Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Calciatori che potrebbero diventare Presidenti della Repubblica Italiana
02 giu 2016
Abbiamo scelto 5 possibili candidati alla più alta carica istituzionale nazionale.
(articolo)
7 min
Dark mode
(ON)

Gianluigi Buffon

Sulla carta il circolo di candidati al ruolo di Presidente della Repubblica è vastissimo, «può essere eletto Presidente della Repubblica qualsiasi cittadino italiano che abbia compiuto i cinquant'anni e goda dei diritti civili e politici», ovvero pressoché qualunque ultra-cinquantenne di riconosciuta cittadinanza italiana. Nella pratica, però, individuare un nome che raccolga il consenso di due terzi del corpo elettorale (nei primi tre scrutini, la maggioranza assoluta dei consensi a partire dal quarto) si rivela spesso molto delicato.

Buffon è l’uomo delle larghe intese: capitano, record-man di presenze e uomo-simbolo della Nazionale, campione del Mondo da assoluto protagonista nel 2006 oltre che fenomeno di caratura mondiale. Non raccoglierebbe solo i voti dell’ala juventina, dunque, anche perché Buffon negli anni è sempre stato molto attento ad attenersi al copione del leader silenzioso e a delegare ad altri i compiti di stretta rappresentanza. L’espressione più pura della juventinità è stata quindi incarnata da Nedved durante il primo ciclo vincente e da Bonucci durante il secondo, mentre lo stile sabaudo di impronta Agnelli veniva trasmesso da Del Piero a Marchisio.

Buffon è il Presidente che durante il discorso di fine anno ricorda agli italiani che il tempo dei sacrifici non finisce mai, che le “figure da pellegrini” di fronte alla Corte dei conti europea non devono ripetersi, che chi non ha voglia di lottare e sudare può sempre accomodarsi fuori da questo Paese. Avrebbe anche tutte le doti oratorie necessarie: quella sua prosa incalzante, scandita dagli “eh” alla fine di ogni battuta, potrebbe finalmente riportare gli italiani davanti alla televisione il trentuno dicembre.

Manuel Pasqual

La Presidenza della Repubblica Italiana ha anche una sua ragione estetica. Risulta evidente visitando l’homepage del sito ufficiale del Quirinale, che sulla sinistra mostra una sidebar bruttissima di un grigio che si può definire solamente “grigio-presidenza-della-repubblica”. Al centro c’è invece un’illustrazione celebrativa per i 70 anni della Repubblica che sembra il futuro visto dal 1946, a voler trovare una spiegazione a quel grigio metallizzato (ancora) che fa da sfondo a drappi di colore sistemati casualmente e a una scritta molto poco leggibile, causa infelice scelta del carattere.

È una ragione estetica che in qualche modo incrocia quella di Manuel Pasqual, capitano poco appariscente ma amato dai suoi tifosi, poco curato nell’immagine (qui per vederlo sfoggiare un gel per capelli molto anni ’90 ad una serata Pitti Uomo) ma bravo a dosare le parole e a toccare le corde giuste al momento giusto, come in occasione del suo congedo da Firenze: «anche se non ho alzato nessun trofeo vado via da vincente lo stesso, ma per un unico motivo, perché sono entrato nel cuore della gente».

Un buon Presidente della Repubblica deve però principalmente sviluppare un’acuta capacità di resistenza al fitto calendario di impegni cui si trova ad attendere: inaugurazioni di mostre, visite di Stato e annessi cerimoniali, incontri con le scuole, presentazioni di libri, celebrazioni di anniversari. Un compito che prima di tutto richiede polpacci da terzino, e poi quel particolare tono dimesso da capitano di provincia, da uomo di grandi strette di mano e sorrisi moderati.

Pasqual ci ha praticamente fatto l’abitudine negli undici anni a Firenze, anni in cui ha dovuto disimpegnarsi tra convegni nei licei per una vita salutare, assaggi nelle cantine di Brunello, promozioni nei centri commerciali di periferia e selfie con i proprietari della trattoria “Il Francescano” (un nome che sembra cucito addosso a un Presidente della Repubblica). La vita di un capo di Stato somiglia molto a quella di un capitano di provincia.

Mario Balotelli

Il ruolo di Presidente della Repubblica Italiana riserva anche numerosi momenti potenzialmente molto comici. In questi momenti, tuttavia, la figura del Presidente rimane sullo sfondo, fa da controcanto silenzioso all’eccitazione evidente negli occhi di chi saluta, si raccomanda, consegna regali, posa per la foto, e il potenziale comico sta tutto nella capacità del Presidente di fingersi più o meno confidente con il suo interlocutore, più o meno interessato alle sue parole, più o meno divertito dal suo abbigliamento ridicolo.

I momenti sono quasi tutti collezionati all’interno di uno dei miei canali Youtube preferiti, quello ufficiale della Presidenza della Repubblica. Contiene video dal montaggio asciutto e dall’audio in presa diretta, e ciò che colpisce immediatamente l’occhio è quanti anniversari ci siano ogni giorno in Italia. Non deve essere neanche semplice emotivamente lasciare il 155° anniversario dell’esercito italiano (dopo essere saliti sopra un mezzo blindato per sfilare in un prato al cospetto di una banda) per recarsi al 40° anniversario di un tragico terremoto nel Friuli (dove si passa da una riproduzione in 3D del crollo alle foto d’epoca della famiglia del sindaco).

Sarebbe il caso di scatenare Mario e raccogliere finalmente qualcosa da tutto questo potenziale, di lanciarlo nelle classi elementari e fargli abbracciare le maestre, di portarlo alle parate militari e fargli depositare la corona d’alloro con un selfie stick. Balotelli è già capace di generare momenti comici out-of-nowhere – gli è sufficiente un navigatore fuori controllo o un’applicazione per il face-swap (anche se può migliorare sui pesci d’Aprile) – e rappresenterebbe finalmente l’unica quota politica completamente ignorata in settant’anni di storia repubblicana: i tempi sono maturi per una Repubblica swag.

Daniele De Rossi

È pur sempre vero che l’elezione del Presidente della Repubblica rappresenta una valutazione politica, il frutto delle consultazioni di un migliaio di grandi elettori che a loro volta hanno ricevuto l’incarico su mandato popolare. D’altra parte il volto del Presidente è destinato a finire incorniciato nelle scuole, negli uffici pubblici, nelle gallerie istituzionali, e deve essere un volto a cui i cittadini possano guardare con ammirazione e in cui nella stessa misura possano riconoscersi.

Da questo punto di vista non c’è volto migliore di quello di Daniele De Rossi, un viso che sembra portare i segni di tutte le battaglie, anche quelle che non ha combattuto. In un occhio gli si legge lo spirito indomabile del guerriero, nell’altro l’eleganza impeccabile del generale. Per la gioia della stampa, avremmo anche finalmente almeno un titolo facile da spendere per ogni intervento, dal momento che le interviste a De Rossi sono sempre le più interessanti e le sue posizioni mai di facciata.

L’elezione di De Rossi permetterebbe poi di unire finalmente i puntini sulla cartina geografica: guardando alla città di provenienza, gli ultimi Presidenti della Repubblica sembrano seguire un percorso a tappe ben preciso, che parte da Sassari e poi da Novara scende giù lungo Livorno e Napoli fino a Palermo. Un cerchio che sarebbe chiuso con il primo Presidente capitolino della storia della Repubblica.

Thiago Motta

Thiago Motta ha ricevuto il passaporto italiano in età adolescente, prima ancora di imbarcarsi per l’Europa, come provava a spiegare già nel 2009, e per lui è stato molto semplice completare le pratiche per la domanda di cittadinanza avendo un nonno di Rovigo (ha dovuto spiegare anche questo). Nel momento in cui è stato riconosciuto cittadino italiano non si è solamente garantito un posto a vita nel maxi-listone degli oriundi, riciclato alla vigilia di ogni competizione internazionale e puntualmente corredato da brillanti riflessioni – è automaticamente diventato un potenziale Presidente della Repubblica.

Del resto Thiago non è mai sfuggito alle responsabilità né al suo riconosciuto ruolo di senatore, né quando si è trattato di fare chiarezza sui momenti difficili di una stagione, né quando si è trattato di strigliare Balotelli (che poi avrebbe giocato il suo miglior torneo di sempre). Aggiungere un grande check alla voce “credibilità internazionale”, dal momento che Thiago è madrelingua portoghese e con spagnolo, italiano e francese se la cava abbastanza bene, e finalmente il dibattito sull’opportunità di schierare un mediano nato nello stato di San Paolo in Brasile si sposterà sulle pagine di politica interna. Pregando che poi nessuno ci rifili la lista dei Presidenti della Repubblica oriundi.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura