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Massimiliano Macaluso
Il calciomercato degli allenatori
14 mar 2023
14 mar 2023
Nel Regno Unito molti allenatori cambiano squadra a stagione in corso.
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Massimiliano Macaluso
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Per anni le dinamiche contrattuali tra i club e i rispettivi allenatori sono state molto diverse rispetto a quelle in atto con i calciatori. I motivi sono diversi, dal ricorso agli esoneri - che riguarda solamente i primi - all’utilizzo di apposite finestre temporali, quasi esclusivamente dedicate ai secondi. Nelle ultime stagioni, però, le connotazioni di questi due differenti regimi si stanno modificando un bel po’. Sempre più spesso infatti si assiste alle compravendite degli allenatori, diventati oggetto di trasferimenti effettuati con modalità brusche e improvvise, non soltanto rispetto alle abitudini tipiche della loro categoria, ma addirittura nei confronti di quella dei giocatori, che storicamente sono sempre stati dei soggetti più mobili all’interno delle stagioni sportive. Alcuni esempi di questo fenomeno sempre più spregiudicato sono molto freschi e hanno quasi tutti a che fare con la Premier League, che come accade di frequente si distingue per essere assoggettata a un impianto normativo unico rispetto ad altri scenari d’Europa. Il primo caso, probabilmente quello più eclatante di tutti, è quello che ha riguardato il passaggio di Graham Potter dal Brighton al Chelsea, avvenuto letteralmente da un giorno all’altro in seguito all’esonero di Thomas Tuchel e dopo che l’allenatore inglese aveva disputato già sei giornate di campionato con il club costiero. Sempre nel mese di ottobre è successa una cosa simile all’Aston Villa, che dopo avere cacciato Steven Gerrard ha prima sondato il terreno per Rúben Amorim dello Sporting e poi ripiegato su un altro tecnico che in quel momento stava lavorando altrove, Unai Emery, con la sola differenza di non avere complicato i piani a una diretta concorrente ma a una squadra di un altro campionato, il Villarreal. A novembre ecco altri due esempi, con il Southampton che per il post Hasenhüttl ha scelto il promettente allenatore del Luton Town, Nathan Jones; e con il Rangers Football Club che è riuscito a convincere Michael Beale, un altro giovane manager che stava facendo molto bene in Championship con il Queens Park Rangers e che era stato già corteggiato a lungo dal Wolverhampton, a riprova dell’esistenza di una pratica ormai frequente nella cultura calcistica britannica.Tutti questi esempi hanno in comune il fatto di aver seguito il solito iter. Gli inglesi infatti non fanno la mossa - apparentemente scorretta - di approcciare un allenatore già impegnato, ma fanno una più sincera richiesta formale alla squadra che lo ha sotto contratto di poter trattare (il cosiddetto permission to speak), evitando dunque qualsiasi tipo di trattativa privata e clandestina. Nel caso in cui questa fase venga superata e si trovi un accordo, bisogna poi ricorrere al pagamento di un compenso economico (la cosiddetta compensation) per scogliere la clausola che è inserita nel contratto. E nel caso degli allenatori appena citati si è trattato di sborsare anche parecchi milioni di sterline (oltre venti nel caso di Graham Potter, per esempio, visto che il trasferimento ha riguardato anche i membri del suo numeroso staff), che i ricchi club inglesi pagano senza pensarci troppo, anche quando si tratta di ricompensare squadre rivali. Questi trasferimenti sono sempre più frequenti e mettono in mostra l’ambizione dei club inglesi, e una frenesia competitiva che conduce a mosse spesso anche rischiose, di sicuro controverse. Sono passaggi che rischiano di compromettere i rapporti di fiducia, e di far sorgere dubbi sul senso etico delle dirigenze. I diretti interessati si ritrovano poi nella scomoda situazione di dover giustificare il loro comportamento nel momento in cui viene accettata l’offerta. Anche quando si tratta solamente di un’azione subìta e non veramente provocata. Michael Beale è arrivato a porgere delle scuse plateali ai suoi ex tifosi; delle scuse di certo sentite, visto il legame che aveva costruito negli ultimi mesi con la squadra londinese, ma non per questo meno scomode. Emery ha invece vissuto questo momento con freddezza professionale, ha detto: «Devi cercare di lasciare da parte i sentimenti. Devi essere freddo e calcolatore. Ho la maturità e l'esperienza per prendere decisioni con rispetto». Non ha mostrato alcun tipo di rammarico invece Graham Potter, che d’altronde sempre grazie al pagamento di una commissione era arrivato al Brighton via Swansea e che dunque ha minimizzato molto l’accaduto, dichiarando pubblicamente di non avere nulla per cui chiedere scusa ai supporters del Brighton.

La prassi di acquistare un allenatore sotto contratto con un’altra squadra è finita per consolidarsi col passare degli anni, anche facilitata dall’inserimento di particolari clausole nei contratti degli allenatori che servono principalmente a salvaguardare i club, e che dunque la rendono assolutamente lecita. A tal proposito vengono in mente alcuni casi più o meno recenti che riguardano molte squadre già nominate: il Chelsea, per esempio, prima di piombare su Potter aveva utilizzato una strategia simile con André Villas-Boas, nel 2011; l’Aston Villa non si è limitato a Emery ma ha reclutato in questo modo anche Steven Gerrard, poco più di un anno fa; o ancora l’Everton lo ha fatto ben due volte sia con Ronald Koeman che con Marco Silva, pagando rispettivamente il Southampton ed il Watford. Il Manchester United la scorsa estate si è servito di questo escamotage per prelevare Erik ten Hag dall’Ajax. Succede lo stesso anche al di fuori dell’Inghilterra: si pensi alla gigantesca cifra investita dal Bayern Monaco per strappare Julian Nagelsmann all’Hoffenheim o a quella, decisamente più bassa ma pur sempre significativa, pagata dalla nuova proprietà del Genoa per arrivare ad Alexander Blessin.A parte quelli di Gerrard e Blessin, tutti i casi appena citati hanno riguardato sì degli affari sbloccati dal pagamento di una somma di denaro, ma tutti programmati in vista della stagione seguente. Quello che invece ha reso questo modus operandi così spudorato agli occhi dei tifosi, e per questo così tanto discusso recentemente, è l’inevitabile conseguenza che costringe a dover interrompere un rapporto di lavoro nel bel mezzo di una stagione. Si tratta di una fattispecie vietata in Italia, dove non si può allenare più di una squadra nella stessa stagione, ma legale in Inghilterra. In Premier League non esiste alcun vincolo riguardante i tesseramenti degli allenatori. Questo permette il verificarsi di situazioni al limite dell’imbarazzo.A novembre del 2021 Dean Smith è stato per due giornate consecutive al St. Mary’s di Southampton da avversario, ma anche sulla panchina di due squadre diverse (l’Aston Villa prima e, dopo essere stato esonerato, il Norwich che lo aveva appena assunto).Una cosa del genere forse a noi sembra così assurda perché niente di tutto ciò può invece verificarsi in Italia, dove nonostante il dato stagionale degli allenatori esonerati sia sempre molto alto non è possibile che questi possano cambiare da una squadra all’altra in maniera così rapida. Sono costretti a rispettare il proprio vincolo contrattuale fino alla sua scadenza naturale, o alla rescissione anticipata. È espressamente previsto dalle Norme Organizzative Interne della FIGC, che all’articolo 38 comma 4 dispongono che “nel corso della stessa stagione sportiva i tecnici, salvo il disposto di cui all’art. 30, comma 2 del Regolamento del Settore tecnico, nonché quanto disciplinato negli accordi collettivi fra l’Associazione di categoria e le Leghe Professionistiche o nei protocolli d’intesa conclusi fra tale Associazione e la Lega Nazionale dilettanti e ratificati dalla FIGC, non possono tesserarsi o svolgere alcuna attività per più di una società”. L’eccezione presentata dall’art. 30 comma 2 appena accennato riguarda i trasferimenti in un altro campionato, e può essere interpretato come un modo per permettere agli allenatori di continuare a lavorare in contesti differenti, e allo stesso tempo di non compromettere le dinamiche che si erano create all’interno della stessa competizione e dunque di tutelare situazioni precedentemente ‘contaminate’. Un orientamento condiviso, per esempio, anche dal sistema spagnolo che lo vieta nel Regolamento General della Real Federación Española de Fútbol.Su The Athletic, Greg O'Keeffe ha fatto un’interessante analisi del fenomeno servendosi anche del parere di alcuni esperti di mercato, da cui è emerso che in effetti c’è poco da scandalizzarsi perché, paradossalmente, investire sugli allenatori risulta ben più economico rispetto alla maggior parte dei giocatori d'élite. Un concetto venuto fuori ragionando sul fatto che i manager delle grandi società, quelli che detengono veramente il potere decisionale nelle aziende, guadagnano decisamente di più dei lavoratori dipendenti, e quindi è da interpretarsi come una mossa che, se riuscita, può risultare addirittura conveniente. È il vecchio adagio: l’allenatore paga per tutti perché è più facile sostituire lui che l’intera squadra.In un articolo di Bleacher Report risalente al lontano 2013, invece, Ryan Byley lanciava una provocazione sostenendo che bisognava introdurre una finestra di trasferimenti apposita per gli allenatori, e già allora denotava la crescente instabilità della Premier League a causa del numero sempre maggiore di esoneri, e dunque di subentri in corso d’opera, in un campionato storicamente noto perché alcuni manager erano stati in grado di rimanere sulla stessa panchina per molti anni (ovviamente pensiamo ad Alex Ferguson e ad Arsène Wenger). Al momento è difficile capire quali potrebbero essere le evoluzioni di questa regolamentazione, se nel campionato inglese questa tendenza continuerà a essere accettata, se verrà addirittura esasperata includendo anche altri ruoli dirigenziali molto ricercati come gli heads of recruitment o i direttori delle academy, come fa notare Jason Burt in un articolo uscito poco tempo fa sul Telegraph. Oppure se verrà, al contrario, quantomeno limitata o revisionata per conformarsi agli altri scenari europei, quelli che talvolta sono stati pure indirettamente coinvolti senza neanche un preavviso (chiedere al Presidente del Villarreal). Per il momento, l’unica novità degna di nota in quest’ambito è quella che è stata introdotta in Italia ad ottobre, e che si pone a favore della mobilità: la Federazione Italiana Giuoco Calcio, La Lega Nazionale Dilettanti e l'Associazione Italiana Allenatori Calcio hanno firmato un protocollo d'intesa secondo il quale l'allenatore o l’allenatrice esonerato/a prima del 30 novembre 2022 da una società associata alla LND avrà la facoltà, in deroga alla normativa vigente, di tesserarsi e svolgere attività per altra società nel corso della stessa stagione sportiva, a condizione che la nuova società partecipi ad un girone diverso o a un campionato diverso da quello a cui partecipava la società che ha esonerato il tecnico. Si tratta di una modifica sostanziale, che aiuterà e non poco i tanti allenatori costretti a trascorrere lunghi mesi di inattività o a bruciare intere stagioni lavorative a causa di esoneri prematuri.

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