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Come è arrivato il Brest al secondo posto in Ligue 1
05 apr 2024
05 apr 2024
Lo scorso anno lottava per non retrocedere, adesso potrebbe entrare in Champions League.
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14 min
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IMAGO / PanoramiC
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Cosa pensereste se una squadra in lotta per la salvezza, quartultima e in crisi di risultati, esonerasse il proprio allenatore per mettere in panchina un tecnico che non allena ai massimi livelli da dodici anni? Immaginate, ad esempio, se il Frosinone esonerasse Di Francesco per ingaggiare Mario Beretta, Massimo Ficcadenti, Daniele Arrigoni o Devis Mangia, tutti tecnici la cui ultima presenza in Serie A risale al 2011/12: pensereste mai che, nel giro di una stagione e mezza, possa condurre il Frosinone dalla lotta per la salvezza a competere per un posto in Europa? Traslate tutta questa impalcatura ipotetica dall’Italia alla Francia e avrete ottenuto l’incredibile storia del Brest di Éric Roy, che dopo un secolo a barcamenarsi tra Ligue 1, Ligue 2 e terza divisione, quest’anno sta vivendo la miglior stagione della propria storia e sembra destinato addirittura a qualificarsi in Champions League.

A gennaio 2023 il Brest occupava il diciassettesimo posto in Ligue 1, a sole due lunghezze dalla retrocessione. Der Zakarian, il tecnico con cui era iniziata la stagione, era stato esonerato ad ottobre. Al suo posto era stata scelta una soluzione interna, Bruno Grougi, allenatore della seconda squadra e vecchia bandiera del club. I risultati stentavano ad arrivare e così il DS, Grégory Lorenzi, unico responsabile dell’area sportiva, aveva deciso di puntare su Éric Roy, un nome che aveva fatto sollevare più di qualche sopracciglio.

Ex calciatore, tra le altre, di Lione, Marsiglia, Sunderland e Rayo Vallecano, Roy fino a gennaio 2023 contava una sola esperienza da allenatore, al Nizza: era il 2010, in Costa Azzura Roy rivestiva il ruolo di direttore generale, ma vista l’emergenza in classifica era stato chiamato a ricoprire contemporaneamente l'incarico di allenatore. Alla fine Roy ce l’aveva fatta a salvare i rossoneri, ma all’inizio della stagione successiva, nel novembre 2011, era stato esonerato.

Quella, difatti, era la sua ultima esperienza da allenatore, ed è per questo che il suo ingaggio da parte del Brest non era parso così sensato. Lorenzi, però, doveva riporre molta fiducia nella capacità di Roy di gestire lo spogliatoio e tirare fuori risorse inaspettate dai giocatori. In questi undici anni lontano dalle panchine, infatti, Roy è stato dapprima DS del Lens, poi ha rivestito lo stesso ruolo per il Watford. In Inghilterra, più che di badare alla parte sportiva, era incaricato di fare da tramite tra la dirigenza e la squadra, perciò aveva soprattutto il compito di interfacciarsi con i calciatori e di ascoltarli.

Non è un caso che, appena arrivato al Brest, in uno spogliatoio col morale a terra, si sia occupato innanzitutto di recuperare i giocatori da un punto di vista emotivo. «Ricordo che ha fissato con ciascuno di noi degli incontri individuali», ha raccontato Hugo Magnetti, centrocampista dei bretoni dal 2018. «Voleva creare un forte legame con i giocatori, qualcosa di diverso da ciò che avevamo vissuto prima. Con Der Zakarian c’era meno vicinanza e più rigore. Vista la nostra posizione scomoda in classifica, Éric Roy voleva stabilire questo tipo di relazione, sapendo che avevamo una sfida da affrontare insieme».

Roy non solo è riuscito ad evitare la retrocessione ma, nel giro di qualche mese, ha trasformato il Brest in una delle rivelazioni del calcio europeo. I bretoni al momento occupano il secondo posto nel campionato francese, con 50 punti in 27 partite. Fino ad ora si tratta, con largo margine, della miglior stagione della storia del club. Il Brest aveva raggiunto al massimo un ottavo posto, nel 1986/87. In Ligue 1 ha quasi solo lottato per la salvezza e negli ultimi anni è noto soprattutto per essere stata la squadra in cui Ribéry ha rilanciato la sua carriera, vincendo il campionato di terza divisione nel 2003/04, quando nessuno sembrava disposto ad offrirgli un contratto.

Retrocessi in Ligue 2 al termine della stagione 2012/13, “Les Pirates”, come vengono soprannominati, sono tornati nel massimo campionato francese solo nel 2019/20, dopo aver vinto un campionato di seconda divisione in cui era stato protagonista una vecchia conoscenza del calcio italiano come Cristian Battocchio.

Con premesse del genere, senza una storia illustre alle spalle, con una proprietà meno facoltosa rispetto alla classe medio-alta del calcio francese, e dopo aver ceduto in estate Franck Honorat, il proprio miglior giocatore, come hanno fatto Éric Roy e i suoi a issarsi fino al secondo posto? Dietro le capacità gestionali dell’allenatore e dietro la visione del DS Lorenzi c’è molto di più.

I numeri difensivi del Brest

La formazione di partenza del Brest è un 4-3-3 che nell’undici titolare ha poche variabili. Il portiere è l’olandese Marco Bizot. I terzini sono Kenny Lala a destra e Bradley Locko a sinistra. La coppia centrale è composta da Bernard Chardonnet, capitano e prodotto delle giovanili, e Lilian Brassier, che qualcuno avrà sentito nominare come obiettivo di mercato del Milan a gennaio. A centrocampo il regista è Pierre Lees-Melou, protagonista nel Nizza di Lucien Favre, mentre le mezzali sono Hugo Magnetti a sinistra e Mahdi Camara a destra. In avanti, l’ala sinistra è Jérémy Le Douaron, mentre da ala destra agisce il numero dieci Romain Del Castillo, uno dei migliori giocatori della Ligue 1. Da centravanti si alternano il beninese Steve Mounié e Martín Satriano, per il secondo anno in prestito dall’Inter.

Come è facile intuire dai numeri crudi – miglior difesa del campionato con 20 gol subiti – il punto di forza del Brest è la fase di non possesso. La Ligue 1 è un torneo meno attento da un punto di vista tattico rispetto agli altri principali campionati europei. Il Brest, però, non si limita a interpretare la fase di non possesso con atteggiamento conservativo e blocco basso, come sono solite fare le squadre guidate da tecnici francesi. La fase difensiva dei bretoni è infatti improntata ad un recupero attivo del pallone, da veri pirati, pronti ad assaltare le ricezioni avversarie. A seconda dell’altezza di campo, l’atteggiamento e i riferimenti variano.

La stella polare dei movimenti difensivi della squadra di Roy è l’uomo nella zona, con l’attenzione per l’avversario che può diventare più o meno stretta a seconda della partita, a volte fino a diventare quasi una marcatura. Di solito il Brest non è troppo aggressivo sul giro palla dei difensori, soprattutto quando il possesso è tra i piedi dei centrali. Contro linee a quattro come quelle impiegate dalla maggior parte delle squadre francesi, la punta si piazza a metà tra i due centrali, mentre le ali, in caso di passaggio laterale, devono uscire sul terzino di riferimento (l’ala opposta stringe a metà tra centrale e terzino di competenza).

Rispetto ai tre attaccanti, centrocampisti e difensori hanno un riferimento più stretto sull’uomo. Se gli avversari impostano con un vertice basso e due interni, la mezzala destra Camara si alza sul playmaker, mentre Lees-Melou e la mezzala sinistra Magnetti prendono in consegna gli altri due centrocampisti. Quando il pressing viene eseguito nella metà campo avversaria, i tre centrocampisti del Brest seguono in maniera abbastanza fissa l’uomo. Lo stesso vale per i difensori: se uno degli attaccanti avversari prova a proporsi alle spalle del centrocampo, Brassier e Chardonnet sono chiamati a seguirli anche oltre la mediana.

Il pressing del Brest contro il Lille di Paulo Fonseca. Notare come Lees-Melou si sposti verso destra seguendo il suo uomo, mentre Brassier lascia la difesa per alzarsi su Jonathan David che viene incontro. L'ala destra Del Castillo stringe vicino al centrale Leny Yoro, lasciando il terzino Ismaily libero alle proprie spalle. Il fatto di pressare con un uomo in meno rispetto ai quattro difensori e di lasciare libero Ismaily ha dato fastidio al Brest per tutta la partita.

Insomma, si tratta di una fase difensiva attiva ma accorta, in cui anche chi segue l’uomo, di solito, non porta la marcatura alle sue estreme conseguenze: se un centrocampista si allarga in fascia, la mezzala o Lees-Melou non lo seguono. Così come, contro una squadra che imposta con tre difensori centrali e due esterni, se uno degli esterni si abbassa non è il terzino del Brest ad alzarsi su di lui, ma dev’essere l’ala a eseguire la scalata dal terzo centrale all’esterno.

Ha fatto eccezione la partita contro il Paris Saint-Germain al Parco dei Principi, dove la marcatura a uomo è stata più stretta e aggressiva. I movimenti alle spalle del difendente da parte dei parigini a volte hanno messo in difficoltà il sistema di marcature del Brest, che in linea generale, però, ha reso scomoda la contesa per un avversario ben più forte – e alla fine è riuscito a pareggiare in rimonta 2-2.

L'atteggiamento più estremo del solito adottato dal Brest contro il PSG, con marcature abbastanza riconosocibili. In questo frame Brassier lascia la difesa seguendo lontano dalla propria zona Zaire-Emery che si era abbassato da terzino.

Insomma, il Brest non adotta un pressing troppo aggressivo, ma questo modo di difendere permette comunque di recuperare palla in alto, lontano dalla propria porta, specie quando in zona centrale i difensori possono rompere la linea o Lees-Melou riesce a difendere in avanti. Al momento gli uomini di Roy sono terzi per PPDA in Ligue 1 secondo Statsbomb: 8,37, "inferiore" (perché, ricordiamo, il PPDA si legge "al contrario") solo a una squadra dominante come il PSG (7,38) e al Monaco (7,50) guidato da un tecnico di scuola Red Bull come Adi Hütter.

Il fatto di non assaltare da subito il giro palla difensivo spiega perché il Brest, a fronte del terzo posto nella graduatoria del PPDA, sia solo decimo per distanza difensiva (distanza media degli interventi difensivi dalla propria porta) con 44,89 metri, poco dietro il centrocampo per intenderci.

Se il Brest non riesce a recuperare il pallone in avanti, allora si assesta con un 4-1-4-1 su blocco medio in cui per i centrocampisti l’attenzione all’uomo è più sfumata e quindi si cambia riferimento su cui uscire a seconda della posizione del pallone. In questa situazione Lees-Melou rimane alle spalle delle mezzali e a tamponare le ricezioni sui suoi fianchi ci devono pensare, ancora una volta, i due centrali con le scalate in avanti.

Il 4-1-4-1 del Brest nella propria metà campo, con Brassier che si alza per tamponare sul fianco di Lees-Melou.

L’efficienza dei difensori è fondamentale con principi del genere, perché basta rompere la linea con una frazione di secondo di ritardo per spalancare il campo agli avversari – tanto più che i centrali sono solo due, non tre, quindi hanno meno copertura nelle uscite aggressive. Se la parabola di Chardonnet ricorda un po’ quella di centrali della Serie A come Tolói o Palomino, valorizzati in tarda età da un modo simile di difendere, Brassier sta invece esprimendo il meglio di un potenziale che dovrebbe renderlo adatto anche ad altri tipi di difesa.

Proprio perché si tratta di una ricerca attiva del pallone, che comporta dei rischi, il Brest non avrebbe gli stessi numeri se alle spalle dei difensori non vi fosse un portiere dagli ottimi riflessi come l’olandese Bizot. Se dal punto di vista dei gol subiti i bretoni sono la miglior squadra della Ligue 1, in realtà sono quarti per NPxG concessi: 25,07 a fronte di 19 gol subiti senza rigori.

La fase offensiva

In fase di possesso il 4-3-3 del Brest segue direttrici piuttosto lineari. Si cerca di partire con ordine dai difensori, ma se gli avversari pressano, oppure se schermano tutte le linee di passaggio, Bizot e i quattro dietro possono ricorrere al lancio lungo. È una strategia valida sia se il centravanti è Satriano, sia, soprattutto, se è Mounié.

Le statistiche del beninese sono impressionanti. È il giocatore della Ligue 1 ad aver vinto più duelli aerei (92), nonostante sia partito titolare solo 13 volte su 25 presenze; il secondo è Nicolaisen (87), che ha giocato più del doppio dei suoi minuti e che oltretutto fa il difensore centrale; il terzo, staccatissimo, è Sotoca del Lens con 67. Certo, il fatto di essere così tanto cercato coi lanci fa si che Mounié vinca “solo” il 61,3% dei suoi duelli aerei, tuttavia è impressionante vederlo sovrastare i difensori per spizzare sui compagni: è alto un metro e novanta, ma ciò in cui eccelle è lo stacco.

Satriano, che non salta così in alto e misura tre centimetri in meno, non ha la stessa efficienza, ma per il Brest non è un problema. I duelli aerei, infatti, possono generare seconde palle che Lees-Melou, le mezzali e le ali sono bravissimi ad aggredire, portando così la manovra in avanti.

Quando invece riesce ad impostare palla a terra, il Brest si dispiega soprattutto sulle catene laterali, combinando i movimenti di ala, mezzala e terzino. Lo sviluppo può essere più o meno diretto, a seconda di quanto le catene di fascia riescono ad attaccare la profondità.

Sulla sinistra, mentre Magnetti da mezzala di possesso dà l’appoggio corto, di attaccare lo spazio alle spalle della difesa si occupa Le Douaron, ala mancina che gioca a piede naturale e che quindi è più portata a correre nello spazio. Di solito, se Le Douaron taglia in profondità, il terzino sinistro Locko alza la testa e cerca di raggiungerlo in verticale. Locko è il giocatore più interessante della catena mancina e, forse, quello con le prospettive più interessanti in rosa assieme a Brassier. Classe 2002, nativo dell’Île-de-France come tutti i migliori calciatori d’oltralpe, Locko è un buon passatore ma è soprattutto molto abile a condurre palla con forza e precisione verso l’interno, qualità sempre più richiesta ai terzini, che gli permette di sbloccare la manovra sulla sinistra. In più, riesce a reggere bene gli uno contro uno difensivi.

Sulla destra, invece, a minacciare la profondità ci pensa la mezzala Mahdi Camara, bravo ad eseguire il taglio “alla de Bruyne”. Camara ha corsa ma soprattutto grande tempismo, qualità che si sposa alla perfezione col piede di Romain Del Castillo, abile a mandarlo sul fondo con i suoi filtranti.

Del Castillo è il giocatore chiamato a fare la differenza. Mancino a piede invertito, Roy gli concede libertà quasi totale. Di solito riceve in fascia per vedere frontalmente tutto il campo, ma è libero anche di abbandonare la corsia di competenza per aggiungersi alla catena opposta, quella di sinistra, e oliare il possesso con la sua qualità nel tocco. Vecchia promessa del Lione, dallo scorso anno ormai Del Castillo è uno dei migliori giocatori della Ligue 1, dotato di un buon dribbling e di ottime qualità balistiche, sia al cross che al tiro.

Insieme a lui, l’altro leader tecnico della squadra è il regista, Pierre Lees-Melou, per bocca del DS Lorenzi il giocatore attorno al quale ruota il progetto. L’ex Nizza è abile sottopressione e a portare palla, ma, soprattutto, ha un destro eccezionale nei cambi gioco, motivo per cui spesso si aggiunge alle catene di fascia per farsi dare palla e sventagliare sul lato opposto: tante volte il Brest costruisce a sinistra con l’obiettivo di tornare al centro da Lees-Melou affinché possa aprire per Del Castillo isolato a destra.

Lo sviluppo sulle fasce serve soprattutto ad arrivare al cross. Il Brest è nettamente la squadra che ne effettua di più in Ligue1, 12,67 ogni 90’ (il Lens, secondo, ne scocca 9,81). La fase di rifinitura, quindi, si affida a soluzioni abbastanza semplici ma non troppo vantaggiose, infatti il Brest ha segnato soli 37 gol ed è decimo per NPxG totali (32,32). La produzione offensiva, insomma, non è il piatto forte dei bretoni e spesso dipende dall’ispirazione di Del Castillo.

Oltre che sulla manovra, però, “Les pirates” possono contare sul gegenpressing per colpire gli avversari. La densità sulle fasce e la prontezza nel presidiare la zona di caduta della palla sui lanci, consentono di riaggredire immediatamente in zone pericolose.

La densità del Brest in zona palla per attivare il gegenpressing. Qui è Magnetti a eseguire l'intercetto. Da questa riaggressione nasce un gol di Lees-Melou.

Ancora una volta ad eccellere è Pierre Lees-Melou, dotato di letture raffinatissime quando si tratta di comprimere lo spazio in avanti: è quarto in Ligue 1 per palloni recuperati in gegenpressing (18), solo quattro in meno di Ugarte (22), che guida la graduatoria ma gioca in una squadra ben più dominante come il PSG.

Le prospettive della prossima stagione

Nonostante l’assenza dai campi, Éric Roy ha saputo costruire una squadra efficiente, con una proposta di gioco contemporanea rispetto alla media di un campionato stantio dal punto di vista tattico come la Ligue 1.

Manca davvero poco a un’impresa storica. I tifosi sono consapevoli del momento straordinario che stanno vivendo e nel Finistère probabilmente non esiste uomo più popolare dell’allenatore del Brest: il cappellino col logo del pirata, simbolo del club, che è solito indossare quando va in panchina, è andato a ruba e al momento è irreperibile negli store. «Appena arrivato, è venuto a scegliere un prodotto per identificarsi con il club. I tifosi adorano il fatto che lo indossi», ha detto a proposito Lorenzi.

Il Brest non sembra comunque accontentarsi del successo di questa stagione. Il club è in crescita costante anche dal punto di vista delle strutture e per il 2027 è prevista la costruzione di un nuovo stadio. Un passo necessario se lo status dei bretoni nel calcio francese dovesse migliorare: qualora si qualificassero in Champions League, infatti, non potrebbero ospitare le notti europee al Francis Le Blé, il proprio stadio: un impianto con 102 anni di storia, che però non ha strutture adeguate per quanto riguarda parcheggi (gli avversari devono utilizzare il cortile di una scuola nelle vicinanze), area vip e zone dedicate ai media.

Tutta una serie di problemi che neanche il più ottimista dei tifosi del Brest si sarebbe mai sognato di affrontare prima dell’arrivo di Éric Roy.

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