Nella notte dell’All-Star Game, i Sacramento Kings hanno scambiato DeMarcus Cousins e Omri Casspi con i New Orleans Pelicans in cambio di Buddy Hield, Tyreke Evans, Langston Galloway, la prima scelta dei Pelicans 2017 (protetta se finirà nella top-3) e la seconda scelta dei Sixers nel 2019. Questo scambio ha fatto discutere molto nelle ultime ore, sia per la presenza di un talento come quello di Cousins, sia per lo scarso pacchetto di ritorno spedito dalla squadra di Anthony Davis. Questa è la nostra analisi di ciò che è successo.
Un disastro epocale
Di Nicolò Ciuppani
Un anno e mezzo fa Vlade Divac si rese protagonista del peggior scambio della NBA recente fino ad oggi: per creare spazio salariale e far firmare Rajon Rondo (poi allontanato 12 mesi dopo), i Kings scaricarono Jason Thompson, Carl Landry e Nik Stauskas pagando il “fastidio” a Philadelphia con la possibilità di scambiare le scelte nel 2016 (poi non esercitata) e nel Draft 2017 (improbabile, ma sai mai), e una prima nel Draft 2018, che diventa non protetta nel 2019 se quella del 2018 cadrà nelle prime 10 posizioni nel Draft. A rendere ancor più tragico lo scambio furono due fattori: i Kings potevano semplicemente usare la stretch provision sui loro salari e avere lo spazio necessario per fare tutto quello che poi hanno fatto e, soprattutto, non avevano realizzato che il contratto di DeMarcus Cousins sarebbe terminato esattamente l’anno in cui quella scelta sarebbe diventata non protetta.
Già allora sembrava che l’idea dei Kings fosse quella di provare a costruire una squadra decente attorno a “Boogie” (anche se i rumors di un suo possibile scambio erano ancora ben presenti, lo avevamo pure anticipato sulla preview di inizio anno), cosa rapidamente andata a rotoli nonostante l’inaugurazione della nuova arena e un ottavo posto che dista solamente due partite e mezza. Con la mossa di ieri notte, adesso i Kings hanno legato il proprio nome alle due peggiori trade della storia recente, un uno-due che fa apparire il destino di Brooklyn un po’ meno desolato, mentre a Philadelphia si può stappare quello buono per davvero (con un brindisi per Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato).
Il prezzo ricevuto per Cousins è scandalosamente basso sotto qualunque punto di vista, e risulta di molto inferiore a quello che gli stessi Kings pagarono 18 mesi fa per liberarsi di Jason Thompson e soci. Buddy Hield ha solo tre anni in meno di Cousins e il suo upside sembra estremamente limitato; Tyreke Evans e Langston Galloway sono stati inseriti solo per far quadrare i conti e sono destinati a non lasciare segno in California; la prima scelta dei Pelicans è comunque protetta top 3 in questa Lottery, quindi anche nel caso (possibile) che New Orleans non vada ai playoff e che (improbabile) vinca la lotteria per una delle prime tre scelte, Sacramento non avrebbe nemmeno la sicurezza di pescare un giocatore valido per ricostruire. I rapporti tra Cousins e il resto della franchigia dei Kings saranno stati anche tesi e magari vicini alla rottura, con report continui di litigate dietro le quinte e un atteggiamento di Cousins tutt’altro che costruttivo, ma “DMC” era veramente l’unica cosa che permetteva a Sacramento di galleggiare e avere una qualche possibilità di vincere delle partite: partito lui, si fa davvero fatica anche a capire chi sia il miglior giocatore di Sacramento adesso.
I Kings possono pure pensare di vivere un’insperata risurrezione, se vogliamo credere alla storia che Cousins fosse il motivo che li tenesse a freno (pur essendo l’unico con Offensive Real Plus Minus e Defensive Real Plus Minus ampiamente positivi, con gli altri che oscillavano tra il mediocre e l’atroce). Willie Cauley-Stein ha mostrato alcuni lampi, ma nulla che potesse farlo sembrare una stella o un titolare affidabile per molto tempo. Buddy Hield non muove la bilancia sul reparto guardie più di quanto lo potesse fare Ben McLemore. Insomma, se vogliamo credere all “addiction by subtraction” siamo liberi di farlo, ma le basi per pensarlo non sembrano esserci. E finita questa eventuale e improbabile resurrezione, che in nessun caso li può portare vicino ai playoff, non esiste nemmeno un futuro prossimo.
La scelta di quest’anno va a Chicago se cade fuori dalle prime 10, e quindi sembra quantomeno trincerata ora come ora (almeno un lato positivo c’è!), ma è fin troppo tardi per pensare di scalzare Lakers, Suns e Nets dalle ultime posizioni per avere una buona posizione nelle palline della Lottery. E anche se le cose andassero per il verso giusto, Philadelphia avrebbe la possibilità di scambiare le scelte, di fatto rendendo inutile o quasi la presenza nella Lottery dei Kings.
Infine, considerando che tra un anno difficilmente i Kings saranno in grado di giocarsi i playoff, è pressoché certo che spediranno la scelta del 2019 ai Sixers senza protezione, che al momento è diventata uno dei migliori asset della lega, con un valore simile alla preziosissima scelta 2018 dei Brooklyn Nets detenuta dai Celtics. I Kings in estate avranno una trentina di milioni di spazio per provare ad attirare un free agent di livello, senza avere però una stella o uno status per riuscirci e la scelta di quest’anno per tornare velocemente competitivi. Queste sono le uniche ed ultime cose che li possono tenere a galla: se entrambe dovessero fallire, il periodo di crisi dei Kings è destinato ad essere estremamente lungo e incredibilmente doloroso. E mentre Hinkie, che è stato il primo a spennare i Kings con quella trade, viene invitato a farsi da parte dalla lega, Vlade e il resto della dirigenza di Sacramento sembrano essere ancora saldamente al proprio posto.