Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Giuseppe Pastore
Quando a giocare a calcio erano solo le donne
04 lug 2019
04 lug 2019
Nel 1917 si disputò la prima partita internazionale di calcio femminile, mentre gli uomini erano al fronte.
(di)
Giuseppe Pastore
(foto)
Dark mode
(ON)

A proposito di lavori da uomini:

. La parola distingue un'Inghilterra e un mondo che non ci sono più, dopo essere durati pochissimi anni. Nel 1915 il Regno Unito è in guerra, i soldati sparano continuamente e il bisogno di nuove munizioni cresce in modo febbrile. Dopo il flop della battaglia di Aubers, persa anche a causa della scarsa quantità di esplosivi e proiettili, il governo di Sua Maestà reagisce con il Munitions of War Act, che aumenta il numero di ore e posti di lavoro destinati alla produzione di munizioni e apre il mercato anche alle aziende private. Ma se tutti i maschi sono al fronte, abbarbicati nelle trincee in un conflitto alienante in cui, anche uscendone vivi, probabilmente ne pagheranno le conseguenze per tutta la vita, chi lavora?

 

Così tocca alle donne, che presto diventano l'80% del personale qualificato con gli annessi e connessi del caso: la quotidiana vicinanza al tritolo, la concreta possibilità di saltare per aria in ogni momento, le relazioni pericolose con la nitroglicerina che a lungo andare ingiallisce la pelle (da qui l'affettuoso soprannome di

). E cent'anni fa come oggi, che voi siate bambini che vogliono fare amicizia con i nuovi vicini, detenuti in un carcere oppure operaie esposte ai peggiori veleni, la vita riparte da un pallone che rotola.

 

Però attenzione, i primi timidi approcci tra il calcio e le donne risalgono già all’Ottocento, come ben documentato nel libro

(2013) del giornalista inglese Tim Tate, che cita una partita all'Easter Road Stadium di Edimburgo il 9 maggio 1881 tra una selezione scozzese e una inglese, raccontata con i toni enfatici dello spettacolo da baraccone tipico dell’Età Vittoriana, stile

.

 

Tutto parte dalla scozzese Helen Matthews, sulla quale – essendo l’inglese una lingua di sostantivi spesso neutri – nessuno promosse il dibattito su “portiere” o “portiera”. Impegnata politicamente nel movimento a favore del suffragio universale nel Regno Unito, Matthews era una delle strepitose pioniere che diedero vita al British Ladies Football Club, la prima associazione di calcio femminile propriamente detta, assieme ad altri nomi come Nettie Honeyball, Lady Florence Dixie o la piccola (11 anni!) Daisy Allen, che secondo le rade cronache dell’epoca era regolarmente la migliore in campo – il che ci fa sospettare che il livello non fosse proprio altissimo. Questo, però, è solo il prologo di un’avventura che inizia davvero durante la Prima Guerra Mondiale.

 


Foto in divisa di Helen Matthews, che in alcune partite aveva anche assunto lo pseudonimo di Mrs. Graham per proteggere la sua identità.


 

Costrette a sostituire i maschi e comportarsi da maschi, le femmine fanno proprie anche le classiche abitudini del dopolavoro. Perciò, let’s play football! Si ha traccia del primo “derby” tra fabbriche intorno al Natale del 1916, quando una squadra di operaie di Ulverston batte 11-5 un’altra squadra di donne del posto. Poi le ostilità si spostano in Galles, con le Munitionettes di Swansea e Newport in azione, e via via in tutto il Paese, incoraggiate dal Primo Ministro David Lloyd George, che apprezza vivamente il fatto che queste partite servano a raccogliere denaro per le beneficenze in tempo di guerra.

 

Ma la squadra-simbolo di questo periodo storico è quella della Dick, Kerr & Co. Factory a Preston, le cui operaie si riuniscono abitualmente per giocare a calcio nelle pause serali per la cena. All’inizio è nulla più che un passatempo da cortile in cui ci si diverte a sfidare i superstiti colleghi maschi a chi colpisce più volte le finestre della stanza del guardaroba: in palio ottime stecche di sigarette o di cioccolato, una prelibatezza in tempo di guerra.

 

La più brava è Grace Sibbert, una donna di 25 anni che ha – come moltissime sue compagne – il marito al fronte o addirittura prigioniero dei tedeschi. Su suggerimento di un suo collega, Alfred Frankland, Grace incoraggia le amiche a formare la squadra delle Munitionettes di Preston (allenata dallo stesso Frankland) che il giorno di Natale del 1917 ha l’onore di calcare l’erba del campo del Preston North End, che dall’inizio della guerra non aveva più ospitato alcuna partita di calcio. Il match di beneficenza che ne deriva, contro le vicine di casa della Arundel Coulthard, la cui fabbrica sorge a poche miglia di distanza, si gioca davanti a 10mila spettatori e frutta 200 sterline donate all’ospedale locale (che oggi corrispondono a circa 41mila sterline).

 


Foto di squadra del Dick, Kerr Ladies Football Club, risalente al 1921.


 

Oltre ai primi tentativi di dare una dimensione internazionale al

, ci si prova anche con le competizioni interne. Il punto più alto del movimento è l’edizione 1918 della Munitionettes Cup, organizzata tra le fabbriche meglio organizzate del Nord-Est inglese: trionfano le Blyth Spartans Ladies, che dominano 5-0 la finale di Middlesbrough contro le Bolckow, Vaughan Ladies, atto finale di una competizione che al cambio di oggi raccoglie circa 300mila sterline da devolvere in beneficenza.

 

Ma saranno le stesse ragazze della Dick, Kerr & Co., nel 1920, a giocare un ciclo di amichevoli internazionali contro “la Francia”; ovvero contro una selezione di ragazze francesi scelte dalla Fédération des Sociétés Feminines Sportives. Quattro partite in tutto, con due vittorie inglesi, un pareggio e una vittoria francese. Le inglesi renderanno la visita alle francesi e maramaldeggeranno in trasferta tre volte su quattro, concedendo solo un pareggio a Parigi.

 


Il saluto tra le due capitane, l’inglese Alice Kell e la francese Madeline Bracquemond.


 

Dunque, mettendo da parte i pionieristici tentativi di fine Ottocento, sembrerebbe proprio che quel ciclo di Inghilterra-Francia corrisponda alle prime partite internazionali di calcio femminile, come testimoniato anche dalla Football Association inglese. Ma invece non è così: ci sono solide prove di un'amichevole tra una squadra inglese, le Tyneside Ladies, e una nordirlandese, le North Of Ireland Ladies, disputata a Belfast nel giorno di Santo Stefano del 1917. Un periodo storico in cui l'Irlanda del Nord ancora non esiste come Paese indipendente, con la dicitura “North of Ireland” che quindi si riferisce solo alla provenienza geografica delle giocatrici, senz’alcuna connotazione politica.

 

Il Belfast Telegraph del 27 dicembre 1917 pubblica addirittura le formazioni, suggerendo anche che le giocatrici irlandesi arrivino da sole due squadre, le Lurgan Blues e le Belfast Whites, mentre la selezione inglese ha una provenienza più variegata, tanto che è stata addirittura approntata una partitella di selezione preliminare tra Possibili e Probabili, secondo un sistema all'epoca in voga anche nella neonata Nazionale italiana (maschile). E anche il programma di quel viaggio delle Tyneside Ladies è tuttora disponibile in Rete e si presta a considerazioni molto suggestive.

 



 

A cominciare, per esempio, dalla partenza, prevista dalla Stazione Centrale di Newcastle a mezzanotte e mezza della vigilia di Natale, per undici ore di viaggio da dividersi tra treno e nave. Dello staff fanno parte anche un’infermiera e un cosiddetto “controller”, un certo David Brooks, che secondo le cronache di Tim Tate trascorre l’intero spezzone in nave chiuso in bagno ubriaco marcio. Ne ha ben donde, se non altro per un senso di comprensibile paura: sul viaggio via mare, che consiste nell’attraversamento del Mare d’Irlanda, pende la spada di Damocle dei terribili U-Boot, i sommergibili tedeschi che nei primi dieci mesi di combattimenti hanno già affondato navi inglesi per un totale di 900mila tonnellate.

 

Poco rassicurate da Mr. Brooks, le donne del Tyneside possono però tirare un sospiro di sollievo all’arrivo e dedicarsi al serratissimo programma di viaggio. Il Capitano della squadra batte il calcio d’inizio in un match di beneficenza il pomeriggio del 24 dicembre, poi tutte insieme visitano un ospedale militare di Belfast, fanno un giro per la città, prendono il tè e concludono la serata con una visita all’ippodromo. Il giorno di Natale assistono a un altro paio di partite e presenziano a una serata danzante alla Victoria Hall, su invito di un certo Mr. Dobbin. Il 26, infine, Match Day, con calcio d’inizio alle 11 davanti a 20mila spettatori sul campo di Grosvenor Park, lo “stadio” del Distillery.

 

L'artefice del grande incontro è un ancor giovane Bill McCracken, figura per certi versi leggendaria nella storia del calcio, che nel decennio successivo diventerà uno dei pochi giocatori che abbia costretto a una modifica delle Leggi del Gioco: da leader difensivo del Newcastle, McCracken riuscirà a “battere il banco” rendendo praticamente insuperabile la vigente regola dell'offside che prevede che la bandierina si alzi se ci sono meno di tre difensori tra l'attaccante e la porta. Di fronte alla sagacia di McCracken che ha inventato la prima vera trappola del fuorigioco imponendo al campionato inglese una serie infinita di 0-0, i parrucconi dell'International Board non avranno altra scelta che abbassare a due il numero di avversari, portando tutto il calcio a fare un salto nel futuro.

 

Ma McCracken, all'epoca 33enne, è anche un mecenate, uno dei primi illuminati ad aprire il football alle donne. Prima di trasferirsi a Newcastle aveva iniziato la carriera proprio nel Distillery Belfast, quindi fa da perfetto trait d'union nell'organizzazione di questo Inghilterra-Irlanda del Nord cui ha ridato giustizia

, citando l'amichevole

, che ha rievocato un secolo dopo, con l'attenzione al dettaglio che è propria dei britannici, la vita quotidiana nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale. Vinceranno le inglesi 4-1, salvaguardate dall'arbitraggio onesto dello stesso McCracken.

 


L'articolo del 27 dicembre 1917 sul match, pubblicato sul Northern Echo, uno dei giornali più popolari del Nord-Est inglese.


 

Poi un bel giorno la guerra finì, i tedeschi accettarono le tremende condizioni dell'armistizio imposto dalle forze alleate e l'11 novembre 1918, alle 11 del mattino, l'Europa iniziò lentamente il cammino verso una normalità da ritrovare. Una normalità che passava anche dalla restaurazione delle vecchie dinamiche sociali: gli uomini al lavoro, le donne a casa. Le Munitionettes cessarono di esistere poco alla volta, anche perché fortunatamente non c'era più troppo bisogno di munizioni. «Tutti coloro che erano stati al fronte durante la Grande Guerra», scrive David J. Williamson in “Belles of the ball” (1991), «non avevano idea di quanto il paese fosse mutato in loro assenza, e di quanto il ruolo delle donne stesse cambiando quasi drammaticamente, reagendo alle opportunità che erano state loro concesse».

 

Il calcio, evidentemente, doveva tornare a essere un momento di svago e divertimento severamente proibito all'altra metà del cielo, come certi pub nebbiosi con la segatura sul pavimento, come certi luoghi e certe abitudini che altrimenti le donne avrebbero rischiato di scardinare. Il 5 dicembre 1921 la FA diffidò ufficialmente i club dell'Associazione a far svolgere sui loro campi partite di calcio femminile, uno sport che, scrissero gli esperti della Federazione nella loro relazione, «risulta piuttosto inadatto alle donne e non dovrebbe essere incoraggiato», stante il rischio di seri problemi fisici per chi avesse inteso praticarlo. Ancora una volta – non l'ultima – dei maschi adulti si sentirono in diritto di legiferare su cosa accidenti potessero e dovessero fare le donne con il proprio corpo.

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura