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I movimenti di mercato più assurdi della settimana
07 gen 2023
Trasferimenti che vi lasceranno basiti.
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Siamo entrati ufficialmente nel “calciomercato di gennaio”, quelle quattro settimane in cui al calcio giocato si affianca un rumore di fondo fatto di acquisti sconosciuti, prestiti micragnosi, cessioni per sfoltire rose troppo lunghe. Un mercato dove non ci sono i soldi, almeno non fuori dall’Inghilterra. Un mercato dove per ogni Enzo Fernandez che potrebbe muoversi per 127 milioni ci sono decine e decine di squadre che si muovono col lanternino, cercando di migliorarsi senza spendere soldi, quasi per magia. Il mercato di gennaio è spesso poco risolutivo, ma è pieno di quei movimenti che abbiamo definito “assurdi” (che ci sono anche in estate) ma giusto perché ci sembrava brutto usare parole come “inspiegabili” o “strani”, proprio difficili da capire, inserire nella realtà in cui ci troviamo. Ogni venerdì proveremo a elencare quelli che ci sono più sembrati tali - assurdi cioè - provando se non a spiegarli, sarebbe impossibile, almeno a evidenziare i motivi per cui lo sono.

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Daley Blind al Bayern Monaco

https://twitter.com/BlindDaley/status/1611122740232069123

Il 27 dicembre 2022 Daley Blind e l'Ajax dividono le loro strade con sei mesi di anticipo sulla naturale scadenza del contratto. È stato strano: Blind era una bandiera del club e dopo una parentesi non troppo fortunata al Manchester United era tornato all'Ajax dove aveva la funzione di chioccia, maestro illuminato dell'idea stessa di Ajax. Ogni anno la squadra olandese ci stupisce cambiando interpreti, ma Blind, pensavamo, sarebbe rimasto sempre lì, in quel ruolo ibrido tra terzo di difesa e centrocampista in pectore, con un'intelligenza tattica forse anche sottovalutata. Anche per Van Gaal era stato indispensabile in Qatar, uno dei migliori in una spedizione agrodolce.

L'addio di Blind, insomma, era stato inaspettato, apparentemente immotivato, senza che si parlasse di ragioni economiche oppure di campo, litigate furiose, scelte di vita radicali. Ieri sera abbiamo scoperto la nuova destinazione dell'olandese: il Bayern Monaco. Ci si poteva aspettare questo salto in avanti, a 32 anni, nel momento in cui la parabola di Blind sembrava arrivata alla fase discendente? L'olandese ha firmato un contratto di sei mesi, poi si vedrà. Va in una squadra dal talento offensivo ridicolo, ma che ha mostrato qualche problema di equilibrio, e a cui inoltre mancherà per tutta la stagione Lucas Hernandez. Forse non giocherà molto, ma - in teoria - la sua figura ibrida, il suo talento tattico, possono dare una grande mano a Nagelsmann in questa seconda parte di stagione.




Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr

«Il mio lavoro in Europa era finito» con queste parole, più tante altre non meno assurde, Cristiano Ronaldo si è presentato al suo nuovo club, l’Al-Nassr, quasi come se fosse il meme con Milord di Sailor Moon. Tra tutti i movimenti più assurdi di mercato che vedrete in vita vostra, forse nessuno sarà più assurdo di questo. Uno dei migliori calciatori della storia, sicuramente il più ossessionato, che prima del Mondiale rilascia un’intervista esplosiva in cui parla malissimo del club che lo ha lanciato nel grande calcio, uno dei club più importanti al mondo, che poi va al Mondiale, dove perde il posto da titolare, e a quel punto finisce a giocare in Arabia Saudita. Per 250 milioni di dollari l’anno. Insomma, questo è quello che intendiamo per assurdo, l’iperuranio dell’assurdo.

E diventerà ancora più assurdo mano a mano che andremo avanti, dopo ogni partita di CR7 vedremo nel campionato arabo, dopo ogni volta che lo sentiremo dire che il livello di quel calcio è alto, che è una sfida interessante, che lui è lì per diventare una specie di Edward Said del calcio.

https://twitter.com/ESPNFC/status/1610637171827871745

Non c’è niente di romantico o pioneristico in questa scelta, sia chiaro: Cristiano Ronaldo accarezza il suo ego diventando, per distacco, lo sportivo più pagato al mondo, a 38 anni, dopo essere stato respinto dal calcio che conta. L’Al-Nassr ha il suo uomo immagine per gli sponsor, aumenta i suoi numeri sui social, mette il suo nome sulla mappa, ma solo per qualche settimana. Il piano più a lungo termine riguarda invece i Mondiali del 2030, che l'Arabia Saudita vuole ospitare. I 500 milioni che daranno a Cristiano Ronaldo dovrebbero servire anche a quello, ad avere lo sponsor migliore di tutti in questa corsa (anche se forse conveniva corrompere direttamente la FIFA - e chiunque altro a tiro - come ha fatto il Qatar).

L'incognita più interessante rimane il campo: Cristiano Ronaldo può fare la differenza in Arabia Saudita? Tornerà a segnare 60 gol l’anno? Riuscirà a trascinare l’Al-Nassr verso la AFC Champions League che non ha mai vinto, al contrario dei quattro volte campioni dei rivali dell’Al-Hilal? Perché in fondo mica è detto. Purtroppo per noi il campionato arabo non è trasmesso in tv alle nostre latitudini, ma state certi che le informazioni su Cristiano Ronaldo non smetteranno di arrivare ai nostri occhi e alle nostre orecchie.




Luis Suarez al Gremio

Altro capitolo della saga “Smettere che fatica”. In estate celebravamo il ritorno a casa di Luis Suarez dopo una leggendaria carriera tra Olanda, Inghilterra e Spagna. Nonostante diverse squadre europee lo avessero cercato per provare a cavare le ultime gocce del suo talento realizzativo, Suarez aveva scelto di firmare con il Nacional, il club dove aveva esordito 18 anni prima.

Suarez, accolto come un eroe, aveva segnato 8 gol in 14 partite, a dimostrazione che il fisico potrà anche deteriorarsi, ma certe cose rimangono nei giocatori come lui. Poi, poco prima del Mondiale, le strade si erano divise. Era sembrato quasi che Suarez avesse dato l’addio al calcio, ma è stata forse una nostra libera interpretazione. A novembre è andato in Qatar per l’ultimo Mondiale della sua carriera, poi appena prima che finisse l’anno, ha firmato un contratto di due anni con il Gremio.

Che mossa è? Se al Nacional il cerchio si era chiuso, così Suarez ne ha aperto uno nuovo. L’avremmo capito, forse, se fosse andato con Cristiano Ronaldo in Arabia Saudita, attirato dai soldi, o in MLS per fondare una nuova franchigia. Andare in Brasile, in una squadra tornata nel massimo campionato dopo un anno di B è una mossa disperata, quasi da tossico del calcio.

Suarez è stato comunque è stato accolto da una tifoseria festante, che in lui rivede una vecchia gloria (che però è in tutti i sensi). Sul palco l’uruguaiano prima ha pianto, poi si è fatto una foto sorridente con la mascotte della squadra, una specie di D'Artagnan dagli occhi di ghiaccio. Boh.

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Guillermo Ochoa alla Salernitana

È stato come un fulmine a ciel sereno: un giorno parlavamo di Memo Ochoa come di una leggenda dei Mondiali, una specie di Loch Ness che ricompariva ogni quattro anni per difendere la porta del Messico, e pochi giorni dopo ce lo siamo ritrovati a fare storie dal proprio account Instagram mentre riprendeva il golfo di Salerno dalla stanza del suo hotel a Vietri sul mare.

Morgan De Sanctis, DS della Salernitana ed ex portiere, lo ha voluto fortemente per sostituire Sepe, il cui infortunio sembra più grave del previsto. Ochoa, che dal 2019 gioca in Messico nell’America, non ci ha pensato due volte a firmare, tentare l’ennesima avventura in Europa dopo quelle con Ajaccio, Malaga, Granada e Standard Liegi. Fin qui non è mai stato troppo fortunato e a 37 anni è difficile pensare che vedremo in Italia la sua miglior versione.

Eppure alla prima partita da titolare in Serie A contro il Milan, Ochoa è stato autore di 9 parate, di cui alcune dall’altissimo coefficiente di difficoltà. Una prestazione che ha ricordato la sua versione con la maglia del Messico ai Mondiali. L’esaltarsi in contesti particolari, in partite in cui subisce tanti tiri, è una delle qualità di Ochoa, forse la sua migliore.

A Salerno ha trovato una piazza molto calda dove può far valere il suo carisma. La squadra di Nicola vuole centrare una salvezza sicura, dopo quella incredibile della scorsa stagione, per arrivare a questo obiettivo Ochoa può dare una mano, in tutti i sensi.


Domenico Criscito al Genoa

Come si dice: certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Domenico Criscito era stato una promessa del Genoa alla prima esperienza; un bel prospetto da crescere alla seconda; un elemento importante alla terza; una bandiera alla quarta e, ora, alla quinta volta con addosso la maglia del Genoa che figura potrà rappresentare? L’uber bandiera?

Quando appena sette mesi fa lasciava Genova dopo una retrocessione particolarmente dolorosa sancita da un suo errore dal dischetto nel derby con la Sampdoria, l'addio era stato incredibilmente definitivo: a 36 anni il trasferimento a Toronto sembrava un giusto finale per un giocatore spesso sottovalutato, un ultimo contratto ricco, un’esperienza di vita per la famiglia. Criscito l’aveva anche scritto, nella sua lettera di addio al Genoa, che un giorno sarebbe tornato, ma non da calciatore.

Al seguito di Lorenzo Insigne e Federico Bernardeschi, il volto italiano del rinascimento del Toronto, Criscito si è messo alla guida della difesa. Le cose non sono andate benissimo, alla fine della stagione regolare la squadra canadese è arrivata penultima, con 66 gol subiti. Criscito però ha segnato un gol incredibile, che forse avrete visto sui social.

Dopo la fine della stagione in MLS, mentre eravamo tutti impegnati ad attendere l’inizio dei Mondiali, il 15 novembre Criscito ha dato l’addio al calcio, o almeno è quello che hanno creduto al Toronto, che l’ha scritto nero su bianco sul proprio sito. Solo che poi, leggendo la dichiarazione all’interno, Criscito diceva tutt’altro: «grazie a tutti, ora torno a casa e valuto cosa è meglio per me e la mia famiglia» sono state le sue parole, che oggi hanno svelato il loro senso.

Criscito, dopo averci pensato un po’, ha deciso di tornare al Genoa, dove sostituirà Pajac gravemente infortunato. Per i prossimi sei mesi guadagnerà 1770 euro al mese, il minimo federale. Se siete fortunati, potete dire che il vostro stipendio è più alto di un terzino in Serie B. Ad allenarlo troverà Gilardino, solo quattro anni più grande di lui, e una serie di compagni sotto i 20 anni. L’obiettivo è far tornare il Genoa in A.


Lucas Castro all’Huracan

Ve lo ricordate Lucas Castro? Leggenda del Chievo Verona, trequartista, musicista, autore del singolo Sole d’estate. Un infortunio al crociato mentre era al Cagliari ne ha rapidamente mandato in declino la carriera: SPAL, Karagümrük, Adana Demirspor, poi il ritorno in patria, al Club Atlético Sarmiento, squadra della provincia di Buenos Aires famosa per essere stata la prima di Daniel Passarella ma calcisticamente nei bassifondi del calcio argentino.

Lì Castro si è riciclato come centrocampista davanti alla difesa, giocando così bene da ricevere in questi giorni una chiamata dall’Huracan, l’anno scorso quarto in campionato.

Lucas Castro, comunque, se ve lo state chiedendo, rimane lo stesso di sempre. I capelli lunghi leggermente brizzolati, la barba finto non curata, una passione smodata per quel genere a metà tra il rock di provincia e il reggaeton più mainstream. Il suo Instagram rimanda la sensazione di un uomo risolto, con le sue macchine veloci, l’abbigliamento hobo-chic e il pallone a fungere da collante. Insomma, buona strada caro vecchio Lucas Castro.

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José Mauri al Sarmiento

E come ha sostituito Lucas Castro il Sarmiento? Con José Mauri. Se per Castro il “ve lo ricordate” era in qualche modo d’affetto, per José Mauri sa di retrogusto amaro. C’è stato un tempo, chissà perché, in cui José Mauri era considerato un portento. Quando dopo il fallimento del Parma ci si era buttato il Milan era sembrato un grande affare, e invece José Mauri è stato uno dei simboli della Banter era rossonera: 4 anni, una decina di presenze dimenticabili, l’inevitabile mancato rinnovo.

Noi, addirittura, quando era ancora una giovane promessa lo avevamo italianizzato, fatto esordire nell’Under 17, convinti di aver strappato all’Argentina un grande centrocampista, lui poi ci aveva ripensato, ma il problema non era sorto: né noi né la federazione argentina l’avevano più cercato.

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Per i tifosi milanisti nostalgici: José Mauri e Balotelli che si fanno un selfie con il Papa.

Dopo il Milan, Mauri ha collezionato varie esperienze sempre con poche presenze, l’ultima al Kansas City Wizards in MLS, una squadra che sembra obiettivamente finta, con un nome da squadra di basket e uno stemma senza anima. L’ultima sua presenza è arrivata a febbraio, poi più nulla. Adesso è rispuntato ai primi di gennaio, come i buoni propositi dell’anno nuovo. Quelli, di solito, durano al massimo un paio di settimane; chissà se José Mauri riuscirà a resistere più a lungo.




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