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Foto di Carlo Hermann / Getty Images
Calcio Emanuele Atturo 27 gennaio 2018 6'

Brozovic risolverebbe alcuni problemi dell’Inter?

Roberto ci ha chiesto se è vero che “Epic Brozo” darebbe più verticalità all’Inter. Risponde Emanuele Atturo, che ce lo ha al Fantacalcio.

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Gentile redazione,

 

vi scrivo per un disaccordo. Nel vostro articolo “Chi sta rendendo di più secondo le statistiche” un paragrafo era dedicato a Marcelo Brozovic. Dentro si diceva che l’Inter non aveva così bisogno di tornare sul mercato perché ha già in casa Brozovic, che secondo voi è un po’ trascurato. Avete riportato il dato che, con Brozovic in campo, l’Inter genererebbe più xG che con Borja Valero, ma in alcune partite il croato è più un fattore negativo che positivo per l’Inter, perché non solo non combina niente in avanti, ma in più aiuta molto meno la squadra rispetto a Borja Valero. Non so cosa ne pensate, ma in questo caso le statistiche non mi hanno convinto.

 

Grazie

 

Roby

 

Risponde Emanuele Atturo

 

Caro Roberto,

non sei il primo che trova quella parte dell’articolo di Flavio Fusi difficile da mandare giù, e quindi forse vi dobbiamo una risposta. Prima però bisogna fare una considerazione di ordine generale, che magari suonerà come già sentita mille volte ma che ha sempre senso fare quando si parla di uno strumento con cui abbiamo ancora poca familiarità, come le statistiche avanzate applicate al calcio. Gli Expected Goals offrono dati oggettivi, ma che vanno comunque considerati un punto di vista su un oggetto complesso come la produzione offensiva nel calcio. Il loro scopo non è convincere nessuno su niente, ma di offrire un angolo nuovo da cui guardare al calcio.

 

Va detto però anche che gli xG sono forse lo strumento statistico che più si è avvicinato a dirci qualcosa in più su questo sport negli ultimi anni: la sua accuratezza e utilità è forse ancora maggiore quando descrive le occasioni create da un’intera squadra rispetto a quando deve farlo per dei singoli giocatori. Questo perché l’incidenza di un singolo giocatore, in uno sport di squadra, passa per diversi fattori poco appariscenti e tracciabili.

 

Quell’articolo metteva insieme un mosaico di dati che aprivano squarci interessanti su diverse situazioni: il centravanti del Milan, l’apporto di Douglas Costa e Bernardeschi dalla panchina, la crisi offensiva della Roma, i numeri incoraggianti di Moise Kean e, appunto, il contributo di Brozovic all’attacco dell’Inter. Tutti dati che in qualche modo contraddicevano il senso comune e in generale l’apparenza delle cose: Kean ha segnato solo 2 gol ma ha numeri abbastanza promettenti da farci immaginare possa segnarne di più in futuro; Kalinic è al contempo il centravanti più criticato del Milan e quello che produce di più per la sua squadra, e così via. Dati, insomma, che mostravano delle opacità sulla superficie della Serie A che aveva senso poi andare ad approfondire.

 

Brozovic è una di queste. Da quando è all’Inter, dal 2015, è difficile farsi un’idea su di lui: da una parte le sue doti fisiche e tecniche eccezionali, dall’altra la sua scarsa concentrazione; da una parte la sua capacità di inventare giocate determinanti in qualsiasi momento di qualsiasi partita, dall’altra il fatto che passa buona parte del tempo a sonnecchiare in zone morte del campo. Ci sono due lati dalla questione.

 

Il primo è che Brozovic è un tipo di giocatore che può effettivamente “drogare” le statistiche. Innanzitutto perché parte spesso dalla panchina: delle 14 presenze in Serie A quest’anno, 7 sono arrivate a gara in corso. In questo modo il suo minutaggio si riduce e (nella metà dei casi) si restringe a quelle parti di gara in cui diventa più urgente o più facile segnare. (Un altro esempio di questo tipo è Babacar, un giocatore che sta costruendo la sua carriera solo partendo dalla panchina, e che anche grazie a questo ora ha statistiche per 90 minuti simili a quelle di attaccanti come Mauro Icardi o Harry Kane). Il secondo aspetto della vicenda, è che Brozovic in generale è un tipo di giocatore dagli alti volumi di produzione offensiva,  cioè un giocatore molto diretto e che tenta molto la risoluzione individuale delle situazioni. Tira molto (3.1 x 90 minuti) e tenta spesso la rifinitura (3.8 passaggi chiave x 90 minuti). È il decimo giocatore per occasioni generate fra quelli che hanno giocato almeno 600 minuti.

 

Essendo però un talento che vive di sporadiche illuminazioni, Brozovic ha concentrato la sua produttività su alcune partite: buona parte dei suoi 1,56 xG vengono dalle partite con Benevento (0,470), Genoa (0,434) e Chievo (0,321). Non gli avversari più irresistibili, potresti pensare con un po’ di malizia, anche in confronto allo scarso contributo dato in partite più complicate, come contro la Juventus (0,072), Fiorentina (0,066) o Udinese (0,047). Ma è difficile ovviamente dire dove finiscono le difficoltà di Brozovic e iniziano quelle dell’Inter in generale.

 

Anche secondo le statistiche, insomma, Brozovic è un giocatore discontinuo, confermando per altro lo stereotipo del giocatore balcanico svagato e insopportabile (molto più spesso errato, se si pensa a gente come Modric, Rakitic o anche Kalinic e Mandzukic, per restare ai giocatori croati). Questo, però, è un altro lato ancora della questione, che merita di essere approfondito. Brozovic quando gioca male, gioca davvero molto male. Proprio perché è un giocatore istintivo e verticale, nelle sue giornate poco ispirate non trova il modo per essere d’aiuto alla squadra. Contro la Juventus e l’Udinese, per dire, le sue prestazioni sono state irritanti: ha perso quasi tutti i duelli fisici, andando moscio nei corpo a corpo, è stato scolastico quando avrebbe dovuto osare e ha forzato i passaggi quando bisognava invece avere più controllo; ha perso palloni, gettato al vento buone ripartenze e, in sostanza, non è stato utile. In giornate come quella il suo linguaggio del corpo – annoiato, ciondolante – riesce persino a peggiorare la percezione del suo senso in campo. Insomma, Brozovic non è solo discontinuo ma anche molto appariscente nella sua discontinuità.

 

C’è però un dato che forse è più interessante di altri nell’articolo di Flavio Fusi: quando Brozovic è in campo l’Inter produce mediamente più Expected Goals di quanto non faccia senza: 1,56 contro 1,01. Con tutte le attenuanti che dicevamo prima – cioè la distribuzione degli xG per partita, il peso delle partite, il peso dei minuti giocati, il rapporto di causa ed effetto tra l’apporto dell’individuo e il risultato di squadra – rimane un dato che fa riflettere perché significa che sul lungo periodo effettivamente l’Inter produce di più, e mette sotto una certa luce non solo Brozovic ma in generale che squadra vuole essere l’Inter.

 

Alla fine del paragrafo Flavio Fusi diceva «Chissà che la soluzione ai problemi dell’Inter non sia quello di abbracciare in tutto e per tutto il progetto di una squadra diretta e verticale, decidendo quindi di schierare Brozovic sulla trequarti». In questo senso, c’è una valutazione tecnica e tattica parallela a quella puramente statistica.

 

Dall’inizio dell’anno l’Inter oscilla fra la squadra che vorrebbe essere – una squadra che controlla le partite tramite il palleggio – e quella che è davvero – una squadra fisica, verticale, che vive di momenti. Borja Valero è il giocatore del compromesso: quasi da solo, col suo Q.I. calcistico, riesce a ricucire tantissime situazioni in cui l’Inter perde il controllo del gioco. Con la sua arte negli smarcamenti e nella gestione dei tempi, aiuta l’Inter ad accorciare le distanze strutturali e, spesso, a difendersi col pallone. Ma non basta e l’Inter rimane una squadra che dà il meglio e il peggio di sé quando cede il controllo agli avversari, risolvendo i problemi di sterilità offensiva allargando gli spazi da poter attaccare, sfruttando gli strappi in conduzione dei propri migliori giocatori (Candreva e Perisic).

 

L’inserimento di Brozovic da titolare con continuità comporterebbe maggiori rischi – perché con lui in campo i nerazzurri avrebbero ancora minore controllo sulla partita – ma renderebbero quella di Spalletti una squadra un poco più coerente, che accetta fino in fondo di giocare ad alti ritmi e senza controllo. Brozovic aggiunge verticalità in zona centrale a una squadra che senza di lui ce l’ha solo sulle fasce, e che in questo modo cade fin troppo spesso nella tentazione di riversare l’area avversaria di cross. Se con lui in campo l’Inter produce di più, è anche forse perché asseconda con più convinzione certe sue caratteristiche.

 

Al di là di Brozovic, è arrivato il momento per l’Inter di decidere che squadra vuole essere, prendendo consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri limiti. Come sempre le statistiche nel calcio non sono dei punti d’arrivo nell’analisi, ma punti di partenza per riflessioni più ampie e complesse.

 

 

Tags : Brozovicinterspalletti

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988) dove vive e lavora. Laureato in Semiotica, si interessa di cultura pop e sottoculture. È caporedattore de l'Ultimo Uomo e scrive in giro.

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