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Marco De Santis
Breve storia finanziaria della gestione Lotito
10 gen 2018
10 gen 2018
Nonostante le critiche e le contestazioni, da quando Lotito l'ha presa in mano la Lazio è una società molto sana con prospettive di crescita.
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Marco De Santis
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La gestione della Lazio da parte di Claudio Lotito divide addetti ai lavori e tifosi: c’è chi lo considera un ottimo amministratore del club e chi gli imputa di avere più a cuore i propri interessi che quelli della sua squadra. È solo analizzando i numeri che possiamo farci un quadro più chiaro, senza voler prendere posizione in questo dibattito, quanto piuttosto per provare a capirci qualcosa di più.

 



Lotito è diventato presidente della Lazio il 14 luglio 2004 e i dati a disposizione, per nostra fortuna, partono dall’annata 2005/06, che è la prima gestita interamente dall’imprenditore romano. Su dodici bilanci presentati, solo tre sono stati chiusi in passivo, cioè quelli relativi al 2009/10 (-1,7 milioni), al 2012/13 (-5,9 milioni) e al 2015/16 (-12,6 milioni). Fanno da contraltare nove attivi di bilancio fra i quali gli ottimi risultati in termini di utili ottenuti nel 2005/06 (+16,8 milioni), nel 2007/08 (+ 13,8 milioni), nel 2008/09 (+12,1 milioni), nel 2010/11 (+10 milioni) e il più recente, quellaodel 2016/17 (+11,4 milioni).

 

L’Indebitamento Finanziario Netto, rispetto ad altre big italiane, è sempre stato irrisorio e per buona parte della gestione tendente a zero. Nelle ultimi stagioni ha subito una crescita comunque ampiamente sostenibile (nell’ultimo bilancio è di 43,73 milioni) e giustificata da investimenti che teoricamente dovrebbero rendere la Lazio più solida in futuro, come ad esempio l’acquisto di Palazzo Valenzani (ex sede del club) situato a Roma nell’omonima via, che 

 dovrebbe diventare un hotel di lusso capace di garantire introiti extra. I più scettici ci credono poco, visto che anche il

che dovrebbe diventare la nuova casa della Lazio è sul piatto da diversi anni ma stenta a decollare.

 

Sta di fatto, comunque, che la proprietà di Formello e di Palazzo Valenzani rende la Lazio finanziariamente più strutturata di altri club, spesso indicati come “investimento a rischio” proprio per non avere un patrimonio immobiliare che dia valore alla società.

 

Altri numeri che rendono il club solido sono i 20,3 milioni di Patrimonio Netto (che risulta così essere non negativo, come richiesto anche dalla UEFA nei regolamenti del Fair Play Finanziario) e un Indice di Solvibilità Totale superiore a 1, un indicatore importante per la solidità aziendale in quanto indica che il club possiede beni sufficienti per ripagare i debiti.

 



Come ormai quasi tutti i club, anche i conti della Lazio risentono dei ricavi aleatori legati alle qualificazioni alle coppe europee. Il passivo del 2015/16 è infatti totalmente dovuto alla mancata qualificazione europea dei biancocelesti, con conseguente diminuzione degli introiti relativi ai diritti televisivi di 16 milioni rispetto all’anno precedente. Va ricordato a questo proposito che la Lazio utilizza un approccio diverso rispetto agli altri club sulla contabilizzazione dei ricavi delle coppe, anticipando al bilancio precedente i soldi sicuramente incassabili dalla partecipazione alle coppe nell’anno successivo come prassi abituale.

 

Rimanendo sul 2015/16 a titolo d’esempio, la Lazio ha inserito nel bilancio 2014/15 gli introiti certi dati dalla partecipazione al playoff di Champions League 2015/16 e alla certezza di disputare quantomeno la fase a gruppi di Europa League. In questo modo ne ha tratto sicuramente vantaggio il bilancio 2014/15 ma è stato penalizzato il bilancio 2015/16, visto che la Lazio non è riuscita a qualificarsi alle coppe europee per la stagione 2016/17.

 

Nella voce “diritti televisivi” una parte importante è relativa a quelli riguardanti il campionato di Serie A, con i ricavi di questo tipo che per la Lazio sono quasi raddoppiati nel periodo considerato passando dai poco meno di 30 milioni di dodici anni fa ai 55 dell’ultima stagione. La gestione Lotito non è stata invece brillantissima nel far crescere le altre voci che costituiscono il totale dei ricavi. I “ricavi da gare” sono rimasti stabili e le fluttuazioni di pochi milioni in più o in meno sono dipesi in maniera quasi esclusiva dal numero di partite giocate in casa nelle coppe nei diversi anni. I “ricavi da sponsorizzazioni e pubblicità” sono addirittura leggermente scesi (16,2 milioni nel 2005/06 contro i 13,3 del 2016/17). All’interno di questa voce sono drasticamente calati gli introiti da sponsor mentre sono quasi raddoppiati quelli riguardanti la raccolta pubblicitaria.

 

La dipendenza della Lazio dalle plusvalenze, altro “grande classico” nei bilanci di quasi tutte le società, c’è ma non è così fondamentale come in altri club. In media sono bastate alla Lazio in questi anni plusvalenze per circa 10 milioni per azzerare le eventuali perdite dovute a costi superiori ai ricavi, con gli ultimi tre anni a fare da eccezione. Se nel 2014/15 gli introiti da diritti tv sono stati così elevati da non presentare la necessità di fare plusvalenze, nel 2015/16 ne sarebbero servite per circa 15 milioni (solo 2 invece quelle incassate) e nel 2016/17 per 19 milioni (grazie soprattutto alla cessione di Candreva le plusvalenze dell’ultima stagione hanno superato i 30 milioni generando così l’attivo di bilancio). Un trend in leggera crescita che però non dovrebbe far preoccupare i tifosi laziali più di tanto, visto che il valore della rosa permette di supporre che esista la capacità potenziale di realizzare plusvalenze soddisfacenti in caso di necessità.

 



Nell’ottica di crescita sostenibile voluta da Lotito, non stupisce che i costi di gestione del club siano cresciuti di pari passo con la crescita dei ricavi. Dal 2005/06 al 2008/09 il reinvestimento degli utili nella squadra è stato in realtà poco apprezzabile, visto che i costi per gli stipendi sono addirittura diminuiti (da 31,5 a 24,3 milioni) e quelli per gli ammortamenti sui diritti pluriennali dei calciatori sono cresciuti di poco (da 8 a 11,8 milioni).

 

Approfittando di conti sempre più positivi e della contemporanea crescita dei ricavi da diritti televisivi, il successivo quadriennio è stato invece dedicato a un aumento costante degli introiti dedicati al potenziamento della squadra (che nel primo quadriennio aveva ottenuto un terzo posto in Serie A e una Coppa Italia ma anche piazzamenti dal decimo posto in giù nelle altre annate): nel bilancio 2012/13 gli ingaggi al personale tesserato hanno toccato quota 64,4 milioni e gli ammortamenti 19 milioni (questi ultimi erano arrivati anche a 20,5 milioni nel bilancio precedente). L’aver chiuso il bilancio 2012/13 con una perdita di 6 milioni nonostante ricavi totali che avevano superato per la prima volta i 100 milioni sfiorando quota 110 milioni è stato un campanello d’allarme recepito dalla società che nella stagione seguente ha provveduto al taglio di alcune spese, abbassando di 12 milioni il monte ingaggi e di 6,2 gli ammortamenti, aumentando inoltre le plusvalenze che per la prima volta nella gestione hanno superato i venti milioni (23,4, per la precisione).

 

Interventi drastici che hanno riportato immediatamente all’attivo di bilancio (+7,1 nel 2013/14) ma anche al peggior piazzamento in campionato dal 2010/11 a oggi (nono posto). Negli ultimi tre anni i costi totali sono di nuovo leggermente cresciuti ma senza fare il passo più lungo della gamba (nell’ultimo bilancio sono 57,4 i milioni del monte ingaggi). I già citati 30 milioni di plusvalenze hanno però permesso nel 2016/17 di fare investimenti sulla rosa tali da far raggiungere al monte ammortamenti il massimo storico di questa gestione: 20,8 milioni.

 

Oltre ai già citati costi relativi a stipendi e ammortamenti, i costi della Lazio nei dodici anni considerati non sono cresciuti più di tanto. A bilancio si nota solamente un aumento di 5,5 milioni (da 7,5 a 12,7 milioni) degli oneri per servizi esterni, fra i quali sono saliti di circa un milione quelli riguardanti i pagamenti agli intermediari di calciomercato e di 2,5 milioni le spese amministrative.

 



Fra le critiche più spesso rivolte a Lotito dai suoi detrattori ci sono quelle relative ai soldi inseriti a bilancio per remunerare sette società di proprietà dello stesso presidente, il quale tiene però a sottolineare per iscritto all’interno dei bilanci ufficiali che né lui né tutto il gruppo dirigente riceve un euro per le cariche ricoperte nella gestione della Lazio. Nel 2006/07 le cosiddette “parti correlate” erano rappresentate dalla Roma Union Security e dalla Gasoltermica Laurentina, responsabili rispettivamente della vigilanza e della manutenzione del centro sportivo di Formello, che incassavano in tutto meno di mezzo milione.

 

Fino al 2011/12, nonostante l’aumento delle parti correlate a quattro per l’inserimento della Bona Dea (servizi di manutenzione straordinaria) e della U.S. Salernitana (nel frattempo acquistata da Lotito), i costi di questo tipo si sono tenuti a un livello molto basso (1,5 milioni). Dal 2012/13 in poi le parti correlate sono diventate sette e i costi sono aumentati a poco più di 5 milioni annui, con la notevole eccezione del 2013/14 quando le cifre sborsate a società di proprietà di Lotito si sono avvicinate ai 10 milioni provocando le comprensibili proteste dei tifosi. Nello specifico la Roma Union Security (che oggi oltre alla vigilanza si occupa del servizio di steward allo stadio) incassa una cifra vicina al mezzo milione, la Gasoltermica poco più di un milione, la Omnia Service (per il servizio di mensa) un milione, la Linda (servizi di assistenza ai sistemi informatici, processi organizzativi e logistici aziendali) mezzo milione, la Snam Lazio Sud (servizi di assistenza gestionale) quattrocentomila euro, Bona Dea (adibita oggi a servizi di assistenza alle procedure di amministrazione del personale) duecento mila euro e la U.S. Salernitana (per l’utilizzo di diritti commerciali e pubblicitari con l’obiettivo inoltre dell’impiego e della valorizzazione dei giovani calciatori) 1,45 milioni di euro.

 

Se queste cifre siano eque, come sostiene Lotito, o “gonfiate” ad arte, come ritengono i suoi detrattori, è difficile dirlo, non avendo informazioni più specifiche sul tipo di lavoro svolto dalle sette società e considerando l’aumento dei prezzi dovuti all’inflazione rispetto a dodici anni fa. Quello che si può dire è che se i 10 milioni del 2013/14 rappresentavano un peso non indifferente sui costi totali della Lazio, i 5 milioni di oggi rappresentano appena il 6% dei costi operativi del club (che scendono al 4,7% se ai costi operativi si aggiungono gli oneri relativi agli ammortamenti dei calciatori).

 

Visto e considerato che i lavori effettuati da queste sette società avrebbero un costo anche se sostenute da imprese esterne, risulta evidente che l’impatto di eventuali ingaggi “gonfiati” sul totale dei costi del club non incide in maniera rilevante sulla gestione societaria e non può quindi essere indicato come una causa di ipotetici mancati interventi di rinforzo nel calciomercato.

 

Le prospettive economico-finanziarie per l’immediato futuro sono poi ancora più rosee per la Lazio. Il bilancio 2017/18 sarà verosimilmente ancor più positivo, visto che la squadra ha conquistato con merito il passaggio del turno in Europa League, ed è in una posizione di campionato tale da presumere fin da oggi con ragionevole certezza la partecipazione alle coppe europee anche nella prossima stagione e soprattutto ha già incassato circa 60 milioni di plusvalenze nel corso del mercato estivo con le cessioni di Keita, Biglia e Hoedt.

 

Il fieno in cascina messo in questa stagione dovrebbe quindi permettere qualche spesa in più nella sessione di mercato della prossima estate consentendo alla Lazio di continuare a crescere ancora, e in maniera solida, come ha fatto negli ultimi 14 anni.

 

 

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