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Emanuele Atturo
Le 7 brutte figure del 2022
29 dic 2022
29 dic 2022
Cose su cui abbiamo polemizzato parecchio, ma che ci dicono qualcosa.
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Emanuele Atturo
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Foto di Marty Jean-Louis / IPA
(foto) Foto di Marty Jean-Louis / IPA
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Intanto subito una questione generale: cosa intendiamo per “brutta figura”? Non è un concetto facile a intendersi perché ha tutto a che fare con la percezione. Eppure le brutte figure ricoprono una porzione molto grande dei nostri discorsi sui social network. In particolare su Twitter, il ciclo dei discorsi sembra ruotare tutto attorno alle brutte figure, con la legge che solo una nuova brutta figura può sostituire nella nostra attenzione quella di cui stiamo parlando in quel momento. Abbiamo un’idea intuitiva di cosa intendiamo per “brutta figura”. Diciamo che una brutta figura si manifesta quando qualcuno dice o fa qualcosa che è in violento contrasto con la sensibilità comune. Le brutte figure a cui mi riferisco qui sono le “brutte figure” pubbliche, che quindi finiscono nel circo mediatico. Mi sono messo in testa di raccoglierle perché mi sembra che raccontino qualcosa, siamo in un’epoca di grande sclerotizzazione delle idee e ciò che per qualcuno è una figuraccia, per qualcun altro non lo è. Ma la situazione ha un altro effetto, e cioè che spesso i personaggi pubblici ostentano una certa sicurezza nel dire o fare cose che potrebbero metterli in cattiva luce (solo perché la bolla sociale in cui vivono magari ha una sensibilità del tutto diversa). Infine, la frequenza con cui si verificano queste figuracce, nel discorso pubblico, ci dice qualcosa anche di noi, che sui social non perdiamo nemmeno la scivolata più stupida, l’uscita più frivola. Tutto e tutti alla gogna. Per alcuni di loro la definizione di “brutta figura” è eufemistica, per altri è solo l’effetto collaterale della loro notorietà e di un moralismo un po’ lezioso. Siccome siamo un sito sportivo, come sapete, ho raccolto le peggiori figure dell’anno sportivo. Non sono ordinate seguendo un qualche ordine particolare ma sono, diciamo così, in ordine sparso. Ne troverete di più o meno stupide, gravi, sgradevoli, incomprensibili. Tutte ci mostrano quante facce può assumere la realtà. ___STEADY_PAYWALL___ Kurt Zouma picchia il suo gattoA pensarci è piuttosto incredibile che il secondo nome di Kurt Zouma sia “happy”. Come fa una persona con un nomignolo del genere a odiare i gatti? A inizio febbraio scorso il fratello Yoan ha ripreso Kurt mentre dentro casa sua impazzisce contro il suo gatto. Lo prende a calci e schiaffi mentre lo insegue per tutta casa. Pochi giorni dopo Moyes lo schiera titolare e Lineker si definisce “scioccato” dalla scelta di farlo giocare. Il West Ham gli infligge la più alta multa possibile, e devolve tutto a un’associazione che si occupa della salute degli animali. Zouma perde tutti i suoi sponsor.

Forse sarebbe interessante sapere il movente, cosa ha portato Zouma a malmenare il suo gatto. Alla giustizia inglese non ha interessato, visto che sia lui che il fratello sono stati perseguiti ai sensi dell’Animal Welfare Act. Zouma si è scusato “profondamente” e ha precisato che i suoi gatti stavano bene - ma poi un’associazione glieli ha portati via, ci mancherebbe. «So che è stato molto duro per le persone guardare quello che ho fatto e ovviamente mi dispiace moltissimo. Ho dei grandi rimorsi». Zouma è diventato ufficialmente uno dei maggiori super cattivi di questa terra. Non c’è niente di più universale dell’odio verso chi odia gli animali.Lotito e le morti dei calciatori

Claudio Lotito è il re indiscusso di questo tipo di classifiche. Negli anni scorsi su l’Ultimo Uomo, nelle tradizionali lista di polemiche dell’anno, Lotito era immancabile. La mia versione preferita di Lotito è quella di Lotito-Medico. Due anni fa, in tempi di Covid-19 più affannosi, aveva elaborato un capolavoro di immunologia con un paragone che si è servito dell’apparato genitale femminile: «Ma che vuol dire positivo? Positivo vuol dire contagioso, no? Anche nella vagina delle donne, di tutte le donne del mondo, ci sono i batteri. Ma mica tutti sono patogeni, solo alcuni, in alcuni casi, diventano patogeni e degenerano».Quest’anno non è arrivato a quel picco ma si è lasciato andare a una dichiarazione ambigua attorno alla recente morte di Sinisa Mihajilovic. «Ricorrono troppo spesso alcune malattie che potrebbero essere legate - adesso non voglio fare lo scienziato, il coso - al tipo di stress, al tipo di, chiamiamolo anche di cure, che vengono apprestate all’epoca. Anche quello che è successo adesso nei vaccini nessuno lo sa quello che possono determinare. Servono in questo momento e quindi vengono fatti, è così. Troppo spesso ricorrono questo tipo di malattie, mi risulta che anche Vialli stia male. Chi li imputava allo stress agonistico, chi li imputava ai campi, a una serie di situazioni che possono. Stiamo parlando del nulla, perché non c’è nessun riscontro scientifico. Certo, ci dobbiamo porre l’interrogativo». Vi ho riportato la dichiarazione più fedelmente possibile così magari vi fate anche voi un’idea. Ho tagliato giusto un’ultima parte in cui si dice perplesso che queste malattie ricorrano in fisici “possenti” come quelli degli atleti o degli ex atleti professionisti.All’inizio sembrava che Lotito si riferisse alla SLA, una malattia la cui correlazione col mondo del calcio da anni desta sospetti. Il riferimento al cancro di Mihajilovic e Vialli, oltre che di cattivo gusto (Vialli non è ancora morto, tanto per cominciare), ha aperto invece un paio di diversi filoni del complotto. Non allusioni dirette, piuttosto interpretazioni possibili delle parole piuttosto vaghe di Lotito. Da una parte il complotto del doping, e l’idea cioè che nei decenni scorsi i calciatori prendevano integratori non per forza illegali ma comunque nocivi per la salute. Questo filone si apre dalla frase ambigua “Al tipo di, chiamiamolo anche di cure, che vengono apprestate all’epoca». L’altro plot complottistico invece nasce dalla frase “Anche quello che è successo adesso nei vaccini nessuno lo sa quello che possono determinare” e ha a che fare - qui piuttosto direttamente - coi misteriosi, presunti, effetti indesiderati dei vaccini contro il Covid-19. Inquesto articolo di Open si nota il rapporto d’amore nato all’istante tra queste dichiarazioni e certi gruppi Telegram di cui magari qualcuno vi avrà parlato in questi pranzi festivi.Il mio dettaglio preferito di questo video, però, è che Lotito a un certo punto sembra ascoltarsi da fuori e quindi si ferma, dice: “Certo, stiamo parlando del nulla”, che a pensarci è incredibile, quasi rivelatorio di una doppia personalità.Kyrie Irving anti-semitaKyrie Irving è un altro che ha veramente stile quando si tratta di mettersi in cattiva luce. Anni fa ci aveva spiattellato in faccia il più oltranzista dei complotti: il terrapiattismo. Poche settimane fa ha twittato il link a un film anti-semita, Hebrews to Negroes. Un documentario del 2018 in cui la propaganda anti-semita è in sostanza la stessa di sempre: gli ebrei controllerebbero tutto, sarebbero gli artefici delle peggiori violenze e manipolazioni; l’olocausto, allora, sarebbe l’invenzione utile a giustificare tutto. Il documentario sostiene anche che al centro della tratta degli schiavi africani tra ‘700 e ‘800 ci sarebbero, appunto, gli ebrei.

Irving si sarà sbagliato, direte voi. Nei giorni successivi però non ha chiesto scusa, né ha negato con fermezza di avere idee anti-semite. Anzi, in una conferenza stampa ne ha fatto una questione di coraggio: «La storia non dovrebbe essere nascosta a nessuno. Non farò un passo indietro su niente in cui credo. Diventerò anzi più forte perché non sono solo. Ho un interno esercito alle spalle». Dopodiché ha progressivamente ammorbidito la sua linea, ma non ha mai detto esplicitamente di non essere anti-semita - avete capito ormai come funzionano queste cose, a domanda precisa su cui era richiesta una risposta secca Irving si è arrampicato sugli specchi.Stiamo parlando di uno dei migliori giocatori della lega, nessuno voleva farla troppo grossa, ma di fronte a un atteggiamento tanto provocatorio i Nets sono stati costretti a sospenderlo. A quel punto Irving si è scusato ma era troppo tardi. La Nike gli ha revocato il contratto di sponsorizzazione. A inizio dicembre Irving si è presentato con le sue solite scarpe ma i baffi della Nike coperti. Al loro posto “SONO LIBERO. Grazie a Dio lo sono” da un lato e “Inserisci logo” dall’altro.Già la stagione 2021/22 era stata resa tormentata dalla volontà di Irving di non vaccinarsi. Ora ha 30 anni e la sua carriera sembra aver precocemente imboccato un declino malinconico.Sofia Goggia pensa che gli uomini omosessuali non possano fare la Streif di Kitzbuhel (ma abbiamo capito male) Sofia Goggia non è mica una svampita. L’altro giorno è riuscita a rompersi una mano e a vincere una gara di discesa a un giorno di distanza. Suona il pianoforte, ama la musica classica e ha un allevamento di galline. Ma non di galline qualunque, stiamo parlando dell’élite delle galline: 2500 super galline che vivono sopra un bosco vicino Nembro, allo stato brado, ascoltando musica classica. Un sogno hippy ornitologico. Queste galline speciali depongono uova speciali che finiscono in piatti speciali, in particolari quelli dello chef Carlo Cracco.Sofia Goggia parla con il massimo rispetto delle sue galline (che del resto lavorano per lei, e per Cracco) ma ne mostra meno quando tratta di altri argomenti. Diciamo che in una specifica occasione non si è mostrata così convinta che un uomo a cui piacciono altri uomini possa gareggiare al massimo nello sci. In particolare non credeva che un uomo omosessuale possa scendere per la Streif di Kitzbuhel. È andata così: un giornalista del Corriere della Sera un giorno le ha chiesto se ci fossero omosessuali nello sci, e leiha risposto: «Tra le donne qualcuna sì. Tra gli uomini direi di no. Devono gettarsi giù dalla Streif di Kitzbuhel…» come se, quindi, un uomo attratto sessualmente da un altro uomo abbia una differenza, un difetto non so, che non gli permette di scendere una montagna particolarmente ripida con gli sci ai piedi. Puoi allenarti quanto ti pare, ma se ascolti Blood Orange non credo riuscirai a farti la Streif di Kitzbuhel. O l’uno o l’altro.Ivan Gasparotto ha detto che le converrebbe fermarsi a pensarci due volte, prima di parlare: «la velocità è un vantaggio in gara ma con le parole può diventare un grosso problema». Il presidente dell’Arcigay Bergamo, Marco Arlati, ha detto che queste dichiarazioni «fanno riferimento a una mentalità vecchia e danno la percezione del pensiero che purtroppo aleggia ancora nel mondo sportivo»Dalle sue dichiarazioni esce un’idea antiquata del mondo in generale e di quello sportivo in generale, e infatti Sofia Goggia non intendeva questo, l’abbiamo fraintesa. «Mi dispiace e mi scuso con tutte le persone che si sono sentite offese per la frase che è uscita nell’intervista del Corriere della Sera che, sicuramente, quando l’ho pronunciata, non voleva essere di natura discriminatoria» ha precisato Goggia. Poi su Twitter ci ha ricordato la nostra voglia di distruggere un’atleta del suo talento: «Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Magari su questo ha pure ragione.L’intervista di Cristiano Ronaldo a Piers Morgan

L’intervista di CR7 a Piers Morgan è sul confine della definizione di “brutta figura”, perché forse - e dico forse - Ronaldo era perfettamente cosciente di quello che stava facendo, e della reazioni che avrebbe scatenato. Forse - e dico forse - ha ottenuto proprio gli effetti desiderati. Quali sono stati questi effetti? In sostanza la rescissione del contratto con il Manchester United. Quello che magari Ronaldo non immaginava, però, è il leggero, sinistro smottamento della sua immagine pubblica. Nell’intervista - su cui Daniele Manusia ha scritto qui - Ronaldo si è lasciato andare a una serie di dichiarazioni vagamente disallineate alla realtà, e in modo così tronfio che solo la sua setta di tifosi irriducibili lo crede ancora in controllo della propria narrazione. Questa narrazione di essere umano arrivato al massimo grado di perfettibilità, di GOAT di tutti i tempi, di deus ex-machina del calcio mondiale, si è esaurita. Ronaldo è oggi un atleta a fine carriera che non accetta la sua fine. Più metaforicamente, un essere umano che si ribella all’idea della finitezza delle cose. Per questo è naturale provare verso Ronaldo un senso di empatia verso una fragilità che aveva sempre nascosto ma che oggi è tangibile. I più cinici ridono di fronte al suo patetismo. Pochi sportivi hanno incarnato in modo tanto preciso il registro tragicomico descritto da Pirandello. Ronaldo in pratica è la vecchia imbellettata che ci ispira il “sentimento del contrario”: alla sua età quella signora dovrebbe acconciarsi, appunto, da signora, e invece si acconcia da giovane, e ispira il riso. Ronaldo dovrebbe accontentarsi di un tranquillo, pacificato, dorato fine carriera. Dovrebbe godere dello spegnersi dei riflettori, della posizione più periferica. Dovrebbe stare in uno spazio a metà tra il giocatore ritirato e quello ancora in attività. Dovrebbe rilasciare interviste bonarie sulle nuove generazioni (oppure critiche sulle solite cose, i cellulari, il culto dell'immagine che però è stato lui a instillare più di chiunque altro nella nostra cultura sportiva), raccontare i propri ricordi, giocare in modo più calmo e saggio. Ronaldo invece dice di essere ancora il migliore, in campo continua a provare le cose di sempre. Prova ancora a replicare ogni volta il suo gol ideale, saltando i difensori con tutto l’armamentario di finte e controfinte. Sogna di vincere il Pallone d’Oro; sogna di essere ancora decisivo in Champions League.Dopo quell’intervista a Piers Morgan c’è stato quel Mondiale. Ronaldo progressivamente defilato verso la panchina, e infine in lacrime nel tunnel dello stadio, quando ancora non sapeva che il suo rivale di sempre avrebbe alzato la coppa da miglior giocatore del torneo. A posteriori, quell’intervista assume delle tinte ancora più fosche. Nel film che gli verrà dedicato sarà la scena madre del suo declino, come fu l’intervista di Totti a Donatella Scarnati.Djokovic tra i bambini mentre era positivo al Covid-19Era l’inizio del 2022 ed eravamo ancora alle prese col Covid-19, con dosi di vaccino, mascherine, Amuchina. Per giocare i maggiori tornei di tennis del circuito avevi bisogno di essere vaccinato. Novak Djokovic si è opposto a quest’idea. Credeva di avere ancora il diritto di fare il suo lavoro, e al contempo il diritto di scegliere cosa iniettarsi. Come avrebbe fatto, in Australia, dove esisteva l’obbligo vaccinare per entrare nel paese?Si diceva avesse ottenuto un’esenzione medica, che una volta atterrato in Australia, all’aeroporto di Melbourne, è parsa un enorme abuso di potere. L’organizzazione dello Slam non poteva permettersi l’assenza del numero uno al mondo e Djokovic non si è mai fatto troppo scrupolo di usare il proprio potere politico. Forse non ci si aspettava che ci sarebbero state tante polemiche, oppure il governo ha approfittato dell’occasione per tirare fuori i muscoli. Ha rinchiuso Djokovic in una stanza senza telefono per cinque ore, in attesa del verdetto. Poi è stato rispedito in Serbia. L’esenzione medica Djokovic l’aveva ottenuta per essere stato positivo al Covid-19 a dicembre. Da quel momento si è aperta tutta una serie di congetture, per capire la tempistica di quei giorni. È andata così: il 14 dicembre Djokovic entra in contatto con delle persone positive durante una partita di basket. Il 16 dicembre effettua un tampone molecolare, nel frattempo ne fa un altro antigenico in cui risulta negativo. Il giorno dopo ne fa un altro e risulta ancora negativo, allora decide di presenziare a un evento pubblico pieno di bambini a Belgrado. Il 18 riceve l’esito del tampone molecolare: positivo. Quel giorno aveva un’intervista con l’Equipe, e decide comunque di andarci perché non voleva deludere il giornalista.Tutte queste cose sono successe nel 2021 ma Djokovic finisce in classifica perché ne abbiamo parlato nel 2022. Mesi dopo, in un’intervista alla BBC, ha ammesso qualche responsabilità. È stato fregato dal troppo amore per i bambini: «Vorrei dire che ho capito cosa ho fatto. Veramente. Capisco il loro disappunto, in tutto il contesto che si stava vivendo in Australia, a vedere la foto di me senza maschera tra i bambini quando la sera prima ero risultato positivo al test molecolare. Non ero mai stato prima a quell’evento e posso assicurare che ero asintomatico».Il Camp Nou invaso dai tifosi dell’Eintracht Francoforte

È stato un anno così pieno di figuracce per il Barcellona che è stato difficile sceglierne una che le raccontasse tutte, ma cosa meglio dei tifosi di una squadra avversaria che diventano maggioranza nel proprio stadio in una partita di una coppa europea? Non era una partita qualunque ma quella dell’eliminazione del Barcellona da una competizione, l’Europa League, in cui sembrava un pesce troppo grande; la vittoria doveva essere scontata, l’unico esito possibile per salvare la faccia. Invece il Barcellona ha perso, in casa, in uno stadio leggendario invaso dai tifosi avversari, quelli dell’Eintracht Francoforte, tra i più chiassosi e spettacolari d’Europa. Tifosi che quando vanno in trasferta somigliano agli Unni che scendono verso Roma.Dovevano essere cinquemila, ma alla fine erano trentamila. Dallo stadio il colpo d’occhio era impressionante: il Camp Nou vestito di bianco e di nero. Secondo Mundo Deportivo i tifosi tedeschi sarebbero riusciti a comprare i biglietti attraverso rivenditori non ufficiali, oppure utilizzando carte di credito spagnole (e aggirando quindi i blocchi per geolocalizzazione). Il presidente del Barcellona Laporta ha definito l’accaduto con parole forti tipo “oltraggioso” o “vergognoso”. Xavi ha detto che sembrava una finale. Quella delle carte è l’ipotesi meno grave, perché secondo un consigliere di Laporta, Enric Masip, sarebbero stati gli stessi soci del Barcellona a rivendere il proprio abbonamento ai tifosi tedeschi. Questa pare l’ipotesi in realtà più probabile.In ogni caso è stato uno spettacolo strano e duro da guardare. I tifosi dell’Eintracht hanno proiettato, per riflesso, l’immagine della decadenza del Barcellona. Il contrasto fra un club sano, che poi avrebbe vinto la coppa, con delle radici culturali ancora salde, e un altro completamente secolarizzato, la cui aura storica è sembrata del tutto svanita. Doveva ancora arrivare l’estate delle leve e della finanza spericolata di Laporta, e quell’immagine sembrava già anticipare una piccola apocalissi. La fine di qualcosa. Quest'anno, di nuovo, il Barcellona è arrivato terzo nel proprio gruppo di Champions ed è sceso in Europa League, dove affronterà un altro gigante addormentato, il Manchester United che è riuscito ad arrivare secondo in un girone con Real Sociedad, Sheriff e Omonia Nicosia. Anche senza Cristiano Ronaldo, il loro sarà il derby della decadenza.

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