Breve introduzione a League of Legends
Il primo videogioco diventato davvero uno sport.
La crescita fino ad oggi
Le successive edizioni dei Worlds sono un successo dopo l’altro: nel 2013 la finale si gioca allo Staple Center di Los Angeles, la casa dei Lakers e dei Clippers. Il montepremi resta pressoché immutato ma il numero di spettatori vive una crescita costante, sia dal vivo che attraverso la diretta streaming in rete: si è passati dagli 1,1 milioni del 2012 agli 8,5 utenti unici del 2013 per un audience totale di 32 milioni. Nel 2014 si vola in Corea del Sud nello stesso stadio che ha ospitato la finale dei mondiali di calcio del 2002: a condire la scena anche il concerto degli Imagine Dragons che hanno prestato il loro talento a Riot Games creando la sigla dei Mondiali. Nel 2015 gli spettatori unici per la finale salgono dagli 11 del 2014 a 14 milioni. Numeri che fanno di League of Legends l’eSport più seguito al mondo, ormai alla pari dell’interesse mediatico di altri sport tradizionali come la finale NBA tra Cavaliers e Warriors.
Nel 2016 i Mondiali tornano negli Stati Uniti: un tour itinerante che passa anche attraverso Chicago e New York, e che si conclude ancora una volta allo Staple Center di Los Angeles con la finale tra due formazioni coreane. Da una parte gli SK Telecom T1, due volte vincitori dei Worlds e detentori del titolo; dall’altra i Samsung Galaxy (SSG), trionfatori nel 2013 in patria. Un match al cardiopalma che ha rappresentato il meglio che LoL al momento può offrire, giocato al meglio dei cinque game.
Gli SKT sono partiti forti con la stella Lee ”Faker” Sang-hyeok, agguantando in poco tempo i primi due giochi e portandosi quindi sul 2-0. La partenza fulminante della squadra composta da Duke in corsia superiore, Bengi in giungla (con Blank pronto a sostituirlo), Faker in corsia centrale, e Bang e Wolf in quella inferiore, sorprende gli stessi SSG che iniziano il terzo e decisivo game nel peggiore dei modi. La prima uccisione va nelle mani di Elise, la donna ragno guidata da Bae “bengi” Seong-ung. L’aria è tesa, i Samsung sono sfiduciati: la partita sembra aver già preso una direzione ben precisa. Al minuto 24 il punteggio è già di 7-0 in favore degli SKT: una disfatta.
Ma improvvisamente il vento cambia. A suonare la carica è il tiratore Ruler, che al trentesimo si rende protagonista di una doppia uccisione sui principali nemici. Aver conquistato quattro draghi nei minuti precedenti, inoltre, consente loro di sfruttare bonus aggiuntivi che li portano a recuperare scontro dopo scontro tutto lo svantaggio iniziale. Senza, tuttavia, riuscire a imporsi definitivamente: né l’una né l’altra formazione prende il sopravvento, creando una situazione di stallo che fa scorrere i minuti fino al 72esimo. È momento in cui, finalmente, i SSG concludono la rimonta e distruggono il Nexus avversario per la gioia del pubblico in visibilio, che sa che sta per assistere ad almeno un altro game.
Gli highlights del terzo game.
I SSG riescono a vincere anche il quarto game, guidati dal toplaner Cuvee in stato di grazia: il titolo mondiale si giocherà quindi alla quinta e ultima partita. Ma a vincere, come sempre, sono i migliori: gli SK Telecom conquistano il terzo titolo mondiale della loro storia su tre partecipazioni. Un record che, con ogni probabilità, rimarrà imbattuto per lungo tempo non solo nella storia di League of Legends ma in quella degli eSports. Ancora di più se si pensa che, anche se i giocatori sono cambiati rispetto al 2013, anno della prima vittoria iridata, escluso Faker e il coach Kim “kkOma” Jung-gyun, sono sempre rimasti al vertice fin dalla loro fondazione.
Il futuro e le possibili riforme
L’incertezza del futuro e la stabilità nel tempo rappresenta in realtà per molte squadre, in particolare europee e nord americane, uno degli argomenti più delicati del momento in casa Riot Games. Per i team è una questione di investimenti e di controllo dei ricavi: l’imprevedibilità legata alla retrocessione dalla massima serie non assicura un sufficiente numero di investitori, costringendo molto spesso le multigaming a utilizzare gli utili di un altro titolo per compensare le perdite su League of Legends. Senza dimenticare che Riot Games stessa detiene il controllo sull’approvazione delle sponsorizzazioni per il merchandising.
Il Team SoloMid si è issato a portabandiera dei diritti delle squadre che chiedono a gran voce l’introduzione di un sistema identico a quello dei campionati nord americani: aumentare il numero di squadre partecipanti ma eliminare le retrocessioni. Creare quindi quei circuiti chiusi in cui proventi e investimenti sono distribuiti e gestiti sempre dalle stesse squadre in accordo, ovviamente, con Riot Games. Una soluzione che non tutte le realtà eSportive, soprattutto quelle emergenti, vedono di buon occhio, compresa la stessa casa produttrice di League of Legends che preferirebbe continuare a gestire il tutto in prima persona senza ingerenze esterne.
Non che manchi la volontà di migliorare la situazione attuale, come dimostrato in occasione dei Worlds 2016: la Riot ha deciso di utilizzare un meccanismo di redistribuzione dei ricavi dei contenuti in gioco simile a quello utilizzato dai rivali di Dota2. Una percentuale dei profitti che ha direttamente contribuito alla formazione del montepremi, che ha raggiunto i cinque milioni di dollari contro i due degli anni precedenti.
Un secondo importante argomento è legato all’allargamento delle squadre partecipanti ai Worlds. Una lezione che abbiamo imparato con l’ultima edizione è che i rapporti di forza tra le varie regioni non sono immutabili. La formazione brasiliana degli INTz ha avuto la meglio sui cinesi EDG, un risultato storico ma non tanto quanto il passaggio del turno dei russi Albus NoX Luna, la prima squadra al di fuori delle cinque grandi regioni a riuscire nell’impresa.
Ai mondiali partecipano infatti 16 squadre, provenienti per l’appunto da cinque regioni: tre dell’Europa, tre del Nord America, tre della Cina, tre della Corea del Sud e due dal campionato di Macao/Hong Kong/Taiwan. Gli ultimi due posti sono assegnati alle vincitrici del torneo per le Wildcard tra le rimanenti regioni: Sud-Est Asiatico, Giappone, Oceania, America Latina, Turchia, Brasile e Russia. I risultati ottenuti nel 2016 dalle due Wildcard suddette fanno comprendere quanto sia necessario dare più spazio anche alle altre regioni cosiddette minori. Non solo per consentire loro più visibilità ma anche per giustificare la presenza di regioni ormai in declino.
La Master Series, ovvero il campionato di Macao, Hong Kong e Taiwan, non riesce più a proporre un livello competitivo adeguato per stare tra le cinque grandi. Lo stesso discorso vale per la Cina che quest’anno è almeno riuscita a piazzare due squadre ai quarti, salvo poi essere eliminate. Europa e Nord America hanno fatto anche peggio: una sola rappresentativa per parte è riuscita a superare i gironi. La crescita delle altre regioni è innegabile, tanto quanto risulta ormai chiara la necessità di aprire i Worlds a più squadre: 24 sarebbe probabilmente un ottimo compromesso per tutti.