Quando nel febbraio di quest’anno, in occasione di UFC 247, Dominick Reyes ha perso di misura contro Jon Jones (un match che per molti osservatori Reyes aveva vinto), era stato facile pronosticare per lui un futuro prossimo da dominatore della categoria dei Massimi-Leggeri. Un futuro arrivato molto presto, visto che Jones aveva reso vacante il titolo, senza mai perdere dentro l’ottagono, per salire di categoria e puntare al titolo dei Massimi, lasciando così strada libera a Reyes. Il match che avrebbe dovuto decretare il successore di Jones avrebbe dovuto vedere Reyes affrontare Thiago Santos, reduce anche lui da una sconfitta per split decision contro Jones. Ma un infortunio al ginocchio di quest'ultimo ha reso necessaria una ricerca immediata di un nuovo sfidante. A quel punto è entrato in gioco Jan Blachowicz e tutte le previsioni sono saltate.
Da dove arriva
Blachowicz ha fatto il suo esordio in UFC nell’ottobre 2014, a 31 anni compiuti, arrivando con un percorso di tutto rispetto: record di 15 vittorie e 3 sconfitte, e soprattutto il titolo di campione dei Massimi-Leggeri della promotion polacca KSW, fucina di talenti e promesse che, in molti casi, arrivano in UFC. In quel primo match si è sbarazzato facilmente di Ilir Latifi, sconfitto al primo round per TKO.
Vedendolo combattere contro Latifi l’impressione era quella di avere a che fare con un treno merci: era inarrestabile, Blachowicz inseguiva l’avversario per l’ottagono fino a fargli perdere lucidità e sicurezza, tempestandolo di colpi. Lo svedese provava a girare lateralmente per non farsi colpire, ma lui era troppo più rapido nel pressing, tagliava le distanze e lo ha colpito con un calcio alla testa estremamente rapido e preciso, seguito da un pugno che gli ha fatto perdere l’equilibrio a cui è seguito il furioso ground and pound.
In quell’incontro Blachowicz è sembrato una sorta di technical brawler, una versione acerba del combattente che vediamo oggi: temerario, incurante del pericolo (ad esempio sui colpi di rientro) e dotato di una indiscutibile potenza esplosiva. Oggi invece è un fighter più maturo, ha imparato dalle sconfitte subite in UFC che, come si dice in questi casi, “lo hanno aiutato a crescere”.
La sua carriera è decollata quasi per caso: con un record fatto di una sola sconfitta - rimediata all’esordio - nel 2007 è stato invitato a partecipare al torneo inaugurale della KSW, che ha vinto ripetendosi anche l’anno dopo. Nel marzo del 2011 la promotion gli propone la prima sfida titolata della sua carriera contro una vera leggenda della prima generazione di fighter di MMA, Rameau Thierry Sokoudjou, detto “The African Assassin”, in palio il titolo vacante dei Massimi-Leggeri KSW. Al termine della seconda ripresa Blachowicz è costretto a lasciare l’ottagono per via di un infortunio al legamento crociato anteriore del ginocchio, problema che lo inseguirà per buona parte della carriera, ma una volta tornato dall’infortunio (dopo un altro incontro vinto per sottomissione) la promotion gli offre la chance di riscattarsi. L’avversario è sempre Sokoudjou, ma questa volta - dopo tre round nei quali Blachowicz ha controllato il match in piedi - è riusciuto a conquistare il titolo di campione con un verdetto unanime.
La sua è stata una prestazione ordinata, stilisticamente ottima. Rispetto ai primi incontri si intravedeva già una crescita tecnica e mentale: sceglieva i colpi con astuzia, capiva i momenti dell’incontro, decideva quando e come affondare. Sembrava, insomma, padrone dei suoi match.
Questo incontro lo ha messo nella mappa dei migliori fighter: arrivano i soprannomi ("Polish Power", "Prince of Cieszyn", "Broly" come il leggendario Super Saiyan di Dragon Ball), tutti legati a doppio filo alla caratteristica principale che mette in mostra Blachowicz: la potenza esplosiva. Certo le lacune si notano, soprattutto quando viene portato a terra, ma nello stand-up, ovvero in piedi, non ha alcun problema e accetta di scambiare con chiunque, uscendone quasi sempre a testa alta. Tuttavia le MMA sono anche lotta a terra e Blachowicz non trova ancora risposta alle offensive dei grappler più arcigni, anche se nell'immediato futuro otterrà anche una cintura nera nel BJJ.
Combattendo si cresce
Tra il 2015 e la prima parte del 2017, mette insieme un record di una sola vittoria e quattro sconfitte, arrivate per mano di Corey Anderson, Jimi Manuwa, Alexander Gustafsson (che ha seri problemi a trovare le distanze giuste e rischia in maniera eccessiva negli scambi in piedi, prima di decidersi a spostare la contesa a terra) e Patrick Cummins. Ma intanto Blachowicz continua a migliorare le sue qualità nel combattimento a terra. Da queste sconfitte impara che deve variare il suo stile, deve considerare l’eventualità di un piano B, rispetto al combattimento in piedi.
Fra la seconda parte del 2017 ed il 2020 combatte 9 volte e mette insieme il record incredibile di 8 vittorie e una sola sconfitta. Oltre a vendicare in maniera netta le sconfitte patite in passato contro Jimi Manuwa e Corey Anderson, Blachowicz mette a segno una arm-triangle choke su Nikita Krylov, demolisce Luke Rockhold e supera di misura Jacare Souza, dimostrazione lampante di come anche i grappler più ostici non siano più un problema per lui.
E però, prima delle ultime tre vittorie, che gli consegneranno la possibilità di competere per il titolo, subisce una sconfitta per TKO contro Thiago Santos.
Al di là dell’indiscutibile talento in gabbia, Blachowicz ha raccolto consensi per lo stile spregiudicato di combattimento, ma anche per la capacità di rapportarsi con i microfoni senza lasciarsi andare agli eccessi che spesso coinvolgono il mondo delle MMA. Il suo inglese impastato dall’accento polacco è servito anzi a rafforzare il suo personaggio, con quella Immigrant mentality richiamata da Joey Diaz durante il Joe Rogan Experience. Blachowicz non ha bisogno di dire troppe cose per promuovere i suoi match: la garanzia di spettacolo nell’ottagono è assicurata dal suo stile, e poi piace ai tifosi delle MMA, soprattutto da quando durante UFC 253 si è scoperta una storia assurda che lo riguarda.
La storia assurda
Nel 2017, mentre portava a spasso il suo cane per i boschi di Varsavia, Blachowicz vede in lontananza un uomo fermo in piedi sotto un albero. Dopo aver provato a richiamare la sua attenzione senza successo, si avvicina e scopre che l'uomo in realtà è morto, impiccato a pochi centimetri da terra. Quando sono arrivati i soccorsi, un poliziotto ha chiesto a Blachowicz se voleva portare via con sé un pezzo della corda come augurio di buona fortuna. Strano. Lui non si sentiva a proprio agio e ha pensato a un compromesso: adesso prima di ogni incontro si reca sotto l’albero dove l’uomo si è tolto la vita. Da quando lo fa, dice, ha vinto il 90% dei match disputati.
Blachowicz è anche convinto che quel posto abbia qualche potere paranormale. La prima volta che ci ha portato la crew UFC per un'intervista, l’audio è venuto fuori completamente distorto, come se il posto fosse stato infestato da strani suoni sinistri di fantasmi.
L'incontro con Reyes che gli ha dato la cintura
Thiago Santos e Dominick Reyes sono i due fighter che più hanno messo in difficoltà Jon Jones, ma come preme raccontare a chi lavora nelle MMA, la proprietà transitiva in gabbia non esiste. Si tratta di uno sport talmente estemporaneo, variegato e situazionale che un singolo frangente può cambiare in maniera estrema ogni incontro, e spesso è lo stile a determinare il combattimento. Eppure sembrava semplice, anche scontato, dare per ampiamente favorito il più giovane e fresco Dominick Reyes contro Blachowicz.
Reyes è uno dei combattenti più evoluti negli ultimi anni, un fighter aggressivo, preciso e calcolatore. Prima della controversa sconfitta contro Jon Jones non solo non aveva mai subito una finalizzazione o un KO, ma addirittura non era mai stato battuto. Il fatto che avesse combattuto alla pari con il campione indiscusso della categoria aveva fatto credere a molti che il match per il titolo contro Blachowicz sarebbe stato al contrario una passeggiata. Una tappa di passaggio per il ritorno in cima.
L’incontro ha luogo il 27 settembre, durante UFC 253, come co-main event del più atteso scontro tra Israel Adesanya e Paulo Costa. A partire meglio tra i due è Reyes: mancino naturale in guardia southpaw, estremamente mobile sulle gambe, dotato di un footwork micidiale e un’abilità naturale nel costruire le distanze naturali. Cosa ancora più importante, Reyes è capace di gestire il ritmo tramite finte d’attacco e movimenti rapidi di gambe. Inevitabilmente, però, lascia scoperto il lato destro, per via della guardia molto aperta, un rischio calcolato finché si muove bene. I suoi primi assalti vanno a segno, Blachowicz però è un combattente disposto ad incassare pur di scatenare la propria potenza e inizia ad accorciare, andando incontro ai colpi di Reyes e restituendoli con gli interessi.
Mentre Reyes cerca sempre di girare lateralmente e di colpire dall’esterno, il polacco capisce che deve andare dritto, dove la guardia dell’avversario è più penetrabile. Quindi, cambia passo. Il suo footwork si fa più diretto, pressa ed incrocia Reyes ottenendo il più delle volte come effetto la perforazione della guardia avversaria. L’americano si copre, ma la potenza di Blachowicz fa sì che non sia una protezione così efficace. Allora indietreggia, ma il polacco lo lascia senza tregua: va a segno con middle kick circolari molto rapidi ed esplosivi, che dipingono una striscia viola sulla parte posteriore del costato del suo avversario.
Nel secondo round Reyes decide di dare tutto. Parte a mille tentando di affondare in avanzamento montanti e ganci, ma ottiene solo una risposta più violenta da parte di Blachowicz che ormai ha preso coraggio. Trova le giuste combinazioni di braccia e mette ancora in difficoltà il suo avversario. Con la gestione delle distanze in mano, il polacco decide di tornare ad affondare contro un avversario che ha sprecato energie inutili per cercare di guadagnare la fase d’attacco.
Blachowicz prova un gancio destro, seguito da un altro gancio destro corto e poi da un potente gancio sinistro. Colpi che fanno traballare in maniera evidente Reyes, ormai sull’orlo del KO. Il successivo feroce attacco in ground and pound costringe l’arbitro a interrompere l'incontro e assegnare a Blachowicz la vittoria. Il verdetto inaspettato si è consumato: grazie alla miglior prestazione nella sua carriera diventa il secondo campione polacco in UFC, dopo Joanna Jedrzejczyk.
La naturale evoluzione degli eventi porta Blachowicz a sfidare Jones nell’intervista post-match, una dichiarazione arrivata a caldo, in un momento emotivo. Poco dopo, nella conferenza successiva, apre ad altre alternative: c’è la sconfitta con Thiago Santos da vendicare, del febbraio 2019, ad esempio. Nei mesi successivi però Dana White ha iniziato a ipotizzare un probabile match tra campioni di categorie diverse, con Israel Adesanya che potrebbe salire di divisione proprio per affrontare Blachowicz.
Anche perché nel frattempo Thiago Santos è rientrato dopo l'intervento chirurgico al ginocchio, in un match considerato alla sua portata contro Glover Teixeira. Come già detto, niente è più imprevedibile delle MMA e infatti ha vinto proprio il quarantunenne Teixeira, sottomettendo Santos e probabilmente costringendolo a rimandare i suoi sogni di gloria.
A questo punto Jan Blachowicz si ritrova fra due possibili sfide, quella al veterano Teixeira, rinato, a quota cinque vittorie consecutive, e quella forse più pericolosa lanciata dall’imbattuto campione dei pesi medi Israel Adesanya. Chiunque sarà alla fine il suo avversario, Blachowicz lo affronterà con la durezza glaciale che lo ha finora contraddistinto, dimostrando perché quella cintura è in suo possesso.