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Cosa può dare Olivier Giroud al Milan
15 lug 2021
15 lug 2021
Un attaccante che negli ultimi anni ha segnato molto giocando poco.
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Foto di Darren Walsh / Chelsea FC via Getty Images
(foto) Foto di Darren Walsh / Chelsea FC via Getty Images
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Tutto è iniziato con la scelta di far tornare Zlatan Ibrahimovic, svincolato dopo la scadenza del contratto con i Los Angeles Galaxy, nel gennaio del 2020. Lo svedese aveva 38 anni e non giocava da un paio di mesi, ma il suo ritorno, con tutto quello che comporta dentro e fuori dal campo, aveva migliorato da subito il Milan. Un anno dopo Ibrahimovic, nella scorsa finestra invernale di mercato, la dirigenza rossonera ha fatto una scommessa simile mettendo sotto contratto Mario Mandzukic, anche lui a fine carriera e fermo da mesi dopo un’esperienza in un campionato minore (in Qatar con l’Al-Duhail). Una scommessa persa stavolta, visto che Mandzukic è stato spesso infortunato, ha giocato poco (meno di 300 minuti spalmati in 11 presenze) e non ha segnato nemmeno un gol.

Il mancato rinnovo del contratto di Mandzukic ha quindi reso necessario un nuovo arrivo in attacco, e la scelta del Milan è caduta su Olivier Giroud. Un altro attaccante esperto (35 anni da compiere a settembre), alto e forte fisicamente, con una bacheca ricca e tanta voglia di rivalsa. Non quella di tornare a certi livelli, di rientrare in uno dei principali campionati europei che aveva motivato Ibrahimovic e Mandzukic, ma quella di avere più spazio, più minuti in campo, in una squadra in cui c'è meno competizione rispetto al Chelsea.

Giroud è insomma la conferma di una volontà precisa nelle scelte in attacco del Milan nell’ultimo anno e mezzo. Quella, cioè, di prendere attaccanti esperti per una squadra che invece è giovane e in crescita, probabilmente per aggiungere ciò che manca al resto del gruppo: esperienza, titoli, carisma.

Da questo punto di vista a Giroud non manca nulla. Ha vinto la Ligue 1 da outsider con il Montpellier nel 2012, in quella che resta a oggi la miglior stagione della sua carriera a livello di gol segnati (21 in campionato, 25 tra tutte le competizioni), il Mondiale con la Francia nel 2018 - senza segnare ma giocando sempre da titolare, tranne che nella prima partita contro l’Australia - e poi l’Europa League da capocannoniere (11 gol in 14 partite) nel 2019 e l’ultima Champions League con il Chelsea. È vero che in quest’ultimo caso ha giocato poco, ma è stato decisivo in diversi momenti: nella fase a gironi nelle vittorie contro il Rennes (gol nei minuti di recupero) e il Siviglia (4-0 con quattro suoi gol) e nella tiratissima sfida di andata agli ottavi contro l’Atlético Madrid, finita 1-0 con un suo gol in rovesciata.

Quanto fatto nell’ultima Champions League ha confermato alcune cose che si sono dette spesso di Giroud. Ad esempio che riesce a dare molto anche se gioca poco. Con 6 gol segnati in appena 254 minuti, è stato il miglior marcatore del Chelsea in Champions. Tornando ancora più indietro, all’ultima stagione e mezza con l’Arsenal, Giroud era il miglior super sub della Premier League, il giocatore con più gol segnati entrando dalla panchina.

Un’altra cosa che si dice spesso di Giroud è che meriterebbe più considerazione, che è sottovalutato. Un attaccante prezioso ma senza un talento speciale, che si nota nei piccoli gesti, in un movimento fatto nel modo e col tempo giusto, in una sponda, più che nel numero di gol segnati. In realtà ne ha comunque segnati molti, oltre 200 in carriera con i club e 46 nella nazionale francese, di cui è il secondo miglior marcatore di sempre (davanti ha solo Henry) e il quinto giocatore con più presenze (110).

In mezzo a questo discorso c’è lo strano rapporto con gli allenatori, il contrasto tra gli elogi, le parole piene di ammirazione che gli hanno dedicato, e lo spazio che gli hanno dato in campo. Con l’Arsenal i minuti si erano ridotti in modo drastico nell’ultima stagione e mezza, prima ancora dell’arrivo di Lacazette e Aubameyang. A un certo punto Wenger, che pure riteneva che Giroud fosse molto più forte rispetto a quando lo aveva acquistato dal Montpellier («È un giocatore diverso rispetto a quando è arrivato», aveva detto il tecnico francese nel febbraio del 2015. «Capisce cosa richiede il calcio ad alti livelli, lavora con grande concentrazione negli allenamenti, ha migliorato in modo straordinario la sua mobilità e la sua qualità tecnica. E ovviamente è molto forte e usa il corpo molto bene»), lo aveva escluso dai titolari preferendo una linea offensiva più mobile e veloce con al centro Alexis Sánchez.

Passato al Chelsea nel gennaio del 2018, Giroud è stato sempre impiegato in modo discontinuo, a partire dalla mezza stagione con Antonio Conte. Un periodo breve ma ricordato con affetto da Angelo Alessio, allora vice del tecnico pugliese: «Ci serviva una punta di spessore, e lui con l’Arsenal ci aveva fatto male diverse volte. Antonio disse al club che con lui in rosa avremmo fatto il salto di qualità. Ha avuto ragione. Giroud ha segnato gol importanti, in più con lui abbiamo vinto una FA Cup». Le cose sono andate in modo simile con Sarri e Tuchel. Tanta stima ma poche partite da titolare. «È un grandissimo professionista, uno di quelli che nel momento del bisogno c'è sempre», ha detto Sarri di recente. «Prima della finale di Europa League, Zola mi chiese che idee avessi: io gli risposi che l'indomani avrebbero giocato di sicuro Giroud e Pedro, gli altri nove li avrebbe scelti lui. Sono due che non hanno mai fallito una finale».

Tuchel è stato invece più elaborato, ha fatto un bel ritratto delle qualità di Giroud e poi si è preso la colpa per lo scarso utilizzo. «Può avere un impatto enorme sulla squadra, perché ha esperienza, presenza fisica ed è spietato in area di rigore», ha spiegato Tuchel a marzo. «Non gli ho dato minuti perché mi devo riadattare alle tre sostituzioni, quindi è colpa mia».

Scegliendo il Milan, Giroud si aspetta di rimettere in equilibrio il rapporto tra complimenti e minuti giocati. Molto dipenderà da Ibrahimovic, che in teoria è ancora il centravanti titolare. Lo svedese sta però recuperando da un infortunio al ginocchio e non è più affidabile come un tempo a livello fisico, visto che già lo scorso anno ha saltato esattamente la metà delle partite in campionato. Il Milan non cercava insomma una riserva per il suo totem, ma un titolare in più, che però allo stesso tempo accetti di partire dietro Ibrahimovic nelle partite che lo svedese riuscirà a giocare.

Ovviamente Ibrahimovic e Giroud sono attaccanti diversi, anche se tutti e due sono alti e grossi e giocano bene con le spalle alla porta. Ibrahimovic però è un accentratore, ambisce a condizionare ogni possesso nella metà campo avversaria, si sposta per palleggiare con i compagni, ha più inventiva e può fare di tutto con la palla. Giroud interviene meno, ha meno colpi ma garantisce due cose molto importanti per la manovra del Milan: muoversi in appoggio, far continuare la circolazione senza rallentarla, e occupare l’area di rigore.

Sono i due compiti essenziali che gli chiede il gioco del Milan, veloce e a volte frenetico nel voler arrivare negli ultimi metri. Abbassarsi sulla trequarti, dare un appoggio sicuro tra le linee, sia nei possessi più ragionati sia quando i centrocampisti sono esclusi dal possesso e c’è bisogno di una via più diretta per entrare nella metà campo avversaria. Intervenire al centro in zone del campo preziose, dove è importante avere un giocatore che non perde la palla, che riesce a essere preciso anche in situazioni difficili, con le spalle alla porta e l’avversario a marcarlo. E poi andare in area, a chiudere l’azione.

È ovvio che il contributo di Giroud risentirà dei compagni che troverà attorno. Giroud però può integrarsi bene sia con un trequartista da scambi stretti, con cui associarsi ed esibire la sua abilità negli appoggi, sia con un attaccante che si muove in profondità negli spazi che il francese crea portando fuori posizione i difensori. È una delle qualità per cui Giroud è più apprezzato, che lui stesso sente appartenergli: «Un attaccante come me gioca sempre per i compagni», ha detto durante i Mondiali del 2018. «Ovviamente preferisco avere occasioni e segnare, ma se posso creare spazio per gli altri cerco sempre di scegliere la soluzione migliore per la squadra».

Dando per scontato il ritorno di Brahim Díaz, che si dice sia vicino a tornare a Milano dopo il prestito della scorsa stagione, Giroud può cioè trovarsi bene sia con lui, il compagno ideale con cui scambiare la palla in spazi stretti, sia con Rebic, di fatto un attaccante aggiunto che parte da sinistra ed è efficace solo quando va in profondità, e che quindi andrebbe a bilanciare i movimenti incontro di Giroud.

Il francese non è però solo un attaccante utile alla manovra, è un riferimento che può essere cercato con una palla alta per uscire velocemente dalla metà campo e soprattutto è uno che impegna i difensori, si muove bene in area e può segnare in molti modi. Magari non è un finalizzatore d’élite, ma negli ultimi nove anni, da quando cioè ha lasciato la Francia per giocare in Premier League, è sempre andato in doppia cifra (contando i gol in tutte le competizioni), anche se è stato impiegato in modo discontinuo e non è stato quasi mai l’attaccante principale prima dell’Arsenal e poi del Chelsea.

Ancora una volta, buona parte del suo rendimento in termini di gol dipenderà dai compagni, da come riusciranno a supportarlo, a creare le occasioni che preferisce. Giroud è abile soprattutto a finalizzare le rifiniture laterali, sia prendendo posizione in area e vincendo il duello con il difensore sia entrandoci in un secondo momento, in corsa, dopo aver partecipato alla manovra. Ma avrà anche bisogno che la squadra si assesti bene nella metà campo avversaria, che non lo faccia muovere in spazi troppo lunghi, che fisicamente non sarebbe in grado di coprire.

Se il Milan lo ha scelto per completare il suo attacco non è solo per la sua generosità, per i diversi modi con cui può contribuire al possesso, vincendo un duello aereo o esibendo il suo raffinato gioco di sponde. È perché si aspetta che Giroud segni molto, che aggiunga una quota consistente di gol se Ibrahimovic non darà garanzie a livello fisico, e che lo faccia in particolare in Champions League, una competizione nuova per quasi tutta la rosa del Milan. Che torni cioè dopo molto tempo ad avere una grossa influenza nella squadra in cui gioca, e che smentisca la narrazione che lo vede solo come un attaccante altruista, prezioso per il rendimento dei compagni ma che non fa gol.

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