza che dobbiamo riconoscergli. Farioli probabilmente lo ha chiamato per portare un po’ di ordine in una fase difensiva allo sbando, in una squadra che nella scorsa stagione ha subito una quantità quasi comica di gol. L’Ajax è infatti nella sua crisi più profonda del millennio e, forse, non è un caso che abbia chiamato gli italiani per cercare di risollevarsi partendo da dietro.